Agatha Christie – Poirot sul Nilo * Le mie letture

(titolo originale “Poirot on the Nile”; pubblicato nel 1937; edizione italiana da me letta del 1977, traduzione Enrico Piceni)


Credo che questo sia uno dei libri più conosciuti di Agatha Christie, grazie al film del 1978 con Peter Ustinov nei panni di Poirot; nella pellicola il ruolo del colonnello Race era interpretato da David Niven, che, però, non corrisponde all’idea che mi sono fatta di lui dopo aver riletto i gialli in cui compare.


Un solo cenno alla trama: una ricca ereditiera, bella e giovane, ruba il fidanzato all’amica e lo sposa; i due scelgono l’Egitto come meta del viaggio di nozze ma vengono seguiti dalla fidanzata abbandonata che intende infastidirli e farli sentire in colpa con la propria presenza. Poi, una notte, l’ereditiera viene assassinata… ma la colpevole più probabile, ovvero l’amica tradita, non può assolutamente averla uccisa e solo l’acume di Poirot può – dopo altri due omicidi – scoprire chi è stato.


In questo romanzo Poirot si pone fin da subito come un sorta di Cassandra, prevedendo che qualcosa di male avverrà durante la crociera sul Nilo, e non perde occasione per ribadire quanto sia preoccupato – a ragione, naturalmente e questa sua convinzione permea tutto il racconto.



«Ma intanto io sono preoccupato. Se ho ragione e in realtà ho preso l’abitudine di aver sempre ragione…» Race rise sotto i baffi a questa tipica uscita di Poirot «… c’è motivo d’esser molto, molto irrequieti. …»



Il colonnello Race, che partecipa al viaggio perché è sulle tracce di una spia, dopo l’omicidio assume ufficialmente la direzione delle indagini ma opera sempre insieme a Poirot ed è il piccolo investigatore belga, ovviamente, a scoprire la verità.


Race guardò il piccolo compagno col rispetto che solo un uomo capace sa tributare al merito.


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La storia è narrata in prima persona; il racconto del viaggio è preceduto da un’introduzione, dal titolo “I personaggi principali del romanzo in ordine di comparsa”, in cui ci vengono mostrati appunto i vari personaggi e le motivazioni che conducono ciascuno di loro in Egitto. Tanto per sottolineare che stiamo leggendo un giallo, le ultime frasi dell’introduzione sono:



«Si capisce, naturalmente, che non è questione di vita o di morte» disse…

Ma in questo s’ingannava: perché era precisamente questione di vita o di morte.



L’attento osservare ogni dettaglio e la ricostruzione dei fatti pur sulla base di indizi apparentemente contrastanti sono le caratteristiche di Poirot e in questa storia vengono, a mio parere, quasi enfatizzate. Non mancano i cenni ironici o perfino autoironici sulla consapevolezza che il piccolo belga ha delle proprie capacità investigative.


Ad esempio, verso la fine, risponde così a Race e ad altri personaggi che gli chiedono se dirà loro chi è il colpevole:



«Mais oui» disse «a me piace avere un pubblico, lo confesso… Sono vano, vede, pieno di spocchia, e godo nel sentir dire: “Ma come è penetrante, com’è fine quell’Hercule Poirot!”»



Nell’edizione che ho, degli Oscar del Giallo Mondadori, ci sono una prefazione e una postfazione di Giampaolo Dossena, che ho letto solo dopo aver letto il romanzo; Dossena afferma che “la storia con atmosfera e personaggi è un po’ fiacca” anche se “l’assassino è nascosto bene”; a me, benché la rilettura fosse viziata dal fatto che ricordavo bene la dinamica dei delitti, è sembrato piuttosto interessante anche l’intreccio e le storie dei vari personaggi, storie che – ovviamente – li rendono di volta in volta sospettabili.


Aggiungo un breve periodo che non ha un rilievo nella trama ma è un’osservazione (dell’autrice) che mi ha colpita (Poirot e altri due personaggi camminano verso l’imbarcadero, assistono all’attracco di un battello e guardano i passeggeri):



Tutti e tre assunsero quell’aria di superiorità con la quale coloro che già si trovano da tempo in un luogo osservano i nuovi arrivati.


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Published on August 16, 2020 23:33
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