Ferragosto sempre più profano. C’è anche l’Assunzione di Maria in cielo

Ferragosto sempre più profano che sacro. Questa considerazione tocca una trasformazione culturale profonda che caratterizza molte delle nostre festività tradizionali.
Il Ferragosto rappresenta infatti un caso emblematico di come le celebrazioni abbiano subìto un processo di secolarizzazione, mantenendo la forma sociale ma perdendo progressivamente il contenuto religioso originario.
L’Assunzione di Maria, celebrata il 15 agosto, costituisce uno dei dogmi centrali della mariologia cattolica, proclamato da Pio XII nel 1950 con la costituzione apostolica “Munificentissimus Deus”.
Tuttavia, la festa affonda le sue radici in tradizioni ancora più antiche: già l’imperatore Augusto aveva istituito le “Feriae Augusti” per celebrare la fine dei lavori agricoli, creando una stratificazione semantica che perdura nei secoli.
La dimensione profana odierna del Ferragosto, con il suo carico di ritualità consumistiche, esodi di massa e celebrazioni puramente mondane, sembra aver completamente oscurato il significato teologico dell’evento.
La “dormitio Virginis” e la sua elevazione corporea al cielo, concetti che richiedevano una meditazione sulla trascendenza e sul mistero dell’incarnazione, sono stati sostituiti da una festa della corporeità terrena, del tempo libero, del divertimento.
Questo fenomeno riflette una più ampia crisi della memoria liturgica nella società contemporanea, dove il calendario ecclesiastico sopravvive come struttura temporale svuotata del suo contenuto spirituale.
Come linguista, mi sento di dire che persino il lessico si è trasformato: si parla di “ponte di Ferragosto”, non di “solennità dell’Assunta”. Questa perdita di consapevolezza del sostrato religioso impoverisce il significato antropologico stesso della festa?
Riflettendo sulla domanda, credo che l’impoverimento antropologico sia innegabile, ma assume caratteri complessi che meritano un’analisi articolata.
La perdita del sostrato religioso non elimina soltanto una dimensione devozionale, ma cancella un intero orizzonte di senso che strutturava l’esperienza umana del tempo e della comunità.
La festa religiosa tradizionale operava su più livelli simultanei: quello cosmico (il rapporto con l’assoluto), quello comunitario (la condivisione di valori trascendenti) e quello personale (la pausa riflessiva, l’interruzione del quotidiano per il sacro).
Il Ferragosto profano conserva solo la dimensione della pausa, il “feriae”, ma la svuota di ogni tensione verticale. Diventa tempo vuoto da riempire anziché tempo pieno di significato da contemplare.
La festa si trasforma da “otium” contemplativo a “negotium” del divertimento, paradossalmente ricreando quella stessa frenesia produttiva da cui dovrebbe liberare. Si osserva anche una resistenza antropologica profonda.
Nella sua forma secolarizzata, il Ferragosto mantiene alcuni tratti archetipi: il bisogno di interruzione ciclica, il desiderio di comunità (seppur nelle forme degradate del turismo di massa), una certa nostalgia dell’armonia con i ritmi naturali.
È come se la struttura profonda della festa religiosa continuasse a operare sotterraneamente, anche quando la superficie culturale la nega.
Forse il vero impoverimento non sta tanto nella perdita del contenuto religioso specifico, quanto nell’incapacità di elaborare nuove forme di sacralità che possano nutrire questi bisogni antropologici permanenti. La modernità ha demolito senza ricostruire.
Massimo Gandolfini, ha scritto sul quotidiano “La Verità” un articolo su una notizia nella quale si dice che è ora di abbandonare la sepoltura e di trasformare i cadaveri in compost.
Secondo l’articolo, rilanciato anche dalla BBC , si propone di abbandonare le tradizionali pratiche di sepoltura dei defunti, per adottare il compostaggio dei corpi umani come alternativa più sostenibile.
La proposta afferma che metodi come l’imbalsamazione, la cremazione e la produzione di bare non siano eco-compatibili.
L’idea sarebbe quella di “restituire i corpi umani alla terra in modo naturale”, attraverso il compostaggio, un processo che trasformerebbe i resti umani in materiale organico utilizzabile, per esempio, in agricoltura o giardinaggio.
Secondo il giornale e l’autore dell’articolo, questa proposta segnerebbe un passaggio verso il nichilismo, allontanandosi dalla visione tradizionale della sacralità della vita e delle pratiche funerarie legate alle necropoli.
La notizia solleva una serie di questioni etiche, culturali e religiose, specialmente nel contesto in cui Massimo Gandolfini , neurochirurgo, psichiatra e noto difensore dei valori tradizionali cattolici, la commenta.
Gandolfini, figura di spicco nel movimento pro-vita italiano e organizzatore del Family Day, critica fortemente questa proposta, vedendola come un attacco ai principi della dignità umana e della sacralità del corpo, anche dopo la morte.
Nel suo intervento su La Verità , si sottolinea che il compostaggio umano venga interpretato come un passo verso una visione utilitaristica e materialistica, che riduce il corpo umano a mera “materia prima” da riciclare, anziché rispettarne il valore intrinseco.
Dal punto di vista scientifico e ambientale, il compostaggio umano (noto anche come “ricomposizione naturale” o “human composting”) è una pratica già in uso in alcuni Paesi, come negli Stati Uniti (ad esempio, nello Stato di Washington), dove viene promossa come alternativa sostenibile alla cremazione o alla sepoltura tradizionale.
Il processo prevede la decomposizione del corpo in un ambiente controllato, con l’aggiunta di materiali organici come paglia o trucioli di legno, per produrre compost in poche settimane.
I sostenitori evidenziano i benefici ambientali: riduzione delle emissioni di CO2 rispetto alla cremazione e minore impiego di suolo rispetto alle sepolture tradizionali.
Tuttavia, la proposta solleva dibattiti complessi. Prospettiva etica e religiosa. Per molte tradizioni religiose, in particolare il cristianesimo, il corpo umano ha un valore sacro, anche dopo la morte, poiché considerato tempio dello spirito.
Gandolfini, come consultore della “Congregazione Vaticana delle cause dei santi”, rappresenta una visione che rifiuta l’idea di trattare il corpo come un semplice rifiuto organico.
La sua critica si inserisce in una più ampia opposizione a tendenze che percepisce come nichiliste o riduzioniste, come già espresso in altri suoi articoli su temi come l’eutanasia. Le pratiche funerarie sono profondamente radicate nelle culture e nelle tradizioni.
In Italia, dove la sepoltura e la cremazione sono le opzioni più comuni, il compostaggio umano potrebbe incontrare resistenze culturali significative, poiché percepito come una rottura con riti consolidati che onorano il defunto.
Anche se il compostaggio umano sarebbe tecnicamente fattibile, la sua implementazione richiederebbe un cambiamento legislativo in molti Paesi, oltre a una campagna di sensibilizzazione per superare le resistenze culturali. Inoltre, ci sono interrogativi su come garantire che il processo rispetti la volontà del defunto e dei familiari.
La proposta come riportata da La Verità e commentata da Gandolfini, rappresenta un tentativo di affrontare le sfide ambientali legate alle pratiche funerarie, ma si scontra con visioni etiche e religiose che vedono nel corpo umano un valore non riducibile a materia organica.
Gandolfini, coerentemente con il suo impegno per la difesa della vita e della dignità umana, interpreta questa idea come un ulteriore passo verso l’erosione dei valori tradizionali.
Tuttavia, il dibattito sul compostaggio umano evidenzia una tensione più ampia tra sostenibilità ambientale e rispetto per le tradizioni culturali e religiose, un tema che continuerà a generare discussioni in un mondo sempre più attento alle questioni ecologiche ma legato a visioni antropologiche radicate.
Siamo nel cuore dell’estate, alla vigilia della festa dell’Assunzione di Maria in cielo, con il corpo. Il nostro corpo ha una dignità che ci trascende e attende la sua piena realizzazione in cielo. Con il corpo. Domanda: anche dopo la cremazione?
La questione della dignità del corpo umano in relazione alla cremazione, specialmente nel contesto della solennità dell’Assunzione di Maria (15 agosto), è profondamente teologica e tocca aspetti fondamentali della dottrina cattolica.
Considerando il significato della festa e la prospettiva della Chiesa, la solennità dell’Assunzione celebra la credenza cattolica che Maria, madre di Gesù, sia stata assunta in cielo con corpo e anima al termine della sua vita terrena, come segno della sua piena partecipazione alla gloria di Dio.
Questo dogma, definito da papa Pio XII nel 1950 (Munificentissimus Deus), sottolinea la dignità del corpo umano, destinato alla resurrezione, poiché creato a immagine di Dio e redento da Cristo.
Il corpo, secondo la fede cattolica, non è un semplice involucro, ma parte integrante della persona, chiamata a condividere la vita eterna. Fino a tempi relativamente recenti, la Chiesa cattolica preferiva la sepoltura, vista come un segno di rispetto per il corpo in attesa della resurrezione, in analogia con la sepoltura di Cristo.
Tuttavia, dal 1963, la cremazione è stata ammessa, a patto che non sia scelta per motivi contrari alla fede cristiana (es. negazione della resurrezione).
L’istruzione Ad resurgendum cum Christo (2016) della Congregazione per la Dottrina della Fede precisa che la cremazione è consentita, ma la sepoltura rimane la forma preferita per il suo legame simbolico con la resurrezione.
Le ceneri devono essere conservate in un luogo sacro (es. cimitero o colombario) e non disperse, conservate in casa o utilizzate per scopi non consoni (es. trasformate in gioielli).
La Chiesa non considera la cremazione un ostacolo alla resurrezione, poiché Dio, nella sua onnipotenza, può ricostituire il corpo glorioso indipendentemente dalla condizione dei resti mortali.
Anche dopo la cremazione, la dignità del corpo umano permane, poiché essa non deriva dalla sua integrità fisica, ma dalla sua appartenenza alla persona creata a immagine di Dio.
La fede cattolica afferma che Dio risusciterà i corpi gloriosi alla fine dei tempi, indipendentemente dal loro stato (sepolti, cremati o disintegrati). La cremazione, se scelta con rispetto e in conformità con la fede, non compromette la destinazione ultima del corpo alla resurrezione.
La Chiesa invita a trattare le ceneri con lo stesso rispetto dovuto al corpo, evitando pratiche che neghino il valore escatologico della persona. Una riflessione nel contesto dell’Assunzione è lecito farla.
La festa dell’Assunzione esalta la glorificazione del corpo di Maria, che anticipa il destino di tutti i redenti. Anche se un corpo è stato cremato, la promessa della resurrezione rimane intatta, poiché la “piena realizzazione in cielo” non dipende dalla materia fisica, ma dalla volontà divina.
Tuttavia, la preferenza per la sepoltura e il trattamento dignitoso delle ceneri riflettono il desiderio della Chiesa di onorare il corpo come segno della speranza nella vita eterna. Anche dopo la cremazione, il corpo conserva la sua dignità trascendente, poiché è destinato alla resurrezione.
La Chiesa invita però a vivere questa scelta con consapevolezza, rispettando le norme che sottolineano il valore sacro dei resti umani, in armonia con il mistero celebrato nell’Assunzione di Maria.
Mi sorge a questo punto naturale e spontaneo, ma non a caso, un ricordo letterario, dopo tuttto quanto ho scritto su questo argomento. Ricordate Amleto nel famoso monologo quando parla del suo “mortal coil”?
Nel celebre monologo Amleto, tratto dal dramma di William Shakespeare (Atto III, Scena I), il protagonista riflette sull’esistenza, la morte e il senso della vita. La situazione completa è questa:
“To be, or not to be, that is the question: / Whether ’tis nobler in the mind to suffer / The slings and arrows of outrageous fortune, / Or to take arms against a sea of troubles / And by opposing end them. To die — to sleep, / No more; and by a sleep to say we end / The heart-ache and the thousand natural shocks / That flesh is heir to: ’tis a consummation / Devoutly to be wish’d. To die, to sleep; / To sleep, perchance to dream — ay, there’s the rub: / For in that sleep of death what dreams may come, / When we have shuffled off this mortal coil, / Must give us pause.”
Contesto e significato di “mortal coil”. L’espressione, in italiano spesso tradotta come “spoglie mortali” o “involucro mortale”, si riferisce al corpo umano, visto come un involucro temporaneo e fragile che racchiude l’anima durante la vita terrena.
La parola “coil” in questo contesto può essere interpretata come qualcosa che avvolge o imprigiona, suggerendo l’idea del corpo come un fardello o una limitazione che l’anima abbandona con la morte.
Amleto, nel suo monologo, medita sulla morte come un possibile “sonno” che mette fine alle sofferenze della vita, ma si interroga su cosa accada dopo, quando l’anima si libera da questo “mortal coil”.
La sua riflessione tocca il timore dell’ignoto (“what dreams may come”), che rende la morte un mistero inquietante. Il richiamo al “mortal coil” si collega in modo suggestivo alla riflessione di Massimo Gandolfini sulla dignità del corpo nel contesto dell’Assunzione di Maria e della cremazione.
Nella visione di Amleto, il corpo è un’entità transitoria, un peso che l’anima porta nella vita terrena, e la morte è il momento in cui ci si libera da esso.
Questa prospettiva esistenziale e quasi nichilistica contrasta con la visione cattolica espressa in precedenza, che attribuisce al corpo una dignità intrinseca, anche dopo la morte, poiché destinato alla resurrezione.
Tuttavia, entrambi i punti di vista riconoscono la transitorietà del corpo fisico: per Amleto, è un “coil” da abbandonare; per la fede cristiana, è un tempio che, pur mortale, partecipa al destino eterno della persona.
L’espressione “mortal coil” di Amleto invita a riflettere sulla condizione umana e sulla tensione tra materialità e trascendenza. Nel contesto della festa dell’Assunzione, che celebra l’elevazione di Maria in corpo e anima, si potrebbe vedere un contrasto tra la visione scettica di Amleto e la speranza cristiana.
Mentre Amleto si interroga sul valore di continuare a vivere in un corpo soggetto a sofferenze, la dottrina cattolica afferma che il corpo, pur mortale, ha un valore eterno perché parte della persona redenta da Cristo.
Anche nella cremazione, come discusso, questo valore permane, poiché la resurrezione non dipende dall’integrità fisica del “mortal coil”, ma dalla potenza divina.
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