Chi pagherà l’Intelligenza Artificiale generativa?

All’inizio, diciamo la verità, ci siamo divertiti un mondo a giocare con l’intelligenza artificiale generativa. C’è chi ha creato per vanità centinaia di avatar di sé stesso, chi si è improvvisato illustratore e chi ha fiutato il business e si è messo a studiare per diventare un nuovo genere di artista generativo. Qualcuno poi ha passato le vacanze di Natale a conversare con ChatGPT di Open Ai, altri si sono messi sul lettino come davanti a uno psicanalista e molti si sono limitati a interrogarlo come se fosse un bambino. Ma i più lo hanno usato per scoprire cose nuove da imparare. E in certi casi ha funzionato.
Poi però è subentrata l’inquietudine. Perché dopo anni di rivoluzioni attese come il metaverso, la blockchain o le auto a guida autonoma, dopo telefonini e tablet ogni anno più belli ma quasi sempre tutti uguali, serviva qualcosa di nuovo che funzionasse. L’intelligenza artificiale nel 2022 è stata una sorpresa. A partire dai generatori di immagini come appunto Dall-E 2, Midjourney e Stable Diffusion. Tanto che a qualche artista tradizionale sono anche girate le scatole. Non per la competizione teorica con la “macchina”. Ma perché avere accanto qualcuno che sa copiare benissimo lo stile di altri e produce a getto continuo non è il massimo della vita per un produttore di contenuti.
Sui social sono comparsi migliaia di messaggi con pezzi di conversazione dove si leggono strafalcioni, stereotipi di genere ed errori di matematica. E tutto questo solo per affermare che l’AI non è onnisciente. Che non sa tutto, cosa che peraltro già si sapeva. C’è perfino chi ha immaginato un nuovo ordine mondiale del Web non più dominato dai motori di ricerca, ma da questi chatbot che dialogano con voi e forniscono risposte più articolate.
Quello che però nessuno ha fatto è stato di provare a capire da analista finanziario i “fondamentali” di questo fenomeno. Come funzionano, quanto costano? O per essere più diretti: come si fanno i soldi con questi strumenti? Nessuno ancora lo ha capito. Secondo alcuni osservatori questi tool sostituiranno a breve i motori di ricerca. La nuova versione di Bing di Microsoft, che potrebbe arrivare già a marzo 2023, farà uso della tecnologia di IA alla base di ChatGPT per determinate chiavi di ricerca.
Ma per essere utilizzabili, questi algoritmi dovrebbero poter garantire un altissimo livello di accuratezza nelle risposte che restituiscono. E così oggi non è. E poi c’è un tema di costi energetici. Come ha ammesso Sam Altman, Ceo di OpenAI quando hanno raggiunto un milione di utenti le spese per la manutenzione e gestione del sistema sono altissimi. Nel caso di ChatGPT sappiamo che è ospitato sul cloud Azure di Microsoft. Sul web hanno calcolato in base ai costi del cloud di Microsoft che ogni parola generata su ChatGPT costa 0,0003 dollari. Vuole dire bruciare almeno 3 milioni al mese per i costi di gestione. Prima o poi qualcuno dovrà cominciare a trovare un modello di business e un prezzo per questi servizi. Fino ad allora Google può stare tranquilla.
Luca Tremolada — Nova 24 — Il Sole 24 Ore 8 gennaio 2023[image error]
Published on January 08, 2023 08:57
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