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Quella che il De Profundis ci dà è una tragedia nel senso classico, scritta su se stesso dal protagonista: egli era stato grande tra i potenti, amato, ammirato e stimato, e per un difetto della personalità aveva portato sulla sua casa rovina e degradazione.
Si può leggerla ripetutamente ed ogni volta sentire come se non se ne sapesse l'esito; per la successione d'idee, di fatti banali e di misurata indignazione, resta imprevedibile, vale a dire drammaticamente e psicologicamente vera. Soltanto
La gioia dell'amore, come la gioia dell'intelletto, è di sentirsi vivo.
Soffrire è un solo lunghissimo momento. Perché io sono emerso, non dall'oscurità nella momentanea notorietà del delitto, ma da una specie d'eternità della fama a una specie d'eternità dell'infamia... E se la vita fosse, come certamente è, un problema per me, io non rappresento meno un problema per la vita.
Le sue idee, il suo grande ingegno, il suo spirito, il suo ruolo non sono stati in se stessi toccati dalle sue preferenze erotiche.
Cercar di giustificare un amore rappresentandolo sotto la nobile veste di un'amicizia intellettuale è malafede.
Wilde denuncia l'adorazione del dolore e la moralità del sacrificio, perché sa che spesso esse celano aggressività, condiscendenza e compiacenza, In breve Wilde prepara il terreno alla veduta moderna, troppo esclusivamente attribuita alla psicoanalisi, che la bontà non è una sostanza semplice: "Chiunque può simpatizzare con un amico per le sue sofferenze, ma ci vuole una natura molto nobile — ci vuole infatti la natura di un autentico Individualista — per simpatizzare con un amico per il suo successo,"
dell'arte: "Il vero critico è colui che porta entro di sé i sogni, le idee e i sentimenti di miriadi di generazioni e al quale nessuna forma di pensiero è estranea, nessun impulso emotivo oscuro" Tuttavia egli non è cosí scioccò da credere nella mente incondizionata: "Le acquisizioni ereditarie possono farci cambiare te nostre vedute sulla responsabilità morale, ma non possono che intensificare il nostro senso del valore della Critica."
"Chiunque può essere ragionevole, ma essere sani di mente è raro."
Non dubito che in questa lettera, nella quale dovrò scrivere della tua e della mia vita, del passato e del futuro, di cose dolci mutate in amarezza e di cose amare che possono venir mutate in gioia, vi sarà molto che ferirà nel vivo la tua vanità. In questo caso, leggi e rileggi questa lettera finché la tua vanità non sarà morta del tutto.
Se andrai a lamentarti da tua madre, come ti lamentasti con lei del disprezzo che manifestai nei tuoi riguardi nella mia lettera a Robbie, perché essa ti consoli, e lusingandoti ti restituisca la tua presunzione e il tuo amor proprio, allora sarai perduto, irrimediabilmente.
Se troverai per te una sola falsa giustificazione, presto ne troverai un centinaio, e resterai esattamente qual eri. Forse sostieni ancora, come dicesti nella tua risposta a Robbie, che io "ti attribuisco moventi indegni"'? Ah, tu non hai mai avuto moventi in tutta la tua vita. Hai avuto solo appetiti.
Ti eri lasciato da un pezzo alle spalle l'aurora dell'adolescenza con le sue tinte delicate, la sua luce pura e limpida, la sua gioia d'innocenza e di attesa. Con passo rapido, quasi di corsa, passasti dal Sentimentalismo al Realismo. Cominciasti ad essere attratto dal marciapiede e da chi lo popolava.
Il vero sciocco, colui che gli dèi deridono e distruggono, è quello che non conosce se stesso. Io lo fui per troppo tempo. Tu anche lo fosti per troppo tempo. Non esserlo piú. Non aver timore. Il vizio supremo è la superficialità. Tutto ciò che viene vissuto fino in fondo è giusto.
Comincerò col dirti che mi rimprovero profondamente. Seduto qui, in questa cella oscura, nei panni del carcerato, disonorato e rovinato, rimprovero me stesso. Nelle notti agitate e tormentate dall'angoscia, nei lunghi monotoni giorni del dolore, è me stesso che rimprovero. Mi rimprovero per aver permesso che la mia vita fosse interamente dominata da un'amicizia cosí poco intellettuale: un'amicizia il cui primo scopo non era la creazione e la contemplazione del bello. L'abisso tra di noi fu troppo vasto fin dagli inizi.
Non sto esprimendomi con frasi esagerate o retoriche, ma in termini di assoluta aderenza alla realtà, quando ti ricordo che per tutto il tempo in cui fummo insieme, non scrissi mai una sola riga. Tanto a Torquay come a Goring, a Londra come a Firenze, o in qualsiasi altro luogo, la mia vita, finché tu eri al mio fianco, era assolutamente sterile e improduttiva. E, salvo brevi pause, eri, mi duole dirlo, costantemente al mio fianco.
Tale fu, giorno per giorno, la mia vita in quei tre mesi; fatta eccezione per i quattro giorni che passasti all'estero; e allora, naturalmente, dovetti venire a Calais per riprenderti. Per uno della mia natura e del mio temperamento la situazione era insieme tragica e grottesca.
Se paragono la mia amicizia con te a quella con uomini ancor piú giovani, come John Gray e Pierre Louis, provo un senso di vergogna. La mia vita vera, piú eletta, era con loro: con gente simile a loro. Non voglio parlare, adesso, dei disastrosi risultati della mia amicizia per te. Sto semplicemente pensando alla tua qualità, fintanto che tale amicizia durò. Per me, fu intellettualmente degradante. Tu avevi in embrione i germi di un temperamento artistico. Ma t'incontrai non so se troppo presto o troppo tardi. Stavo bene quando eri via.
Finché tu restasti con me significasti la totale rovina della mia arte; e permettendoti di frapporti con tanta ostinazione fra l'Arte e me, mi vergogno e mi biasimo al massimo grado. Non eri in grado di sapere, non eri in grado di capire, non eri in grado di apprezzare. Io non avevo diritto di pretendere che tu lo fossi. I tuoi interessi non andavano piú in là dei tuoi umori o dei tuoi appetiti. I tuoi desideri erano solo per i divertimenti, per i piaceri comuni o meno comuni. Il tuo temperamento non esigeva di piú; o non credeva, al momento, di esigere di piú. Avrei dovuto vietarti la mia
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La conversazione si spostò su di te, è tua madre prese a parlarmi del tuo carattere. Mi disse dei tuoi due difetti principali: la vanità, e il tuo essere, secondo la sua espressione, "tutto sbagliato in fatto di denaro." Ricordo chiaramente d'aver riso. Non immaginavo lontanamente che il primo mi avrebbe condotto in carcere, il secondo alla bancarotta.
Nei propri rapporti con gli altri si deve cercare un qualche moyen de vivre. Nel tuo caso, bisognava rinunziare o a te, o a se stessi, non vi era altra alternativa.
sembravano dettagli troppo insignificanti per meritare un momento d'attenzione: per tutte queste ragioni, per semplici che possano sembrare, io rinunciai a me stesso in tutte le occasioni. La conseguenza logica fu che le tue pretese, i tuoi tentativi di sopravvento, le tue esigenze, si fecero sempre piú irragionevoli. Il motivo piú meschino, l'appetito piú basso, la passione piú volgare divennero la tua legge, che doveva sempre guidare la vita degli altri ed alla quale, se era il caso, la vita degli altri doveva essere sacrificata senza scrupolo. Poiché sapevi che facendo una scenata l'avresti
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Avevo commesso un madornale errore psicologico: avevo sempre creduto che cederti nelle piccole cose non avesse importanza, e che al momento opportuno sarei riuscito a far prevalere la mia forza di volontà grazie alla sua superiorità naturale. Non fu cosí. Quando giunse il momento, la forza di volontà mi mancò completamente. Nella vita non ci sono, in effetti, cose grandi o piccole. Tutte le cose hanno uno stesso valore e una stessa misura. La mia abitudine di cederti in tutto — dovuta soprattutto a indifferenza — era diventata poco a poco parte intrinseca della mia natura; senza che io me ne
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Ti avevo permesso di minare la mia forza di carattere, e il crearsi di un'abitudine fu per me sinonimo non solo d'Insuccesso, ma di Rovina. Tu fosti per me piú deleterio moralmente di quanto non lo eri stato artisticamente.
È chiaro che avrei dovuto liberarmi di te. Avrei dovuto scrollarti dalla mia vita come ci si scrolla di dosso qualcosa che ci ha punto.
Ma il mio errore non fu tanto di non averti lasciato, quanto di averti lasciato troppe volte. Per quanto mi è dato ricordare, troncai la mia amicizia con te regolarmente ogni tre mesi; e ogni volta
dicesti che non riconoscevi di avere verso di me "debiti intellettuali di alcun genere." Ricordo che quando lessi questa tua asserzione sentii come essa fosse l'unica cosa vera che mi avevi scritto nel corso di tutta la nostra amicizia. Era chiaro che una natura incolta avrebbe fatto molto meglio al caso tuo. Dico questo senza alcuna amarezza, ma solo in nome dell'amicizia. In fin dei conti, il legame di ogni rapporto, sia esso tra marito e moglie come tra amici, è sempre un legame di conversazione; e fra due persone di troppo vasta disparità culturale, la sola base possibile è al livello piú
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