“Sapere o non sapere. Le verità scomode su noi stessi sono le più difficili da accettare”

“Ignoranza e beatitudine. Sul non voler sapere”. Il titolo del libro.
“Ignoranza e Beatitudine: Un’analisi acuta del desiderio di non sapere”. Accattivante il titolo di questo libro, specialmente per un bibliomane, grafomane figlio di tipografi come me. In “Ignorance and Bliss: On wanting not to know”, Mark Lilla ci conduce in un’esplorazione stimolante e a tratti inquietante del fenomeno, sorprendentemente diffuso, del desiderio di ignoranza.
Un desiderio sempre forte ed anche in crescita in questa età della moderna rivoluzione nella comunicazione. Una marea che diventa sempre più incontrollabile. Spinge tanti a non leggere e a non sapere perché non si riesce più a capire.

L’autore di questo libro, un autorevole storico americano, con una prosa elegante e un acume intellettuale raffinato, analizza le diverse forme in cui questa “volontà di non sapere” si manifesta nelle nostre vite personali e nella sfera pubblica, dalle dinamiche di coppia alle narrazioni politiche.
Attraverso una serie di saggi, l’autore smonta le complesse motivazioni che ci spingono a erigere barriere contro la conoscenza. Che si tratti di autoinganno per preservare una fragile felicità, di rifiuto di affrontare verità scomode o di una deliberata cecità ideologica, Mark Lilla fa luce sulle insidiose conseguenze di questa scelta.
Non si tratta semplicemente di non volere informazione, ma di un vero e proprio desiderio attivo di rimanere all’ “oscuro”, perché al “buio” si sta meglio. Un paradosso, ma è proprio così. C’è troppa luce, siamo abbagliati, drogati e allucinati da troppa informazione che deforma, ci condiziona, ci tradisce e ci inganna.
Siamo solo dei “prodotti” in un mercato senza confini sia fisici che mentali. L’analisi dello studioso Lilla spazia dalla psicologia individuale alla cultura di massa, toccando temi come la genitorialità, la politica identitaria e il ruolo dei media.
Lilla non offre facili risposte, ma solleva interrogativi cruciali sul prezzo di questa beatitudine autoimposta e sul suo impatto sulla nostra capacità di affrontare le sfide del mondo contemporaneo. Seppur a tratti pessimista, “Ignorance and Bliss” non è comunque un libro nichilista.
Al contrario, la lucidità con cui Lilla smaschera le nostre tendenze all’ignoranza può paradossalmente rappresentare un primo passo verso una maggiore consapevolezza.
Una lettura provocatoria e necessaria per chiunque interessato a comprendere le dinamiche profonde che plasmano le nostre percezioni e le nostre decisioni, individuali e collettive.
Ho letto “Ignorance and Bliss” in formato Kindle in lingua inglese. Si presenta come un saggio denso di spunti di riflessione, capace di stimolare un dibattito interiore duraturo.
Un libro che invita a guardare con occhi più critici non solo ciò che sappiamo, ma anche ciò che scegliamo di non sapere. Mi ha molto colpito la recensione apparsa sul TLS, per questa ragione la riproduco qui di seguito tradotta da AI.
Secondo un’antica leggenda, Re Mida andò a caccia nella foresta in cerca del saggio Sileno, compagno di Dioniso. Il re impiegò un po’ di tempo per catturare il dio della foresta, ma alla fine ci riuscì. Ardeva dalla voglia di sapere cosa fosse “la cosa migliore e più desiderabile di tutte per l’uomo”, e insistette affinché Sileno gli rispondesse. Il dio inizialmente esitò, ma dopo qualche pressione reale parlò. La risposta, tuttavia, potrebbe aver fatto pentire Mida della domanda: “Oh, misera, effimera razza, figlia del caso e della miseria”, esordì Sileno, “perché mi costringi a dirti ciò che sarebbe più opportuno per te non sentire? Ciò che è meglio di tutto è completamente al di fuori della tua portata: non nascere, non essere, non essere nulla. Ma la seconda cosa migliore per te è morire presto”. Vivi con questa consapevolezza, ora, se puoi.
In altre parti del mondo antico, era scritto in una sacra scrittura che “il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo coltivasse e lo custodisse. E il Signore Dio comandò all’uomo: ‘Mangia pure liberamente di tutti gli alberi del giardino; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai’”. Ma, naturalmente, Adamo fece proprio questo: mangiò dall’albero. Così facendo, egli — come Re Mida — dimostrò di essere troppo curioso per il suo bene. Dimostrò anche quell’aspetto distintivo della natura umana: troppo spesso, un divieto è un invito alla trasgressione mascherato. Gran parte della storia che seguì la vicenda di Adamo con la mela sarebbe incomprensibile senza questa particolare interpretazione del divieto.
Ognuna di queste storie indica, a modo suo, un’intima e misteriosa connessione, nella mentalità occidentale, tra conoscenza e morte. Sapere o non sapere, ricercare la conoscenza o astenersi da essa, comprensione (di sé, degli altri, del mondo circostante) o mancanza di essa: non sono inezie, ma questioni di vita o di morte. Si può perdere l’anima o salvarla, a seconda del rapporto che si ha con la conoscenza. La tragedia di Edipo racchiude, come poche altre opere della letteratura occidentale, la tragedia dell’Occidente stesso.
Questa è, a grandi linee, la nicchia tematica in cui potrebbe collocarsi l’ultimo libro di Mark Lilla. “Com’è possibile che siamo creature che vogliono sapere e non sapere?”, si chiede. Ignorance and Bliss non è affatto un’opera accademica, né un trattato sistemico né un saggio convenzionale. Alla ricerca di una risposta alla domanda centrale del libro, l’autore ci accompagna in un viaggio. Il suo progetto, scrive, “può forse essere descritto al meglio come un diario di viaggio intellettuale che ripercorre le mie escursioni tortuose e in qualche modo episodiche nella lettura e nella riflessione sulla volontà di non sapere”. Promette ai suoi lettori di essere “invitati a una passeggiata, non a un viaggio verso una destinazione prefissata”, e lo fa più che bene. Il suo testo è idiosincraticamente personale, spesso estroso e spensierato, ma tutt’altro che noioso.
Il metodo “vagante” implica anche che Lilla adotti un approccio obliquo al suo argomento. Invece di cercare la “volontà di ignoranza” nelle monografie di studiosi o teorici specializzati, la cerca nelle opere di fondatori religiosi, creatori di miti, drammaturghi, romanzieri e poeti. Perché le “trattazioni più profonde della volontà di ignoranza”, si rende conto, “si trovano nelle opere dell’immaginazione: miti antichi, scritture religiose, poesia epica, opere teatrali e romanzi moderni”. Questo non dovrebbe sorprenderci, aggiunge Lilla, perché senza “la capacità di resistere alla vista di ciò che è davanti ai nostri occhi, non ci sarebbe dramma nella vita umana, nessun movimento”. Chi nasconde un segreto agli altri è banale. Qualcuno che nasconde un segreto a se stesso: è proprio questo che ci affascina e stimola la mente creativa.
Lilla prende in prestito la sua nozione di “volontà di ignoranza” da Friedrich Nietzsche, che la descrive — con stile inimitabile — come una “decisione improvvisa e irruenta a favore dell’Ignoranza, di deliberata esclusione, una chiusura delle finestre, un No interiore a questo o quello, un rifiuto di lasciare che le cose si avvicinino, una sorta di stato di difesa contro molto di conoscibile, una soddisfazione per l’oscurità, per l’orizzonte limitante, un Sì e Amen all’ignoranza”. Poiché Nietzsche è spesso contagioso, la sua influenza è percepibile in tutto il libro di Lilla, con la sua enfasi sul pensiero genealogico, l’analisi psicologica alimentata dal sospetto, lo smascheramento metodico e il disincanto. Come Nietzsche, Lilla non si lascia convincere dalle pie menzogne ​​di cui tendiamo a circondarci, e spesso cerca le motivazioni più profonde e oscure dietro gran parte di ciò che pensiamo, diciamo o facciamo. Ci inganniamo continuamente, più spesso e con più energia di quanto inganniamo gli altri. E abbiamo buone ragioni per farlo.
“Il mondo è un posto recalcitrante”, scrive Lilla, e “ci sono cose che preferiremmo non dover riconoscere”. Alcune di queste sono “verità scomode su noi stessi; quelle sono le più difficili da accettare”. Altre sono “verità sulla realtà esterna che, una volta rivelate, ci rubano convinzioni e sentimenti che in qualche modo hanno reso le nostre vite migliori, più facili da vivere — o almeno così crediamo”. Queste convinzioni e sentimenti fanno parte di una più ampia rete di autoinganni che tessiamo costantemente e attraverso la quale preferiamo intravedere il mondo, piuttosto che affrontarlo in tutta la sua immediatezza. Invecchiando, diventiamo sempre più dipendenti, se non assuefatti, all’uso di questo dispositivo ottico. Se qualcuno ce lo portasse via all’improvviso, costringendoci così a vedere tutto — il mondo e noi stessi in esso — per come è realmente, ci considereremmo i più sfortunati tra i mortali. Eppure questa sarebbe la nostra più grande occasione: la verità ci renderebbe non solo liberi, ma pienamente umani.
L’acutezza delle analisi di Lilla in questo libro, la varietà degli argomenti trattati e l’ampiezza della sua conoscenza storica sono abbaglianti. La sua è una mente che rifiuta la specializzazione, e questo è uno degli aspetti più stimolanti della sua opera. Si sente a casa in Sant’Agostino e in Freud, così come in Sofocle, Cervantes, Dickens e Ibsen. Scrive con la stessa disinvoltura della teologia di San Paolo, del Mein Kampf di Hitler, della demonologia contemporanea e di Billy Budd, Sailor.
“Ignorance and Bliss” è notevole non solo per ciò che l’autore tratta, ma anche per ciò che non tratta: per ciò che sceglie di ignorare. Come epigrafe, l’autore usa una citazione da Daniel Deronda di George Eliot: “È un detto comune che la conoscenza è potere; ma chi ha debitamente considerato o esposto il potere dell’ignoranza?” La citazione inquietante riaffiora poi nel corpo del testo, con l’ulteriore enfasi sul fatto che è proprio “il potere dell’ignoranza” che l’autore “si propone di esaminare qui”. Cosa che Lilla fa in modo affascinante e persuasivo; eppure, stranamente, sceglie di ignorare uno dei significati più brutalmente ovvi della parola “potere”: il potere politico.
L’attuale crisi della democrazia ha molto a che fare con la conoscenza e soprattutto con l’ignoranza: il crescente problema dell’alfabetizzazione civica nelle nostre società; il crescente utilizzo di piattaforme basate sull’intelligenza artificiale per plasmare l’opinione pubblica e condizionare il comportamento politico; la manipolazione delle scelte degli elettori attraverso l’uso occulto dei loro dati; il crescente ricorso a teorie del complotto per sfruttare e controllare l’ignoranza collettiva; la fatale collusione del populismo con i grandi capitali e la grande tecnologia. Deve essere una sorta di documento: mai prima d’ora così tanta conoscenza specialistica è stata impiegata per produrre un’ignoranza su così vasta scala. Eppure tutto questo è in gran parte assente in “Ignorance and Bliss”. Da un autore con un vivo interesse per la politica come Mark Lilla, l’omissione è difficile da comprendere. D’altro canto, non posso fare a meno di pensare che un libro sui benefici dell’ignoranza potrebbe trarre vantaggio da una o due lacune a sua volta.

T.L.S. Times Literary Supplement — Costica Bradatan is a professor and author
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Published on April 30, 2025 00:01
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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