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June 8 - July 4, 2023
La sua storia con la carne era straordinariamente simile alla mia: c’erano cose in cui credeva distesa a letto di notte e c’erano le scelte che faceva seduta a colazione la mattina dopo. C’era il timore (se pure occasionale e di breve durata) di prendere parte a qualcosa di profondamente sbagliato, e c’era l’accettazione della sconcertante complessità della faccenda così come della giustificabile fallibilità dell’essere umano. Come me, aveva intuizioni molto forti, ma evidentemente non abbastanza.
Assorbendo la tradizione ebraica dalla mia famiglia, a poco a poco ho imparato che il cibo serve a due scopi paralleli: nutre e aiuta a ricordare.
Quasi sempre, quando spiegavo che stavo scrivendo un libro sul «perché mangiamo gli animali», i miei interlocutori davano per scontato, pur senza sapere nulla del mio punto di vista, che fosse a favore del vegetarianismo. È un presupposto rivelatore, e implica non solo che un’indagine approfondita sull’allevamento animale spinga ad abbandonare il consumo di carne, ma che la maggior parte delle persone sappia che le cose stanno così. (Da quale presupposto siete partiti vedendo il titolo di questo libro?)
Poi c’è la difficoltà di distinguere tra le sensazioni che una cosa dà e ciò che una cosa è. Troppo spesso le riflessioni sul perché mangiamo gli animali non sono affatto riflessioni, ma affermazioni di gusto. E dove ci sono dei fatti - ecco quanta carne di maiale mangiamo; ecco quante foreste di mangrovie sono state distrutte dall’acquacoltura; ecco come si uccide un manzo - occorre chiedersi che cosa dobbiamo farne in concreto.
«Se niente importa, non c’è niente da salvare.»
Allora chi ha ragione? Che motivo potrebbe esserci per escludere i cani dal menu? Il carnivoro selettivo suggerisce: Non mangiare gli animali da compagnia. Ma in tutti i posti dove vengono mangiati, i cani non sono animali da compagnia. E che dire dei nostri vicini che non hanno animali da compagnia? Avremmo il diritto di obiettare se mangiassero cane per cena?
Un piccolo trucco da astronomo della domenica: se hai difficoltà a vedere qualcosa, discosta un po’ lo sguardo. Le parti dell’occhio più sensibili alla luce (quelle di cui ci serviamo per vedere gli oggetti in penombra) sono alla periferia della regione che usiamo normalmente per mettere a fuoco. Mangiare gli animali ha un che di invisibile. Pensare ai cani, rispetto agli animali che mangiamo, è un modo per guardare di sbieco e rendere visibile l’invisibile.
Cani e pesci non hanno nulla in comune. I cani hanno a che fare con i gatti, i bambini e i pompieri. Dividiamo con loro il cibo e il letto, li portiamo in aereo e dal veterinario, ci rallegriamo delle loro gioie e li piangiamo quando muoiono. I pesci stanno dentro gli acquari, con la salsa tartara, in mezzo alle bacchette cinesi e nel punto più estremo della considerazione umana. Sono divisi da noi da superfici e silenzio.
Nessuno dei lettori di questo libro sopporterebbe che qualcuno arpionasse il muso di un cane. Non c’è niente di più ovvio e che richieda meno spiegazioni. È un cruccio fuori luogo se applicato ai pesci, o siamo sciocchi a preoccuparcene in termini tanto incondizionati per i cani? La sofferenza e il dolore di una morte prolungata sono una crudeltà se inflitti a qualunque animale possa subirla o lo sono solo per alcuni animali?
Quanto sono distanti i pesci (o le vacche, o i maiali, o i polli) da noi nello schema della vita? È un abisso o un albero a determinare la distanza? Vicinanza e lontananza hanno qualche importanza? Se un giorno ci imbattessimo in una forma di vita molto più potente e intelligente della nostra, e che ci guardasse come noi guardiamo i pesci, quali argomentazioni sfrutteremmo per non farci mangiare?
La vita di miliardi di animali all’anno e la salute del più grande ecosistema del pianeta dipendono dalle risposte inconsistenti che diamo a queste domande.
Noi ci preoccupiamo soprattutto di quello che abbiamo vicino, mentre ci è facilissimo scordarci di tutto il resto. Inoltre abbiamo un forte impulso a fare quello che fanno g...
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Probabilmente l’Occidente moderno, ossessionato dalla libertà di scelta, è più tollerante con gli individui che scelgono di mangiare in modo diverso rispetto a qualunque altra cultura del passato ma, ironicamente, l’onnivoro non selettivo - «non faccio il difficile, mangio di tutto» - può apparire socialmente più sensibile di chi cerca di mangiare in modo buono per la società. Le scelte alimentari sono determinate da molti fattori, ma la ragione (e anche la coscienza) in genere non è tra i primi della lista.
C’è qualcosa nel mangiare gli animali che tende a polarizzare: non li mangi mai o non metti mai seriamente in discussione il fatto di mangiarli; diventi un attivista o disprezzi gli attivisti. Queste posizioni opposte - e la relativa riluttanza a prendere una posizione - suggeriscono entrambe che mangiare gli animali conta.
La carne è collegata alla storia di chi siamo e di chi vogliamo essere, dal libro della Genesi all’ultima legge sull’agricoltura; solleva rilevanti questioni filosofiche ed è un’industria da più di centoquaranta miliardi di dollari all’anno, 28 che occupa quasi un terzo delle terre emerse del pianeta, 29 condiziona gli ecosistemi marini30 e potrebbe anche determinare il clima futuro sulla Terra.31 Eppure s...
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Non ricordo quante volte, dopo aver detto che sono vegetariano, il mio interlocutore ha reagito sottolineando una qualche incoerenza nel mio stile di vita o cercando di trovare qualche fallacia in un ragionamento che non avevo mai fatto. (Spesso ho avuto la sensazione che il mio vegetarianismo importasse molto più a queste persone che a me.)
Su dieci tonni, squali o altri pesci predatori di grossa taglia che popolavano i nostri oceani dai cinquanta ai cento anni fa ne resta soltanto uno.32 Molti scienziati prevedono la scomparsa del pescato in meno di cinquant’anni,33 e sono in corso sforzi notevoli per catturare, uccidere e mangiare sempre più animali marini.
La situazione è così grave che gli studiosi del centro di ricerche sulla pesca della University of British Columbia sostengono che «la nostra interazione con le risorse ittiche [note anche come pesci] è arrivata a somigliare [...] a una guerra di sterminio».34
Man mano che aumentava la mia dimestichezza con il comparto zootecnico, ho capito che le radicali trasformazioni che hanno interessato la pesca negli ultimi cinquant’anni sono indicative di qualcosa di molto più grande. Abbiamo intrapreso una guerra, o meglio abbiamo permesso che si intraprendesse una guerra contro tutti gli animali che mangiamo. Questa guerra è nuova e ha un nome: allevamento industriale.
In senso stretto, è un sistema di produzione industrializzato e intensivo, in cui gli animali - spesso stipati a decine o anche a centinaia di migliaia - sono il frutto di tecniche di manipolazione genetica, hanno mobilità ridotta, sono nutriti con diete innaturali (che quasi sempre comprendono farmaci, per esempio antimicrobici).
Il novantanove per cento di tutta la produzione di carne, latte e uova negli Stati Uniti proviene da allevamenti intensivi.36 Quindi, seppure esistano importanti eccezioni, oggi parlare degli animali che mangiamo vuol dire parlare di industria zootecnica.
Più che una serie di pratiche, l’allevamento industriale è un atteggiamento mentale: riduce ai minimi termini i costi di produzione e al tempo stesso ignora in modo sistematico o «esternalizza» costi come il degrado ambientale, le malattie umane e la sofferenza degli animali. Per migliaia di anni agricoltori e allevatori hanno tratto spunto dai processi naturali. L’allevamento industriale considera la natura un ostacolo da superare.
La vergogna è il lavoro della memoria contro la dimenticanza. La vergogna è quello che proviamo quando dimentichiamo quasi del tutto - ma non del tutto - le aspettative sociali e i nostri obblighi nei confronti degli altri a favore di una gratificazione immediata.
Oggi, quando riflettiamo sul fatto di mangiare o meno gli animali, non è in gioco solo la nostra capacità elementare di rispondere alla vita senziente, ma la nostra capacità di rispondere a parti del nostro stesso essere (animale). C’è una guerra non solo tra noi e loro, ma tra noi e noi. È una guerra che esiste da sempre ed è più squilibrata che mai.
Provavo vergogna a vivere in una nazione dalla prosperità senza precedenti: una nazione che spende per il cibo una frazione di reddito minore di qualunque altra civiltà della storia umana, ma che in nome della riduzione dei costi tratta gli animali che mangia con una crudeltà tale che sarebbe reato se inflitta a un cane.
L’allevamento degli animali contribuisce al riscaldamento globale per un 40% in più rispetto a tutto il settore mondiale dei trasporti nel suo complesso; è la causa numero uno dei cambiamenti climatici.
ANTROPOCENTRISMO La convinzione secondo cui gli esseri umani sono il vertice dell’evoluzione, il metro per valutare la vita degli altri animali e i legittimi proprietari di tutto ciò che vive. ANTROPODINIEGO Il rifiuto di ammettere una significativa somiglianza esperienziale tra esseri umani e altri animali, come quando mio figlio chiede se George si sente sola quando noi ce ne andiamo senza di lei e io dico: «George non si sente sola».
È antropomorfismo provare a immaginarsi dentro la gabbia di un animale d’allevamento? È antropodiniego non farlo?
(Nello stesso arco di tempo, grazie alle tecniche di manipolazione genetica, i polli da carne sono stati indotti a crescere più del doppio in meno della metà del tempo. 10 Una volta i polli avevano un’aspettativa di vita di 15-20 anni;11 oggi di regola i broiler vengono macellati verso le sei settimane. Il loro tasso di crescita giornaliero è aumentato all’incirca del quattrocento per cento.)12
Che cosa ne è di tutti i pulcini maschi delle galline ovaiole? Se l’uomo non li ha destinati a diventare carne e la natura non li ha evidentemente destinati a deporre uova, che funzione possono avere? Nessuna. Per cui tutti i pulcini maschi delle ovaiole - metà dei pulcini di gallina ovaiola che nascono negli Stati Uniti; più di duecentocinquanta milioni di pulcini all’anno13 - vengono distrutti.
Tra le centoquarantacinque specie regolarmente uccise - in modo gratuito - mentre si uccidono i tonni figurano: mante, diavoli di mare, razze maculate, squali dal muso lungo, squali ramati, squali delle Galápagos, squali grigi, squali notturni, squali toro, pescecani, pesci martello, spinaroli, spinaroli cubani, squali volpe occhione, squali mako, verdesche, maccarelli striati, pesci vela, palamite bianche, maccarelli reali, sgombri, aguglie imperiali, marlin bianchi, pescispada, alepisauridi, pesci balestra, aguglie, fieti, caranghi dorati, ricciole di fondale, lampughe, pesci istrice,
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È molto più facile essere crudeli di quanto si potrebbe pensare.
Condividere il cibo genera sentimenti positivi e crea legami sociali. Michael Pollan, tra gli autori più attenti in materia di cibo, parla di convivialità e sostiene che proprio la sua importanza, che ammetto essere notevole, va a detrimento dell’opzione vegetariana. In una certa misura ha ragione.
AMBIENTALISMO Interesse per la conservazione e il ripristino delle risorse naturali e degli ecosistemi che sostengono la vita umana.
Una ricerca condotta presso la University of Chicago ha scoperto che le nostre scelte alimentari incidono almeno quanto le nostre scelte in materia di trasporti sul riscaldamento globale.
Studi ancora più recenti e autorevoli effettuati dall’ONU e dalla Pew Commission dimostrano senz’ombra di dubbio che a livello globale il bestiame contribuisce più dei trasporti ai cambiamenti climatici.
Secondo l’ONU, il comparto dell’allevamento è responsabile del 18 per cento delle emissioni di gas serra,27 circa il 40 per cento in più dell’intero settore dei trasporti - autovetture...
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L’allevamento di animali è responsabile del 37 per cento delle emissioni antropogeniche di metano, che ha un potenziale di riscaldamento globale (GWP) 23 volte superiore a quello della CO2, e del 65 per cento delle emissioni antropogeniche di ossido nitro...
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gli onnivori contribuiscono alle emissioni di gas serra sette volte più dei vegani.
Le Nazioni Unite sintetizzano gli effetti ambientali dell’industria della carne in questo modo: allevare animali a fini alimentari (in allevamenti tradizionali o industriali) «è una delle due o tre attività che contribuiscono maggiormente ai più seri problemi ambientali su ogni scala, da quella locale a quella globale. [...] [La zootecnia] dovrebbe essere al centro dell’attenzione politica quando si affrontano i problemi del degrado del suolo, dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento dell’aria, della carenza e dell’inquinamento dell’acqua e della perdita di biodiversità. Il contributo del
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Messa in termini più semplici, chi mangia regolarmente prodotti ricavati da animali allevati in modo intensivo non può definirsi ambientalista senza disgiungere la parola dal suo significato.
Non appena le femmine diventano adulte - che per le tacchine industriali vuol dire tra la ventitreesima e la ventiseiesima settimana e per le galline tra la sedicesima e la ventesima - le mettono nei capannoni e abbassano la luce; arrivano a tenerle al buio totale per ventiquattr’ore al giorno, sette giorni su sette. E le alimentano con una dieta molto povera di proteine, quasi da fame. Questo processo dura due o tre settimane. Poi accendono le luci sedici ore al giorno per le tacchine o anche venti per le galline, per convincerle che è primavera, e passano a una dieta altamente proteica. Così
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Per quanto moltissime persone abbiano una qualche vaga idea della crudeltà degli allevamenti intensivi - le gabbie sono piccole, la macellazione è violenta - certe tecniche molto diffuse sfuggono al grande pubblico. Io non avevo mai sentito della somministrazione controllata di cibo e luce.
La KFC, che in passato significava Kentucky Fried Chicken e oggi non significa niente, è probabilmente l’azienda che ha aumentato il totale di sofferenza nel mondo più di qualunque altra nella storia.
La KFC sostiene di essere «impegnata per il benessere e il trattamento umano dei polli».67 Quanto possiamo fidarci di queste parole? In un impianto di macellazione del West Virginia che rifornisce la KFC, gli addetti sono stati filmati mentre strappano la testa ai polli vivi, gli sputano tabacco negli occhi, li colorano in faccia con lo spray e li calpestano.68 Parliamo di atti commessi decine di volte, e non si trattava di una «mela marcia», ma di un impianto che si fregiava del titolo di «Fornitore dell’anno». Pensa che cosa succede nelle mele marce quando nessuno guarda. Sul sito della KFC
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Di fatto, la KFC sostiene che i suoi consulenti abbiano elaborato programmi per i suoi fornitori, anche se i consulenti sono i fornitori stessi. Come il suo nome, l’impegno della KFC per il benessere degli animali non significa niente.
Secondo quanto mi hanno insegnato alla scuola ebraica e a casa, le leggi alimentari ebraiche furono concepite come un compromesso: se noi esseri umani dobbiamo proprio mangiare gli animali, dovremmo farlo in modo umano, rispettando le altre creature, e con umiltà.74 Non infliggere agli animali che mangiamo sofferenze non necessarie, sia nel corso della vita sia durante la macellazione. È una concezione che da bambino mi faceva sentire orgoglioso di essere ebreo, e che continua a rendermi tale.
Siamo in una situazione strana. Siamo virtualmente tutti d’accordo sull’importanza di come trattiamo gli animali e l’ambiente, eppure pochi di noi si danno molto pensiero sulla nostra fondamentale interazione con gli animali e l’ambiente. E ancora più strano è che chi sceglie di agire in accordo con questi valori indiscussi rifiutandosi di mangiare gli animali (laddove tutti concordano che così facendo si riducono il numero degli animali maltrattati e la propria impronta ecologica) è spesso considerato marginale o addirittura estremista.
SENTIMENTALISMO Dare maggiore importanza alle emozioni che alla realtà. Il sentimentalismo è ampiamente considerato fuori dalla realtà, una debolezza. Molto spesso, chi esprime preoccupazione (o persino interesse) per le condizioni in cui vivono gli animali d’allevamento è tacciato di sentimentalismo. Ma vale la pena fare un passo indietro e chiedersi: chi sono i sentimentali e chi i realisti? Voler sapere come sono trattati gli animali d’allevamento vuol dire confrontarsi con i fatti che riguardano gli animali e noi stessi, o evitare di farlo? Sostenere che si debba attribuire maggior valore
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L’industria zootecnica esercita la propria influenza politica sapendo che il proprio modello di business dipende dal fatto che i consumatori non hanno la possibilità di vedere (o sentire).