Quando è moda è moda

Era il 1994, avevo quindici anni, e una mattina prestissimo, che c’era ancora buio, i miei mi avevano caricato su un pullman della CGIL alla stazione delle corriere di Carpi per portarmi con loro a Roma a una manifestazione. Era la prima grande manifestazione contro Silvio Berlusconi e mi ricordo che quando siamo arrivati al Circo Massimo io non vedevo più la gente, che era tantissima, molta di più di quella che avessi mai incontrato in vita mia, tutta raccolta in un posto solo e per lo stesso motivo, ma io ero lì in mezzo a quella folla del Circo Massimo e davanti agli occhi avevo solo i cavalli che correvano frustati dagli aurighi e le bighe che si spintonavano in curva, eccetera. Ero fatto così, sempre con la testa tra le nuvole. 

Finita la manifestazione, avevamo il pomeriggio libero prima che il pullman ripartisse per riportarci nella bassa emiliana, e così avevo chiesto ai miei se potevo andare da solo in un posto lì vicino dove si teneva una fiera del fumetto. Non ero mai stato a una fiera del fumetto, ma avevo controllato bene sulla cartina e mi sembrava raggiungibile in pochi minuti a piedi dal parcheggio dei pullman. Mio padre mi aveva guardato e mi aveva detto vai pure, ma stai attento. E io ero partito sgambettando felicissimo, mentre i miei erano rimasti lì dal pullman a mangiarsi dei panini al prosciutto e dei tramezzini al tonno che si erano portati da casa.

Per fare prima avevo calcolato che, invece di seguire la strada, avrei dovuto tagliare a metà un campo non ben precisato, forse un parco, forse un terreno incolto che attendeva che qualcuno ci costruisse sopra una palazzina, non mi ricordo bene, poi dovevo costeggiare una specie di tangenziale trafficatissima e attraversarla da parte a parte senza farmi investire. Avevo fatto così, ero stato molto attento, ma avevo anche una fretta incontenibile addosso per riuscire a vedere più cose possibili della fiera prima di dover tornare al pullman, quindi mi ricordo che a un certo punto mi ero messo a correre e mentre attraversavo il campo incolto a tutta velocità ero caduto, sbam!, dritto in avanti e lungo disteso con le mani e le ginocchia per terra, che era sabbiosa e rossastra. Non mi ero fatto niente, quindi mi ero tirato su, mi ero spazzato alla meglio le mani e i jeans ed ero ripartito di corsa, avevo costeggiato la tangenziale, l’avevo attraversata ed ero arrivato alla fiera.

Là era stato davvero tutto bellissimo. Mi ricordo molto bene che in mezzo a un capannone avevano ricreato l’ingresso del n.7 di Craven Road e se ti mettevi in fila potevi suonare il campanello e sentire un urlo lancinante che rimbombava in tutto lo stabile. Mi ricordo che ero stato un paio d’ore a spulciare i fumetti ai banchetti e a valutare tutte le edizioni speciali, e alla fine avevo deciso di usare i pochi soldi che avevo per comprare il numero zero di Venom con una copertina argentata e due copie del numero 155 dell’Uomo Ragno, una con una copertina d’oro e l’altra di platino. Ero contentissimo.

Poi avevo guardato l’ora, avevo calcolato bene i tempi ed ero tornato al pullman dove mi aspettavano i miei con tutti i loro compagni pronti a ripartire, perché era novembre, le giornate erano corte e stava già venendo buio. Mia mamma mi aveva squadrato per bene, aveva fatto una faccia sconsolata che diceva più o meno che due maroni cos’hai combinato, ma poi, visto che ero solo sporco di terra e non mi ero fatto niente, aveva alzato le spalle e mi aveva fatto salire al mio posto.


Qualche anno dopo, poi, due o tre al massimo, avevo chiesto dei soldi ai miei per andarmi a comprare un paio di jeans. Era un periodo che era appena venuta fuori la moda dei jeans lisi, un po’ strappati, ma soprattutto fintamente sporchi. Che i miei mi avevano chiesto cosa mai ci fosse di bello e interessante in un paio di pantaloni sporchi per andare in giro in mezzo alla gente. E io mi ricordo che gli avevo risposto che se si ricordavano bene, qualche anno prima, quando eravamo a Roma in manifestazione e io ero andato da solo alla fiera del fumetto, ero caduto e mi ero sporcato, e poi avevo girato mezza giornata per Roma tra la gente con dei pantaloni sporchi di terra. Secondo voi, gli avevo detto, quelli che voglio comprare adesso non assomigliano molto a quelli che avevo addosso qual giorno là? Lo sapevamo tutti che Roma era piena di stilisti, e io mi immaginavo che qualcuno di loro mi avesse adocchiato, si fosse appuntato in testa la faccenda dei pantaloni sporchi di terra e se la fosse tenuta per rimuginarci sopra e magari lanciare una moda nuova qualche anno dopo. Ero davvero convintissimo di questa cosa.

Lo sono ancora.


L'articolo Quando è moda è moda proviene da marco manicardi.

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Published on March 09, 2019 01:04
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