Eleonora Carta's Blog, page 4
September 5, 2022
10 settembre Pimentel
10 settembre ore 18:00 Comune di Pimentel e Biblioteca Comunale di Pimentel per l’ Anteprima Fiera del Libro 2022 La Meraviglia con Antonio Boggio ed Emanuela Porcu
[image error]September 4, 2022
09 settembre – Florinas in Giallo
Il 09 settembre alle ore 18:00 sarò in Piazza del Popolo a #Florinas per presentare l’amico e collega Antonio Boggio in “Omicidio a Carloforte” – Edizioni Piemme
Termini Book Festival II edizione
Un bellissimo incontro nella terrazza sul mare di Termini Imerese per il Termini Book Festival!
Con i colleghi Elvira Siringo, Seba Ambra, Rosario Russo in qualità di moderatore, e con il direttore artistico del Festival e autore Giorgio Lupo.


September 1, 2022
Fiera del Libro 2022 “La Meraviglia” VII ed
Dal 29 settembre al 04 ottobre tra i comuni partner di Iglesias, Portoscuso, Gonnesa, Villamassargia, Domusnovas e Musei, torna la Fiera del Libro 2022 di Argonautilus VII edizione per cui mi occupo del coordinamento generale.
Un programma straordinario che trovate alla pagina www.fieralibroiglesias.it tutto incentrato sul tema della “Meraviglia” che per la prima volta sarà comune anche a tutti i festival della RetePYM.
August 30, 2022
02 Settembre – Termini Book Festival
2-3-4 settembre Termini Imerese_ Termini Book Festival, per la direzione artistica di Giorgio Lupo
August 19, 2022
20 agosto: Piani Inclinati a Musei
Presso Azienda Vitivinicola Erbì, nel comune di Musei, dalle ore 20 sabato 20 agosto, una festa dedicata a Piani Inclinati. Non mancate!
June 12, 2022
Jules LaForgue e Piani Inclinati
Ho conosciuto Jules LaForgue grazie a Thomas S. Eliot, che scoprì il suo talento e se ne lasciò ispirare, almeno nei primi lavori. Prufrock and Others Observation di Eliot (1917) trasuda l’amarezza e la rassegnazione, con richiami continui all’orrore, al vuoto e al grigiore dell’esistenza, che erano propri di LaForgue.
E, in modo fluido, a distanza di quarant’anni ritroviamo un po’ di LaForgue anche in Eugenio Montale: nel verso libero, dove l’assonanza prevale sulla rima, talvolta anche a discapito della musicalità.

Quella di LaForgue è un’inclinazione di spirito vicinissima agli artisti francesi della prima metà del ‘900, ma non è facile definirlo, né collocarlo in una delle molte correnti che animavano a quel tempo la vita parigina. Anche al simbolismo partecipa in maniera singolare, non ricercando l’analogia, e sfruttando il simbolo solo al fine di generare immagini e suggestioni.
Un “Poeta minore” LaForgue, si potrebbe dire con una citazione, o forse un “poeta diverso”. Lontano dalle intuizioni di Baudelaire, o dall’ironia di Mallarmé; perso in un decadentismo disperato e votato a raccontare la vicenda umana negli eterni ritorni del suo tempo ciclico, con commoventi aneliti di allegria nelle figure ricorrenti dei suoi clown e dei suoi Pierrot.
Leggevo LaForgue mentre costruivo il personaggio di GianPietro Spinas, il villain di “Piani Inclinati”. Ho attinto alle sensazioni vibranti della sua poesia per immaginare un uomo avvelenato dal dolore, furioso con la vita, lucidamente folle nell’elaborare un piano criminale che avrebbe dovuto offrirgli una speranza di felicità.
Del fatto che non si sarebbe mai potuto realizzare, Gianpietro Spinas ha sempre avuto consapevolezza. Sapeva che avrebbe fallito, che tutto sarebbe finito, probabilmente finito molto male.
Quando, nell’Intermezzo 5, Gianpietro cita LaForgue, le illusioni sono già crollate.
Linda è solo un riflesso di luce oltre un vetro. Gianpietro continua a scivolare – solo – sul suo piano inclinato.
“Ho il cuore triste come un lampione da fiera
Me ne andrò a dormire in un treno, stasera
Certo di andare per la vita intera, infelice come una pietra“

NOTE:
I versi dell’Intermezzo 5 a pagina 346 di “Piani Inclinati” sono tratti dal primo “Complaint de Lord Pierrot“. L’edizione che ho trovato in una libreria antiquaria, è quella delle “Poesie” di Lerici Editori, con un bellissimo cofanetto.
“Poeta Minore” è una canzone di Max Gazzè, ma credo sia dedicata a Mallarmè.
April 10, 2022
Se il Dragone si mangia l’Orso

Per noi non-addetti ai lavori ma solo cultori di una materia che abbiamo imparato a conoscere e definire come “geopolitica” (vedi nota a piè di pagina), gli scenari prospettati dallo scontro Russia-Ucraina in corso da oltre quaranta giorni presentano molti interrogativi aperti. Alcuni insoluti, forse insolvibili, altri risolvibili con un’analisi attenta della situazione storica, tattica e politica.
Su uno di questi mi vorrei soffermare oggi in modo particolare, e cioè: perché la Russia non sta vincendo il conflitto?
Quando in quel fatidico 24 febbraio siamo stati raggiunti dalla notizia dell’attacco russo all’Ucraina, tutti abbiamo pensato – forse anche sperato – si sarebbe trattato di una questione molto privata da risolversi in pochi giorni. Un caso da manuale di Shock and Awe (colpisci e terrorizza), tattica militare basata sull’uso di una potenza di fuoco soverchiante, che unita alla cognizione dell’assoluta superiorità del nemico sul campo e magari supportata da spettacolari prove di forza, arriva a paralizzare l’aggredito e lascia annichilito e deprivato della volontà di resistere.
Così si pensava sarebbe andata. La Russia avrebbe preso i territori di suo interesse, non tanto il Donbass russofono e russofilo che già sostanzialmente gli apparteneva (54 ore prima dell’assalto Putin aveva siglato, in diretta tv, il decreto per riconoscere l’indipendenza di Lugansk e Dontesk, le repubbliche separatiste ucraine del Donbass) quanto i territori a sud, sul mare d’Azov, per completare il quadro del suo dominio su quel mare chiuso, talvolta definito “lago russo”, e ricongiungere i suoi territori alla Crimea (già annessa nel 2014 a seguito di un contestato referendum popolare).
Ma da allora è passato più di un mese e niente di questo è accaduto. Al contrario, la Russia ha subito ingenti perdite, è stata costretta a ritirare le truppe da Kiev, stenta, rallenta, incespica, e oltre macchiarsi di atroci crimini contro l’umanità, commette un errore dietro l’altro, a livello tattico, militare e diplomatico.
Com’è possibile, ci chiediamo? Come può essere che una potenza così immensa, di cui credevamo immense anche le risorse a livello bellico, non sia riuscita – e forse non riuscirà – ad avere la meglio sulla “piccola” Ucraina?
Certo, la mitologia e la storia sono piene di pronostici ribaltati. Da Davide e Golia ai Greci contro i Persiani, al Vietnam contro gli Stati Uniti o a Ulisse contro il Ciclope.
Ma chi avrebbe mai immaginato una simile sconfitta della Russia che – comunque vadano le cose da oggi in avanti – avrà portata epocale? La piccola Ucraina ha già scritto il suo nome nella storia arrivando a far sbiadire l’immagine dell’Impero Russo agli occhi dell’opinione pubblica mondiale; e noi sappiamo che gli Imperi vivono della grandezza dell’immaginario che sono in grado di generare attorno a sé, più che della loro effettiva forza.
E grande era l’immagine che avevamo di loro, fino almeno al 24 febbraio scorso.
La Russia era il paese che aveva vissuto la sua ultima sconfitta vera durante la Prima guerra mondiale. Una sconfitta maturata tra l’altro in condizioni molto particolari, avendo combattuto sotto l’avvicendarsi di tre assetti differenti (gli zar, la rivoluzione di febbraio e la guerra civile di ottobre).
È la potenza che vanta il più grande arsenale nucleare del mondo; che è stata protagonista in tempi recenti di campagne militari di non breve periodo, come nei Balcani, in Cecenia e Georgia, Siria e Libia; che ha saputo creare un’emanazione del suo esercito, il famoso battaglione Wagner, destinato al “lavoro sporco” precluso all’esercito regolare. E questo ci ha dato l’idea di una grande potenza militare.
Ma siamo sicuri di avere sempre valutato le sue imprese in modo accurato?
La Russia si è ritirata dall’Afghanistan dopo nove anni di guerra e con oltre 16000 perdite in vite umane.
In Siria la vittoria è maturata contro uno stato (quello islamico) capace di terrorizzare l’occidente con attacchi sanguinari, ma del tutto inesistente sotto il profilo militare, privo com’è di aeronautica – e se vogliamo dirla tutta, anche di una contraerea.
Lasciando da parte le operazioni clandestine negli stati centro occidentali dell’Africa che non possono essere considerate guerre in senso stretto, anche in Libia la Russia ha perso, schierandosi con i francesi dalla parte di Haftar: l’intervento dei Turchi in Tripolitania è stato sufficiente ad arrestarli.
Abbiamo poi passato i decenni a magnificare le operazioni dell’intelligence russa; ma nel 2014 l’intelligence russa si è lasciata cogliere alla sprovvista dai fatti di Maidan, la cosiddetta rivoluzione ucraina.
E la volta in cui l’attacco lo hanno orchestrato loro, in cui cioè hanno deciso di propria iniziativa tempistiche e modalità, si sono trovati in una situazione incomprensibile: fortemente deficitaria sul piano strategico, insensata per certi versi (già nel 2018 la Russia aveva completamente interdetto all’Ucraina il traffico marittimo nel mare d’Azov, a dimostrazione del fatto che già ne avesse il controllo); impreparata alla totale assenza di consenso e del tutto disorganizzata sotto il profilo propagandistico. Forse Putin pensava che sarebbero stati ricevuti con manifestazioni di giubilo, con lanci di fiori e acclamazioni popolari, non con le cannonate. Di fatto, con un atto di grande superbia tattica, hanno inviato un contingente di 150.000 uomini per uno stato di 40milioni di abitanti, convinti di sfondare con piccoli gruppi d’avanguardia, non incontrare resistenze, insediare nuove amministrazioni e prendere il comando in breve.
Non è andata così, e tanto questo non era previsto, che nemmeno nelle zone filorusse nel Donbass ci si è premurati di organizzare qualche manifestazione pro-russa (dato che com’è evidente non ne sono nate di spontanee). Non è mai nemmeno stata inscenata una finta accoglienza delle truppe di liberazione, impegnate nella cosiddetta opera di “denazificazione”. L’unico evento vagamente simile a un’operazione di propaganda si è tenuto nello stadio di Mosca, con molte perplessità per tutta l’opinione pubblica ed esiti incerti in termini di riscontro popolare.
La verità è che l’esercito russo ha una quantità ingente di armamenti pesanti, ma è inadatta a guerre agili o campali perché manca di fanteria; e non si può vincere una guerra convenzionale come quella contro l’Ucraina senza la fanteria. Dal tempo degli Zar, inoltre, nessuno ha mai pensato di rivedere il cuore della dottrina militare russa, secondo la quale, per sconfiggere il nemico poteva bastare l’eccezionale carattere della popolazione. Un po’ come dire: assorbiamo le perdite, anche ingentissime, sopportandole con il nostro carattere indomito e in ultimo prevaliamo grazie alla nostra superiorità numerica. In effetti è stata la capacità di andare oltre ai milioni di morti durante la campagna della Germania nazista a consentire alla Russia di resistere e infine di vincere (anche se con l’aiuto degli armamenti degli Stati Uniti, noi lo ricordiamo, loro a quanto pare no).
Ma questo oggi non può più accadere. La Russia potrà prendere il Donbass, Mariupol e arrivare fino alla Crimea, ma ha già perso nove alti ufficiali, di cui sette generali, e queste sono perdite che si contano durante una guerra mondiale, e arrecano un danno incommensurabile, perché gli alti ufficiali sono memorie storiche e intellettuali che si rigenerano nei decenni non certo nel corso di un paio di mesi.
E fatto ancor più significativo, questa guerra deciderà il futuro della Russia, non solo della Russia di Putin. I Russi non conoscono il benessere di noi occidentali, non temono le sanzioni, e sono in grado di sopportare le privazioni, è vero. Ma dopo questa guerra cambierà la collocazione della Russia sullo scacchiere mondiale. Già oggi la Russia rischia di essere fagocitata dalla Cina, tanto più se arrivasse il paventato semi embargo sugli idrocarburi da parte occidentale. La Repubblica Popolare Cinese deve mantenere 1 miliardo e 400 milioni di abitanti e la Russia è il più grande produttore di grano al mondo, oltre che la più grande riserva di gas del pianeta. Putin forse non aveva previsto che con la sua fallimentare sortita ucraina, avrebbe spinto il paese dritto nell’abbraccio mortale della Cina. E probabilmente il Dragone sogna di andare a contendere agli Stati Uniti l’egemonia mondiale avendo già divorato l’Orso.
© Eleonora Carta, 2022


