Derek Raymond redux
Dalla newsletter della casa editrice, ho appreso che Meridiano Zero aggiungerà presto al suo ricco e prestigioso catalogo anche l'autobiografia di Derek Raymond. Bisogna attendere fino a gennaio, ma nel frattempo i libri della Factory offriranno un validissimo modo per impiegare il tempo. Aprile è il più crudele dei mesi e Come vivono i morti (quest'ultimo recensito dal compagno Fazarov su Thriller Magazine) stanno già esercitando il loro giusto influsso sulle pagine del romanzo in stesura (a proposito, approfitto di questo dispaccio per comunicarvi che ho da poco superato la boa di metà percorso).
C'è una tale concentrazione di spunti e un tale mestiere, nei suoi romanzi, che sarebbe davvero un peccato mortale non attingerne a piene mani, per apprenderne la tecnica e poi esercitarla e continuare a esercitarla ancora. D'altro canto, Derek Raymond (1931-1994) era uno scrittore che si era scelto il nome d'arte mettendo insieme i nomi dei suoi migliori amici - Derek e Raymond, appunto, entrambi morti, mentre per l'anagrafe di Sua Maestà restava Robin William Arthur Cook - e che, tra i tanti meriti, vantava anche quello di aver fissato la matrice della letteratura nera. "Senza le notti in bianco, non ci sarebbero i romanzi noir" dichiarò in un'intervista. Due dati significativi per inquadrare il personaggio e la sua poetica.