Akragas (Parte II)

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Quella sorta di manuale Cencelli su base etnica con cui le grandi famiglie di Akragas si erano messe d’accordo per spartirsi il potere cittadino, però, non durò più di un paio di generazioni: le differenti origini dei coloni, che ne erano state alla base, si stavano affievolendo con il tempo e come in tutte altre polis greche, erano progressivamente sostituite da quelle economiche.





Da una parte, vi era la questione dei contadini poveri, le cui richieste, in fondo, erano riconducibili allo slogan





“più terra a chi lavora”





Dall’altra, invece, vi era una classe di nuovi ricchi, che in qualche modo, chiedeva di essere cooptata nella gestione del potere. Nuovi ricchi, la cui potenza economica, cosa per noi contemporanei assai strana, era basata sull’allevamento e sul commercio dei cavalli, i quali erano addirittura onorati con la costruzione di lussuosi mausolei.





Scrisse infatti Plinio:





Agrigentini complurium aequorum tumuli habent”





Anche Virgilio fece esclamare ad Enea veleggiante nei paraggi di Agrigento:





“Ardua inde Acragas ostentat maxime longa
Moenia magnanimum quondam generator aequorum”





ossia





Di poi l’alto Acragante ci mostra da lontano le mura grandiose della città,
un tempo madre di generosi cavalli





Inoltre Pindaro e Strabone attestano che una razza di cavalli bellissimi veniva allevata in territorio agrigentino e quando in Cappadocia vennero a mancare dei buoni cavalli, un oracolo ordinò di acquistare gli ottimi stalloni agrigentini.





A capo di questa sorta di UNIRE (Unione nazionale incremento razze equine… per un periodo ho avuto come cliente lo strano mondo dell’ippica e dell’equitazione, in tutte le loro variegate sfumature) vi era la famiglia degli Emmenidi, i cui antenati erano giunti con l’ondata migratoria tebana.





Un suo esponente, Senocrate si afferma con la quadriglia alle Pitiadi del 490 a.C. e la vittoria è cantata da Pindaro in un’ode in onore di Trasibulo, figlio di Senocrate. All’epoca, il capo di tale ghenos era Terone, così ricordarto da Diodoro Siculo





Terone agrigentino, non solo per stirpe e per ricchezza, ma anche per generosità nei confronti della plebe, di molto superava non solo i concittadini, bensì tutti i Sicelioti.





Non avendo le oligarchie agrigentine alcuna intenzione di cedere il potere, decisero di dare un contentino a Terone, nominandolo supervisore ai lavori per la costruzione del tempio di Athena Polias. Data la disponibilità di denaro, Terone decise di imitare Falaride: arruolò in segreto soldati mercenari e durante una festa, eseguì il suo colpo di stato. Il primo problema che il nuovo tiranno dovette affrontare fu legato proprio all’equivoco legato al suo golpe: gli altri allevatori di cavalli pensavano che dovesse semplicemente sostituire la vecchia gestione collegiale con una nuova, mentre Terone, al contrario, voleva accentrare il potere nelle sue mani. Per cui, gli ex alleati, guidati dai nipoti di Terone Capys e Ippocrate, cercarono subito di farlo fuori.





Salvatosi per il rotto della cuffia, Terone dovette poi cercare di raffreddare le tensioni interne ad Akragas, assicurando terra ai contadini, lavori pubblici per tenere buoni i disoccupati e l’aumento delle esportazioni per rafforzare il consenso tra i ceti commerciali. Per questo, dovette impostare una politica di espansione territoriale, il cui obietto primario era Imera.





Questa colonia greca, la nostra Termini Imerese, era stata fondata fondata da Zancle, la nostra Messina, nel VII sec.a.C per rispondere a una serie di specifiche esigenze degli immigrati calcidesi. Per prima cosa, rafforzare i commerci con l’epicrazia punica, la cui prima colonia, Solunto, era a pochissima distanza da Himera. Poi, alleggeriva la pressione commerciale sullo stretto, permetto alle poleis del Sud delle Sicilia di raggiungere la costa tirrenica attraverso vie fluviali, senza dover circumnavigare l’Isola, con il rischio di incappare nei pirati etruschi. Con Himera, Zancle, che già aveva fondato a sua difesa Mylae (Milazzo) poteva fare così concorrenza ai siracusani.





Terone, date le difficoltà di Akragas per la concorrenza commerciale di Siracusa e di Selinunte, decise di strappare Himera a Zancle, ottenendo così un emporio sul Tirreno, contando sul fatto che le sue truppe la potessero facilmente raggiungere attraverso le valli dei due fiumi l’Himera e il Salso. Così, oltre a incrementare le esportazioni, la nuova conquista avrebbe incrementato la Chora, il territorio cittadini, in modo da assegnare più terre ai nulla tenenti. Infine, il bottino avrebbe permesso di costruire templi e opere pubbliche, in un’ottica di stimolo keynesiano all’economia.





Terone, però, aveva fatto i conti senza l’oste: Anassila, tiranno di Rhegion e alleato di Cartagine, aveva l’ambizione di costruire un blocco di potere alternativo a quello siracusano, imponendo il suo dominio sulle colonie greche della Calabria e al contempo, con l’appoggio delle città etrusche, monopolizzando il commercio sul Tirreno meridionale. Per questo occupò con un colpo di mano Zancle e impose a Himera il dominio di un suo alleato, Terillo.





Anassila, detto fra noi, era un personaggio alquanto peculiare. Nella 73ª olimpiade (480 a.C.), il tiranno di Reggio, entrò in competizione con altri greci nella gara dei carri trainati dai muli, che grazie alla sua abilità di auriga vince senza problemi.





Aristotele ci informa che dopo la vittoria egli organizzò un grande e sontuoso banchetto al quale invitò tutti i greci presenti ad Olimpia.





Rientrato a Reggio per celebrare il suo trionfo coniò una moneta d’argento in cui è raffigurato un auriga seduto nella biga alla guida della baldanzosa coppia di mule. Infine chiese al famoso poeta Simonide di Ceo di comporre un epinicio per la sua vittoria, del quale ci resta solo il primo verso tramandatoci da Aristotele:





«Salve, o Figlie delle Cavalle dai piedi di procella…»





Aristotele ci informa inoltre che Simonide, a causa della poca generosità nella ricompensa da parte di Anassila, non voleva comporre alcuna ode. Ma alla fine l’epinicio fu composto. Chiusa la parentesi del pettegolezzo, torniamo a parlare del nostro Terone, che non gradendo la politica di Reghion, a sua volta marciò su Himera, cacciò Terillo e vi impose come tiranno il figlio Trasideo.





Anassila, ovviamente non gradì la mossa e chiese aiuto ai cartaginesi, i quali, preoccupati anche dell’espansionismo siracusano, decisero un intervento militare per cambiare a loro favore gli equilibri di potere tra le polis siracusane

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Published on December 06, 2020 06:15
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Alessio Brugnoli
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