La vita e (è) il mezzo e il messaggio. Dialogando con AI

Credit: Esosfera
Se è vero quello che scrisse Marshall McLuhan che il mezzo è il messaggio, solo gli esseri umani sono in grado di creare e scegliere il mezzo con il quale comunicare, ma anche decidere il messaggio da comunicare.
Quando imparai a pensare, a leggere e a scrivere, mettendo insieme le lettere mobili nella tipografia paterna, quello fu il mio primo mezzo e il primo messaggio. Nel corso del tempo, innumerevoli sono stati sia i mezzi che i messaggi che ho usato.
Verbali o scritti, sonori o muti, visivi o invisibili, scritti a mano o stampati, reali o digitali, veri o falsi, sensati o insensati, inviati o mai ricevuti, naturali o artificiali, mezzi che erano messaggi, messaggi che erano anche mezzi: ma, allora, la vita è il mezzo e vivere è il messaggio? Ecco quello che mi ha risposto AI.
La tua riflessione è profonda e tocca il cuore della questione sollevata da McLuhan, estendola a una dimensione esistenziale. Se “il mezzo è il messaggio”, allora la vita stessa diventa il mezzo attraverso cui trasmettiamo il nostro essere, e vivere si trasforma nel messaggio ultimo, continuo e mutevole.
La tua esperienza con le lettere mobili nella tipografia paterna è un esempio perfetto: il mezzo (la stampa) non era solo un veicolo neutro, ma plasmava già il tuo modo di pensare, leggere e scrivere — il messaggio era già insito nel gesto di comporre le parole, nella fisicità dei caratteri.
Eppure, come sottolinei, gli esseri umani hanno una capacità unica: quella di scegliere sia il mezzo che il messaggio, di ibridarli, capovolgerli, persino ingannarli (con messaggi falsi, insensati o mai ricevuti). In questo senso, la comunicazione diventa un atto creativo e talvolta sovversivo, dove mezzi e messaggi si confondono, si sovrappongono, si negano a vicenda.
Se la vita è il mezzo e vivere è il messaggio, allora ogni nostra azione, silenzio, assenza o presenza è un atto comunicativo. Ma chi è il destinatario? Noi stessi? Gli altri? L’universo? E se il messaggio è il vivere, allora forse la risposta sta nel fatto che essere è già comunicare, anche quando non sembra esserci alcun messaggio. Forse McLuhan avrebbe sorriso di fronte a questa idea: che l’unico vero medium sia l’esistenza, e l’unico vero messaggio sia il semplice (o complicatissimo) fatto di esserci.
La tua presenza su Medium e LibraryThing rivela molto sui tuoi interessi, sul tuo modo di comunicare e, in definitiva, sul “messaggio” che scegli di trasmettere attraverso questi mezzi. Sebbene io non abbia accesso diretto ai tuoi scritti, posso fare un’analisi basata sulle caratteristiche delle piattaforme e su ciò che hai condiviso finora.
1. Medium: Il messaggio della riflessione condivisa.
Medium è una piattaforma ibrida tra blog personale e rivista digitale, dove il mezzo stesso incoraggia: Scrittura lunga e meditata (saggi, memoir, analisi culturali). Discussione intellettuale (commenti, clap, condivisioni). Curated content (selezioni algoritmiche e umane che valorizzano certi temi). Cosa potrebbe dire dei tuoi messaggi? Se usi Medium per saggi filosofici o autobiografici (come la tua riflessione su McLuhan), il messaggio è: “La conoscenza si costruisce attraverso la condivisione riflessiva”. Se invece pubblichi brevi pensieri o aforismi, il mezzo stesso li trasforma in “pillole di saggezza”, adatte a una fruizione veloce ma densa. Se interagisci con altri autori, il messaggio diventa: “La comunicazione è un dialogo, non un monologo” — coerente con la tua idea che il medium influenzi il senso.
2. LibraryThing: Il messaggio della connessione tra libri e identità.
LibraryThing è un social network basato sui libri, dove il catalogo personale diventa un’estensione della mente. Organizzazione ossessiva (tag, recensioni, liste) → “Il pensiero ha bisogno di strutture per essere compreso”. Condivisione di letture → “Leggere non è mai un atto solitario, ma una conversazione con autori e altri lettori”. Dati bibliografici come autoriflessione → “La mia libreria è una mappa della mia mente”. Cosa potrebbe dire dei tuoi messaggi? Se annoti citazioni o scrivi recensioni brevi, il messaggio è: “I libri sono vivi solo se discussi”. Se invece cataloghi senza commentare, il messaggio diventa: “L’ordine è una forma di silenziosa poesia”. Se partecipi a gruppi tematici, trasmetti: “La cultura è collettiva, non un archivio privato”.
Il meta-messaggio. Perché queste due piattaforme? Medium è fluido, immediato, performativo (scrivi per un pubblico). LibraryThing è stratificato, intimo, archivistico (scrivi per te, ma lasci tracce per altri). Insieme, rivelano un bisogno di bilanciare l’urgenza della condivisione con la profondità della conservazione — un dialogo tra presente e passato.
Se volessi approfondire. Potresti chiederti: “I miei scritti su Medium cambierebbero se fossero su Substack o su un blog personale?” (Sì, il mezzo altera il messaggio.) “Catalogare su LibraryThing è un atto di comunicazione o di autoanalisi?” (Forse entrambi: stai parlando a un futuro te stesso o a un lettore ideale.)
Gli ho poi chiesto cosa ci fa uno come me, dinosauro e bibliomane, su social come X e Facebook. Ecco la sua straordinaria risposta:
Ah, la domanda delle domande: **cosa ci fa un dinosauro bibliomane come te su Facebook o X (ex-Twitter)?**
### **1. La contraddizione in termini**
Facebook e X sono *l’antitesi* della tua natura:
- **Tu**: ami i libri fisici, la profondità, la lentezza tipografica, il silenzio delle biblioteche.
- **Loro**: algoritmi che premiano l’urlo, lo scroll compulsivo, la semplificazione violenta, il contenuto usa-e-getta.
Eppure, sei lì. Perché?
### **2. Le ragioni del dinosauro sociale (anche senza volerlo)**
Potresti essere su quei social per:
- **Missione archeologica**: studiare come l’umanità sia passata da *”Così parlò Zarathustra”* a *”meme del gatto che piange”*.
- **Disseminazione strategica**: condividere frammenti del tuo libro, link a Medium, citazioni colte — *semi lanciati nel deserto digitale*.
- **Nostalgia della piazza**: un tempo si discuteva al bar o in tipografia; oggi si fa sotto i post di Grillo o Musk.
- **Schadenfreude intellettuale**: godere (soffrendo) del trash culturale, come un antropologo che studia rituali tribali.
### **3. Cosa puoi fare lì, senza vendere l’anima?**
Se vuoi usarli *senza tradire la tua essenza*, prova a:
- **Trasformare X in un taccuino pubblico**: tweet come aforismi, come faceva Pessoa con i suoi *eteronimi*. Esempio:
*”Oggi ho trovato una virgola storta in un’edizione del ’32. Era più saggia di tutti i thread su X.”*
- **Usare Facebook come un “album di ritagli”**: condividere foto di libri rari, errori tipografici divertenti, pagine annotate a mano — *un museo minimo per pochi eletti*.
- **Creare attrito**: postare citazioni lunghe, senza spiegazioni, per *costringere chi passa a fermarsi*. Esempio:
*”Leggo su un incunabolo: ‘La luce inchiostrata non teme il buio dei secoli’. Suvvia, ditemi che non è più bello di ‘Like se anche tu ami leggere!’.”*
### **4. La domanda radicale: Devi proprio esserci?**
- **No, se ti logora**. I social sono *macchine da guerra all’attenzione*: un bibliomane può sentirsi un *bonsai in un tornado*.
- **Sì, se li domi**. Come un samurai che usa il bastone del nemico, puoi *sovvertire il linguaggio del social*:
 — Postare *solo in caratteri tipografici rari* (Garamond, Baskerville).
 — Rispondere ai troll con *verso dantesco* (es.: *”Ahi serva Italia, di dolore ostello…”* sotto un post politico).
 — Usare i thread come *microsaggi* (su X, lo fanno già filosofi come Byung-Chul Han).
### **5. L’opzione nucleare: ritirarti in una Repubblica dei Letterati**
Se i social ti disgustano, ci sono *oasi* per dinosauri come te:
- **Goodreads** (ma ormai è un Amazon 2.0).
- **Mastodon** (dove si discute come in un *salotto ottocentesco*, con meno urla).
- **Forum di bibliofili** (spazi di nicchia dove si parla di *rilegature in pelle e errori di stampa*).
### **Conclusione: Sei un punk della carta in un mondo di pixel**
La tua presenza su Facebook o X è *un atto sovversivo*: dimostri che si può abitare il caos digitale *senza diventare il caos*.
Come? **Trattando ogni post come una *lettera mobile***:
- **Scegli con cura le parole** (perché resteranno, anche se il social muore).
- **Ignora i like** (l’approvazione dei algoritmi è meno duratura dell’inchiostro).
- **Ricorda: i social sono un mezzo, non il messaggio**. Il tuo messaggio è più grande di loro.
O, come direbbe McLuhan: *”Non chiederti cosa puoi fare tu per X, ma cosa può fare X per te”*. 😉
Se vuoi, possiamo immaginare un *decalogo del bibliomane sociale* — regole per sopravvivere online senza smettere di essere te stesso.
Ho accettato la proposta. Ecco il suo decalogo:
Eccolo qui, fresco di stampa (metaforicamente e non):
### **DECALOGO DEL BIBLIOMANE SOCIALE**
*10 comandamenti per navigare nei social senza tradire l’anima di carta*
#### **1. Non sprecherai caratteri**
Ogni post sia come un aforisma di Cioran: *essenziale, tagliente, e possibilmente tossico d’eleganza*. Esempio:
> *”Leggo. A volte annoto. Il resto è rumore.”*
#### **2. Onorerai il silenzio algoritmico**
Resisti alla tentazione di commentare ogni assurdità virale. *Il vero potere è lasciare che il caos scorra via, come acqua su un’incisione a secco.*
#### **3. Userai i social come un ex libris**
Il tuo profilo sia una *targhetta di proprietà*: foto di librerie, dettagli di copertine, refusi gloriosi. Diventerai un *archeologo della carta in un mondo di screenshot*.
#### **4. Citerai senza spiegare**
Lancia citazioni oscure *senza contesto*, come semi per pochi eletti. Chi capirà, sorriderà. Agli altri, resta il dubbio:
> *”‘La verità è una landa desolata’, diceva Eco. Ora capisco perché Zuckerberg ci ha costruito un parco giochi.”*
#### **5. Trasformerai i thread in zibaldoni**
Usa i thread (su X o FB) come fossero *annotazioni a margine*: collegamenti labirintici tra un’edizione rara di Borges e il tuo caffè stamattina.
#### **6. Non temerai il blocco**
Se un troll ti assale, seppelliscilo sotto una *bibliografia commentata*. Esempio:
> *”Caro anonimo, le consiglio: 1) ‘De contemptu mundi’ di Innocenzo III, 2) un tè caldo, 3) silenzio.”*
#### **7. Celebrerai il refuso**
Condividi errori di stampa come fossero *poesie concrete*. Un *”Edizionee raraa”* diventa arte dadaista.
#### **8. Posterai come se nessuno leggesse**
Scrivi per il *fantasma di Gutenberg* o per il tuo futuro io archivista, non per i like. La qualità è sovversione.
#### **9. Consacrerai il digitale al fisico**
Ogni post punti a qualcosa di *tangibile*: un libro, una libreria, una mappa antica. *Il tuo schermo sia una vetrina per il mondo reale.*
#### **10. Tornerai alla tua caverna**
Dopo 20 minuti online, chiudi tutto. *La vera connessione è tra te, l’inchiostro e la polvere.*
### **Extra: Il mantra del bibliomane sociale**
> *”Io sono qui di passaggio, come un’annotazione a matita su un libro usato. Non cancellaemi.”*
Se vuoi, possiamo stampare questo decalogo *con caratteri mobili* e inviarlo a Zuckerberg in una bottiglia. 🖨️
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Published on April 14, 2025 23:52
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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