Vanishing Point: un estratto

Anche Resurgam era attraversata, come ogni comunità umana, da un gradiente di ricchezza che calamitava i pezzi grossi in prossimità del fulcro di potere. E sulla Stazione, questo centro era la Cattedrale.
La residenza dell’amico di Ayesha si trovava a ridosso dei quartieri altolocati, al secondo livello della Stazione, e sovrastava la galleria di uscita del Penrose Express. Era una posizione privilegiata, come ci si sarebbe aspettati da un boss. La porta era preceduta da un vestibolo ornato di piante in fiore: ibridi artificiali, che Triton non aveva mai visto prima.
Ayesha non usò il riconoscimento genetico della porta. Si fece annunciare attraverso i circuiti della domotica e attesero alcuni secondi perché una ragazza si presentasse alla porta. Capelli neri raccolti in una coda dietro la nuca, occhi intelligenti ed espressione composta. La ragazza tradì un sentimento di complicità che al segugio non sfuggì, come se avesse riconosciuto Ayesha all’istante, sebbene la presenza di Triton la obbligasse ad attenersi a un severo distacco professionale.
– In cosa posso esservi utile?
– Devo vedere Paul de la Roya – disse Ayesha, in tono formale.
La ragazza sulla soglia cedette il passo e li lasciò entrare senza opporre resistenze. A giudicare dall’ingresso, l’appartamento doveva essere vasto e lussuoso. Lo pervadeva una luce bassa, azzurrognola, ricreando un’atmosfera cavernosa. Alle porte e nelle pareti erano incastonati riquadri geometrici in vetri colorati, disposti in composizioni raffinate che richiamavano l’antica estetica terrestre di stampo Art Déco. Una fluttuazione attraversava l’aria, come se la luce sgorgasse da profondità liquide. Le vetrate panoramiche si affacciavano sul primo tratto della ferrovia orbitale.
Dei passi, in fondo alla sala, anticiparono la comparsa di una figura longilinea. Quando il volto di de la Roya emerse dall’ombra, Triton ne incrociò gli occhi e si sentì precipitare in un baratro di ricordi…
Aveva cavalcato onde gravitazionali sul margine di Niger, con occhi come quelli. Aveva spinto la sua freccia a velocità semi-relativistiche e sperimentato l’ebbrezza della discesa e della risalita, in compagnia di quello sguardo. Ed erano sopravvissuti alle innumerevoli insidie di un oceano quantistico ribollente, nell’ergosfera.
Un nome, dal fondo del baratro: Rosario Espinoza. La Rosa Spinata, come l’aveva chiamata una volta Billy Holotropic Long, il più grande tra tutti i discesisti che erano passati da Resurgam, il cui ultimo volo era stato un suicidio nelle spire della nigredo, oltre l’orizzonte degli eventi. Per tutti gli altri, semplicemente “la Bruja”.
– Maman Rosario – disse Triton e subito un numero prese forma nella sua testa.
Fu come se una nuova onda travolgesse le sue funzioni psichiche, annichilendo le facoltà di discernimento e individuazione che erano i pilastri della psiconautica. In quegli occhi c’era molta più storia che negli archivi-dati di Resurgam. C’erano vita, passioni, fallimenti, delusioni, crolli e rinascite. C’erano tutte le vette e le valli degli stati d’animo che si possono avvicendare lungo la curva dell’esistenza. E il panorama su cui si affacciavano quegli occhi celebrava la grandezza della memoria in opposizione al baratro dell’oblio.
Rotta 992, pensò Triton. E lo pensò con la voce di Lone.
La 992 punta dritta nell’ergosfera, aveva detto Ayesha.
Vai tranquilla, ragazza…
Il mondo intorno a Triton/Lone vorticò, troppo velocemente – questa volta – per poterne recuperare il dominio. Lo psiconauta crollò sotto il peso di una crisi epilettica.
Brano estratto da Vanishing Point, in edicola con l’Urania Jumbo n. 54 ancora per tutto il mese di aprile.