L'unico modo per salvarsi

The Daily Stoic
Lo stoico quotidiano. Saggezza antica per la vita di ogni giorno. La lettera che ricevo ogni giorno su come uno “stoico” moderno deve comportarsi, oggi si occupa di come salvarsi in questi tempi di pandemia.
Non è la prima catastrofe naturale o artificiale che abbia colpito l’umanità. L’Imperatore Marco Aurelio nelle sue Meditazioni ha scritto che la pandemia che scoppiò sotto il suo regno durò ben quindici anni. Allora c’erano gli dei, oggi imploriamo un solo Dio. Che ce ne scampi!
Scrisse anche di tener presente che non era la prima volta che accadeva una cosa del genere e che sarebbe accaduto di nuovo. Stiamo parlando di duemila anni fa. Per questa ragione, è bene ricordarlo e comportarsi di conseguenza. Ormai sono passati quasi quattro mesi da quando tutto è cominciato qui da noi, ventunesimo secolo, anno 2020.
Ci sono state perdite reali e gravi. Altre ancora sicuramente ce ne saranno, sull’intero pianeta Terra. Persone che possiamo avere conosciuto o incontrate sono improvvisamente scomparse e altre ancora, inclusi noi stessi, potremmo non vedere il domani.
Molte imprese hanno chiuso e altre ancora chiuderanno. Anni di lavoro, di guadagni, di risparmi, di progetti e di sogni sono evaporati. Lo Stoico ti ricorda che non è colpa tua. Tu lavori sodo. Paghi le tasse, osservi la legge.
Cos’altro puoi fare? Questo è ciò che molte persone sembrano pensare. È una reazione naturale, specialmente quando ascolti le promesse dei politici. Di decreto in decreto, ordinanza in ordinanza, disposizione in disposizione, dicono che lo fanno per difendere te, la tua salute, il tuo futuro. 

Se ci credi, li segui. Se non ci credi, ti puniscono. Tu devi solo cercare di non farti fregare. Uno Stoico dovrebbe sapere come fidarsi. Non solo perché una persona così cerca di essere autosufficiente, ma anche perché uno Stoico è un realista. 

La fortuna è la forza più potente sulla terra. Agisce come vuole, dice Seneca, a lei importa poco dei nostri piani o di ciò che riteniamo essere giusto. Non esiste alcun governo o compagnia assicurativa abbastanza ricca o abbastanza potente per difenderci o proteggerti da tutto quanto sta accadendo.

Non c’è bolla difensiva nella quale puoi entrare, armatura che puoi indossare per impedire di farti soffrire. No, la perdita e il dolore sono i fatti della vita, fanno parte della nostra fatica di vivere.
Ricordano Epitteto e Marco Aurelio: invece di andare in giro, sperando che qualcuno capisca i tuoi problemi o ti dia una mano a risolverli, cerca di trovare un modo per venire a patti con quello che è successo.
Cerca di essere tu la fonte del tuo sollievo, trovando tu la soluzione. Concentrati sul bene che hai ancora, rifletti sul bene che puoi ancora fare. Questo è tutto ciò che abbiamo, sappiamo e possiamo fare. Questo è l’unico modo in cui potremo salvarci.
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Il Libro

Anche allora tutto ebbe inizio in Oriente. Almeno, questo è quello che pensano gli esperti.
Anche allora si pensò che venisse dagli animali. Anche allora si pensò che fossero i cinesi.
Forse era una maledizione degli dei in voga al tempo.
Una cosa è certa: si estese verso est, ovest, nord e sud, attraversando i confini, quindi gli oceani, mentre travolgeva il mondo. L’unica cosa che si diffuse più velocemente del contagio fu la paura e le voci. La gente fu presa dal panico. I medici erano sconcertati.
I funzionari del governo non si dimostrarono in grado di fronteggiare l’evento. Viaggiare era difficile. Festival, raduni, eventi sportivi, tutti cancellati. L’economia crollò. I cadaveri si ammucchiavano nelle strade. Le istituzioni di governo si rivelarono molto fragili.
Stiamo ovviamente parlando della peste Antonina del 165 d.C. una pandemia globale con un tasso di mortalità tra il 2–3%, che iniziò con sintomi simil-influenzali fino a quando non si intensificò e divenne raccapricciante e dolorosamente fatale. Milioni furono infettati. Alla fine morirono tra i 10 e i 18 milioni di persone.
Non dovrebbe sorprenderci che un’antica pandemia, che allora si chiamava pestilenza, abbia attraversato l’intero regno di Marco Aurelio e possa sembrare tanto moderna. Marco l’avrebbe scritto nel suo diario. Quella orribile pestilenza avrebbe potuto ripetersi.
Di fatto si ripetette presso la corte di Adriano, Filippo, Alessandro, Creso. Tutte uguali pestilenze, epidemie, pandemie. Solo con persone diverse. Un modello di malattia familiare, come un frattale nella storia.
Che dire poi della peste bubbonica (Black Death), dell’influenza spagnola del 1918 o delle pandemie sul colera della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo, tanto vicine a questa del “coronavirus” di cui stiamo scrivendo la storia. Si tratta solo di cambiare data.
Un esercizio mentale davvero sconvolgente per alcuni, pensando al modo in cui la storia dei mali della condizione umana si ripete. Possiamo osservare l’evoluzione della civiltà umana come si muove in una direzione unica, ma che si rinnova sempre allo stesso modo, in maniera costante anche se diversa.
Quando accadono cose brutte, quando scoppia una catastrofe, quando sembra che il mondo stia andando in pezzi, che il cielo ci crolla addosso, dovremmo renderci conto di essere protagonisti di un’antica sceneggiatura, scritta sulla doppia elica del DNA umano.
Commettiamo gli stessi errori. Ci abbandoniamo alle stesse paure, non riusciamo a sopportare i medesimi dolori di sempre vissuti in altri tempi, da altre persone.
Siamo stati presi alla sprovvista, ma avremmo dovuto sapere che poteva accadere. Per gli Stoici è imperdonabile non imparare dal passato. Scrive Seneca, che visse due generazioni prima di Marco e vide Roma bruciare:
“Perché questo è ciò che ci rende malvagi. Riflettiamo solo su ciò che stiamo per fare. I nostri piani per il futuro discendono dal nostro passato. “

Quindi cosa possiamo imparare dalla così detta peste di Antonino? Cosa possiamo trovare in noi stessi, nelle altre persone, nelle lezioni del passato, che possono guidarci oggi mentre la realtà di questa attuale crisi pandemica è ritornata?Innanzitutto, dovremmo notare le differenze.
Possiamo dirci fortunati se diciamo che il “coronavirus” (COVID-19) sia solo uno starnuto rispetto alla peste bubbonica che sterminò 25 milioni di persone in pochi mesi nel sesto secolo, o il vaiolo che eliminò circa 400.000 persone ogni singolo anno del diciottesimo secolo, o quando il morbillo uccise 200 milioni di persone nel diciannovesimo e ventesimo secolo, o quando l’influenza spagnola fece sparire 50 milioni di anime nel 1918?
E’ vero, il COVID-19 è in realtà una malattia particolarmente subdola e contagiosa, ma va detto che non debilita e uccide nel modo tragico e disumano nei quali uccise in passato. C’è poco da essere fortunati davvero se la fine è la stessa. Ma i modi fanno la differenza: una questione di dignità.
A Marco Aurelio la pandemia costò il crollo dell’Impero, eppure ebbe la forza, il coraggio e la possibilità, sotto la tenda del suo accampamento, sulle sponde del Reno, a scrivere le sue “Meditazioni” e lanciare il suo stoico messaggio al futuro, a noi che lo leggiamo a distanza di duemila anni.
Possiamo dire di averlo letto davvero, di aver seguito le sue riflessioni, i suoi consigli, il suo comportamento? Marco Aurelio assunse Galeno come suo consulente medico scientifico per condurre lezioni e dimostrazioni volendo elevare il livello culturale e sociale del suo popolo, oltre che cercare di salvarlo dai mali del vivere. Fu Galeno il suo consulente durante la peste, la mente medica più intelligente del tempo.
L’Imperatore non si occupò soltanto della pandemia ma anche della grande crisi economica che provocò. Lo storico inglese Frank McLynn, in una importante biografia, descrive nei dettagli l’azione di risanamento che Marco Aurelio realizzò, dimostrando così di essere non soltanto un grande imperatore, ma anche un economista, un politico ed un filosofo.
I debiti di vecchia data che tutti i cittadini, romani e non, colpiti dalla peste, avevano nei confronti dell’amministrazione pubblica, vennero cancellati. Si fecero grandi raccolte fondi per finanziamenti ed aiuti pubblici immediati.
Come scrive McLynn, Marco effettuò vendite straordinarie di beni mobili ed immobili imperiali, immettendo danaro in una società che aveva bisogno di “liquidità“ per rinascere.
Abolì lussuosi appartamenti pubblici e privati, vendette calici d’oro, bandiere d’argento, cristalli e lampadari ed anche il guardaroba di sua moglie, che amava gli abiti di seta ricamata d’oro ed i gioielli.
I funerali per le vittime della peste furono pagati dallo Stato imperiale. Con riluttanza, ma inevitabilmente, Marco Aurelio confiscò il capitale delle classi elevate e nobili di Roma, sapendo che potevano permettersi di pagare. Controllò i guadagni dei propri funzionari e non permise spese senza approvazione.
Durante crisi di questo tipo, sono i capi, i leader, chi comanda per primi a dover trasmettere fiducia a chi ha perso tutto, gli è rimasta solo la vita e ha bisogno di aiuto. Le strade di Roma erano inondate di cadaveri. Il pericolo era sospeso nell’aria e si nascondeva dietro ogni angolo.
Si sapeva ben poco della diffusione di germi o malattie. Ci si affidava alle superstizioni. I Romani bruciavano incensi. Pensavano che potessero tenerli al sicuro, invece coprivano la città di fumo e dense nuvole pestifere che si mescolavano con la puzza dei cadaveri in decomposizione nelle strade di una città chiusa, in “lockdown”.
Certamente nessuno avrebbe criticato Marco se fosse fuggito da Roma. Lui era l’Imperatore, avrebbe potuto farlo, rappresentava l’ istituzione, il potere, la continuità. Invece rimase, a costi personali enormi. Affrontò la peste più mortale della storia di 900 anni di Roma, senza mai mostrare paura, rassicurando il suo popolo con la sua stessa presenza.
Facendo un salto di secoli fece la stessa cosa un inglese chiamato Winston Churchill durante il Blitz tedesco, durante la seconda guerra mondiale, a dare forza ai londinesi e mantenere la calma per andare avanti. Va segnalato anche il comportamento del leader cinese Xi Jinping che, pur essendo stato visto raramente in pubblico, ha fatto sentire sempre la sua presenza sin dall’inizio della pandemia nel suo sterminato Paese.
Due esempi, anche se di opposte situazioni e condizioni a confermare comportamenti stoici. Quello di Marco Aurelio è passato alla storia e continua ad essere di esempio anche dopo duemila anni. Nel 180 d.C., dopo aver guidato il popolo nel peggio della crisi, che si protrasse per circa 15 anni, e non avendo mai nascosto o trascurato i suoi doveri pubblici, Marco Aurelio iniziò a mostrare i sintomi della malattia.
Era un destino inevitabile dato il suo stile di leadership. Con la diagnosi dei suoi medici, sapeva di avere solo pochi giorni da vivere, quindi inviò i suoi cinque amici più fidati a pianificare la sua successione e garantire una transizione pacifica del potere. Le sue famose ultime parole:
“Non piangete per me, pensate piuttosto alla pestilenza e alla morte di tanti altri”.

È qui che il passato offre le sue lezioni più potenti e che fanno riflettere. Troppo spesso, tutte le civiltà si sono rese conto di quanto siano vulnerabili soltanto quando scoprono di essere in balia di un tiranno crudele, di una malattia non sostenibile o di un destino insopportabile. Un risultato, un risveglio tardivo per una utile autocritica: siamo mortali e fragili, il destino può infliggere cose orribili ai nostri piccoli corpi impotenti.
Non possiamo scappare o metterci in quarantena per isolarci dalla realtà dell’esistenza umana: “memento mori”, “ricorda che sei mortale”. Nessuno essere umano, nessun paese, nessun pianeta è sicuro o speciale come vorremmo.
Siamo tutti in balia di eventi enormi al di fuori del nostro controllo, anche (o soprattutto) quando quella “enormità” arriva su un’ondata di microbi e virus invisibili, infinitamente piccoli. “Puoi scomparire in qualsiasi momento”, Marco ricordava continuamente a se stesso. Gli eventi che turbinavano intorno a lui glielo ripetevano. Si assicurò che questo pensiero guidasse ogni sua scelta, azione e pensiero.
“Siate buoni l’uno con l’altro”, questa era la convinzione prevalente della vita di Marco. Una malattia come la peste, “può solo minacciare la tua vita”, ha detto in Meditazioni, ma è solo il male, l’egoismo, l’orgoglio, l’ipocrisia, la paura, ad attaccare la nostra umanità”.
Ecco perché dobbiamo usare anche questa terribile crisi contemporanea che stiamo vivendo come un’opportunità per imparare, per ricordare le virtù fondamentali che Marco Aurelio ci ha indicato:
l’umiltà, la gentilezza, il servizio, la saggezza.

Non possiamo perdere tempo. Non possiamo dare per scontate persone, cose e neanche la nostra salute. Anche se ci manca la guida giusta per guardare avanti, per ricostruire, perchè ci sia di esempio, possiamo sempre rivolgerci al passato. Marco Aurelio rimane l’esempio che dura nel tempo.
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Published on May 01, 2020 07:06
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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