Giovanni Covone's Blog
December 21, 2024
L’alba del pensiero scientifico (perchè un astrofisico rilegge i presocratici)
La mente che indaga le stelle è affascinante come le stelle. Per questo motivo ho sempre trovato interessante lo studio dell’evoluzione del pensiero scientifico. Chi è stato il primo a formulare certe ipotesi, anzi: a porsi nel modo corretto certe domande? Come scriveva Karl Popper, a storia della nascita del pensiero razionale, sulle coste del Mediterraneo, “è una storia splendida, quasi troppo bella per essere vera.”
In questa lezione, ripercorro questa storia dal punto di vista di un astrofisico del XXI secolo. Ringrazio i docenti e gli studenti del Liceo Pellico-Peano di Cuneo per questa opportunità e il Rondò dei Talenti per l’ospitalità.
April 7, 2024
La vita che cerchi nelle altre galassie
un estratto del mio primo libro, una strada verso il secondo
Nessun aspetto della vita delle stelle è semplicemente amico o nemico della vita. La luce delle stelle ha componenti che sono allo stesso tempo pericolose ed essenziali per la vita. Era questo che pensavo quando, sulla mia “linea d’ombra” tra la gioventù e la maturità, avevo mio figlio appena nato fra le braccia.
Sebastiano era piccolo, fragile e giallo. Dormiva fra le mie braccia sorprese di essere in grado di sostenere e proteggere un peso così leggero e delicato. Eravamo al Sole, affianco a una finestra, la sua luce avrebbe fatto svanire l’ittero. È un fenomeno che si chiama fotodegradazione della bilirubina. Del legame tra luce delle stelle e la vita mi resi conto quando la nonna mi disse: «Non preoccuparti, mettilo al sole. La luce gli farà passare quel giallo».
I fotoni ultravioletti prodotti nel centro del Sole un milione di anni prima, filtrati dall’atmosfera scomponevano le complesse molecole di carbonio, azoto e idrogeno della bilirubina nei composti tollerati dal suo piccolo fegato e riscaldavano le nostre mani che iniziavano a conoscersi.
A ricordarlo ora, mi vedo fragile anch’io. La vita che cerchi nelle altre galassie ti capita fra le braccia senza annunciarsi, senza chiederti se sei pronto. Io avevo completato la tesi, avevo iniziato il dottorato e avevo deciso di accogliere la sorpresa che si era presentata. Non avevo ancora scelto fra pianeti e cosmologia. In un modo confuso, vedevo il nesso complesso che unisce l’estremamente grande e l’estremamente piccolo, le leggi universali che espandono l’Universo e i fatti accidentali che lo rendono meraviglioso.
March 1, 2024
Rebecca Elson, astronoma, poetessa
Una mia traduzione della poesia “ANTIDOTES TO FEAR OF DEATH” dell’astronoma e poetessa Rebecca Elson (1960 – 1999), dal libro “A Responsibility to Awe”.
Antitodo alla paura di morire
A volte come antidoto
alla paura di morire,
mangio le stelle.
In quelle notti, sdraiata sulla schiena,
le succhio dall’oscurità che si dissolve
finché non sono tutte, tutte dentro di me,
Pepe caldo e affilato.
A volte, invece, mi agito
In un universo ancora giovane,
ancora caldo come il sangue:
Niente spazio esterno, solo spazio,
La luce delle non-ancora-stelle
in moto come una nebbia luminosa,
E tutti noi, e ogni cosa
Già lì
Ma senza confini di forma.
E a volte è sufficiente
Sdraiarsi qui sulla terra
Accanto alle nostre lunghe ossa ancestrali:
Per camminare sui campi di ciottoli
dei nostri teschi scartati,
Ognuno come un tesoro, come una crisalide,
Pensando: qualsiasi cosa abbia lasciato queste spoglie
è volato via su ali luminose.
February 3, 2024
“Eclissi dell’umanità”, il romanzo di Francesco Russo Spena

Ho tra le mani il libro “Eclissi dell’umanità”, il primo romanzo di fantascienza di Francesco Russo Spena (Albatros 2021). Gli amici del “Boccale di Sofia” lo hanno presentato pochi giorni fa a Marigliano. Non l’ho ancora letto per intero, ma lo finirò subito perché è una storia ben scritta e perché mi ha regalato il dono di tornare indietro ai tempi in cui da ragazzo divoravo i romanzi di fantascienza pubblicati dalla collana Urania di Mondadori. Ho letto i primi capitoli e l’ultimo: non è un modo “corretto”, ma ero spinto sia dal rinnovato piacere della lettura di un romanzo di fantascienza, sia dalla curiosità di sapere come l’autore era in grado di costruire la storia e sviluppare i tanti ingredienti che ha messo insieme.
Il libro di Francesco Russo Spena non sfigurerebbe nella collana di Urania. È un esempio di quello che gli appassionati del genere definiscono “fantascienza dura”, hard science fiction, perché ha tutti gli elementi che la caratterizzano: viaggi interstellari, esplorazioni di nuovi pianeti, battaglie spaziali con civiltà aliene ostili, ma anche l’incontro/scontro con una nuova razza, figlia della nostra, nata dall’unione tra homo sapiens e software “biotici”. C’è poi l’incontro con la razza aliena che nel passato aveva creato la nostra specie e ora ha deciso di riportala indietro nel tempo, facendola regredire allo stato primitivo. Ci sono le colonie spaziali in orbita, quasi indipendenti e che non sopportano il legame politico vessatorio con la Madre Terra. E poi c’è la descrizione delle navi spaziali, i motori gravitonici e delle tecnologie che un giorno avremo a disposizione ma che oggi possiamo solo sognare.
Insomma, c’è una quantità enorme di ingredienti e di spunti, che però sono ben connessi: nei primi capitoli la densità di eventi e di sorprese ti tiene legato alla pagina, con il desiderio di leggere il seguito, anzi “vedere il seguito”. Sì, perché la scrittura è lineare, la storia è avvincente e (forse a causa della mia predisposizione di appassionato del genere) a me sembra che l’autore sappia rendere in modo quasi cinematografico alcune scene.
La storia inizia su un pianeta che conosco bene: Gliese 581 c, il secondo pianeta intorno alla stella Gliese 581. Questo pianeta esiste davvero, gli astronomi lo hanno scoperto nel 2007 nella costellazione della Bilancia, distante appena 20 anni luce. La sua scoperta fu importante, perché era il primo esopianeta noto simile alla Terra ad orbitare nella zona abitabile del suo sistema planetario, con una temperatura superficiale probabilmente idonea a mantenere l’acqua allo stato liquido. Se un giorno sapremo viaggiare tra le stelle e avremo bisogno di una nuova casa, ecco Gliese 581 c potrebbe essere una nostra meta. L’autore parte proprio da questa idea per costruire la sua storia di avventura. Immagino che nei giorni del lontano 2007, Francesco Russo Spena, come me, leggeva la notizia della scoperta di Gliese 581 c e come me immaginava gli scenari alieni di questo possibile gemello della Terra. Io ho continuato a studiare pianeti simili alla Terra, lui ci ha costruito una lunga, avvincente storia di avventure.
Quello che Francesco descrive del pianeta è frutto della sua illimitata, generosa fantasia, ma è anche coerente con quel poco che i nostri strumenti ci dicono. Il mondo alieno descritto da Francesco Russo Spena è plausibile, possibile. Umberto Eco diceva che la vera prova della creatività di un autore è quando si confronta con i limiti e i vincoli di quello che sappiamo per immaginare un mondo nuovo, un universo coerente, possibile. Questo libro supera questa prova.
Come ogni romanzo di avventure, si conclude con la promessa di nuove avventure all’orizzonte. Infatti, il libro era solo la prima parte di una saga che il nostro giovane scrittore aveva già immaginato. Francesco ora vive all’interno dei suoi romanzi.
January 20, 2024
due nuove conferenze
Due proposte per la XII FESTA DI SCIENZA E DI FILOSOFIA “VIRTUTE E CANOSCENZA” che si terrà a Foligno dall’11 al 14 aprile.
Conferenza per il pubblico: “Le origini dell’astronomia scientifica sulle sponde del Mediterraneo, da Crotone ad Alessandria d’Egitto”
Abstract:
Sulle sponde del Mediterraneo, a Crotone, Rodi, Samo, Alessandria d’Egitto, sono nate molte delle idee fondamentali dell’astronomia moderna: l’universalità della materia, il pluralismo, l’eliocentrismo. Fra questi centri, Alessandria era non solo il più importante centro scientifico, ma anche la prima metropoli cosmopolita dell’antichità. Era abitata da Greci, Egizi, Ebrei e vi si potevano incontrare immigrati provenienti da tutto il mondo conosciuto, fin dalla Persia e dall’India. A distanza di due millenni, l’antica Alessandria è ancora oggi un esempio di fertile connubio di scienza e convivenza di popoli.
Conferenza per le scuole: “Pitagora e Parmenide: filosofi o astronomi?”
Abstract:
In due importanti centri della Magna Grecia, Crotone e Velia, vissero due protagonisti della nascita del pensiero razionale, Pitagora e Parmenide. In questa conferenza, parleremo delle loro scoperte astronomiche, della influenza di queste sulla loro speculazione filosofica e della inscindibile unità del pensiero razionale.
December 18, 2023
In ricordo di Pietro Greco
Un articolo scritto per “Il Nuovo Saggiatore”. Ho conosciuto Pietro troppo poco, ma gli devo molto. Senza il suo incoraggiamento, la strada che mi ha portato al mio primo libro sarebbe stata molto più difficile.

Il 18 dicembre 2020 ci ha lasciato Pietro Greco, autorevole giornalista scientifico, prolifico scrittore e maestro di generazioni di giornalisti scientifici. Una scomparsa inattesa e assurda perché Pietro Greco continuava a lavorare con passione costante, scrivendo, insegnando, organizzando, con una facilità di scrittura che lasciava sorpresi tutti coloro che lo conoscevano.
Solo due giorni prima della sua scomparsa, Pietro Greco aveva tenuto una lezione per gli studenti del corso di Divulgazione e formazione naturalistica dell’Università di Padova e in questa occasione ci ha lasciato una testimonianza della sua esperienza di giornalista e comunicatore della scienza. Ha raccontato la sua storia professionale, non perché la ritenesse di alcuna importanza in sé, ma perché rappresentava una testimonianza dei profondi cambiamenti avvenuti nella società e nella scienza in Italia e nel mondo, dagli anni Ottanta del secolo scorso ad oggi.
Con la modestia e la dolcezza ben note a tutti coloro che lo hanno conosciuto, anche solo per pochi giorni come il sottoscritto, aveva definito la sua biografia un “raccontino”. Invece era la storia densa ed entusiasmante di una vita di battaglie culturali. Le battaglie di un uomo convinto del valore e del ruolo sociale della scienza, della possibilità di costruire una società più giusta ed effettivamente democratica attraverso la diffusione della cultura scientifica e dello spirito critico. Tuttavia, Greco non è stato un semplice testimone, e sarebbe questo sufficiente per un grande giornalista. Ha agito nel mondo in cui si è trovato a vivere, provando a determinare con la sua azione la direzione per la società, un “futuro desiderabile”.
Pietro Greco si era laureato in chimica ed aveva iniziato a lavorare come ricercatore presso il CNR, nell’ambito della chimica dei materiali polimerici. Ma, come confessava con un sorriso, era un lavoro che non lo appagava. Il suo amore per la scrittura lo fece approdare nella primavera del 1987 alla redazione dell’Unità, quando il giornale aveva deciso di stabilire, primo in Italia, una pagina quotidiana di scienza. Dopo un solo anno come collaboratore, gli venne offerto un contratto a tempo indeterminato nella redazione del giornale, in quel momento uno dei maggiori quotidiani nazionali. Il giovane Pietro Greco rifiutò l’offerta, una decisione che sembrava incomprensibile allora e lo è ancor di più oggi. Greco preferì continuare a lavorare al giornale senza diventare giornalista a tempo pieno, dividendo il suo tempo fra Roma e Ischia e rinunciando a una rapida carriera interna al giornale.
I motivi della decisione, come racconta lui stesso, erano due e sono importanti per comprendere l’uomo, l’intellettuale e il suo modo di lavorare. Il primo: era restio a lasciare la sua isola e la sua famiglia per trasferirsi a Roma. Sperava (un po’ illudendosi) di non trascorre troppo tempo lontano dalla moglie e dai figli. Il secondo: aveva bisogno di tempo per studiare. Per diventare un buon giornalista scientifico, raccontava, era necessario studiare e il lavoro quotidiano in redazione non gli avrebbe lasciato questo tempo. Doveva studiare tutte le scienze non solo per comprenderne gli ultimi sviluppi, ma abbastanza profondamente da capire (come diceva lui stesso, citando Einstein) dove “la scarpa fa male”, dove si nascondono i problemi e quali sono le prospettive di crescita delle diverse scienze. E solo dopo aver studiato poteva scrivere e insegnare.
Per tenere fede a questi due impegni, Greco ha trascorso i successivi quattro decenni della sua avventura professionale viaggiando ininterrottamente in treno attraverso l’Italia, e continuando a studiare pur mentre scriveva, organizzava, insegnava. In treno si scusava con gli amici o colleghi che lo accompagnavano, spiegando che non avrebbe parlato molto durante il viaggio perché “adesso devo scrivere”.
È impossibile sintetizzare in poche righe la multiforme, inesauribile attività di Pietro Greco. Ma c’è un filo conduttore chiaro, una motivazione profonda. Per Greco, la comunicazione della scienza è lo strumento essenziale per una scienza volta al bene dell’umanità. Ricordo qui solo due dei suoi innumerevoli progetti: la scuola di comunicazione scientifica di Trieste e il Bo Live, giornale dell’Università di Padova. All’inizio degli anni novanta, Greco, insieme al collega Franco Prattico e il fisico Paolo Budinich, fonda la prima scuola di comunicazione della scienza in Italia, il Master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Ne fu a lungo vicedirettore e poi direttore.
La scuola non nasceva da un desiderio astratto di divulgazione, ma raccoglieva un’esigenza sociale di comunicazione scientifica, in conseguenza del mutato rapporto fra scienza e società. Si era diffusa una domanda di cittadinanza scientifica, come Greco la definiva. Era una domanda di compartecipazione consapevole alle scelte politiche su problemi fondamentali come l’utilizzo delle risorse naturali o il confine fra vita e morte. La crescita della cultura scientifica doveva passare quindi attraverso la formazione di giornalisti scientifici competenti.
Con Prattico e Budinich, Greco condivideva le due idee fondamentali sulla modalità e la finalità della scuola. In primo luogo, il gruppo docenti doveva essere formato in egual misura da giornalisti e scienziati, esempio concreto di una scuola che supera le barriere e le incomprensioni fra le “due culture”. Tra i docenti della scuola, Greco invitò infatti anche scrittori, come Claudio Magris e Bruno Arpaia. Inoltre, la scuola non doveva essere meramente professionalizzante, ma un luogo di approfondimento e dibattito culturale, animato dall’interesse per la conoscenza fine a se stessa.
Negli ultimi anni, Greco è stato caporedattore del Bo Live, il giornale “cross- mediale” dell’Università di Padova, diretto da Telmo Pievani. Il Bo Live di Greco e Pievani è una interpretazione nuova dell’attività di terza missione delle università. Non è un giornale che si limita a diffondere come un bollettino i risultati delle ricerche dell’Ateneo: la sua finalità è la condivisione della cultura globalmente espressa dall’Università, instaurando un dialogo fra l’Università e il resto della società, un dialogo necessario a entrambe. In questo modo la terza missione diventa uno strumento efficace per soddisfare le richieste di cittadinanza scientifica nella società. Il notevole successo nazionale di questa iniziativa sta dimostrando che questa domanda è diffusa e le università possono e debbono svolgere un ruolo importante. Questa domanda sociale “o viene soddisfatta dalle università, oppure troverà altre fonti e altre forme. Non tutte pubbliche e non tutte trasparenti”, scriveva Greco.
Pietro Greco era mite, quasi timido. Quando parlava, colpiva la sua modestia. Questa era un aspetto del suo rigore intellettuale, il modo di essere di un uomo convinto che non si doveva mai smettere di studiare se si voleva comprendere il mondo e intervenire in esso. E la scienza è lo strumento per questa azione consapevole nel mondo.
Greco è stato un moderno uomo rinascimentale, sapeva muoversi con competenza fra i diversi campi della conoscenza. Nel suo ultimo libro “Homo. Arte e scienza” affronta proprio il tema del confronto fra le due culture, con la storia del rapporto stretto tra scienza e creatività artistica, dalle pitture rupestri al mondo contemporaneo.
A settembre del 2020, durante il Festival di Filosofia di Ischia ho avuto la fortuna di tenere con Pietro Greco una lunga lezione sul tempo in fisica a una classe di studenti. L’unica mia lezione dal vivo per quell’anno. Il ricordo più forte è quello della sua autorevolezza e gentilezza insieme. La sua autorevolezza si esprimeva sempre con un sorriso, con uno sguardo luminoso e dolce.
La scomparsa di Pietro Greco lascia un vuoto e un dolore profondi. Mancherà un punto di riferimento per tutti coloro che si interessano di scienza in Italia. Ma ci lascia il testimone di una battaglia culturale per una società più giusta, basata sulla conoscenza e sulla ragione. È un impegno che dobbiamo a lui e a noi. È un invito che ci ha lasciato – con il suo stile poetico, garbato eppure deciso – in uno dei suoi ultimi articoli su Scienza in Rete, presentando il recente libro di Pievani: “Possiamo spenderla, questa nostra precaria eppure preziosa esistenza, per costruire insieme un futuro desiderabile. Non siamo forse noi esseri finiti che conoscono l’infinito?”
November 29, 2023
Che bel panorama, decisamente alieno
La recensione di Patrizia Caraveo, astrofisica, dal Domenicale del Sole 24 Ore del 12 novembre.
Non è stata ancora scoperta la nuova Terra ma il telescopio spaziale Jwst è attivo da solo un anno e non bisogna avere fretta come descrive in modo molto efficace Covone nel suo Altre Terre, un libro che mi ha colpito per la completezza della trattazione unita alla facilità di lettura.
L’autore realizza un ottimo connubio tra il racconto dell’evolversi di un problema astronomico e a sua carriera da ricercatore. Ci racconta con franchezza che lui a studiare gli esopianeti non ci pensava proprio. Era andato dal suo professore per chiedere una tesi di cosmologia ed era rimasto un po’ male quando si era sentito dire che doveva invece occuparsi di esopianeti. Colto di sorpresa, si è messo a studiare e ha tracciato la storia della ricerca di pianeti intorno ad altre stelle fino dai suoi albori scoprendo, e ora raccontando, una incredibile serie di tentativi falliti basati su decenni di osservazioni sfociati in scoperte non confermate, semplicemente perché basate su dati imprecisi.
Una volta che un risultato viene confutato c’è chi si rifiuta di ascoltare e chi ammette l’errore. La più spettacolare ritrattazione risale al 1992 quando il mondo dell’astrofisica era stupefatto dalla scoperta di un pianeta in orbita intorno a una pulsar, una stella morta formatesi a seguito dell’esplosione di una supernova. Tutti si chiedevano come fosse possibile che dei pianeti potessero sopravvivere ai convulsi momenti dell’esplosione di una stella di grande massa. Le osservazioni erano state fatte da un gruppo tra i più prestigiosi attivi nella ricerca radioastronomica e nessuno sospettava che il pianeta fosse la conseguenza di una imprecisione nella posizione usate nel corso della complessa analisi temperale dei dati. Il racconto della ritrattazione della scoperta mi ha portato indietro nel tempo perché io ero presente e non avevo potuto fare a meno di immedesimarmi nel collega che era stato invitato ad un prestigiosa conferenza per ricevere il plauso delle comunità ma che invece, con grande onestà intellettuale, si era presentato per assumersi la responsabilità di un errore che evidentemente non era stato fatto da lui. Ma tant’è.
Alla fine, il primo vero pianeta extrasolare è stato una assoluta sorpresa, incredibilmente diverso da quello che si stava cercando e questo spiega perché, fatto salvo il non pianeta visto dai radioastronomi, ci fossero stati così numerosi fallimenti delle ricerche in ottico. Generazioni di astronomi si erano incaponiti a cercare una copia del sistema solare, dimostrando di avere tanti preconcetti e poca fantasia. Ora abbiamo le idee molto più chiare tanto che possiamo persino cercare di immaginare come sarebbe vivere su un pianeta che ruota intorno a due soli, oppure su uno dei pianeti che orbitano intorno Trappist, una piccola stella con un sistema planetario composto da 5 pianeti di dimensioni grossomodo terrestri.
November 24, 2023
Da un’intervista su “Altre Terre”
La parte finale dell’intervista a cura di Marianastasia Lettieri pubblicata su Vita WebTV
Domanda: Quali teorie sono sostenute all’interno del suo libro, con quale metodo sono trattate e soprattutto in che modo sono state trattate tematiche scientifiche per scopi divulgativi?
GC: Il tema centrale del libro è la ricerca di mondi possibilmente abitabili o abitati intorno ad altre stelle, mondi che possono somigliare alla terra, di qui il titolo – Altre Terre – una ricerca che è partita dagli atomisti greci: Democrito, Epicuro, Lucrezio, Giordano Bruno. Un filo conduttore percorre tutto il pensiero filosofico -scientifico fino ad oggi: esistono molti mondi intorno ad altre stelle. I sistemi planetari sono innumerevoli, quasi ogni stella ha sistemi planetari, ma allo stesso tempo abbiamo scoperto l’esistenza di molti pianeti diversi dalle aspettative, diversi da quelli del sistema solare e non abbiamo trovato fino ad ora pianeti che potremmo definire -gemelli – della Terra. Non è detto che non esistano pianeti come la Terra composti di roccia, silicati, con grandi superfici acquose, con l’atmosfera protettiva e con un campo magnetico protettivo; insomma pianeti che possano ospitare la vita così come noi la conosciamo. Probabilmente esistono, ma forse sono molto rari, questo è un dilemma che rimane da risolvere: “Quanto comuni sono i pianeti che veramente potremmo considerare simili alla Terra?” . Non è detto poi che la vita possa svilupparsi solo su pianeti simili alla Terra. La vita potrebbe avere la sua chance anche in contesti cosmici che vanno molto al di là della mia e della vostra fantasia, scienza e immaginazione.
Per la trattazione della materia ho preferito non raccontare in modo troppo tecnico, anche se in modo non meno adeguato, i temi scientifici. Sono domande che sono nate fuori dal contesto scientifico, domande che abbiamo tutti noi, ogni qualvolta ognuno di noi osserva le stelle sorge spontanea la domanda: “Ma siamo soli o intorno a quelle stelle o c’è qualcuno che ci osserva come io sto osservando loro?“
Per domande nate fuori dal contesto scientifico sarebbe un po’ arido trattarle solo con gli strumenti della scienza e mi sono venuti in aiuto i quadri di Van Gogh, i versi di Leopardi. Noi punti rispetto il sistema solare e la galassia intera.
Ho parlato di scienza non usando solo concetti scientifici, in questo senso mi è riuscito facile perché parliamo di temi universali, ci riconosciamo tutti noi pur non essendo scienziati; ma in fondo anche gli scienziati affrontano queste domande perché la questione è nata al di fuori della scienza. La scienza inventa lo strumento per rispondere a delle domande molto più profonde. La Terra stessa può essere una sorta di Ginestra nella Galassia, perché la Ginestra per Leopardi era il fiore che resiste nonostante le ostilità della Natura; la Terra vista come pianeta, in fondo, è fragile di fronte le forze del cosmo che potrebbero mettere in pericolo la vita o l’esistenza stessa del nostro pianeta. Un’esistenza al contempo ostinata e fortunata.
Io credo che la letteratura e la poesia siano canali giusti per divulgare idee scientifiche.
November 14, 2023
una recensione (unaelladabiblioteca)
autrice: unaelladabiblioteca

Mi è sempre piaciuto esplorare all’interno dei libri il significato del titolo: “Altre Terre” già ci fa capire di cosa si tratta.
Ho conosciuto il Prof. Giovanni Covone, astrofisico e appassionato di filosofia, alla presentazione del suo libro e mi sono fatta conquistare dai suoi discorsi e dalle sue letture, immersivi e senza eguali. Il libro è esattamente lo specchio di ciò che ho vissuto quella sera, all’Osservatorio Astronomico di Napoli: è un viaggio oltre la nostra Galassia, nell’Universo più buio, alla ricerca di altre terre, altri pianeti che possano ospitare la vita, come il nostro.
Ma cos’è la vita? Cosa sono le stelle, i pianeti, le galassie, i meteoriti e gli asteroidi? Come è nata la passione per il cielo? Il Prof. Covone spiega tutto ciò all’interno delle pagine del suo libro, alternando la storia delle scoperte scientifiche, la filosofia e gli aneddoti della sua tesi di dottorato.
È un libro fondamentale per chi vuole vivere la magia di tutto ciò a cui non riusciamo ad arrivare. La sensazione al termine della lettura sarà quella di sentirsi tremendamente piccoli, in un infinito inimmaginabile, buio e incantevole. Ma non vi dico altro, fate un bel respiro e godetevi il viaggio. In fondo, siamo tutti figli delle stelle.
Fonte: unaelladabiblioteca
October 29, 2023
La Luna e la geopolitica dello spazio
Qualche considerazione sulle recenti missioni spaziali verso la Luna. Versione breve di un articolo apparso su Prisma (ottobre 2023).

L’estate 2023 ha visto un’ulteriore accelerazione nella corsa verso la Luna, con un fallimento e un successo che hanno sancito nuovi equilibri nella geopolitica dello spazio. Il fallimento è stato quello della missione Luna-25 dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, precipitata sul suolo lunare per un malfunzionamento dei motori nella discesa. Pochi giorni dopo, il 23 agosto, la sonda indiana Chandrayaan-3 è riuscita ad atterrare sul suolo lunare in prossimità del polo sud del satellite e poco dopo il rover Pragyan ha iniziato la sua missione esploratrice.
Questi eventi ravvicinati hanno confermato da un lato il declino della Russia come potenza spaziale e dall’altro il prepotente ingresso sulla scena della geopolitica dello spazio dell’India. Nel 1976, l’Unione Sovietica era riuscita a completare con successo la missione Luna-24, riportando a terra campioni di regolite lunare. Quasi mezzo secolo dopo, una missione simile è fallita. L’India invece (dopo il parziale fallimento della missione Chandrayaan-2 nel 2019) ha superato una prova di maturità, diventando il quarto Paese (dopo Stati Uniti, Russia e Cina) a sbarcare sulla Luna e il primo a far atterrare con successo un veicolo spaziale nella regione del polo sud. È significativo che entrambe le missioni avessero come obiettivo l’esplorazione di tale regione, considerata strategica in vista di future basi a lunga permanenza, grazie alla possibile abbondanza di acqua (in forma ghiacciata) nelle rocce dei crateri poco illuminati dal Sole.
Sono lontani i tempi in cui lo spazio era il terreno di confronto di due sole grandi potenze, USA e Unione Sovietica. Oggi, la scena multipolare della politica sulla Terra si riflette inevitabilmente nello spazio. E alle potenze statali si aggiungono entità private come SpaceX e Blue Origin, con un crescente affollamento delle orbite (in particolare attraverso costellazioni satellitari come Starlink di SpaceX) e un’accesa competizione in termini di sfruttamento commerciale e confronto militare.
Tutto questo nell’ambito di un quadro normativo inadeguato. Nel 1967, la maggior parte dei paesi siglò il “Trattato sullo spazio extra-atmosferico,” in base al quale nessuno stato può rivendicare la sovranità su altri corpi celesti e definì lo spazio essere una “provincia di tutta l’umanità”. Questa visione romantica è lontana dalla realtà. Lo spazio è a tutti gli effetti parte del campo di contesa economica, politica e militare fra gli stati e le grandi compagnie private.
Lo spazio è la “prosecuzione della politica terrestre con altri mezzi.” Il confronto avviene in ambito tecnologico, ad esempio nel campo delle nuove costellazioni satellitari per le telecomunicazioni, con l’obiettivo di ottenere maggiore autonomia in uno scenario geopolitico sempre più basato sullo spazio. L’Unione Europea sta progettando IRIS² (Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite), una costellazione satellitare che si unirà a Galileo e Copernicus, con un investimento di oltre 6 miliardi di euro entro il 2027. La Cina, che punta a diventare una grande potenza spaziale, ha risposto annunciando lo scorso aprile la creazione di China Satellite Networks Limited, una società dedicata alla creazione e alla gestione di una costellazione di 13 mila satelliti in orbita terrestre bassa.
Ma il confronto avviene inevitabilmente anche in campo militare. Qui più che mai si rivela il doppio volto della scienza, che ha accompagnato tutta la storia della nostra specie. L’uso militare dello spazio non è una novità. La prima guerra del Golfo, nel 1990, è considerata la prima “guerra spaziale”, quando l’uso della navigazione satellitare permise di dirigere con efficacia i movimenti delle truppe di terra attraverso il deserto.
La guerra in Ucraina ha dimostrato la crescente importanza militare dello spazio. Il conflitto in corso è diventato il primo in cui entrambe le parti sono fortemente dipendenti dalle attività spaziali e nel futuro vedremo uno spostamento sempre maggiore del centro di gravità del confronto militare verso il dominio aerospaziale. Molti stati hanno infatti modificato le loro strutture di difesa per creare un centro nevralgico per lo spazio. Ad esempio, la Francia ha cambiato il nome della sua Aeronautica Militare in “Forza Aerea e Spaziale” e nel 2020 l’Italia ha istituito il Comando delle Operazioni Spaziali. Russia e Cina hanno già condotto test per distruggere satelliti. Washington ha risposto impegnandosi a non condurre simili test, invitando anche gli altri stati, al fine di giungere alla stesura di un nuovo regolamento internazionale. Tuttavia, anche la definizione di nuove regole diventa un campo di battaglia in cui le potenze attualmente in una posizione dominante cercano di mantenere il vantaggio.
Lo spazio è un ambiente prezioso e (per quanto sia controintuitivo) limitato. Norme per preservare quest’ambiente al fine di garantire uno sfruttamento economico sono essenziali per gli attori sulla scena, evitando ad esempio il sovraffollamento delle orbite e l’inquinamento da detriti. Un quadro giuridico debole nel settore spaziale porta a incertezze e rischi per la sicurezza.
Inoltre, con l’espansione del settore spaziale commerciale, sorgeranno questioni legate ai diritti di proprietà, all’utilizzo delle risorse (come nel caso dell’estrazione di minerali dalla Luna o dagli asteroidi) e alla responsabilità per danni.
Lo spazio continuerà ad essere il quarto dominio (dopo terra, aria e mare) della competizione geopolitica e l’asimmetria di potere economico-militare e di capacità tecnologica rischia di rendere più complicato un accordo sulle norme per un utilizzo pacifico e condiviso delle risorse spaziali.