Emily * Capitolo uno – quarta parte
Era un pomeriggio di aprile quando Timothy, osservandola mentre sellava la giumenta, la rimproverò: «Mr Davies dovrebbe saperlo, Miss, se continuate a uscire da Sethgrave Park da sola. Le signorine di buona famiglia non lo fanno.»
«Vi prego, non diteglielo, tanto vedete che non si cura di me. Cosa volete che gli importi quello che faccio? Non posso rinunciare a cavalcare. Non traditemi.»
«Non avete nemmeno un abito adatto» borbottò ancora lui.
Emily, infatti, indossava vesti maschili e montava come un uomo, sia perché Timothy le aveva insegnato così, sia perché il suo guardaroba non contemplava un abbigliamento da amazzone e non era il caso di chiedere allo zio di acquistarne uno. Aveva trovato dei calzoni e una camicia rovistando in soffitta e li aveva riadattati alle sue misure, trovando utile per la prima volta l’arte del cucito che aveva sempre detestato ma dovuto imparare a padroneggiare fino da piccola.
«È meglio così, secondo me. Se qualcuno mi vede da lontano non si rende conto che sono una ragazza.»
«Non allontanatevi più, però.»
«Promesso.»
Non volendo dispiacere all’unica persona che si preoccupava per lei, Emily rimase entro i limiti di Sethgrave Park, rassegnandosi a percorrere più volte lo stesso percorso. Quando giunse ai confini della tenuta, vide poco oltre un giovane che camminava tenendo per le briglie un sauro e fermò la giumenta. Nell’udire il rumore del suo cavallo l’uomo si voltò e non nascose il suo stupore nel comprendere che, nonostante gli abiti maschili e il berretto che nascondeva buona parte dei lunghi capelli biondi, aveva davanti a sé una ragazza. Le sorrise e lei fece altrettanto.

«Permettete che mi presenti, signorina. Sono William Marshall, da alcuni giorni sono stato assunto dal barone Buntbury per aiutare e poi sostituire il suo amministratore» le disse avvicinandosi con un piccolo inchino.
Si trovava infatti sul terreno del barone, uno dei vicini di Mr Davies che Emily aveva conosciuto qualche mese prima, quando lo zio, in uno dei rari momenti in cui si ricordava della sua esistenza, l’aveva portata con sé a fargli una visita. Era vedovo e aveva due figlie sposate che vivevano in altre contee. Una persona tranquilla che le aveva rivolto solo frasi di circostanza.
Non era appropriato che lei si intrattenesse con un giovanotto che per giunta nessuno le aveva presentato, anzi che si era presentato da solo, forse credendola la figlia di un fattore, ma la voce di Mr Marshall era gradevole e il suo aspetto attraente, così Emily, arrossendo appena, rispose: «Sono Miss Emily Harrison, Mr Davies è mio zio.»
«Vi prego di scusarmi, avrei dovuto immaginare che foste voi. Lord Buntbury mi ha detto che siete a Sethgrave Park da pochi mesi.»
«Sì, dall’autunno scorso. Da quando sono morti i miei genitori.»
«Mi dispiace per la vostra perdita.»
«Vi ringrazio.»
«Vi trovate bene qui nel Hertfordshire?»
«Abbastanza.»
Parlare con uno sconosciuto era qualcosa di nuovo per Emily, fino a che aveva vissuto con i genitori aveva frequentato con loro alcune famiglie con figli e figlie più o meno della sua stessa età ma mai si era trovata da sola con uno dei ragazzi. Luna si mosse, avvertendo la sua incertezza e lei si affrettò ad accomiatarsi: «Sono contenta di avervi conosciuto, Mr Marshall, ma adesso devo andare. Buona giornata.»
«Buona giornata anche a voi. Spero di rivedervi presto.»
«Cavalco spesso» mormorò lei voltando la giumenta e avviandosi verso la villa.
Sua madre non avrebbe approvato che si fosse fermata a conversare con un giovanotto ma le era sembrato scortese non rispondere. Incerta sull’opportunità di instaurare un rapporto con Mr Marshall, per tutta la settimana successiva evitò di tornare nella zona del parco che confinava con la tenuta del barone. Infine si convinse che non ci fosse niente di male se l’avesse incontrato ancora per caso e se avesse scambiato con lui qualche parola come è d’uso fra buoni vicini.
Così, approfittando della libertà garantita dalla solitudine e dall’assenza di Mr Davies, Emily si vide più volte con Mr Marshall e fra i due nacque una certa amicizia. Presto divennero l’uno per l’altra solo William ed Emily. Momenti di confidenza si alternavano ad altri di imbarazzo, mentre lei raccontava dei suoi genitori e lui della propria famiglia.
«Ho quattro sorelle minori, tutte più piccole di me. La maggiore ha diciannove anni.»
«Proprio come me. Ma neppure voi siete molto più vecchio.»
«Cinque anni più di voi. È stata una fortuna per me che lord Buntbury avesse bisogno di un nuovo amministratore.»
«Questo lavoro vi piace?»
«Senz’altro. Quando avrò imparato quel che mi serve dall’amministratore attuale, sarò in grado di occuparmi degli affari del barone. Gestirò per lui la tenuta, è un’occupazione di responsabilità e averla ottenuta alla mia età non è poco.»
«Avete ragione ma di sicuro lord Buntbury vi ha scelto per le vostre capacità.»