“Una rosa è una rosa, una rosa …”

Una rosa è una rosa, una rosa …[image error]Foto@angallo
Sta per finire questo mese di maggio, un altro mese dedicato alle rose. Il mese delle rose. Un fiore sul quale gli uomini proiettano i loro sogni, il loro io emotivo, spirituale e sessuale. Nasce da sempre e si rinnova di anno in anno, il racconto di questo fiore che ha dentro di sè qualcosa di magico.
La rosa venne creata da Dio per dar vita al simbolismo, alla metafora, alle allusioni. La rosa non è un fiore, ma tanti fiori, in tante forme e colori. Petali a cinque a cinque che fioriscono intorno a delle spine. Una delizia alla vista, al profumo, al tatto e perfino al gusto. Manca soltanto la musica a questo fiore quanto mai misterioso che per millenni ha catturato la fantasia degli esseri umani.

Rose che sono diventate versi, musica, colori, immagini nella storia dell’arte, della fotografia e del cinema, della moda e dello stile. Un fiore che nel corso della sua storia millenaria ha subito trasformazioni e metamorfosi. Da semplice fiore selvaggio si è trasformato in fiore sofisticato da laboratorio.

La storia di questo fiore è narrata come simbolo sacro e simbolo di femminilità, la rosa unisce Venere e la Vergine Maria, il sangue di Cristo e il sudore di Maometto, il sacro e il profano, la vita e la morte, la rosa bianca della castità e la rosa rossa del compimento. Un fiore che manifesta il suo potere e la sua presenza in tutte le società umane.

La rosa viaggia dal tempo degli antichi greci e dell’impero romano verso l’Europa, il Medio oriente, l’Asia e le Americhe per far conoscere la sua evoluzione da semplice fiore di selva dell’emisfero nord fino alla sua massima perfezione raggiunta nei giardini di oggi diventati laboratori di esperienze celesti.

Fiore sessuale e letterario, affiliato alle società segrete e legato alla Terra Santa, la rosa si conferma regina dei fiori e della natura. Mi ha sempre colpito una frase, un pensiero, un verso, non so come definirlo, di Gertrude Stein quando scrive: “Una rosa è una rosa, una rosa”. Può significare niente o tutto. Dipende da chi la vede, la guarda e osserva le sue infinite varietà.

Forse l’interpretazione di questo verso sta proprio in questa indefinita ed infinita varietà. Dice semplicemente “Rosa è una rosa è una rosa è una rosa”, e sembra compia uno sforzo inutile. Certo che una rosa è una rosa e, all’apparenza, la ripetizione ossessiva del termine sembra avere soltanto una funzione estetica, il ripetersi nella mente il verso, come se fosse un mantra, ipnotico e bellissimo.

Invece succede che, a ogni nuova “rosa”, ci viene l’idea che il senso del discorso si faccia via via più grande, più misterioso e carico di significati che la semplice parola “rosa” non contiene. Che cosa succede? Lo spiega Umberto Eco in un saggio, La struttura assente, in cui individua addirittura cinque cose che succedono grazie a quella frase apparentemente semplice:

- c’è un eccesso di ridondanza, e la ridondanza genera tensione: la Stein ci vuole dire qualcosa;
- il principio di identità (“una rosa è una rosa”) è così marcato e ripetuto che diventa ambiguo: è davvero una rosa, quella di cui parla Stein? La terza volta che nomina la rosa intende la stessa rosa della prima volta?
- perché Stein ci dice questa cosa in questo modo? Che cosa vuole dire davvero?
- forse ripete ossessivamente la parola “rosa” perché vuole alludere ai suoi significati simbolici: ci sta parlando dell’amore senza nominarlo? Vuole solo suggerirlo? Dunque sì: la prima rosa è una rosa, la seconda forse è già l’amore… e la terza? (Tenete poi conto che, nella poesia, si nomina a un certo punto un certo Jack Rose…);
- che cosa capisco io di quello che mi sta dicendo Stein? Lei dice soltanto “rosa”, e mi lascia libero di riempire quella parola dei significati che più mi appartengono e sento vicini. Chiama in causa letture, sentimenti, congetture. Chiama in causa me.

Che dire poi delle domande che si pone Pablo Neruda in questa sua poesia che ve la propongo in tre versioni:

Tell me, is the rose naked
or is that her only dress?
Why do trees conceal
the splendor of their roots?
Who hears the regrets
of the thieving automobile?
Is there anything in the world sadder
than a train standing in the rain?
 — -
Dime, Ia rosa està desnuda
0 solo tiene ese vestido?
Por que los àrboles esconden
el esplendor de sus raices?
Quien oye los remordimientos
del automovil criminal?
Hay ago mas triste en el mundo
que un tren inmovil en Ia lluvia?
 — -
Dimmi, la rosa è nuda
o quello è il suo abito?
Perchè gli alberi nascondono
lo splendore delle loro radici?
Chi sente i lamenti
dell’auto rubata?
C’è qualcosa al mondo più triste
di un treno fermo sotto la pioggia?

Quest’anno pandemico ci ha proibito di prendere parte alla tradizionale potatura del roseto al Giardino Segreto dell’Anima in quel di Campinola, una frazione del Comune di Tramonti, in Costa d’Amalfi. Enza Telese e Antonio De Marco non hanno potuto rinnovare il loro tradizionale invito a partecipare a questo evento che si rinnova ogni anno nel mese di maggio. Antonio lo chiama Il piacere delle spine, una metafora poetica naturale di grande impatto per un fiore che è “una rosa, una rosa …”

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Published on May 17, 2021 09:12
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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