Una forza tranquilla

20130415-123807.jpg


Cinquecento alle 12. Seicento alle 14. Milletrecento alle sei del pomeriggio, prima della messa vespertina. Duemila a sera. Fino al numero – sorprendente – di 2290 votanti alle primarie per eleggere il candidato del centrosinistra che correrà alle prossime comunali di giugno. 2290 votanti su una popolazione elettorale di 4mila aventi diritto al voto. Oltre il 50% degli elettori. A Sambuca di Sicilia, paese di poche migliaia di anime tra la campagna e il mare aperto a occidente, è andata in onda – ieri – una incredibile, memorabile, sorprendente domenica elettorale.

Eppure, Sambuca-Zabut è uno di quei paesi di lunga tradizione democratica. Uno di quelli in cui l’esercizio di voto è un diritto-dovere acquisito e curato. Uno di quei paesi – pochi in Sicilia – dove la partecipazione al voto (nazionale, referendario, regionale, comunale) è comunque altissima. Compresa quella femminile. Perché sorprendersi, dunque, se oltre duemila persone riempiono la piazza antistante la chiesa del Carmine, si mettono in fila, aspettano il proprio turno per oltre mezz’ora, i più anziani seduti sulle sedie di plastica?

Perché nessuno se lo sarebbe aspettato, neanche i più vecchi militanti dell’allora PCI, coloro che rappresentano la memoria storica-politica del paese. Nessuno se lo sarebbe aspettato, di vedere oltre duemila persone, certo anche della destra, che ha guidato Sambuca negli ultimi dieci anni e nelle ultime due amministrazioni. Nessuno se lo sarebbe aspettato, in questi tempi di crisi e disincanto, di problemi economici serissimi e prepotenti, di delusione della politica.

Quando i numeri crescevano in misura esponenziale, e al seggio si cominciava a pensare a fare le fotocopie delle schede per le primarie, i vecchi militanti – vero termometro – hanno cominciato a dire. “No, non capisco più. Non saprei fare una previsione. Non so più qual è il polso della piazza…”. Chi, insomma, era avanti, tra Leo Ciaccio, il candidato del circolo locale del PD, quarantenne, precario, una vera e propria forza tranquilla, e Sario Arbisi, 23 anni,  con una lunga esperienza di consigliere comunale del PD, espresso dal circolo giovanile Felicia Bartolotta Impastato. Chi, tra i due? Chi stava votando per chi? Chi stava spostando l’asse della bilancia?

Non si è saputo sino alle tre di notte, in una notte fresca, serena quanto era stata assolata e calda e impagabile la giornata. Lo si è saputo dopo la chiusura delle urne, alle 11 di sera, un’ora dopo il termine programmato (dalle 8 di mattina alle 22). Dopo uno spoglio cominciato poco prima della mezzanotte, proseguito per tre ore, pubblico, davanti a oltre duecento persone di tutte le età. Bambini compresi, attaccati alle inferriate delle finestre che davano sull’ampio locale dell’ex Camera del Lavoro. Pubblico in piedi, attento, silenzioso, composto, generazioni una accanto all’altra, famiglie che si sono spaccate sul voto, o che al contrario hanno votato compatte secondo la logica clanica, anziani militanti forti come leoni, ragazzi che hanno sperato sino alla fine di farcela. Donne, molte donne, molte determinanti. Tutti silenziosi e composti, mentre i rappresentanti del seggio si passavano le schede con esperienza, controllati da tutti come si fa in democrazia. I mucchi ordinati di schede che salivano, sino a formare la cosiddetta mazzetta da cinquanta. E le previsioni. “Sì, Leo è in testa perché le prime schede sono quelle del pomeriggio-sera, quando il suo elettorato è arrivato, più compatto”. “Ora è risalito Sario, perché siamo al fondo della prima delle due urne, e alla mattina erano stati i ragazzi a votare in massa”. “Ecco, Leo è risalito. Sono i voti della sera, prima della chiusura del seggio”.

Ha vinto Leo Ciaccio, con 1165 voti. Ha staccato di 66 voti Sario Arbisi. In un testa a testa inatteso, al fulmicotone.

Persino l’applauso finale è stato liberatorio ma contenuto. Un po’ di spumante, bicchierini di plastica, lacrime belle, e poi di corsa a rimettere a posto sedie e tavolini, per lasciare tutto in ordine.

Una giornata particolare. Domenica, come anche nel capolavoro di Ettore Scola. Incredibile, confortante, unica. Iniziata presto. Finita alle tre di notte, in una primavera finalmente calda e senza pioggia. È la conferma che questa Italia può rinascere dai paesi, mentre a Roma si continua a essere autoreferenziali e a non guardare a quello che si muove, alla periferia.

Ben trovata, democrazia. Mi mancavi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 15, 2013 03:34
No comments have been added yet.