Piero Olmeda's Blog, page 3

June 7, 2016

Cap. 8 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

8 - La bellezza di quelle prime ore

Quando il racconto finì anche il vento smise di spirare.  Un sole intenso fece la sua comparsa tra due cumuli di nuvole nere riscaldando l’aria fredda del mattino. La bellezza di quelle prime ore stava nel fatto che ogni volta sembrava un nuovo inizio. I giorni passavano stanchi uno dopo l’altro ma in quei minuti poco dopo l’alba sembrava che tutto fosse ancora possibile, che fosse possibile ricominciare una seconda vita, eliminare il ricordo per sempre, rifarsi di nuovo alla luce chiara di un nuovo giorno. Alla bellezza di quei momenti seguiva però sempre l’assoluta nudità del sole di mezzogiorno, che illuminava pietrificandolo il futuro, costringendo il vecchio a ripetere gli stessi movimenti, le stesse azioni, gli stessi circolari pensieri. Non aveva scampo in quel suo inferno personale. Era stato condannato a ripetere sempre le stesse cose, a percorrere sempre le stesse strade attraverso il suo personale labirinto, senza aver mai la possibilità di uscirne. 
È per questo che, dopo aver finito il racconto della malattia, si volse verso il bambino come in attesa, come se si aspettasse che gli indicasse la strada che l’avrebbe ricondotto tra le strade del mondo.
Quest’ultimo invece si mise a corrergli attorno e, mentre correva, gli fece una domanda difficile, a cui non sarebbe stato facile rispondere: “Ma cosa c’entra? È stata una donna? È lei che ti ha passato il virus? È diventata cieca anche lei?”
Il silenzio si protrasse a lungo, troppo a lungo. Il vecchio cercò le parole giuste dappertutto senza trovarle. Cominciò a balbettare, incerto tra la verità diretta e indiretta, tra la sincerità e la dolce falsità, tra la fantasia e il realismo. Infine disse: “Fu solo il caso. Una cosa successe prima ed un’altra dopo. Se qualcosa accade prima di qualcosa d’altro non è detto che la prima sia la causa e la seconda l’effetto. Ad esempio... c’è un rapporto tra una farfalla che si è posata su un fiore di melo in qualche paese lontano e il frutto che è cresciuto sull’albero del cortile di casa?” Si fermò e poi chiese: “...Mi credi?”
Il bambino si fermò nel suo girotondo interminabile e disse: “Non so. Ci devo pensare.” Si lasciò cadere sulla sabbia bagnata e con voce esitante aggiunse: “Non so. Dovresti raccontarmi quello che è successo prima.”
“Prima... no, non te lo posso dire.”
“Ma me l’avevi promesso, l’avevi promesso!”
“No, no.”
“Allora perché mi hai raccontato degli occhi?”
“Pensavo che volessi saperlo.”
“Io aspetto, non mi muovo finché non mi hai detto tutto. Ecco, mi metto qui, proprio qui, così non puoi continuare la passeggiata verso il faro.”
Il vecchio alzò le due mani in alto, sembrò quasi che volesse colpire il bambino, poi le abbandonò sui fianchi e chiese: “Che cosa vuoi sentire?”
“Che cosa vuoi dire?”
“Vuoi una storia o la verità?”
“La verità, la verità!”
“Già... adesso te la racconto, se proprio vuoi.”
“Sì, comincia.”
“C’era una volta una ragazza... cioè... una volta prima dell’altra volta che ti ho raccontato... c’era una seconda volta… il giorno prima di quella notte che mi attaccò il virus, che presi quella terribile... influenza agli occhi. Eravamo in auto con alcuni amici a chiacchierare. Non la vedevo da un po’ di tempo...”


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Published on June 07, 2016 02:16

Cap. 7 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

7 - Mi devi raccontare la storia vera

Nei giorni che seguirono il vecchio continuò ad alzarsi all’alba, a percorrere lo stesso tragitto come aveva sempre fatto per tanto, tanto tempo. Un osservatore che avesse filmato il suo percorso giorno per giorno, se avesse poi appuntato i nastri uno sopra l’altro, avrebbe notato che il tempo complessivo continuava ad aumentare. Quando usciva si fermava a lungo sulla soglia, nel momento in cui arrivava ai limiti dell’acqua stava un po’ di più con la testa rivolta verso l'orizzonte, di fronte al faro indugiava per qualche secondo di troppo. Forse anche la maniera di camminare era diversa, sembrava più curvo, il movimento ritmico e stanco delle gambe più lento, la testa che si girava più spesso.
Per parecchi giorni il bambino non andò al mare. Se ne stava a giocare da solo tra le dune. A volte si girava per un attimo, ma ritraeva subito lo sguardo, come se guardando commettesse un peccato di cui nessuno prima gli aveva parlato.
Ma venne un giorno che nuvole nere si espansero d’improvviso sul mare e fulmini caddero sulle acque mosse e grigie di sabbia. Il caso volle che, proprio mentre il vecchio stava camminando nel suo percorso giornaliero verso il faro, un colpo di vento inaspettato e rabbioso lo fece sbilanciare e cadere rovinosamente nell’acqua. La fortuna, o la sfortuna, volle che in quel preciso momento il bambino stava dando un’occhiata furtiva verso la spiaggia.
Non ci pensò due volte. Corse a tutta velocità attraverso la sabbia e, nonostante l’uomo fosse molto più alto di lui, riuscì a prenderlo, a sollevarlo, a riportarlo in piedi, perché era alto ma leggero, forse pesava addirittura meno di lui.
Il vecchio borbottò: “Grazie. Grazie, ma adesso lasciami, posso fare da solo.”
Non ci credette, così continuò a tenerlo in piedi, mentre le raffiche li facevano entrambi oscillare come canne al vento.
“Sei ancora arrabbiato con me?”
“Un poco.”
“...Va bene. Avevi ragione. Non era la verità.”
“Mi stavi prendendo in giro?”
“Sì, sì. Era la scena di un film che avevo visto.”
Il ragazzo sorrise e disse: “Allora mi devi raccontare la storia vera.”
“Certo. Aspetta un attimo. Devo ricordare. Ormai la mia testa sta perdendo i ricordi fuori dalle orecchie...”
“Sì sì... okay, aspetto. Speriamo che non piova.”
“È solo fumo senza arrosto. Non pioverà, credimi.”
“...Allora...?”
“Va bene, ricominciamo. C’era una volta un uomo...”
“Sempre solo?”
“No, no questa volta, cioè quella volta, facciamo così, non era solo, era semplicemente malato.”
“Continua!”
“C’era una volta un uomo malato che sedeva su una vecchia sedia di legno nella veranda di una casa di campagna. Teneva tra le mani tremanti il risultato di una diagnosi medica. Aveva contratto una specie di virus diceva, e questo virus aveva attaccato gli occhi ed era diventato cieco...”
Continuò a raccontare per parecchio tempo, mentre il bambino l’ascoltava a bocca aperta senza interromperlo mai.

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Published on June 07, 2016 01:57

June 6, 2016

Cap. 6 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

6 - C’era una volta un uomo solo

“C’era una volta un uomo solo, abbandonato sulla strada. Stava seduto con la schiena contro un muro e teneva le mani premute forte sugli occhi. Del sangue colava giù dalle mani, un rivolo proseguiva sull’avambraccio fino a cadere goccia a goccia dal gomito. Era notte, la pioggia cadeva dal cielo bagnandogli i capelli e, mescolandosi al sangue rosso brillante, lo scolorivano in un marrone spento. Gli unici suoni erano quelli della gocce che cadevano su una pozzanghera d’acqua sporca...”
Il bambino iniziò a preoccuparsi. “No, no, fermati” disse. “Mi stai raccontando un film dell’orrore?”
Il vecchio, infastidito, si interruppe un momento, per proseguire poi con la voce un po' più alta: “...La sirena di un’ambulanza ruppe definitivamente il silenzio. A quel suono l’uomo cominciò a singhiozzare, ripetendo senza fine la stessa serie di parole: ‘Non voglio vedere, non voglio più vedere, non voglio essere visto, non voglio essere visto mai più.’ Quando l'ambulanza si fermò davanti a lui sulla strada, gli infermieri si precipitarono a soccorrerlo. Fecero una grande fatica a staccargli le mani dagli occhi. Quando ci riuscirono, quello che videro era terrificante: dove dovevano esserci gli occhi videro due piccoli laghi di sangue...”
Il bambino non ce la faceva più. “Basta! La smetta! Non voglio sentire. Non voglio più sentire...”
Il vecchio però continuò imperterrito: “Una donna senza divisa, forse era il medico, non si trattenne dal chiedere: ‘Chi è stato? Chi l’ha conciata così?’ L’uomo alzò un poco la testa e allungò la mano insanguinata come a indicare qualcuno. La donna si girò per guardare, ma non vide nessuno sulla strada deserta a quell’ora della notte. Stava per girarsi quando una voce rotta disse, con una sorta di meraviglia, come se l’avesse scoperto per la prima volta: ‘Io. Sono stato io. Sono io. Il colpevole. Non. Voglio. Più. Vedere.’ Sul momento nessuno ci credette, perché chi mai avrebbe avuto il coraggio e la forza di massacrare in quel modo, da solo, i propri occhi?”
Il bambino stava per scappare. Di fronte alle parole del vecchio, si era già allontanato di uno o due passi ed era pronto a correre velocissimo sulla sabbia per tornare a casa. Prima di farlo esclamò: “No! Non può essere così! Mi stai prendendo in giro! Non voglio una storia, voglio la verità!”
Il vecchio sospirò, girò la testa a destra e poi a sinistra quasi cercando qualcuno che confermasse le sue parole, sospirò una seconda volta e in un tono quasi inudibile, più basso del rumore delle onde, sussurrò: “La verità è questa. O meglio la cruda verità. Il fatto. La fine. Non posso cambiarla. Nessuno la può cambiare.”
Il bambino si girò allora verso le dune e cominciò a correre urlando “Non è vero! Non è vero!” finché il suono si perse nella distanza come un’eco lontana.
L’altro restò lì, con il respiro che faceva un rumore più forte del solito, il cuore che batteva per la prima volta più in fretta. Dopo tanti anni aveva perso il suo solito lento ritmo. Il passato l’aveva sfiorato ed un brivido terribile era salito lungo la schiena come il presagio di un’alba nera. 


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Published on June 06, 2016 06:59

Cap. 5 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

5 - La cosa più bella è l’inizio

Il giorno successivo il bambino aspettò il vecchio sul gradino della porta d’ingresso.
Quando la porta si aprì, esattamente alla stessa ora degli altri giorni, il vecchio rimase fermo sulla soglia per qualche minuto, come aveva sempre fatto per un tempo immemorabile. Il profumo del mare assalì le sue narici, portato dal vento, e con esso ricordi di voci squillanti, sussurri caldi nell’orecchio, corse e salti, l'ebbrezza di rotolarsi felici sulla sabbia e l'angoscia dell’odore della pelle di una ragazza che lo stringeva. Come sempre in tutti quei giorni sempre uguali, resistette alla tentazione di lasciarsi piegare dal vento, di aprire quella porta interna alla luce grigia del ricordo, che altrimenti si sarebbe perso per l’eternità in quel mondo ormai spento, vivo di una morta vita, scolorito come la pellicola di un vecchio film a colori.
Dopo aver chiuso quegli occhi interni che avrebbero potuto vedere, cominciò a fare il primo passo, ma si fermò a metà del movimento, perché sentiva con la sensibilità di un cieco che qualcosa era cambiato.
Allora esclamò: “Che cosa fai qui?”
Il bambino trasalì, che non si aspettava di essere scoperto subito e balbettò: “Sono venuto a trovarla... a trovarti...” Poi aggiunse, quasi a giustificazione: “I miei genitori oggi non ci sono... non sapevo cosa fare...”
“Non sei troppo piccolo per darmi del tu?”
“Pensavo fossimo amici ormai.”
“Amici... ma ci siamo visti... solo due volte! E, detto tra noi, la prima volta non è stato il migliore degli incontri, non trovi? Mi vieni a trovare solo quando non hai niente da fare?”
 “No, io, ecco, ho detto una bugia, i miei genitori non sono andati via, stanno solo litigando.”
“Ah...” disse il vecchio, e al bambino parve di vedere l’ombra, ma soltanto quella, di un sorriso. “Allora seguimi e fai attenzione, cerca di non farmi inciampare.”
Detto questo, si incamminò verso il mare con il suo solito passo lento, con la sicurezza di chi aveva fatto quel percorso infinite altre volte. Si fermò quando sentì la sabbia bagnata e l’acqua che gli accarezzava i piedi.
“Vuoi ascoltare una storia d’amore?”
“Sì per favore, fallo, scusi, lo faccia, per favore!”
Il vecchio si voltò e al bambino parve che potesse realmente vederlo quando disse: “Sei sicuro che non ti annoierai?”
“No, no!”
“Non credo che sei abbastanza grande per una storia del genere.”
“Ho dodici anni! Ho visto tante cose!”
Questa volta il vecchio rise veramente, ma fu più un singulto, un singhiozzo, che una risata chiara e semplice.
“Dopo però non sarai più lo stesso. Non hai paura?”
“No, non ho paura....di che cosa dovrei avere paura?”
Il silenzio che seguì fu così lungo che il bambino pensò che si fosse addormentato. Non era vero che i vecchi a volte dormivano in piedi? Che per anni vivevano ai limiti tra il sonno e la veglia? Così si spaventò e si ritrasse indietro quando il vecchio disse: “E così sia. Partirò dalla fine. La fine è poco interessante. La cosa più bella è l’inizio. Il mistero, il perché che non si trova. Le risposte.”
Cominciò a raccontare.


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Published on June 06, 2016 06:36

Cap. 4 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

4 - Lasciare definitivamente morire il passato

Si era accorto che era lì? Forse, perché restò lì vicino al faro per più tempo del solito, aspettando, come se sapesse che fosse lì, ma non volesse darlo a vedere. I minuti passarono senza che nulla succedesse, il vecchio che muoveva la testa verso destra o verso sinistra a guardare qualcosa che nessuno poteva vedere.
“Ho trovato gli occhiali” disse tutto d’un colpo il bambino, che si aspettava che qualsiasi cosa dicesse sarebbe stata sbagliata.
Sorprendentemente il vecchio rispose con una voce calma e gentile: “Così posso vedere...?”
“Mah, non so... sono occhiali da vista?” Se li mise sul naso, col rischio che cadessero per terra e si rompesse l’altra lente, guardò intorno e si accorse che vedeva le ombre di un mare nero e pauroso.
“Non credo.” Se li tolse e poi aggiunse: “Sono occhiali neri. A cosa servono se non riesce a vedere?”
“Ah, sono importanti.” disse il vecchio “Perché la loro funzione non è quella di vedere meglio ma di non farsi vedere.”
“E perché non farsi vedere, a che serve?”
“La gente non vuole vedere le cose brutte, mettendoli faccio un servizio a tutti. Dico loro che non è vero che sono cieco. Non è vero che sono... Sì, non vedendo ci credono, perché non vogliono vedere...”
“Perché è triste?”
“Questa sì che è una domanda difficile!”
“Io non sono mai triste. Forse, una volta o due, quando è morto il nonno, solo perché lo erano tutti.”
“Non so se posso risponderti.”
“Perché?”
“Perché sei ancora un bambino!”
“No, non sono un bambino! Non sono un bambino!”
Il vecchio quasi sorrise: “ Più lo ripeti e più lo sei.”
“No, no... ho anche una ragazza!”
“Una ragazza... ma lei lo sa?”
“Veramente, forse glielo dico. Domani. Forse.”
“Ah! Ah! Allora non hai una ragazza!”
“E lei è sposato? Ha la ragazza?
A questa domanda seguì un lungo silenzio. Poi disse: “Sì l’ho avuta. Anch’io, in un certo senso, non le ho detto niente. Avrei dovuto... è passato tanto tempo... è solo un ricordo che si sta spegnendo... tante cose non ricordo, le ho spente io, ad una ad una.”
“Dimmi, mi dica, come è stato, come ha fatto a conquistarla?”
“Basta, adesso è tardi.”
“Ma è appena dopo l’alba!”
“È tardi.”
Il vecchio ritornò al suo consueto mutismo e senza dire un’altra parola si girò e cominciò a percorrere il tragitto all’indietro che l’avrebbe portato verso la casa nascosta tra le dune. Il bambino restò lì a guardarlo mentre la sua figura leggermente curva camminava con regolarità sulla spiaggia e piano piano rimpiccioliva sempre più nella lontananza.
Non si sarebbe dato per vinto, voleva scoprire il segreto di quell’uomo. Se avesse saputo in anticipo quello che l’aspettava, forse non l’avrebbe fatto. Sarebbe stato sicuramente meglio lasciare definitivamente morire il passato, senza farlo rivivere con la parola. Perché una volta riportato alla luce sarebbe stato impossibile dimenticarlo, evitare di scoprire che cosa significava veramente essere vivi. La maturità sarebbe arrivata in quei giorni d’estate come una pioggia a un tempo gelata e rovente, e nessuno sarebbe mai stato come prima.


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Published on June 06, 2016 06:18

June 3, 2016

Cap. 3 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

3 -  Il percorso della scrittura lo porta da un'altra parte

“E allora che cosa fai lì impalato a guardare? Non hai mai visto un cieco?”
“Scusa... mi scusi... io...”
“Lascia perdere le scuse e dimmi da che parte è il faro.”
“È lì a destra...”
Il vecchio mosse le braccia in un gesto a metà tra la stizza e l’impotenza e disse: “Il Sole non è ancora abbastanza alto per orientarmi con il calore. Destra? Sinistra? Alto? Basso? Che parole senza senso! Rifletti prima di parlare! Visto che ti devi scusare prendi questo braccio.” Alzò e distese il braccio destro. “E portami nella direzione giusta.”
Il bambino, esitante, pauroso, come se il braccio fosse un bastone che l’avrebbe potuto colpire da un momento all’altro, afferrò con la mano l’avambraccio, senza stringere, sfiorandolo appena. La pelle era rugosa al tatto, cascante e secca, una specie di pergamena antica e friabile che avvolgeva appena le ossa.
“Non mi devi mica accarezzare come una donna! Stringimi e portami, su.”
Con la paura che la pelle si staccasse e che il semplice tirare da una parte potesse frantumare le fragili ossa dell’uomo, il bambino cominciò ad accompagnarlo in direzione del faro, lo sguardo puntato sui piedi per evitare di farsi lo sgambetto l’uno con l’altro.
Dopo un certo di numero di metri non sapeva più cosa fare. Doveva lasciare il braccio e salutarlo? Doveva chiedergli se bastava così? La voglia di tuffarsi nel mare era grande, ma anche la paura che una qualsiasi azione potesse provocare uno scatto d’ira. Non avevano forse detto che era al confino? Che forse era un pazzo? Mentre camminava continuava a girarsi attorno per vedere se qualcuno poteva venirgli in aiuto, ma a parte il pescatore lontano nel mare e i gabbiani che volavano bassi, in quel momento sulla spiaggia non c’era proprio nessuno.
Così, nell’indecisione su che cosa era meglio fare, non fece nulla, o meglio continuò a fare quello che stava già facendo. Passo dopo passo entrambi camminarono ai margini tra la sabbia e l’acqua, lentamente, nel silenzio più assoluto.
Quando arrivarono nei pressi del faro il vecchio si fermò, borbottò qualcosa di incomprensibile, si liberò con uno strattone della mano del bambino, esclamando: “Basta! Basta! Pensi che abbia bisogno di una badante? Vai! Vai, e non farti più vedere.”
Il bambino scappò correndo, ripromettendosi di fare attenzione la prossima volta, che non voleva incontrare ancora quel vecchio.
Spesso però le promesse non vengono mantenute, i buoni propositi svaniscono come la rugiada al Sole del mattino, il caso decide che la storia sarà diversa da quello immaginata, come uno scrittore che comincia un romanzo con un'idea precisa della fine ma il percorso della scrittura lo porta da un'altra parte, in una terra magica ad incognita. Ed un cerchio appena rotto non può essere aggiustato, per quanto, con la colla dell’abitudine e il nastro adesivo della pigrizia, si tenti di riattaccarne i due capi.
Il giorno dopo infatti il vecchio rifece per l’ennesima volta lo stesso percorso, ma quando arrivò al faro trovò il bambino ad aspettarlo.


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Published on June 03, 2016 06:42

"La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda - Cap. 3

3 -  Il percorso della scrittura lo porta da un'altra parte

“E allora che cosa fai lì impalato a guardare? Non hai mai visto un cieco?”
“Scusa... mi scusi... io...”
“Lascia perdere le scuse e dimmi da che parte è il faro.”
“È lì a destra...”
Il vecchio mosse le braccia in un gesto a metà tra la stizza e l’impotenza e disse: “Il Sole non è ancora abbastanza alto per orientarmi con il calore. Destra? Sinistra? Alto? Basso? Che parole senza senso! Rifletti prima di parlare! Visto che ti devi scusare prendi questo braccio.” Alzò e distese il braccio destro. “E portami nella direzione giusta.”
Il bambino, esitante, pauroso, come se il braccio fosse un bastone che l’avrebbe potuto colpire da un momento all’altro, afferrò con la mano l’avambraccio, senza stringere, sfiorandolo appena. La pelle era rugosa al tatto, cascante e secca, una specie di pergamena antica e friabile che avvolgeva appena le ossa.
“Non mi devi mica accarezzare come una donna! Stringimi e portami, su.”
Con la paura che la pelle si staccasse e che il semplice tirare da una parte potesse frantumare le fragili ossa dell’uomo, il bambino cominciò ad accompagnarlo in direzione del faro, lo sguardo puntato sui piedi per evitare di farsi lo sgambetto l’uno con l’altro.
Dopo un certo di numero di metri non sapeva più cosa fare. Doveva lasciare il braccio e salutarlo? Doveva chiedergli se bastava così? La voglia di tuffarsi nel mare era grande, ma anche la paura che una qualsiasi azione potesse provocare uno scatto d’ira. Non avevano forse detto che era al confino? Che forse era un pazzo? Mentre camminava continuava a girarsi attorno per vedere se qualcuno poteva venirgli in aiuto, ma a parte il pescatore lontano nel mare e i gabbiani che volavano bassi, in quel momento sulla spiaggia non c’era proprio nessuno.
Così, nell’indecisione su che cosa era meglio fare, non fece nulla, o meglio continuò a fare quello che stava già facendo. Passo dopo passo entrambi camminarono ai margini tra la sabbia e l’acqua, lentamente, nel silenzio più assoluto.
Quando arrivarono nei pressi del faro il vecchio si fermò, borbottò qualcosa di incomprensibile, si liberò con uno strattone della mano del bambino, esclamando: “Basta! Basta! Pensi che abbia bisogno di una badante? Vai! Vai, e non farti più vedere.”
Il bambino scappò correndo, ripromettendosi di fare attenzione la prossima volta, che non voleva incontrare ancora quel vecchio.
Spesso però le promesse non vengono mantenute, i buoni propositi svaniscono come la rugiada al Sole del mattino, il caso decide che la storia sarà diversa da quello immaginata, come uno scrittore che comincia un romanzo con un'idea precisa della fine ma il percorso della scrittura lo porta da un'altra parte, in una terra magica ad incognita. Ed un cerchio appena rotto non può essere aggiustato, per quanto, con la colla dell’abitudine e il nastro adesivo della pigrizia, si tenti di riattaccarne i due capi.
Il giorno dopo infatti il vecchio rifece per l’ennesima volta lo stesso percorso, ma quando arrivò al faro trovò il bambino ad aspettarlo.

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Published on June 03, 2016 06:42

Cap. 2 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

2 - Quel giorno cominciò come tutti gli altri

Quel giorno cominciò come tutti gli altri, il Sole non era più forte o più spento, il vento spirava sempre con la stessa velocità dei giorni precedenti, i gabbiani si rincorrevano nel cielo con le solite stridenti grida. Il cielo era incredibilmente azzurro, come sempre. Il vecchio in quel momento era a metà del suo cammino dalla casa verso il faro. Fu in quel punto esatto che successe. Un bambino si mise a correre sulla spiaggia, era estate, in direzione del mare. Voleva semplicemente tuffarsi nell’acqua, ma nella sua corsa a testa bassa non vide quell’uomo che si confondeva con il colore della terra, non udì il rumore dei passi leggeri sulla sabbia ancora fresca, passi che si confondevano con il rumore del vento, così finì per colpirlo, facendolo rovinosamente cadere nell’acqua bassa. 
A volte un’auto sull’altra carreggiata sbanda venendoci incontro in una morte improvvisa, oppure urtiamo una donna per strada, ci giriamo verso di lei e riconosciamo di colpo un vecchio doloroso amore, oppure ancora un meteorite tra le infinite strade del cosmo colpisce proprio la Terra annientando una specie ed a volte un bambino colpisce un vecchio senza sapere che quel piccolo incidente avrebbe cambiato quel piccolo mondo.
Un pescatore che stava prendendo il largo sulla sua barca si girò, come preso da un presentimento, e guardò con meraviglia e stupore il corpo del vecchio e del bambino sparpagliati per terra. Un passeggero di un aereo che in quel momento stava sorvolando la spiaggia nella sua corsa verso la pista d’atterraggio, osservò con curiosità i due corpi, piccoli come formiche marroni a quella distanza. Un gabbiano planò a poca distanza dalle loro teste muovendo ritmicamente la testa a destra e a sinistra alla ricerca di cibo.
Il vecchio invece rialzò la testa per capire chi l’aveva colpito e perché, e il movimento fu così intenso e violento che il bambino, pur a terra, si trascinò indietro tremante facendo forza sulle mani e sui piedi.  La voce dell'uomo esplose così rauca, così granulosa e raschiante, che si portò le mani alle orecchie per non sentire. 
In realtà aveva detto solamente “Che cosa hai fatto? Perché non guardi dove vai?” e poi aveva aggiunto “Forza, aiutami ad alzarmi! Che cosa fai lì per terra?”
Con l’agilità dei suoi dodici anni balzò in piedi ed afferrò il braccio del vecchio cominciando a tirare. “Fermo, fermati che mi stai staccando il braccio!” gridò allora il vecchio, che con l’altro braccio si appoggiò allora alla spalla del bambino appoggiandovi tutto il peso del corpo. Questa volta fu quest’ultimo a protestare dicendo “Mi fai male! Mi fai male!” ma l’effetto composto del braccio tirato e della spinta sulla spalla fu che il vecchio riuscì infine ad alzarsi precariamente in piedi.
Il bambino fu il primo da tanto tempo che riuscì a vedere i suoi occhi. Gli occhiali neri nella caduta erano balzati a qualche metro di distanza, una delle lenti evidentemente incrinata. Restò lì a bocca aperta, congelato nonostante il caldo, a guardare quegli occhi che fissavano un punto lontano dell’orizzonte, rivestiti da una patina bianca, morti, che si muovevano impercettibilmente in direzioni casuali e senza senso.
Il vecchio era cieco.

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Published on June 03, 2016 06:20

"La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda - Cap. 2

2 - Quel giorno cominciò come tutti gli altri

Quel giorno cominciò come tutti gli altri, il Sole non era più forte o più spento, il vento spirava sempre con la stessa velocità dei giorni precedenti, i gabbiani si rincorrevano nel cielo con le solite stridenti grida. Il cielo era incredibilmente azzurro, come sempre. Il vecchio in quel momento era a metà del suo cammino dalla casa verso il faro. Fu in quel punto esatto che successe. Un bambino si mise a correre sulla spiaggia, era estate, in direzione del mare. Voleva semplicemente tuffarsi nell’acqua, ma nella sua corsa a testa bassa non vide quell’uomo che si confondeva con il colore della terra, non udì il rumore dei passi leggeri sulla sabbia ancora fresca, passi che si confondevano con il rumore del vento, così finì per colpirlo, facendolo rovinosamente cadere nell’acqua bassa. 
A volte un’auto sull’altra carreggiata sbanda venendoci incontro in una morte improvvisa, oppure urtiamo una donna per strada, ci giriamo verso di lei e riconosciamo di colpo un vecchio doloroso amore, oppure ancora un meteorite tra le infinite strade del cosmo colpisce proprio la Terra annientando una specie ed a volte un bambino colpisce un vecchio senza sapere che quel piccolo incidente avrebbe cambiato quel piccolo mondo.
Un pescatore che stava prendendo il largo sulla sua barca si girò, come preso da un presentimento, e guardò con meraviglia e stupore il corpo del vecchio e del bambino sparpagliati per terra. Un passeggero di un aereo che in quel momento stava sorvolando la spiaggia nella sua corsa verso la pista d’atterraggio, osservò con curiosità i due corpi, piccoli come formiche marroni a quella distanza. Un gabbiano planò a poca distanza dalle loro teste muovendo ritmicamente la testa a destra e a sinistra alla ricerca di cibo.
Il vecchio invece rialzò la testa per capire chi l’aveva colpito e perché, e il movimento fu così intenso e violento che il bambino, pur a terra, si trascinò indietro tremante facendo forza sulle mani e sui piedi.  La voce dell'uomo esplose così rauca, così granulosa e raschiante, che si portò le mani alle orecchie per non sentire. 
In realtà aveva detto solamente “Che cosa hai fatto? Perché non guardi dove vai?” e poi aveva aggiunto “Forza, aiutami ad alzarmi! Che cosa fai lì per terra?”
Con l’agilità dei suoi dodici anni balzò in piedi ed afferrò il braccio del vecchio cominciando a tirare. “Fermo, fermati che mi stai staccando il braccio!” gridò allora il vecchio, che con l’altro braccio si appoggiò allora alla spalla del bambino appoggiandovi tutto il peso del corpo. Questa volta fu quest’ultimo a protestare dicendo “Mi fai male! Mi fai male!” ma l’effetto composto del braccio tirato e della spinta sulla spalla fu che il vecchio riuscì infine ad alzarsi precariamente in piedi.
Il bambino fu il primo da tanto tempo che riuscì a vedere i suoi occhi. Gli occhiali neri nella caduta erano balzati a qualche metro di distanza, una delle lenti evidentemente incrinata. Restò lì a bocca aperta, congelato nonostante il caldo, a guardare quegli occhi che fissavano un punto lontano dell’orizzonte, rivestiti da una patina bianca, morti, che si muovevano impercettibilmente in direzioni casuali e senza senso.
Il vecchio era cieco.

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La prima di tutte le donne
© 2016 Piero Olmeda - Tutti i diritti riservatiVietata la riproduzione senza autorizzazione
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Published on June 03, 2016 06:20

Cap. 1 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

1 - Il cerchio dei suoi giorni

Nessuno conosceva realmente quel vecchio che esattamente alla stessa ora ogni mattina poco dopo l’alba percorreva lo stesso tragitto su quella spiaggia deserta. Ad un’ora precisa senza mai un’eccezione, la porta di legno della villa quasi sommersa dalle dune in cui abitava si apriva e compariva l’immagine di un uomo con gli occhiali neri, il viso in ombra. Restava lì immobile per qualche minuto prima di fare due o tre passi incerti sul vialetto che conduceva verso la spiaggia, quindi si fermava, dava l'impressione di guardarsi intorno, e poi si incamminava con passo più sicuro verso il mare.
I pescatori del luogo amavano raccontare storie, alcune sicuramente inverosimili, su chi fosse quell’uomo. C’era chi diceva che era ricchissimo, ma che aveva deciso di abbandonare la precedente vita frenetica per passare gli ultimi anni nella pace del sole e del vento. Altri arrivavano a dire che aveva commesso qualche efferato delitto ed ora, dopo aver scontato gran parte della pena, era stato costretto ad abitare in quel luogo di confino per un imprecisato numero di anni. C’era anche chi arrivava a dire che era un pazzo che non riusciva ad interagire correttamente con i suoi simili e, a causa di questo, gli era stato consigliato di vivere in un luogo appartato e tranquillo. Tutti concordavano però sul fatto che un qualche tipo di crimine oppure una specie di carenza ineliminabile della personalità, come ad esempio una completa assenza di umanità, doveva pur esserci, che altrimenti nessuno avrebbe vissuto quella vita fatta di giorni sempre incredibilmente uguali ai precedenti.
Comunque fosse, di queste voci lui non ne era al corrente o non se ne curava, si limitava semplicemente a portare avanti la vita che gli rimaneva, ripetendo senza fine il cerchio dei suoi giorni. 
Quando, dopo i primi faticosi passi sulla sabbia fine, arrivava a lambire con i piedi nudi l’acqua del mare, se ne stava a lungo immobile, il viso rivolto verso il vento, dando l’impressione di aspettare qualcuno che potesse venire dalle lontananze del mare. Ovviamente non arrivava mai nessuno e allora chinava la testa verso il basso, i piedi raggrinziti che cominciavano ad affondare nella sabbia, e poi si girava verso destra per percorrere il consueto chilometro di spiaggia con il suo lento, metodico passo.
Arrivato nelle vicinanze del vecchio faro si fermava, sembrava alzare gli occhi verso la cima, come se si aspettasse che la luce d’un tratto si accendesse. Come ogni giorno, per tutti i giorni che erano passati e probabilmente per tutti quelli sarebbero venuti, il faro non si illuminava. Era stato abbandonato tanto tempo prima. In quel momento forse scuoteva leggermente la testa o, forse, erano quei tremori tipici della vecchiaia. Se ne stava lì per alcuni interminabili minuti, poi tornava indietro ripercorrendo lo stesso tragitto dell’andata.
Così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, la vita si era svolta allo stesso modo, con gli stessi gesti e movimenti. Tutto per lui si era fermato e procedeva sicuro come le lancette di un orologio infallibile. Fuori il mondo bruciava, incapace di limitarsi, preda a volte delle fiamme dolci del tempo lento o del freddo incendio del tempo che fugge, ma quell’isola di pace restava intatta e pura agli assalti della carne.
Ma niente è per sempre. Venne un giorno che il cerchio si ruppe. Fu un atto infinitesimo, un granello di sabbia che si spostò, una farfalla che sbatté le ali in un luogo sconosciuto. Fu l’ingenuità di un bambino.
Il caso volle che due percorsi si intersecassero, per cambiarsi l’un l’altro per sempre. 

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Published on June 03, 2016 06:03