Vanishing Point: Incipit

…molti libri di testo dicono che una lingua è un meccanismo per l’espressione dei pensieri. Ma la lingua stessa è pensiero. Il pensiero costituisce l’informazione e la forma che essa si sceglie. La forma concretizza una lingua, e la forma di Babel-17 è… sorprendente.
Babel-17 – Samuel R. Delany
Vennero a prelevarlo nei suoi alloggi, ma lui ormai era partito. La luce esterna li colse impreparati e si confuse con l’allarme dei firewall, che innescò all’istante i loro wareWolves. Una scarica di neurotrasmettitori e i muscoli dei tre agenti si irrigidirono. Gli info-lupi da guardia codificati in difesa dell’integrità delle loro routine neurali li inchiodarono sulla soglia, mentre si accertavano dell’entità della minaccia.
Immagini ipnagogiche ristagnavano intorno agli uomini in divisa da microgravità e alla donna con i gradi di commissario della NERVE. Frammenti di scene interrotte, periodi perduti di un testo difficile da ricomporre. Nient’altro.
Uno scherzo, come sarebbe stato lecito aspettarsi dal loro obiettivo…
– Figlio di…
La donna fulminò con lo sguardo il sottoposto, poi si disinteressò di lui. C’era una ragazza seduta al centro della stanza, ma lo sguardo del commissario la superò e precipitò nello scenario che si schiudeva intorno a Resurgam.
La Stazione stava transitando pochi gradi sopra l’eclittica del Gorgo e la sua inclinazione forniva un punto di vista privilegiato sul tormento cosmico di Scylla, vampirizzata dalla sua invisibile Cariddi. Le fauci quantistiche del mostro divoravano il plasma incandescente con tranquillità, al riparo dietro la baluginante curvatura ottica della lente gravitazionale. Il transpex della parete panoramica era stato polarizzato per filtrare le frequenze più alte dello spettro, così una luce soffusa penetrava nel locale, spargendo i toni ambrati di un tramonto improbabile.
Gli occhi si fissarono tutti sull’abisso, là fuori. Nella scala delle priorità, la curiosità per l’apocalisse gravitazionale in corso aveva guadagnato il loro interesse: era la fine di tutte le cose, impossibile guardare con occhi diversi all’entità annidata in fondo al Gorgo. Nessuno ci sarebbe più riuscito, comunque, dopo che il mostro aveva tradito la sua instabilità, rivelandosi meno prevedibile del loro peggiore incubo. Mentre gli agenti di sicurezza completavano le loro verifiche subliminali, gli sguardi e i dubbi dei presenti si rincorrevano laggiù, nel profondo, incapaci di resistere all’attesa di un nuovo cataclisma. Solo i rapporti dei sistemi di difesa neuronica li richiamarono al momento contingente di quell’ultima stanza sospesa sull’orlo del baratro.
I wareWolves confermavano che si era trattato di un falso allarme: il contagio semantico aveva ormai quasi completato la sua parabola infettiva, dissipando il grosso del potenziale degenerativo. Gli agenti antivirali tornarono in stato idle, la procedura di emergenza rientrò sotto la soglia di guardia.
Il virus disgregante era ormai inerte, ma prima di spegnersi aveva aggredito tutto ciò che poteva compromettere e questo avrebbe reso cruciale il ruolo del segugio…
– Dov’è lui? – Le parole della donna risuonarono remote nella desolazione dello scenario. Gli uomini al suo seguito non fecero una piega nelle tute grigie dal taglio marziale. Su di esse, il marchio della NERVE dispiegava i suoi ideogrammi come petali d’acciaio.
La ragazza rimase china nella penombra. Contorta in una posa grottesca nella microgravità di Resurgam, le vertebre che tendevano la maglia di tessuto acaro-repellente, si stava cullando in un abbraccio invisibile e somigliava a un’antica bambola scordata. Un giocattolo a orologeria, dimenticato dopo un gioco che aveva presto lasciato campo libero alla noia.
– Dov’è andato? – insistette l’ufficiale della NERVE. Luce gelida nei suoi occhi, tanto fredda da bucare la gamma dell’infrarosso.
– Da qualche parte, là fuori – si risolse a rispondere la ragazza. I suoi lunghi capelli corvini riflettevano la luminescenza olografica di un modello planetario del sistema di Scylla/Niger. La Cintura, Klapeyron IV e Hybor e le loro lune, gli altri pianeti, vorticavano tutti nella solennità della loro danza cosmica in miniatura davanti a lei. I suoi occhi, fin dall’arrivo dei mastini della NERVE, non si erano scollati dalla proiezione.
Il silenzio si fece sepolcrale e carico di presagi sinistri per il terzetto d’intrusi, calati in quello scenario di sconfortante abbandono. L’appartamento era stato svuotato in fretta e furia, probabilmente non dall’uomo che lo aveva occupato negli ultimi sette anni-Terra. Malgrado l’azione disgregante del virus, nella scia della sua partenza sopravviveva l’eco di ricordi fuori dal tempo. Il tocco degli angeli del sogno dell’inquilino ristagnava nei ricettori passivi, penetrato in profondità negli strati nanotubolari di carbonio dell’habitat, come un’ombra psichica difficile da estirpare.
Ci avrebbe pensato il segugio.
– Se n’è andato – riprese la ragazza, come se stesse concludendo una sua linea di pensiero privata. – Per sempre.
Vanishing Point.
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