In piazza, subito. Per le donne
Esattamente un anno e mezzo fa, quando la questione della condizione femminile italiana saltò simbolicamente in prima pagina con l'intervista a veronica Lario, scrissi una email alle mie amiche. Un indirizzario composito, suppergiù come composite sono le donne. Ero stufa di vedere donne sullo schermo televisivo che non corrispondevano alla realtà quotidiana, diffusa. Donne e ragazze trattate come fenomeni da baraccone, usate, abusate.
Un anno e mezzo è passato. E' nata Filomena, La Rete delle Donne, concentrata su un obiettivo difficile: la ricostruzione di una cultura femminile in Italia, a iniziare dal suo vocabolario. Sono nate, nello stesso tempo, moltissime realtà di associazioni di donne, con un obiettivo simile e soprattutto con la stessa urgenza. Di riguadagnare una dignità perduta: non solo per i comportamenti del premier, ma nel mondo del lavoro, nell'immaginario, nelle relazioni sociali e politiche.
Che sia ora di dire basta, è pleonastico, dopo l'ennesima riprova che in Italia nulla è cambiato. Anzi. Al contrario, sembra che il fondo di questo schifo non si riesca a raggiungere. Eppure, mi sembra che la reazione – vista da un'italiana all'estero quale io sono – sia terribilmente blanda, rispetto all'affronto che continua a essere fatto alle donne.
Questo schifo ci ha costretto nell'ombra, come se ci dovessimo vergonare.
Rispetto e dignità sembrano parole che si fa fatica a usare, nel vocabolario di questi giorni. Desueti? Non credo. Credo, invece, che sia ora di dire veramente basta a questo schifo. E che in piazza, questa volta, debbano andare le donne. Le più vituperate, dimenticate, offese dal presidente del consiglio dei ministri, dalle istituzioni, dal vocabolario corrente.
In piazza subito.
E se si fa, prendo l'aereo e torno


