Review: The Game

The Game The Game by Alessandro Baricco
My rating: 4 of 5 stars

“Nel 1970, quasi mezzo secolo fa, il sociologo e futurista Alvin Toffler scrisse un libro che ricordo di avere comprato in una libreria napoletana in via Mezzocannone, di fronte all'università dove mi ero appena laureato. Il titolo era "Lo Shock del Futuro". Era in inglese ed io lo comprai non solo per dovere per così dire professionale, (mi ero laureato in quella lingua), ma anche perché avevo il futuro che mi si parava davanti e mi approntavo a “viaggiarlo”. I tempi erano davvero esplosivi, ma eravamo tutti pronti ad aggredire il futuro, sotto la pressione di quella grande utopia che fu il "68" europeo. (unideadivita)”

Ci sono libri che arrivano in un certo momento della vita, ti permettono di fare una sintesi preziosa e necessaria di quello che pensi. Non solo questo. Ti permettono anche di giudicare quello che hai pensato e fatto nel tempo che hai vissuto. E’ come se, improvvisamente, ti presentassero il (tuo) passato, il presente ed il futuro in sola stringa comunicativa e ti chiedessero di giudicare quello che hai fatto in un certo lasso di tempo, diciamo mezzo secolo. Un passato, poi diventato presente trasformato in futuro. Quasi come un “gioco”, anche se di gioco non si tratta affatto, a mio parere.

La parola è quella usata dall’autore per dare il titolo in inglese a questo libro: “The Game”. L’idea di fondo del volume è che quella che stiamo vivendo non solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma anche il risultato di una insurrezione mentale. In particolare, chi l’ha innescata, dai pionieri di Internet all’inventore dell’Iphone, aveva in mente di liberarsi del Novecento e delle sue tragedie. Da questo scaturiscono alcune caratteristiche della civiltà in cui ci troviamo come il “movimento”, la “leggerezza”, la “battaglia” contro le èlite.

Un libro che per questo blogger è davvero una sintesi, se mi rileggo quello che scrissi nella citazione qui sopra riportata su Toffler. Non a caso, di recente ho cercato di mettere ordine a quello che ho fatto negli ultimi venti anni, diciamo da quando ho lasciato il mondo della scuola e ho pubblicato, in qualità di “figlio di tipografo” in un libro quello che ho pensato, scritto e pubblicato sia in cartaceo che digitale nell’arco di questo mezzo secolo. Un modo per fare “sintesi” con me stesso, oltre che per capire quello che penso, ma anche la maniera giusta per passare il testimone a mio figlio che rientra in quella sfera esistenziale che Alessandro Baricco invita a farsi avanti, quella che lui chiama “nuova intelligenza, quella che ha meno di 35 anni”

La parola chiave deve necessariamente essere “sintesi”, ringraziando anche Iddio se mi concede il “movimento” con la necessaria “leggerezza” di pensiero. Io scrivo per capire quello che penso. Quello che fa anche Alessandro Baricco, il quale, oltre che scrivere in maniera stupenda, lo insegna anche. Condizione abbastanza fortunata la sua, che non può non suscitare gelosie e invidie. Lui è in cerca di intelligenze nuove che si facciano avanti per creare un mondo nuovo, diverso dal terribile Novecento. Chi dovrebbe fare parte di questa nuova intelligenza? Lo dice nel libro e l’ha confermato in una lunga intervista a “La Lettura” giorni fa. A dire il vero lui non esclude gli ottantenni, ed io me ne compiaccio, dinosauro come sono. Chi sono, allora, questi nuovi “intelligenti”? Ecco come risponde nella citata intervista:

“Quelli che non stanno ricoprendo ruoli dirigenziali, non stanno facendo politica, non sono presidi di scuole. Lo scontiamo lasciamo il palco agli altri. E’ il momento che la nuova intelligenza esca fuori, in modo anche aggressivo. Anagraficamente è facilitato chi ha tra i 10 e i 35 anni, ma ci sono pure ottantenni con una testa da “Game”. Sono gli individui con una intelligenza non lineare, che hanno talento nel collegare pezzi di mondo, non hanno zavorre ideologiche novecentesche. Io stesso ne ho, nel mio sangue circolano cattolicesimo e comunismo, una certa idea di sinistra. Alcuni miei studenti sono più liberi. Quelli come loro devono uscire fuori”.

“Collegare pezzi di mondo”, un pensiero che mi fa venire in mente il titolo di un libro uscito nel 2002 a firma di David Weinberger che parlava di una teoria unificata della rete “Small pieces loosely joined”, tradotto in italiano con il titolo di “Arcipelago Web”. Ma, ancora prima, l’idea di “una teoria unificata” della conoscenza e quindi dei “testi” mi era già abbastanza chiara. Infatti, in occasione delle celebrazioni per il “Cinquantennale e Venticinquennale del Liceo Classico Statale “T. L. Caro” e del “Liceo Scientifico Statale “G. Galilei” della Città di Sarno, nella Valle dei Sarrasti, nel 1994, (notate l’anno!), ebbi modo di relazionare nel Convegno su quello che si intendeva per “ipertesto” in funzione didattica. Era come anticipare la “rete”.

Come si può leggere nella rivista LYCEUM dell’Istituto che dirigevo e pubblicai nel numero 6, in data giugno 1994: “Si dice ipertesto qualcosa in più della somma di diversi “testi”, più specificatamente si intende la capacità di stabilire collegamenti immediati tra le informazioni, gestendo anche immagini e suoni”. Parlavo dei vantaggi di un ipertesto che portava il nome di Galileo e che conteneva un concetto di scientificità ed uno spessore culturale ampio e trasversale, indispensabile nella articolazione delle scienze e del loro sviluppo. Il sistema degli ipertesti poteva essere in grado di realizzare esperienze di ricomposizione delle conoscenze, integrando le varie discipline di studio. Un ambiente interattivo ottenuto dall’incontro tra il computer e la televisione. Si diventava così “attori” nel processo di conoscenza. Insomma conoscere era come “giocare” per scoprire. Era cominciato il gioco: “The Game”, appunto, quello che stiamo qui ancora a giocare.

“Un mondo nuovo”? Certamente “cose” di un mondo che soltanto venti anni fa, 1994 appunto, non esistevano: wikipedia, facebook, skype, youtube, pinterest, twitter, whatsup … inutile continuare. Un “mondo nuovo” pieno di nuovi strumenti che mancava, però, del necessario artefice principale: l’uomo. Non lo produsse chi se lo aspettava e lo sognò nel ‘68. Forse Baricco all’epoca ne fu giovane sognatore. Ne aveva l’età. All’uscita del libro, che continua ad essere ovviamente, e anche giustamente, nelle vette delle classifiche di vendite, non ha suscitato soltanto applausi ma anche qualche inevitabile “stroncatura”.

Se Alessandro Baricco ha fatto una magistrale lezione sia su Internet che sul Web, (è bene ricordare che non sono la stessa cosa!) pensando il tutto, in maniera ironica e provocatoria, c’è stato chi, invece, pensa che questo “gioco” non solo sia “inutile”, ma anche pericoloso. Stenio Solinas in un articolo sul libro, definito “stroncatura”, è convinto che il “game” non ci eviterà gli incubi del secolo scorso, quel Novecento terribile che già molti avevano descritto come l’avvento di “mondo nuovo”, quello alla George Orwell, Aldous Huxley, per intenderci, con lo strascico di tutti gli “ismi” possibili ed immaginabili che continuano ad affliggerci.

Il “Game” giocato da Baricco, secondo Solinas, può condurci e ben altro. Non conoscenza nè pace se all’orizzonte si annunzia l’arrivo di quello che può condurci al predominio dell’artificialità sull’umanità. Se il "movimento" è destinato a vincere sull’immobilità, il "liquido" sul solido, se la "realtà" verrà aumentata a piacimento, ci potrà essere il rischio di creare un oltremondo digitale frequentato da chi non ne ha uno suo, non ha una sua ragione, un suo perchè dello stare nel mondo reale, così com’è, senza “aumenti”.

Il rischio è quello di generare incubi con i relativi mostri. Alessandro Baricco non parla quasi mai di quella ancora oscura realtà che va sotto il nome di A.I. - Intelligenza Artificiale. L’invito rivolto ai giovani ad essere “aggressivi” non promette niente di buono oltre che di nuovo. I “mostri” non scompaiono con la tecnologia, anzi si rinnovano, capaci di evolvere in una realtà aumentata che non ha nulla di umano. E allora, tutto sarà per l’umanità, tranne che un “game”.

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Published on November 01, 2018 10:19
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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