Viaggiare non è partire


Non posso non copiare ed incollare, per ricordare a futura memoria, questo articolo di Luigi Mascheroni apparso sul giornale di oggi. Chi ama i libri sa cosa significa leggere per viaggiare. Ogni libro è un "viaggio". Hai comprato il biglietto, sai con chi ti accompagni e sai anche dove sei diretto. Non ti resta che sfogliare le pagine, scorrere le righe, sciogliere le parole e il gioco è fatto.  
Blaise Cendrars, penna svizzero-francese di eccellenza, prese il treno più famoso del mondo rimanendo fermo in stazione. Nel 1913 pubblicò con successo un poemetto in cui racconta il suo straordinario viaggio sulla Transiberiana: un'esperienza diceva che gli aveva cambiato la vita. Quel viaggio non lo fece mai. Scrisse a tavolino. E a un amico che gli manifestò i propri dubbi, rispose: «Che cosa vuoi che importi, visto che quel treno l'ho fatto prendere a tutti!».  
Ludovico Ariosto, che si inventò persino un viaggio sulla luna, pure confessò: «Chi vuole andare a torno, a torno vada:/ vegga Inghelterra, Ongheria, Francia e Spagna;/ a me piace abitar la mia contrada». E Immanuel Kant, pur insegnando Geografia fisica, non uscì mai dalla sua Königsberg Aveva capito il mondo. 
Chi l'ha detto che viaggiare vuol dire partire? Del resto, grandissimi scrittori e giornalisti di viaggio ci hanno lasciato pagine meravigliose su luoghi in non sono mai stati. Da Marco Polo fino a Jayson Blair. Ve lo ricordate? Era un eccellente inviato del New York Times che qualche anno fa rischiò di vincere il Pulitzer, prima che qualcuno si accorse che i suoi reportage in giro per il mondo fantastici, in entrambi i sensi - erano inventati.
Niente ci conferma che viaggiare sia il miglior modo per scoprire una città o un Paese sconosciuti. Lo ha detto Pierre Bayard, il quale nel 2012 ha pubblicato un documentatissimo saggio e insieme irresistibili rassegna di tutti i tipi di viaggiatori in pantofole: falsari, millantatori, acuti ascoltatori, fantasiosi inventori - su «Come parlare di luoghi senza esserci mai stati». Un bestseller stanziale. 
Il non-viaggio non significa rimanere immobili. Tutt'altro. Viaggiare con l'immaginazione significa esplorare noi stessi. Che è l'avventura più grande. Per farlo occorre riposo, silenzio, tranquillità. Va benissimo il proprio terrazzo. E detto fra noi, le Lonely Planet hanno una grafica orrenda. 
Don Orione diceva: chi sta fermo cammina. Santa Teresa di Lisieux - patrona delle missioni - non è mai uscita dal convento di clausura. Fior di neurologi e psicanalisti sostengono che l'immaginazione oltre il limite umano la si sviluppa di più nel proprio studio-abitazione con giardino che altrove. E uno dei reportage-letterari più belli del Settecento - si sa - è Viaggio intorno alla mia camera di Xavier de Maistre. 
Personalmente io che ho come massimo orizzonte geografico-culturale il Canton Ticino, e detesto viaggi, aerei, treni e alberghi ho battuto gli oceani, fino alla Micronesia, con il Moby Dick di Hermann Melville. E ho solcato il Mar cinese meridionale con Tifone di Joseph Conrad. Cosa serve essere stati in Patagonia, se si è letto Chatwin? 
E poi l'estate è caldissima, si ha sempre sete quando si va in giro e senza prenotazioni è un disastro. I luoghi a portata di turismo di massa sono invivibili. E quelli per viaggiatori d'élite rischiosi: il corpo umano è indifeso di fronte agli animali selvaggi, alle intemperie e le malattie. L'uomo non è fatto per abbandonare il proprio habitat. Homer Simpson, il massimo pensatore indipendente della post-modernità, l'ha detto chiaramente: «Mai allontanarsi dal divano. È pericoloso». 
I concetti di spazio e tempo si elaborano meglio da fermi. È una legge fisica. E la poesia, addirittura, va oltre. Ci dice che: «Il viaggiare sarebbe un gran diletto,/ ma costa troppo./ Per economia, prendo il biglietto/ allo sportello della fantasia./ Preparo le valigie, chiudo gli occhi,/ sento il fischio, e via./ Così, stando in poltrona e senza spese,/ viaggio innanzi e indietro il Belpaese». Buone vacanze.
Luigi Mascheroni

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Published on June 24, 2017 05:12
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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