Io, la sua pausa caffé - Mini racconto
Erano giorni dove il suo silenzio mi rimbombava dentro lasciandomi solo tempeste fatte di strazianti orgasmi senza nessuna emozione. Mi masturbavo pensandolo ma la mancanza delle sue mani che scivolavano avide sulla mia pelle bollente mi gettava in uno sconforto indescrivibile. Non ce la facevo più. Una mattina, decisa come non mai indossai un completino intimo la cui stoffa copriva a malapena le parti più intime, misi scarpe alte, le più alte che avevo, perché so quanto gli piacciono e lo fanno impazzire, quanto gli fa bollire il sangue nel vedermi nuda con indosso solo fantastiche scarpe. Mi truccai pesantemente abusando di ombretto mascara e rossetto apparendo come una sudicia puttana, la sua. Prima di uscire cappotto, borsa, un ultimo sguardo allo specchio dove le mie voglie ridevano felici sulla mia faccia in attesa di essere appagate. Percorsi la città con la macchina fino ad arrivare davanti al palazzo del tuo ufficio, parcheggiai e con passo sicuro ma con il cuore il gola arrivai dinanzi alla sua segretaria dicendo che avevo un appuntamento. Dissi il mio nome e quando la biondina al telefono gli disse della mia presenza il respiro mi si spezzò, lo trattenni temendo di un suo rifiuto e solo quando la ragazza mi disse di attendere ricominciai a respirare. Attesi per quasi un'ora, seduta nella piccola sala dove riviste di architettura, per me noiose, allietarono comunque momenti di angoscia e lussuria repressa."Signora può entrare, l'architetto la sta aspettando."
Mi alzai con una calma che non avevo ed entrai nel suo ufficio dove l'odore del suo profumo inconfondibile mi avvolse subito come una dolce carezza. Chiusi la porta alle mie spalle e lo guardai aspettando mi dicesse qualcosa. Cosa mi aspettavo dicesse? Sono felice che sei qui? Cosa mi aspettavo facesse? Un sorriso? No...
"Ti ho detto mille volte che quando posso e voglio ti chiamo io."
Il suo sguardo era cupo, indubbiamente non era felice di vedermi, sarei dovuta andare via, ma decisi di sfidarlo non curante del suo atteggiamento contrariato. Feci piccoli passi verso una poltrona posta sotto la finestra, gettai la borsa a terra, mi sfilai lentamente il cappotto fino a farlo cadere ai miei piedi per fargli gustare il mio corpo scoprirsi pian piano, nudo. Tolsi anche il mini slip e mi accovacciai sulla poltrona esponendo la mia fica ormai fradicia e vogliosa di lui. Non servivano parole ma solo gesti, sguardi, i miei supplichevoli, infuocati, pieni di desiderio troppo a lungo trattenuto. Mi osservò piegando la testa di lato, forse sorpreso e stuzzicato da tanta mia audacia, abbozzò un sorriso che ricambiai più vivo e gioioso del suo. Non resistette, lo sapevo, o forse solo lo speravo, si avvicinò e con il cazzo già duro e gonfio nel pantaloni si posizionò dietro di me per farmi sentire l'effetto che sempre gli facevo. Mi strusciai come una gatta in calore sulla stoffa e mugolai impaziente di averlo dentro e farmi sbattere fino alle lacrime.
"Lo vorresti adesso vero?"
"Ti prego..." Lo supplicai.
Appoggiò la sua mano al centro delle natiche e fece scivolare il pollice tra le labbra umide della mia fica strappandomi un gemito.
"Oh!"
Continuò a muovere il dito accarezzandomi dall'alto in basso fermandosi sul clitoride premendo forte.
"Sei già pronta, meravigliosamente pronta."
Si slacciò i pantaloni e il solo tintinnio della cinta mi fece tremare, tirò fuori il suo cazzo, eretto, gonfio e non resistetti alla tentazione di prenderlo in mano per poi infilarmelo dentro. Una sola spinta, decisa, mi fu dentro, urlai ma temendo mi farmi sentire mi morsi le labbra, soffocando un urlo che invece avrei voluto esternare per svuotarmi.
"Stai zitta, non urlare, ma godi per me in silenzio."
Mi afferrò per i fianchi e cominciò a sbattermi con furente voglia straziandomi come piaceva a me. Pochi minuti di esasperata passione, si irrigidì, poi il suo gemito, il suo cazzo esplodermi dentro inondandomi di sperma, una sensazione meravigliosa che toccò le note sensibili della mia perversione. Venni anche io, strizzando fino all'ultima goccia la sua asta di carne gonfia, lo trattenni, desiderandolo ancora dentro me, l'ultimo disperato tentativo di sentirmi ancora cosa unica con lui. Si sfilò poco dopo e rimasi così, mentre il suo sperma colava imbrattando le mie gambe. Si allontanò da me, lasciandomi solo freddo, vuoto, desiderio consumato, stuprato, ormai vissuto, ma tornò quasi subito con in mano dei fazzoletti di carta con cui mi pulì usando una cura che non avrei mai creduto.
"Forse dovresti farti venire più spesso queste smanie improvvise, come pausa tra un appuntamento e un altro sono come di un semplice caffè."
"Sono io la tua pausa caffè."
Girai la testa e vidi il suo sguardo compiaciuto, che brillava di felice serenità.
Andai via dopo pochi minuti, ma prima di voltarmi mi prese per un braccio, mi attirò a sé e mi baciò divorandomi.
"Vai ora!"
"Si vado, ricordati di pulirti le labbra, sei sporco del mio rossetto."
Se le leccò facendomi capire che aveva ancora voglia, ma il lavoro chiamava e senza farmi affascinare dai suoi occhi velati di desiderio gli sorrisi semplicemente. Mi sorrise anche lui facendomi promesse tacite di nuovi incontri fatti solo di noi, e felice me tornai a casa.
© Cinzia Fiore Ricci
Tutti i diritti sono riservati
Published on April 02, 2018 14:25
No comments have been added yet.


