Fabrizio Ulivieri's Blog, page 100

January 12, 2020

L'uomo impermanente (parte quarta)



Ieri ho ricevuto una telefonata dall'ambasciatore italiano a Vilnius. Era arrabbiato con me perché avevo osato rispondere a un'e-mail di invito a una festa di beneficenza, la solita festa di ogni anno prima di Natale, promossa dall’ ambasciata. L'unica cosa che promuovono. Carità. E per chi? Una cosa fuori moda.E’ tutta la cultura che promuove questa ambasciata: una festa di beneficenza. Non è ridicolo?L'Istituto Culturale è senza direttore da anni ed è ancora senza un direttore. Nessuno stand italiano alla Fiera Internazionale del Libro di Vilnius. Ci sono scrittori tedeschi e spagnoli che presentano i loro libri, ma non italiani. Siamo una specie di razza superiore, che disprezza essere confusa in eventi così poco importanti? Sembra. E forse lo siamo.Tedeschi e francesi organizzano un festival cinematografico a Vilnius. L’Italia? Niente, come sempre.C'è una libreria francese e una polacca a Vilnius. C'è per caso una libreria italiana a Vilnius? Andate in giro per questa città e trovatela se ci riuscite.Non la troverete mai, perché non c’è. Questa è la verità.Molti italiani, quando hanno bisogno di informazioni perché si trasferiscono a Vilnius, scrivono sulla pagina Facebook di mia moglie: Residenti Italliani a Vilnius.
-        Perché, non scrivono all'ambasciata? – mi chiede mia moglie.-        Buona domanda ... - rispondo.
Chissà cosa c’è al cuore di una simile l'inversione di ruoli?
-        Cosa significa questa email? – ha ringhiato la voce dell'ambasciatore al telefono.-        Significa cosa significa. - ho risposto - Mi ha negato il permesso di presentare il mio libro all'Istituto Culturale e poi mi hai invitato alla fiera di beneficenza. È abbastanza strano secondo me.-        Non mi è piaciuto il Suo libro. Lei sputa nel piatto dove mangia. Lei definisce l'Italia un paese di traditori e di voltagabbana ...-        Ci sono molte persone che hanno la stessa opinione. La famosa frase di Giovanni Tomasi de Lampedusa è ben nota. È all'inizio di questa tendenza d'opinione, forse. Ma perché? Vuol dire che i voltagabbana in Parlamento non esistono? Ma veda un po’ chi sta all’attuale governo? Come li vuol chiamare quelli? Mi trovi Lei la giusta definizione…

Dal suono della sua voce ebbi l'impressione che l'ambasciatore stesse schiumando alla bocca. Probabilmente lo aveva detto per dispetto. Per farmi del male. Ma non mi aveva offeso. Invece, mi sono confortato pensando che fosse amareggiato e che stesse cercando di spaventare i passeri invano ... Era evidente che provava un sordido piacere nell’ essere consapevole della propria umiliazione, che derivava da un senso schiacciante della sua coscienza. In altre parole, non era in grado di sfuggire al suo ruolo ed era rassicurato tuttavia dal suo ruolo, perché aveva bisogno ogni volta di trovare una conferma alla sua convinzione.Era preda del piacere di ignorare la verità: che non era nulla senza le sue convinzioni rassicuranti. La verità è eterna perché mente costantemente a se stessa. E se credi che la verità parli di se stessa veramente diventi una persona assurda.L'ambasciatore era assurdo. Una persona che credeva nella verità. Ma la sua verità era che, in determinate circostanze, è meglio scegliere di credere in ciò che è necessario credere.
Dopo quel colloquio telefonico mi venne in mente un'idea folle, quella di collegare Dostoevsky a David Icke. Era possibile? Volevo collegare la ricerca spietata della follia interiore dell'uomo con la follia dell'esistenza umana vissuta all'interno di una società eterodiretta guidata da forze occulte. Era possibile?Come dice Camus, i personaggi di Dostoevsky non temono il ridicolo e crudelmente si interrogano su e vivono in una follia che li porta al ridicolo sociale. David Icke non aveva beneficiato del ridicolo sociale di una società diretta da poteri invisibili a causa del suo modo di vivere e di pensare? Era fondamentalmente la stessa ridicola follia in cui l'ambasciatore insisteva nella persecuzione di credere in una verità destinata a estinguersi ogni volta che si sforzava di confermarla.Non sapevo se gli Anunnaki fossero Rettiliani, come sosteneva Icke, o no. Sapevo che c'era un divario, una frattura tra due tipi di popolazione. L'élite, le poche famiglie che gestiscono il mondo e la popolazione di massa. E un grande odio era continuamente spinto verso il basso, contro la popolazione di massa, dall'alto, dalle élite delle famiglie.Su questo non avevo dubbi.Mi rendevo conto che il mondo in cui vivevamo era come una ragnatela. Era ovunque ed era invisibile ad occhi nudi. E i ragni erano in alto, molto in alto, oltre la ragnatela e stavano nascosti. E noi, il popolo, eravamo intrappolati, e solo alcuni di noi erano consapevoli della nostra condizione.C'era una strana storia in internet, riguardava un regista di nome Jon Gress.Aveva deciso di girare un film sugli Anunnaki, un film basato sui libri di Zecharia Sitchin. Ma probabilmente al TPTB non era piaciuta l’idea di portare sul grande schermo le teorie di Zecharia Sitchin e ogni video, ogni annuncio era stato nisteriosamente rimosso da Internet. Dal 2010 al 2012, molti riferimenti al film iniziarono a scomparire, incluso il sito Web http://anunnaki-the-movie.com/. A causa della misteriosa chiusura del sito web, Jon Gress rimase in silenzio per molti anni e per questo motivo accusarono il film di essere una bufala. In un'intervista del 2016, Jon Gress aveva poi spiegato che l'argomento era risultato assai controverso, aveva "oltre 2000 sequenze di effetti speciali", e aveva sofferto numerosi hackeraggi dei siti Web, che avevano causato ritardi nel progetto.Alcuni anni dopo, l'intervista del 2016 era stata nuovamente e misteriosamente rimossa da YouTube.Forse il più grande errore di Gress era stato quello di mettere in discussione il darwinismo? Dato che il darwinismo sociale, è stato per molti versi rimodellato nel neolibealismo, l'ideologia alla radice di tutti i nostri mali globalizzati?O era stato invece perché aveva messo in discussione le élite che governano il mondo? Che avevano paura di svelare la verità e il motivo per cui governano e sfruttano le popolazioni di questo pianeta?Perché il soggetto Anunnaki è così proibito?La teoria di David Icke era dunque corretta?Gli Anunnaki erano davvero i responsabili della procreazione della razza umana?
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Published on January 12, 2020 07:53

January 4, 2020

Il me ne suffit pas de vivre de tout mon corps







Why am I writing? A very frequent question that I ask myself and that people often ask me. I found an explanation in Albert Camus, in one of his texts, a juvenile text (Noces): Il y a un temps pour vivre et un temps pour témoigner de vivre.
In other words, writing as witnessing of your existence, because il me ne suffit pas de vivre de tout mon corps.
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Published on January 04, 2020 15:32

Quando gli scrittori erano veri scrittori e non vuoti pennivendoli al servizio, cosciamente o inconsciamente, di un'unica ideologia - Albert Camus - Discours de réception du prix Nobel, 1957




Le vrais artistes....s'obligent à comprendre au lieu de juger

Le rôle de l'écrivain, du même coup, ne se sépare pas de devoirs difficiles. Par définition, il ne peut se mettre aujourd'hui au service de ceux qui font l'histoire : il est au service de ceux qui la subissent. Ou, sinon, le voici seul et privé de son art. Toutes les armées de la tyrannie avec leurs millions d'hommes ne l'enlèveront pas à la solitude, même et surtout s'il consent à prendre leur pas. Mais le silence d'un prisonnier inconnu, abandonné aux humiliations à l'autre bout du monde, suffit à retirer l'écrivain de l'exil, chaque fois, du moins, qu'il parvient, au milieu des privilèges de la liberté, à ne pas oublier ce silence et à le faire retentir par les moyens de l'art.

Puisque sa vocation est de réunir le plus grand nombre d'hommes possible, elle ne peut s'accommoder du mensonge et de la servitude qui, là où ils règnent, font proliférer les solitudes. Quelles que soient nos infirmités personnelles, la noblesse de notre métier s'enracinera toujours dans deux engagements difficiles à maintenir- le refus de mentir sur ce que l'on sait et la résistance à l'oppression.


Parole che dovrebbero non solo far vergognare e sentire umiliati gli pseudoscrittori che mentono al mondo con le loro opere vuote, ma anche le pletore di giornalisti consapevoli (quasi tutti) di essersi venduti completamente alla classe oligarchica che domina il mondo e di mentire manipolando la realtà quotidianamente.
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Published on January 04, 2020 08:44

December 25, 2019

"Intelligenze Virtuali: La filosofia morale di Günther Anders" di Mattia Lopomo. Un bel libro!




Raramente mi capita di leggere libri tutto d'un fiato. Raramente trovo libri che non mi annoino, considerato che il 99,99% di quello che leggo è noioso o rientra nella categoria "merda pura".
Il libro di Mattia Lopomo è uno di quelli, rarissimi, che mi affascinano dall'inizio alla fine.
"Intelligenze Virtuali: La filosofia morale di Günther Anders"è uno di quei pochi libri che ogni tanto mi capitano.
Un libro che affronta un tema attualissimo, l' Intelligenza Artificiale e il rapporto con l'uomo che la crea, o meglio, l'Intelligenza Artificiale e la subordinazione dell'uomo alle stesse macchine che crea.
Per spiegare questo rapporto usa il pensiero di un filosofo che, lo confesso, mi era completamente sconosciuto: Günther Anders. Un filosofo che per la posizione che occupa rispetto all'interrogarsi sull'esistenza dell'uomo non esiterei a definire uno che adotta un'analisi sull'uomo come l' avevano affrontata Giordano Bruno e il Nietzsche di Zarathustra.
Lopomo ha uno stile semplice, che spiega, introduce e racconta in modo facile che ti permette di entrare nel tema senza difficoltà.Soprattutto illustra bene la posizione filosofica di Anders con estrema chiarezza e puntualità. Un filosofo attualissimo, anche se antecedente l'era dei social media e della vera e propria AI, un pensiero ante litteram che tuttavia aiuta a capire i problemi che la creazione dell'AI comporta per l'uomo di oggi.Un libro che consiglio solo a coloro che hanno ancora voglia di pensare e di uscire dal gregge. A coloro, a quei pochi, che cercano in se stessi quel "furore bruniano" che con la tensione morale e spirituale portata oltre i limiti della massa con il corpo e la mente vogliono il proprio riscatto dalla vergogna prometeica di cui parla Anders.

Intelligenze Virtuali: La filosofia morale di Günther Anders.
di Mattia Lopomo, Amazon
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Published on December 25, 2019 11:03

December 22, 2019

Fury and epigenesis





Coming from Siesikų stotelė by bus I was staring at the geometric lines of the road. They gave the profile of another culture. More essential, less beautiful, more self-restrained. It was not my culture. It was not the culture of the country where I was born and lived.
Is this the result of epigenesis, I asked myself, which gave shape to my conscience for which I now judge what I see?
It is the first seven years of life that structure the individual, it is said. They are the first seven years of life when you download all the programs you need to live the rest of your existence. Is this epigenesis that guides the existence of the individual?
Here, where I live now, there is no madness, there is no Giordano Bruno’s fury, which makes you go beyond the limit, stretch your nature beyond the human condition.
Here the limit is limit, they don't care. The exasperated individualism of Italians has no place here, here people live according to a conformist point of view with respect to the limit.
They drink and get drunk to forget the limit. It was not my nature to drink and get drunk. I had to appeal to all my energy to overcome the limit I was getting used to. I had to find in me the visionary force that some people call madness, which alone makes you cross the impassable limit.
I looked out the bus window at the precision of those geometric lines and the human little statues that seemed to be glued on with extreme accuracy.
Rome - I thought - had Scipio Africanus and Fabius Maximus the Cunctator. Scipio could never become Fabius Maximus, and Fabius Maximus could never become Scipio, because man is rooted in the body, in the material, in his nature from which it is almost impossible for him to escape, except through the effect of folly that allows him to transcend it.
Only an act of fury and madness can break the cage of epigenesis.
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Published on December 22, 2019 09:55

Il furore e la rottura dell'epigenesi



Le linee geometriche della strada venendo in autobus da Siesikų stotelė davano il profilo di un'altra cultura. Più essenziale, meno bella, più compassata. Non era la mia cultura. Non era la cultura del paese in cui ero nato e vissuto. È frutto dell'epigenesi, mi chiedevo, la mia coscienza per cui ora giudico ciò che vedo?
Sono i primi sette anni di vita che strutturano l'individuo, dicono. Sono i primi sette quelli in cui scarichi tutti i programmi che ti servono per vivere il resto della tua vita. È questa l'epigenesi, che guida l'esistenza dell'individuo?
Qui, dove vivo ora, manca la follia, il furore bruniano, che ti fa andare olrre il limite. Qui il limite è limite, non lo questioni. L'individualismo esasperato dell'italiano, qui non trova più riscontro, qui si vive secondo il conformismo rispetto al limite.
Mi rendevo conto che dovevo fare appello a tutta la mia energia per superare il limite a cui tendevo ad abituarmi. Dovevo trovare in me la forza visionaria che alcuni chiamano follia, che sola ti fa varcare il limite invalicabile.
Guardavo dal finestrino la precisione di quelle linee geometriche e le figurine umane che vi sembravano incollate sopra con estrema precisione.
Roma - pensai - aveva Scipione l'Africano e Fabio Massimo il Temporeggiatore. Scipione non sarebbe mai potuto diventare Fabio Massino, e Fabio Massimo non sarebbe mai potuto diventare Scipione, perché l' uomo è radicato nel corpo, nella materia, nella Sua natura dalla quale gli è pressoché impossibile uscire, se non per effetto di atti folli che gli permettono di trascenderla.Solo un atto di furore e di follia rompe la gabbia dell'epigenesi.



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Published on December 22, 2019 02:55

October 31, 2019

L'uomo impermanente (parte terza)




Foto Živilė Abrutytė

Di notte, io, uomo di carattere, adoravo guardare mia moglie che dormiva. Seguivo i lineamenti del suo viso cercando di scoprire chi c'era davvero dietro a quell’amato volto.
Ma percepivo il suo viso come un ostacolo, un ostacolo alla verità che sentivo nascosta dietro il volto che amavo. Una verità eterna e immutabile di una materia che non era materia, ma pura energia, forse. Forse un’energia cosciente, con cui cercavo un dialogo, ma ne ero respinto ... Era una materia sorda a qualsiasi richiesta.
Ma quella notte senza preavviso mi percepii come se stessi dormendo fuori dal mio corpo, come se mi fosse stato tolto uno strato. E improvvisamente mi osservai dall'alto. Ero lì, ad un'altezza di circa due metri e mi vedevo sdraiato, allo stesso tempo.
Ero morto? Forse, ma non mi sentivo morto. Ero solo eccitato.
Ma era tutto ciò reale?
Mi sentivo incredibilmente leggero. Era tuttavia una leggerezza che nessun essere umano può sperimentare perché viviamo semplicemente bloccati nei corpi.
Volevo guardare i miei piedi ma non riuscivo a trovare alcun piede. Cercai quindi le mie mani e non vidi neanche le mani. Stavo ancora sperimentando qualcosa come essere in un corpo da cui ero fuori?
Ricordo che ero circondato da un silenzio incredibile. Un silenzio indescrivibile. Un silenzio che non possiamo percepire sulla terra in nessun modo.
Poi una porta si aprì sul mio lato sinistro. Non era una porta, era un come lo stipite di una porta, ed era pieno di luce. E quella luce aveva una frequenza diversa rispetto a quella della terra. Non era in nessun modo paragonabile alla luce del sole.
Fui attratto da quella luce e mi spostai verso di essa. Mi mossi lentamente verso quella fonte di luce. In quel momento sentii una voce. Una voce che diceva: vuoi andare? vuoi davvero andare?
Era solo una voce. E non vidi niente o nessuno.
Veramente vuoi andare? Ripeté la voce, per la terza volta.
In quel momento pensai a mia moglie, guardai mia moglie sdraiata nel letto, vicino a me. Ma una forza mi riportò indietro, al mio corpo, ad una velocità incredibile.
Da quella notte una nuova coscienza prese possesso di me. Capii che noi esseri umani siamo immortali. E ciò che sperimentiamo come paura della morte è solo paura dell'immortalità. Siamo esseri fatti di coscienza e l'universo è coscienza, apparteniamo all'universo come coscienza e abbiamo la stessa grandezza di quella Coscienza. È la possibilità dell'infinito, come coscienza, che spaventa, noi esseri umani.
Dobbiamo venire alla vita dell’esistenza per sperimentare cosa significa essere coscienza, perché non si può avere coscienza dell'amore senza sperimentare l'amore all’interno dell’esistenza.


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Published on October 31, 2019 09:46

October 29, 2019

L'uomo impermanente (parte seconda)


Foto Živilė Abrutytė

Il mio cuore era a pezzi a causa delle mie figlie e dei miei genitori. Ma ho già parlato delle mie figlie. I miei genitori invece erano morti due anni prima. E la mia vita presente, senza di loro, era diventata misera come la vita di un uomo che vive senza una gamba dopo che è stato amputato a causa della cancrena e tuttavia cerca la gamba che una volta possedeva e perché non la trova piange questa perdita, incapace di superare quella sensazione di fondo di esserne stato privato e di non crederci tuttavia.Ho dovuto riprogrammare il mio sistema. Ho dovuto superare la negatività. Ho dovuto prendere il controllo dei miei geni e cambiare la mia vita in positivo. Ho imparato che i pensieri positivi producono nel corpo una chimica diversa rispetto ai pensieri negativi. E allora se avessi voluto aprirmi alla positività, avrei avuto bisogno di pensieri positivi. Perché i pensieri negativi chiudono. Ti mettono in una posizione difensiva. Se volevo crescere, dovevo dunque aprirmi.

Iniziai a camminare nei giardini, a guardare i fiori, a sorridere senza motivo, a parlare con me stesso mentre camminavo.
Mi sentii meglio. Sembrava che il mondo fosse cambiato. Ma proprio nel momento in cui percepivo il cambiamento, mia moglie, la mia adorata moglie, per WhatsApp, invò una foto che mi aveva fatto la notte prima. Mi ero addormentato, il portatile acceso sulla pancia.
Ero in pantaloni sportivi corti neri e indossavo una maglietta nera.
Parevo morto.
Oh, come non sono niente – solo una povera cosa! Ho esclamato a vedermi come un cadavere su quel divano. Immediatamente mi sono reso conto che non ero niente in questo mondo, in questo universo. Solo carne, ossa e sangue. Niente di più.
Ho perso di nuovo fiducia in me stesso e ho adorato la visione dei miei capelli bianchi dai riflessi biondi dato che sembravano così morbidi da accarezzare. Ho avuto pietà di me stesso. Ho avuto pietà per quel corpo snello, sdraiato sul divano.

A Kaunas abbiamo comprato (io e mia moglie) una società di importazione, Toskanos Dovanos aliejaus namai. Era di proprietà di una signora, che aveva deciso di cambiare vita. Le persone inquiete cercano sempre un modo per cambiare vita. E lei era inquieta.
Smise di fare business, voleva diventare una massaggiatrice.
Iniziammo a fare trading con il mio paese. Compravamo pistacchi da Bronte, in Sicilia, olio d'oliva da San Miniato, in Toscana. Cosmetici dall'Emilia Romagna.
Mia moglie aveva sempre avuto il sogno di lavorare con l'Italia. E ora i suoi sogni si erano avverati.
Quando era giovane, durante l'occupazione sovietica, quando aveva undici anni, scrisse, istintivamente, una composizione sull'Italia. Forse aveva sentito parlare solo una volta di questo paese, ma fu affascinata da ciò che questo paese echeggiava di lontano. Un sogno di libertà, a quel tempo, forse. Un sogno di un altro mondo pieno di sole e gioia per la vita.
Il che fu confermato il giorno in cui ascoltò Romina e Albano cantare "Felicità". Fu il giorno che seppe. Quale sarebbe stato il suo destino.

Due anni prima di comprare Toskanos Dovanos, volle aprire una pagina su Facebook, era determinata a fondare una comunità italiana. La sua prima idea fu di chiamarla "Comunità Italo - Lituana".
Osservai che in italiano "comunità" non suona come in "bendruomenė" in lituano, dal momento che usiamo principalmente questo termine per comunità religiosa, comunità scolastica, comunità di recupero per tossicodipendenti ... alla fine diverse tonalità che non riescono a esprimere lo stesso concetto.
Dopo aver cavillato un po’ sul tema, seguendo un mio suggerimento, decidemmo di chiamarlo "Residenti Italiani a Vilnius".
Mia moglie era entusiasta dell'idea di iniziare questa "comunità". Era così ansiosa di organizzare eventi per e con italiani. Aveva un tale entusiasmo per gli italiani che era al limite della frenesia e dell'assurdità.
Io ero meno entusiasta. E dopo un anno di organizzazione di eventi con e per gli italiani, anche lei divenne meno entusiasta. Era quasi profondamente delusa.
Perché?

Credo che non sia riuscita a esprimere la sua forte delusione per la mancanza di parole adeguate. Le parole più adeguate per chiarire la delusione furono pronunciate da uno chef italiano che era diventato famoso in Lituania. Lo incontrammo nel suo atelier gastronomico, il giorno che lo visitammo per vendergli i nostri prodotti.

- Io gli italiani di qua, li schifo. Li evito. Preferisco lavorare con i lituani. Gli italiani sono troppo difficili. Sempre infelici, sempre inclini a dimostrare insoddisfazione. I lituani sono persone veloci e dinamiche. Gli italiani sono lenti, vecchi, appiccicosi, fastidiosi ... chiedono sempre favori. Allora, io qua, in Lituania, sono famoso, ma quando il presidente della Repubblica italiana è venuto a Vilnius per visitare la comunità italiana, non sono stato invitato. Ho incontrato il presidente e l'ambasciatore d'Italia a Vilnius alla cena ufficiale del presidente della Repubblica lituana. Ti rendi conto? Che figura di merda hanno fatto!

Lo chef non si sbagliava. Un paese strano, il mio paese, dove tutti vanno al ristorante, i bar sono pieni di gente ogni giorno, nessuno lavora e quando lavorano sono pigri, lenti. Non amano che lodare se stessi e parlare male di altre nazioni: siamo i migliori al mondo, in nessun altro paese si vive bene e si mangia bene come in Italia, noi abbiamo insegnato la cultura in tutto il mondo, noi abbiamo avuto il Rinascimento ...
La mia esperienza con gli italiani a Vilnius fu del pari deludente. Persone inutili, inaffidabili e senza istruzione il cui unico scopo vitale era solo quello di mangiare.

L'esperienza commerciale non fu migliore. Cominciammo a comprare pistacchio da Bronte, in Sicilia.
Ma di nuovo ci rendemmo conto che per ottenere una risposta da un’azienda siciliana era necessario telefonarle o inviarle email almeno cinque, sei volte e arrivare persino al punto di raccomandarsi che fossero così così gentili da inviarci la fattura per effettuare il pagamento. Dovevamo quasi supplicarli. Era assurdo. E tuttavia facendo questo forse dopo tre settimane potevamo ottenere una risposta. O forse no.

Giuseppe Prezzolini diceva che per poter amare l'Italia era necessario prendere un piroscafo e partire dal Bel Paese .. Bisogna guardare l'Italia da molto lontano per amarla, aveva detto. Ecco, lontano dalla mia patria, non odiavo l'Italia ma non amavo nemmeno l'Italia. Mi mancava il sole, ovviamente, il clima ovviamente, ma ero felice di essere lontano dalla popolazione globalizzata, meticcia, che ora stava colonizzando il mio paese. A volte mi mancava però quella tensione sociale che è alta in Italia. A volte mi mancavano i colori della Toscana, la mia terra, a volte la casa dei miei genitori che ora era vuota. Molte volte mi mancava l'amore delle mie figlie ... Ma tutto il resto no, non mi mancava.
Tutto è così complicato in Italia. Tutto è così lento e contorto. Vecchio. Tutto è socialmente complesso, ti riduce quasi all'inerzia. Ti svuota. Alla fine, perdi la tua coscienza personale e ti rendi conto di come gli italiani sono solo un popolo di pecoroni.

In quei giorni iniziai a leggere un libro di un filosofo lituano, Alvydas Jokubaitis, che aveva scritto il libro Politinis idiotas[1]. Riguardava il declino dell'Homo Interior nella nostra società. Uno studio parallelo tra l'Homo Interior della tradizione agostiniana e l'interpretazione di Dostoevsky., entrambi destinati a scomparire nell'attuale società dominata dalla stupidità politica.
Ubi homo? Ubi homo interior? Galima sakyti kad jie žmogų išstūmė į pogrindį, kaip rašė Dostojevskis. Si può dire che sia stato spinto nel sottosuolo, come scrisse Dostoevsky. Rispondeva Jokubaitis.

Dopo aver letto il libro provai a porre la stessa domanda a Corrado. Corrado era un pittore italiano che viveva a Vilnius ed era uno dei pochi (italiani) che incontravo di tanto in tanto.
L'uomo, una volta, era il centro del mondo e dell'universo. Era un essere spirituale. Era compassionevole, misericordioso, doveva essere altruista. E quello era l'uomo cattolico, Corrado. Ma esiste ancora questo uomo spirituale tipico del cattolicesimo? O a sopravvivere invece è un opaco cattolicesimo gnostico e quindi un opaco uomo gnostico? È una grande domanda, Corrado.
E oggi? Oggi è il nichilismo assoluto dettato dal globalismo meticcio prevalente, che rifiuta l'uomo spirituale.
Qual è la differenza tra un uomo e un animale oggi? Non c'è differenza, Corrado.
Sai, siamo considerati solo una parte della catena alimentare, non siamo stimati più essere in cima alla catena alimentare, come una volta credevamo. Questa è l’opinione prevalente, al giorno d'oggi, e sai cosa significa?
“No.” Di solito rispondeva Corrado.
Significa che non siamo nulla, siamo esseri fatti di carne e sangue, non abbiamo scintille divine dentro.
Corrado ovviamente non poteva aiutarmi. Nel profondo stato di sgomento in cui ero caduto, solo mia moglie poteva mitigare il mio dolore. Mi baciava sulla tempia e mi accarezzava i capelli, come per calmare la mia turbolenza all'interno.
Senza di lei mi sarei sentito perso. Mi sarei definitivamente perso.
Mi sentivo come se fossi stato gettato nel sottosuolo, anche io. Ero in quel sottosuolo, gettato in un angolo, fuori dalla mia vita, tormentando me stesso per la mancanza di una vita reale. Sentivo che mi mancava il senso di appartenere a. Non appartenevo a niente. Questa era stata la mia tragedia.
Per caso, in You Tube sentii uno scienziato quantistico che diceva che andava ogni domenica in chiesa, era cristiano solo perché la chiesa, la comunità cattolica, gli dava un senso di appartenenza al cristianesimo. Aveva trovato il modo di appartenere a qualcosa. Io no. Io ero isolato, limitato al mio modo di vivere incapsulato. Perché?
Dostoevskij aveva una risposta pronta per me: un uomo del diciannovesimo secolo doveva e deve essere moralmente e preminentemente una creatura priva di carattere; un uomo di carattere, un uomo attivo è principalmente una creatura limitata.
Ma di cosa può parlare un uomo perbene, con maggior piacere?
Di se stesso, ovviamente.

Di notte, io, uomo di carattere, adoravo guardare mia moglie che dormiva. Seguivo i lineamenti del suo viso cercando di scoprire chi c'era davvero dietro a quell’amato volto.
Ma percepivo il suo viso come un ostacolo, un ostacolo alla verità che sentivo nascosta dietro il viso che amavo. Una verità eterna e immutabile di una materia che non era materia, ma pura energia, forse. Stavo cercando un dialogo con quell'energia, ma ne ero respinto ... Era una materia sorda a qualsiasi richiesta.


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Published on October 29, 2019 18:25

October 21, 2019

L'uomo impermanente (parte prima)





Foto Živilė AbrutytėFoto 
Molte le cose inquietanti, nulla di più inquietante dell’uomo (Sofocle, Antigone)

Una mattina mi sono svegliato, ero stanco, ero scontento della mia vita, ero triste e depresso ...
Ma una mattina mi sono svegliato, ero stanco, scontento della mia vita, ero triste e depresso ...
E sapevo perché. Ero bloccato da qualche parte nel nulla, sepolto dall'impossibilità di trovare la storia giusta da scrivere.
Stavo scrivendo due libri a quel tempo. Uno riguardava un giovane idealista che prese parte al Risorgimento italiano. Mi ero ispirato a Ippolito Nievo e al suo ultimo giorno di vita. Volevo che questa storia fosse legata al suo ultimo viaggio da Palermo a Napoli. Tutto doveva succedere a bordo del piroscafo Ercole, prima del naufragio, dove morì. Avevo pensato di usare le tecniche del flashback e foreshadowing per ricordare tutta la storia del Nievo in Sicilia con i Mille, dal giorno in cui era sbarcato da una nave nel porto di Marsala con altre mille camicie rosse fino all'ultimo giorno della sua vita sull'Ercole. Volevo mostrare il fallimento di quegli ideali politici che lo portarono in Sicilia con Garibaldi. Volevo mostrare la disillusione per aver creduto in un paese che non c’era e che non ci sarebbe mai stato.
L'altro libro era un argomento diverso, e parlava di un artista marziale che viveva a Vilnius e trovava il suo amore in quella città e conosceva il professore Zecharia Najafi, un ibrido, discendente della stirpe rettiliana. A causa di questo secondo libro, ero finito in un nuovo campo che mi aveva costretto a letture estenuanti.
Non ricordo come ma un giorno mi sono imbattuto in David Icke, un teorico della razza rettiliana. Ho iniziato a leggere il suo libro The biggest Secret. Una specie di Bibbia sulla razza dei Rettiliani.
Troppe informazioni, dati, troppe cose. Era fuorviante. Leggerlo mi sfiniva e mi dava sofferenza. Non volevo soffrire La mia vita era già un insieme di sofferenze inattese.

Ho iniziato a pensare che Nievo aveva lo stesso tipo di sofferenza, la stessa che avevo io, che era impossibile da definire.
Come venire a capo della mia situazione? Avere visioni e pensieri che potrei confessare, dire a chiunque perché chiunque potesse capire il dolore che mi procuravano?
Posso solo dire che mi sentivo come senza paracadute. Come cadere senza protezione. Che tutta la mia vita era cambiata e io ero cambiato seguendo la mia vita.
Le cellule del mio corpo erano morte miliardi e miliardi di volte e miliardi e miliardi di volte erano rinate.
E tutto era passato, come davanti agli occhi di un uomo che sta per affogare. Tutta la sua vita in un solo momento.
Tranne un nucleo che chiamai Me. Che rimaneva comunque. Dentro. Lo percepivo immutabile. Permanente di fronte al divenire continuo.
Ma quanti miliardi di Me, ero stato prima questo ultimo Me rimasto come viatico, perenne, costante.
Chi ero, dunque?
Non trovavo una risposta. Non potevo trovare una risposta. Non c’era una risposta.
Avevo perso la mia identità. E questo è tutto.
Lo sapevo con certezza, ero un nuovo Me. Un nuovo Me rinato, strutturato da una nuova vita a Vilnius. Nuovi segnali, nuovi odori, nuovi gusti e sapori ... nuove informazioni provenienti da questo nuovo ambiente stavano modificando il mio comportamento, persino il mio portamento. Il mio Me. In che modo era diverso dal mio precedente Me?

E pensavo al Nievo. Pensavo avesse il mio stesso malcontento causato dall'ambiente. Un malcontento a causa del suo lavoro di intendente di finanza, a causa della Sicilia e dei siciliani; a causa degli ideali in cui aveva creduto si sentiva tradito dal nuovo Stato, che sembrava meno libero di molti altri statiesistenti prima dell'Unificazione.
Avevo perso due figlie. Erano come morte. Ma erano vive. Solo come.
Sara aveva smesso di parlarmi due anni fa. A poco a poco Cassia smetteva di parlarmi. Non mi scriveva più; non mi chiamava più. Forse Sarah aveva influenzato le sue decisioni.
Sto cercando il senso della vita, babbo. Ha detto, al telefono l'ultima volta che abbiamo parlato. Per quella frase pensavo di aver portato a termine la missione della mia vita. Amarla. Amala fino alla fine, per essere una creatura così meravigliosa che combatteva contro una cortina di fumo, impossibile da bucare.
Che tremendo atto di coraggio è cercare il significato della vita.
Ero triste, Pensavo di essere stato un buon padre. Le avevo amate con tutto il cuore. Eppure, non era stato abbastanza.
Ma quale era stata la mia colpa?
Che avevo cercato una nuova vita, in un altro paese, con una donna che amavo.
Era quella la mia colpa?
Doveva essere quella.

Per la prima volta nella mia vita, sono stato forzato dall'urgente necessità di scrivere una storia autobiografica completa. Avevo bisogno di scaricare tutta la mia sofferenza, di liberare il mio nuovo Me. Senza confinarlo in un sotterraneo.
Avevo spinto troppo lontano l'essenza della mia vita ed ero finito in storie senza cuore, senza passione. Senza il calore preso dalla vita reale. Senza la passione, che è necessaria per scrivere una storia.
Ho dovuto toccare una vita diversa dalla vita dipinta da Icke nei suoi libri, avevo bisogno della vita irreale della routine quotidiana. Avevo bisogno del calore e del flusso, avevo bisogno dell'ignoranza e della spensieratezza, dell'animalità e dell'addomesticamento dell'essere umano che può saziare il dolore che dà il messaggio, che vivi questa vita come ogni altro essere umano.
Ero stanco di essere sull'orlo di un altro mondo. Avevo bisogno di un mondo comune.
Mi sono venute in mente le parole di Foscolo “O mio Lorenzo! io non ho la pace che sperava dalla solitudine."

Quindi, dopo aver fatto ricerche relative a questioni legate alla parte rettiliana, R-complex, del nostro cervello, mi sono imbattuto nella teoria del dottor Paul MacLean e dalle sue teorie sono finito a leggere Before She Met Me di Julian Barnes. Quel libro mi ha momentaneamente rivitalizzato.
But when he met Ann— not that first moment at Repton Gardens, but later, after he’d conned himself into asking her out— he began to feel as if some long-broken line of communication to a self of twenty years ago had suddenly been restored.”
Leggendo quella frase mi resi conto che avevo bisogno di una nuova connessione, ma non con il mio vecchio Me-stesso, invece con il mio nuovo Me-stesso, dal quale ero disconnesso.
Vivevo in stand-by. Come un combattente del Muay Thai quando controlla l'avversario senza attaccare o difendere.
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Published on October 21, 2019 05:29

October 13, 2019

From next week in Lithuania in every bookstore







Dalla prossima settimana presso tutte le librerie della Lituania Vaga, Pegasas e supermercato Maxima che hanno la sezione internazionale per i libri, e Narvesen all'aeroporto di Vilnius.

Kitą savaitę Lietuvoje visuose „Vaga“, „Pegasas“ ir „Maxima“ prie knygų užsienio kalba ir "Narvesen" Vilniaus oro uoste.
From next week in Lithuania in every Vaga, Pegasas and Maxima supermarket libraries that have the international section for books, and Narvesen at Vilnius airport.
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Published on October 13, 2019 12:05