Il tempio di Demetra ad Akragas
La Rupe Atenea è generalmente identificata con il sito dell’Acropoli della città greca che la testimonianza di Polibio colloca ad Est, “là dove sorge il sole”. Dei templi di Athena e Zeus Atabirio ricordati dalle fonti non sono state sinora ritrovate tracce, sebbene sia comunque accertata la natura sacra del sito (Tempio di Demetra) e scavi ancora in corso stiano svelando importanti resti. Le numerose campagne archeologiche effettuate hanno portato alla scoperta di diverse strutture fra cui un lungo muro, in cui si distinguono nettamente due tratti aventi cronologia differente ma di cui non si è ancora riusciti ad individuarne con sicurezza la funzione: in particolar modo per il tratto più antico, risalente alla fine del V secolo A.C., non si è in grado di stabilire se si tratta di un muro appartenente ad un edificio sacro, oppure di un muro di terrazzamento per la costruzione di un grande edificio, probabilmente un tempio, del quale però non è stata trovata alcuna traccia. Sono noti, invece, elementi riconducibili alla natura fortificata del sito. Si tratta dei resti di due torri databili alla fine del V secolo a.C. delle quali una fu obliterata dal tratto occidentale di un muro di terrazzamento costruito nel IV secolo a.C. quale sostegno di un impianto artigianale per la spremitura delle olive.
Le peculiarità della zona vanno ricercate anche nel sottosuolo che, così come in altre zone del centro storico di Agrigento e della Valle dei Templi, si presenta ricco di sorprese e di interessanti strutture ipogee. Sono infatti presenti, sia nella zona più alta della rupe che lungo le pareti del versante settentrionale, delle cavità artificiali, ossia scavate dall’uomo in epoche passate; in tutto le cavità censite e rilevate sono otto: una, la più interessante per sviluppo e caratteristiche, presenta un andamento tortuoso e cunicolare. Le altre sette cavità sono invece delle vere e proprie camere ipogee: alcune di queste presentano al loro interno dei fenomeni di crollo della volta che non permettono di stabilire con assoluta certezza il loro sviluppo planimetrico.
L’ipogeo ad andamento cunicolare – Ipogeo della Rupe – è ubicato al di sotto della zona interessata dalla presenza delle antenne, posta ad una quota di poco inferiore ai 350 m sul livello del mare. La sua peculiarità principale è dovuta alla presenta di ben sei ingressi, distribuiti lungo il periplo della parte alta della “Rupe Atenea”, e che permettono il controllo totale del territorio in tutti e quattro i punti cardinali. L’ubicazione e la strutturazione della cavità ben si presta agli scopi difensivi della stessa: a suffragare tale ipotesi vi è la presenza di due fortini militari, risalenti al periodo bellico.
Uno di queste grotte fu utilizzata come comando della 207^ divisione costiera durante l’ultima guerra, nella battaglia di Agrigento avvenuta tra il 12 e il 16 luglio del 1943 tra gli uomini del Regio Esercito e quelli della 3^ divisione americana del generale Truscott, che aveva avuto incarico dal generale Patton di catturare Agrigento e Porto Empedocle. A conferma di questa ipotesi la presenza di due osservatori militari e dei resti di un poligono di tiro in chiarissimo stile fascista
Proseguendo lungo la parete nord del costone calcarenitico si incontrano altre sette cavità la cui origine risulta ancora oggi abbastanza incerta, sia come datazione che come utilizzo. Questi ipogei sono costituiti da camere ipogee aventi sviluppi planimetrici diversi, ma comunque mai superiori a quindici metri. Le cavità della “Rupe Atenea” non presentano alcun elemento che le possa far ricondurre le stesse a strutture utilizzate per scopi idraulici come ad esempio buona parte di quelle scavate nell’area della Kolimbetra – Valle dei Templi –, ma anzi ci si sente di poter escludere tale ipotesi sia per la posizione altimetricamente elevata rispetto alla potenziale falda, testimoniata anche dall’assenza di acqua o di una sua passata presenza (concrezioni, cannule, ecc.), che per l’andamento plano-altimetrico complesso della cavità e l’elevato numero di sbocchi verso l’esterno. Per quanto riguarda l’Ipogeo della Rupe Atenea la sua posizione strategica rispetto al territorio circostante e la presenza di due fortini in cemento armato testimoniano la sua vocazione di struttura militare. Invece per le altre cavità, presenti sulla parete nord, una delle ipotesi più credibile è quella che le vede inizialmente come opere di sepoltura.
Ruolo che di fatto, è stato mantenuto anche di recente: l’area accanto alla chiesa sconsacrata della Madonna delle Forche, è stata utilizzata per scavare le fosse comuni durante l’epidemia di colera del 1837. Come accennato, gli unici resti archeologici sono quelli del cosiddetto Tempio di Demetra, che fu probabilmente costruito datato nel periodo compreso tra il 480 e il 470 a. C. Questo tempio, in stile dorico, offre un interessante esempio di edificio distilo in antis ovvero privo del colonnato esterno e costituito da una semplice cella preceduta da un pronao con due colonne. Della struttura originaria si conservano il basamento di m 30×13 c.a, ancora in parte visibile, i muri esterni della cella e quelli divisori tra cella e pronao; il basimento, che corrisponde all’abside della chiesa di San Biagio, evidenzia la caratteristica fondazione a “graticola”.
È identificato quale tempio di Demetra, anche se qualche studioso sostiene l’ipotesi alternativa di Artemide, per la presenza, sul fianco Nord dell’edificio, di due altari rotondi dei quali uno con pozzo votivo (bothros) ritrovato ricolmo di offerte rituali, tra cui dei kernoi (vasi rituali legati al culto di Perfesone) e dei resti appartenenti a dei busti fittili che dovevano raffigurare la stessa Demetra. Gli scavi (1925), oltre a mostrare come il tempio appartenesse a un Temenos, un recinto sacro, hanno portato alla luce, tra l’altro, elementi del geison (oggi all’interno della chiesa) e della sima a testa leonina (Museo archeologico); inoltre, da una cisterna ubicata nei pressi proviene la nota statua marmorea di Kouros, c.d. Efebo di Agrigento (Museo archeologico).
Ora, questo tempio, rispetto agli altri di Agrigento, non rispetta l’orientamento canonico, verso est, ma uno molto particolare, ivolto al tramonto della luna piena più vicina al solstizio d’inverno. Lo hanno notato i ricercatori Giulio Magli del Politecnico di Milano, Robert Hannah dell’università di Waikato, Nuova Zelanda, e Andrea Orlando dell’Osservatorio Astrofisico di Catania, che hanno cercato di darne una spiegazione: quel particolare orientamento vuole celebrare la riunione di Demetra con la figlia Persefone, rapita da Ade, dio dell’oltretomba, che la portò negli Inferi per sposarla.
Orientamento associato probabilmente anche a particolari riti religiosi: si ipotizza che questi riti prevedessero una processione notturna che partiva dalla fontana santuario posta poco lontano dal tempio (dove sono stati trovati depositi votivi, tra cui una statuetta raffigurante Persefone), saliva al tempio stesso e poi attraversava il corridoio tra il lato nord del tempio e la collina (forse gettando le offerte nel pozzo centrale) e infine si riuniva in un vasto piazzale retrostante il tempio da dove si assisteva allo spettacolo della luna piena che tramontava sulla collina dell’acropoli.
In epoca normanna, sui resti del Tempio fu eretta la chiesa di San Biagio, di cui si si ha notizia anche attraverso il tabulario della Magione (pergamena 116 dell’aprile 1267). In essa domina assoluto lo stile cistercense, con una facciata particolarmente curata nel taglio a faccia vista, nuda, vasta, monocuspidata a capanna, e un portale a sesto acuto sormontato in asse con l’oculo fiancheggiato da due monofore. L’edificio sacro, eretto nella minorità di Federico II, appartiene ai valori estetici “dell’architettura mendicante” delle “chiese capannone” e “chiese a granaio” destinate ai fedeli.
Probabilmente intorno al XV-XVI secolo, la pianta fu modificata con l’inserimento di due archi a tutto sesto retti da colonne e di arcatelle laterali e, infine, con il rialzamento del transetto attraverso due gradini. Le foto d’archivio mostrano anche la presenza di un campanile a vela, oggi non più esistente, forse aggiunto successivamente.
Nella parete rocciosa sottostante, collegato probabilmente ai culti del tempio, vi è un un importante complesso sacro di carattere ctonio nel quale gli elementi architettonici, di particolare rilievo, anche se non di facile interpretazione, si integrano con le caratteristiche naturali del sito, come spesso si riscontra nei santuari sacri alle divinità della terra. Questo santuario rupestre è costituito da un edificio rettangolare addossato alla parete rocciosa sulla quale si aprono due grotte comunicanti, ritrovati ricolmi di offerte votive. Una terza galleria, una sorta di cunicolo era, invece, utilizzata come acquedotto per l’adduzione dell’acqua raccolta da una vicina sorgente nel bacino dell’antistante edificio.
Quest’ultimo presenta una pianta rettangolare allungata (m 12,30×3); si articola su due livelli; quello inferiore, diviso in due settori, fungeva da bacino di raccolta dell’acqua che vi penetrava dal foro posto all’angolo Nord-Ovest. Ad Est, l’edificio si apre su uno spazio delimitato da un muro di peribolo (recinzione) che presenta tre pilastri sulla fronte orientale; all’interno si trova un sistema di vasche comunicanti, su diversi livelli, dove si raccoglieva l’acqua proveniente dall’edificio rettangolare. A causa di movimenti del terreno il muro della fronte orientale presenta una considerevole rotazione verso Sud-Est rispetto alla situazione d’origine.
Numerose le ipotesi formulate relativamente alla natura, funzione e cronologia del complesso rupestre: grotte-santuario frequentate dagli indigeni e monumentalizzazione operata dai greci sul finire del VII secolo a.C.; santuario di epoca arcaica (VI secolo a.C.), successivamente trasformato; un ninfeo di epoca ellenistica sorta su un più antico santuario. Una recente ipotesi, rilevando caratteri architettonici punici (pareti rastremate, cornici di coronamento, pilastri come betili), ricollega il santuario a quel settore di abitato databile al IV secolo a.C. (quartiere punico) scoperto sulle stesse pendici orientali della collina nei pressi di Porta II.
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