Coincidenze significative: sapete l’inglese?

Quando stamattina la deliziosa Angela mi ha dato i giornali del mattino (anche se sono un “dinosauro digitale”, leggo ancora in cartaceo) ho incrociato un caro collega, apprezzatissimo docente di lingua e letteratura italiana, nonchè giornalista e scrittore, il prof. Franco Salerno che prendeva i suoi. Mi ha detto che c’era qualcosa sul supplemento 7 del “Corriere” che mi riguardava. Beppe Severgnini proponeva nel numero del settimanale da lui diretto, un auspicio per il nuovo anno: imparare bene l’inglese. Ho sorriso, ci siamo dati gli auguri. A casa ho scattato questa immagine sul mio pc … Si è messa in moto la macchina dei pensieri … Son passati oltre sessanta anni da quando intuii che l’inglese sarebbe diventata la “lingua del mondo”. C’è sempre qualcuno che dice che bisogna imparare l’inglese, e impararlo bene … Dovrò scrivere qualcosa in merito … questo è soltanto un assaggio … Buona giornata a tutti!Questo è il messaggio che ho postato sulla mia pagina di Facebook. Devo dare corso ai pensieri a seguito di questo incontro dovuto a quelle situazioni che, di solito, vengono chiamate “coincidenze significative”. Se non ricordo male, proprio il prof. Franco Salerno, in anni ormai lontani, deve avere scritto uno dei suoi tanti libri proprio su questo argomento. Sia come sia, l’incontro ha dato la stura ai miei ricordi.
Con Franco Salerno siamo stati colleghi di insegnamento al Liceo di Sarno dove tuttora, credo, continua a svolgere la sua quanto mai apprezzata attività didattica di docente di italiano e di lettere classiche. Negli anni novanta è stato insegnante di mio figlio (e di sua moglie) in un momento molto particolare della vita culturale e sociale del nostro Paese, inteso come Città di Sarno, nella Valle dei Sarrasti, e il Paese Italia.
Una conoscenza di altri tempi, risalente agli anni del dopoguerra, quando i rumori delle attività provenienti dalla Tipografia di mio Padre si incrociavano con i profumi provenienti dalla Pasticceria di suo Padre in quel retro-cortile antistante Piazza Municipio. Lo spazio temporale di trenta anni che va dagli anni sessanta alla fine degli anni novanta. Meriterebbe uno studio serio ed approfondito, sia a livello locale che nazionale. Fu proprio in quegli anni che avvenne la grande trasformazione sulla quale questa “coincidenza” mi ha portato a riflettere:
come la lingua inglese abbia spodestato in poco tempo la presenza non solo del francese e sia potuta diventare “lingua del mondo”.Non credo sia possibile fare una cosa del genere in un scritto affrettato come questo post. Pensieri che nascono, infatti, da un fortuito incontro di due persone che si conoscevano bene un tempo, occasionato anche dalla pubblicazione di un servizio giornalistico sulla necessità di apprendere la lingua inglese. Ho parlato prima di “coincidenze significative” e credo che non sia soltanto questo. Sono in gioco i non tanto felici ricordi dei miei travagliati anni trascorsi in quel tempo, in quello stesso Liceo Ginnasio che mi vide indegno studente di una classicità troppo ingombrante per me.
Bussavano alle porte di un mondo che parlava in inglese per mezzo della tecnologia. Non perchè in quanto inglesi, americani, australiani, ma in quanto personaggi ed interpreti di una rivoluzione nella comunicazione di un mondo diventato improvvisamente non solo piatto ma anche globale. Il buon Beppe Severgnini nel suo settimanale 7 chiede: “Sapete l’inglese?” e aggiunge se lo conoscete davvero “bene”. In questa piccola, minima parola si racchiude la vera essenza del problema.
Conoscere “bene” sia Shakespeare che Trump non è cosa facile, sia ben chiaro. Lui parla di un inglese che non solo è diventata “lingua del mondo”, ma anche una vera lingua “ubiqua”. Pochi sanno che questo aggettivo include l’idea a cui ho accennato prima: un mondo piatto con una lingua globale non può essere che una comunicazione “ubiqua”. Un esempio? Mia nipote, in un liceo di Bologna studia il latino e la matematica in inglese.Chiara Severgnini, (credo che sia una figlia di Beppe) in apertura del servizio su Settimanale 7 così apre il suo reportage
“L’inglese è a portata di mano in TV, al cinema, sugli smartphone, in viaggio. Eppure, in Italia, fatica ad attecchire. La nostra conoscenza della lingua migliora, ma lentamente. I motivi? A scuola si fa troppa grammatica. I professori che cercano di innovare non vengono incentivati abbastanza. E i fondi scarseggiano”. Segue il titolo di apertura del servizio: “Siamo ignoranti in Inglese?Oggi, anno del Signore 2019, siamo ancora agli anni sessanta quando mi bocciarono in latino e in greco, preferivo il francese, non potetti studiare l’inglese perchè non esisteva. Lo imparai in Inghilterra, a nord di Londra, in un … ospedale mentale! Che tempi! Sono sicuro che andrà meglio per mia nipote Chiara …

Published on January 06, 2019 10:40
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