ᴛᴀɪɴᴛᴇᴅ ʟᴏᴠᴇ.
ᴛᴀɪɴᴛᴇᴅ ʟᴏᴠᴇ.
Né piccola, né grande, ma soltanto afosa, la stanza accoglieva le quattro pareti bianco sporco.
Nord, Sud, Est, Ovest: una rosa dei venti. E nessuna bonaccia.
Dalle persiane sbarrate, un timido tentacolo di sole, grattava il pavimento. Il tondo di luce disegnato sulla graniglia ricordava un occhio senza pupilla. Le ciglia, le frange dello scendiletto.
Il Signore, frattanto, cementato alla sua croce, guatava l'abat-jour dal muro portante con la sua solita espressione dolente: un povero cristo o un povero diavolo. Un soprabito doubleface.
《Sei solo una puttana!》Un timbro maschile si sovrappose al ticchettio del cucù.
E la puttana mugolò sdraiata sul letto, discinta. La fronte tumefatta.
La donna era febbricitante e il bavaglio le impediva di respirare. Le gambe, oscenamente divaricate, erano imbrigliate alla pediera. Le caviglie strette nella morsa di una corda ruvida frenavano qualsiasi movimento. E l'eleganza di due nodi vaccai condiva il pasto nudo.
《Troia!》E l'uomo insisteva brandendo nella destra il cellulare. La sua Smith & Wesson.
《Parliamo di quanto sei troia, Sara?》 Aggiunse.
《Amore!》E la apostrofò in falsetto, e la canzonava.《 Vado con le amiche in vacanza, un'occasione imperdibile, l'Africa!》E costui si agitava, e smaniava. Un calcio alla sedia, e poi uno all'armadio. E dopo, dinoccolato, a saggiare ogni angolo della camera.
E Sara, nel mentre, sfioriva. Le occhiaie viola erano due lividi maturi.
《Oh, ma io l'ho capito! L'ho capito subito appena ti ho vista all'aeroporto》e la indicava con il telefono. Un dito indice tecnologico.
《Nemmeno un bacio, Sara, cazzo! Neppure un cazzutissimo bacio sei riuscita a darmi! Ti sei fatta accompagnare a casa, hai giocato la carta del fuso orario e un bel calcio nel culo al sottoscritto!》
Gli occhi dell'uomo zigzagavano dalla donna al cellulare. E piangeva, ed urlava, sguaiato. Ed urlava e piangeva, ferito.
《Ti sei fatta fottere da un negro, dillo, puttana! Mi hai tradito con un merdoso negro! E infatti, da allora mi eviti.》
E Sara appassiva, muta, nel morso di tela. Da una narice, un rivolo rosso le imbellettava il labbro superiore.
《Sto poco bene, ci sentiamo domani, non si tratta di te, devo capire.》E pazzo, il pazzo sragionava facendole il verso.
《Ma io so tutto! Ti ho seguita, ti ho vista entrare in ospedale, test di gravidanza, vero? Troia tu, e bastardo quel negro!》
E però Sara scosse la testa, flebile. I lunghi capelli erano saldati al cuscino, senza vita. Un grumo di foglie secche.
《E la figlia del primario ha la precedenza su chiunque! Fra quanto papino ti darà la lieta novella?》
Il silenzio, di botto, li avvolse. Un'esplosione benedetta. Fuori, altrove, il latrato di un cane scandiva il tempo. Dentro, il respiro rumoroso dell'uomo provocava lo spazio. Un microcosmo di materia oscura.
《Ma ormai non ha alcuna importanza, Sara》proseguì il baubau 《perché io ti amo. E faremo alla vecchia maniera.》
Sicché, afferrata una gruccia di metallo, l'uomo si calò nei panni di una mammana di paese: 《non ho trovato ferri da calza, tuttavia non è certo questo il momento dei formalismi.》
E la donna sgranò gli occhi. E principiò a sobbalzare. Su, giù, e ancora e di più. Il corpo tremava, e il viso vibrava. E l'urlo afasico di chi è vittima, violò persino l'Inferno.
《E dopo, ci dimenticheremo di tutto. Dell'Africa, dei negri, di quanto sei puttana, e ogni cosa tornerà come prima.》E le tolse la museruola e la baciò di forza. La lingua, brutale, le scivolò nella gola. Il peso del tale la premeva al materasso. E Sara cercò di ritirarsi. E finalmente, gridò.
Come un macigno, il pugno dell'orco trovò il mento della principessa: uno scontro frontale. E seguì uno schiaffo, e continuò con un altro.
Ma il cellulare trillò e lo scempio finì: babbino gracchiava dall'altra parte del cavo.
《Sara, tesoro, sono papà, non muoverti di casa, sto inviando un'unità infettiva: sei positiva all'ebola.》
E il mostro sputò per terra, atterrito. Lo sguardo cinereo. E con le dita si scavava le fauci: pulire, levare, disinfettare.
E Sara rise, finalmente, e un fiotto di sangue fuoriuscì dalla gorgia. E il ghigno sornione di chi è carnefice, violò persino il Paradiso.
E deve essere amore, se ti senti sciogliere dentro.
Ma in taluni casi, è soltanto febbre emorragica.
ᴠᴇʀᴀ ʀᴀᴄᴄᴏɴᴛɪ ᴅ'ᴀᴜᴛᴜɴɴᴏ ǫ.
Per leggere i miei ebook: https://amzn.to/3leT2FA
Né piccola, né grande, ma soltanto afosa, la stanza accoglieva le quattro pareti bianco sporco.
Nord, Sud, Est, Ovest: una rosa dei venti. E nessuna bonaccia.
Dalle persiane sbarrate, un timido tentacolo di sole, grattava il pavimento. Il tondo di luce disegnato sulla graniglia ricordava un occhio senza pupilla. Le ciglia, le frange dello scendiletto.
Il Signore, frattanto, cementato alla sua croce, guatava l'abat-jour dal muro portante con la sua solita espressione dolente: un povero cristo o un povero diavolo. Un soprabito doubleface.
《Sei solo una puttana!》Un timbro maschile si sovrappose al ticchettio del cucù.
E la puttana mugolò sdraiata sul letto, discinta. La fronte tumefatta.
La donna era febbricitante e il bavaglio le impediva di respirare. Le gambe, oscenamente divaricate, erano imbrigliate alla pediera. Le caviglie strette nella morsa di una corda ruvida frenavano qualsiasi movimento. E l'eleganza di due nodi vaccai condiva il pasto nudo.
《Troia!》E l'uomo insisteva brandendo nella destra il cellulare. La sua Smith & Wesson.
《Parliamo di quanto sei troia, Sara?》 Aggiunse.
《Amore!》E la apostrofò in falsetto, e la canzonava.《 Vado con le amiche in vacanza, un'occasione imperdibile, l'Africa!》E costui si agitava, e smaniava. Un calcio alla sedia, e poi uno all'armadio. E dopo, dinoccolato, a saggiare ogni angolo della camera.
E Sara, nel mentre, sfioriva. Le occhiaie viola erano due lividi maturi.
《Oh, ma io l'ho capito! L'ho capito subito appena ti ho vista all'aeroporto》e la indicava con il telefono. Un dito indice tecnologico.
《Nemmeno un bacio, Sara, cazzo! Neppure un cazzutissimo bacio sei riuscita a darmi! Ti sei fatta accompagnare a casa, hai giocato la carta del fuso orario e un bel calcio nel culo al sottoscritto!》
Gli occhi dell'uomo zigzagavano dalla donna al cellulare. E piangeva, ed urlava, sguaiato. Ed urlava e piangeva, ferito.
《Ti sei fatta fottere da un negro, dillo, puttana! Mi hai tradito con un merdoso negro! E infatti, da allora mi eviti.》
E Sara appassiva, muta, nel morso di tela. Da una narice, un rivolo rosso le imbellettava il labbro superiore.
《Sto poco bene, ci sentiamo domani, non si tratta di te, devo capire.》E pazzo, il pazzo sragionava facendole il verso.
《Ma io so tutto! Ti ho seguita, ti ho vista entrare in ospedale, test di gravidanza, vero? Troia tu, e bastardo quel negro!》
E però Sara scosse la testa, flebile. I lunghi capelli erano saldati al cuscino, senza vita. Un grumo di foglie secche.
《E la figlia del primario ha la precedenza su chiunque! Fra quanto papino ti darà la lieta novella?》
Il silenzio, di botto, li avvolse. Un'esplosione benedetta. Fuori, altrove, il latrato di un cane scandiva il tempo. Dentro, il respiro rumoroso dell'uomo provocava lo spazio. Un microcosmo di materia oscura.
《Ma ormai non ha alcuna importanza, Sara》proseguì il baubau 《perché io ti amo. E faremo alla vecchia maniera.》
Sicché, afferrata una gruccia di metallo, l'uomo si calò nei panni di una mammana di paese: 《non ho trovato ferri da calza, tuttavia non è certo questo il momento dei formalismi.》
E la donna sgranò gli occhi. E principiò a sobbalzare. Su, giù, e ancora e di più. Il corpo tremava, e il viso vibrava. E l'urlo afasico di chi è vittima, violò persino l'Inferno.
《E dopo, ci dimenticheremo di tutto. Dell'Africa, dei negri, di quanto sei puttana, e ogni cosa tornerà come prima.》E le tolse la museruola e la baciò di forza. La lingua, brutale, le scivolò nella gola. Il peso del tale la premeva al materasso. E Sara cercò di ritirarsi. E finalmente, gridò.
Come un macigno, il pugno dell'orco trovò il mento della principessa: uno scontro frontale. E seguì uno schiaffo, e continuò con un altro.
Ma il cellulare trillò e lo scempio finì: babbino gracchiava dall'altra parte del cavo.
《Sara, tesoro, sono papà, non muoverti di casa, sto inviando un'unità infettiva: sei positiva all'ebola.》
E il mostro sputò per terra, atterrito. Lo sguardo cinereo. E con le dita si scavava le fauci: pulire, levare, disinfettare.
E Sara rise, finalmente, e un fiotto di sangue fuoriuscì dalla gorgia. E il ghigno sornione di chi è carnefice, violò persino il Paradiso.
E deve essere amore, se ti senti sciogliere dentro.
Ma in taluni casi, è soltanto febbre emorragica.
ᴠᴇʀᴀ ʀᴀᴄᴄᴏɴᴛɪ ᴅ'ᴀᴜᴛᴜɴɴᴏ ǫ.
Per leggere i miei ebook: https://amzn.to/3leT2FA
Published on October 07, 2020 12:15
No comments have been added yet.