C'est la vie.

Quando la corrente se ne andò, lasciandoli intrappolati in ascensore, Marika trasalì.
«Oh no, ancora!», protestò spaurita.
La luce d'emergenza era un gigantesco occhio viola incastonato nel nero.
Un fascio paonazzo. Un livido freddo.
Poi, la donna stirò le labbra. Gli angoli della bocca si piegarono in sorriso appena accennato, timido.
La tempesta, frattanto, bussava assillante alle Porte della Terra.
E scrosciava, battente. Bufera, uragano. Un violentissimo frastuono.
E il vecchio palazzo di borgata tremava.
«Preparati al peggio», masticò Marika con un filo di voce.
E lui, lui con quella sua mascella quadrata da Superman, le mostrò di rimando la dentatura splendente: «Claustrofobia? Non preoccuparti piccola, ci sono io.»
E in un'esplosione di muscoli, gonfiò il petto.
Un tuonò siglò l'attimo. E l'aria divenne improvvisamente densa.
«No, ciccio, no», replicò Marika, sottile, «meteorismo. E quella porta non si aprirà prima di tre ore.»

Vera Q.
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Published on March 17, 2015 15:54
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