Se questo è un uomo
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Started reading March 19, 2023
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Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sí o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza piú forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi ...more
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A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, piú o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo piú questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.
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ci discese nell’anima, nuovo per noi, il dolore antico del popolo che non ha terra, il dolore senza speranza dell’esodo ogni secolo rinnovato.
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L’alba ci colse come un tradimento; come se il nuovo sole si associasse agli uomini nella deliberazione di distruggerci.
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Il tempo di meditare, il tempo di stabilire erano conclusi, e ogni moto di ragione si sciolse nel tumulto senza vincoli, su cui, dolorosi come colpi di spada, emergevano in un lampo, cosí vicini ancora nel tempo e nello spazio, i ricordi buoni delle nostre case.
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Tutti scoprono, piú o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito.
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Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell’altro, incertezza del domani. Vi si oppone la sicurezza della morte, che impone un limite a ogni gioia, ma anche a ogni dolore. Vi si oppongono le inevitabili cure materiali, che, come inquinano ogni felicità duratura, cosí distolgono assiduamente la nostra attenzione dalla sventura che ci sovrasta, e ne rendono frammentaria, e perciò sostenibile, la consapevolezza.
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Sono stati proprio i disagi, le percosse, il freddo, la sete, che ci hanno tenuti a galla sul vuoto di una disperazione senza fondo, durante il viaggio e dopo. Non già la volontà di vivere, né una cosciente rassegnazione: ché pochi sono gli uomini cap...
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Soffrivamo per la sete e il freddo: a tutte le fermate chiedevamo acqua a gran voce, o almeno un pugno di neve, ma raramente fummo uditi;
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barbarici latrati dei tedeschi quando comandano, che sembrano dar vento a una rabbia vecchia di secoli.
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Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottí, puramente e semplicemente. Oggi però sappiamo che in quella scelta rapida e sommaria, di ognuno di noi era stato giudicato se potesse o no lavorare utilmente per il Reich; sappiamo che nei campi rispettivamente di Buna-Monowitz e Birkenau, non entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e ventinove donne, e che di tutti gli altri, in numero di piú di cinquecento, non uno era vivo due giorni piú tardi.