Due lezioni
C’è un libro che si intitola Un giorno questo dolore ti sarà utile.
C’è un film tratto da quel libro.C’è un modo di dire, ormai, che ripete questo assioma, e tutto un pensiero rimbalzato, svenduto, regalato, riciclato, ammuffito.Ho fatto due lezioni strane, quest’anno, in classe, a partire dalla discussione riguardo a un libro che ha smosso gli animi di tutti, di chi l’ha apprezzato e di chi non l’ha digerito. Le lezioni erano sul senso della vita, che in realtà è una cosa di cui parliamo sempre, qualunque autore trattiamo, ma questa volta ne abbiamo parlato in modo diverso, cercando di decidere cosa ognuno di noi avrebbe messo in una ipotetica catasta di simboli del senso della vita.Ne sono uscite cose straordinarie, scritte o a voce, alcune esposte in classe, alcune destinate solo ai miei occhi; ne sono usciti impianti filosofici che Leopardi se li sogna, racconti di vita vera, speranze, paure, sogni, dimostrazioni di raro equilibrio psicofisico, confessioni di doloroso squilibrio.Poi hanno chiesto a me: tu che ci hai fatto dire e fare questo, tu, prof, ora mettiti in gioco anche tu, dicci dove volevi arrivare, dicci cosa metti nella catasta.E io, che vivo di racconti, ho risposto con un racconto, il mio, quello di chi nel dolore di un’infanzia di violenze e malattie si è aggrappato all’intelligenza: intelligenza per capire, per studiare ciò che mi stava capitando, per comprendere chi e perché mi stava facendo quello, per decidere come uscirne. Intelligenza per trasformare tutto ciò in qualcosa di utile, non solo per me, ma per qualcun altro: la mia famiglia, i miei alunni, i miei lettori.Io nella catasta ci metterei il mio cervello, quello che mi ha reso possibile la trasformazione del buio nella luce, quello che mi ha fatto scegliere di diventare docente, di continuare a leggere e studiare libri e persone, di spezzare una catena di dolore, di sforzarmi affinché la mia presenza nel mondo potesse essere, se non utile, almeno non dannosa.È nel cervello, per me, che risiedono anche le emozioni e i sentimenti, anche quelli esito di una metamorfosi: tutta la violenza con cui mi colpite io la trasformo in forza per accarezzare.Dopo la prima lezione di questo genere sono tornata a casa stremata, perché dare così è faticoso, e ti porta subito a ricevere, e infatti ho ricevuto mail, messaggi, parole dai miei alunni che sono tornati a casa in lacrime, e me ne dispiace, e non mi dispiace affatto.Mi sono detta mai più, è troppo, anche se per loro è stata la lezione migliore di sempre mai più, ma oggi l’ho rifatto, perché me l’hanno chiesto in un’altra classe: dicci cosa pensi davvero, dicci cosa sei davvero, e in quella domanda io ne ho sentita un’altra: dicci cosa siamo noi alunni per te.Siete il mio senso nella vita, insieme a mio marito e mio figlio. Siete la ginestra di cui parla Leopardi, un fiore nato dalle ceneri in cui sono cresciuta. Siete semi nel mondo, che non vedrò sbocciare ma so che daranno piante rigogliose e bellissime. Siete il motivo del mio dolore.Il mio dolore, che non è stato utile (solo) a me, ma a voi, che anche oggi avete pianto, che vi siete confidati, che avete pensato che dopotutto potete farcela.Un giorno questo dolore vi sarà utile, e sarà utile a chi vi sta intorno, e un giorno, se saremo tutti abbastanza utili, forse ci sarà meno dolore.

Published on February 22, 2020 06:33
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