Pietre d’inciampo e serrande

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Debbo confessarlo: stavo per scrivere un post auto celebrativo, di quelli su quanto siamo bravi, belli e quanto ci impegniamo per rendere migliore l’Esquilino e quanto sono brutti e cattivi coloro che ci criticano e ci mettono i bastoni tra le ruote, quando mi cade l’occhio sulla notizia del furto delle pietre d’inciampo nel Rione Monti.


Queste, il cui nome deriva da un versetto della Bibbia


Ecco io pongo nella città di Sion una pietra di inciampo un sasso che fa cadere. Ma chi crede in lui non sarà deluso


sono un’ iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti. In particolare, erano dedicate alla Famiglia Di Consiglio, una famiglia di venditori ambulanti e macellai ebrei e romani da secoli.


Persone di cui è giusto ricordare la storia


Salomone, detto Pacifico, abita in via Adalberto nel quartiere delle Crociate con la moglie Gemma Di Tivoli, che ha un banco di stoffe al mercato in via Eleonora d’Arborea, e i suoi nove figli. I ragazzi frequentano la scuola Enrico Corradini (oggi Fratelli Bandiera). E’ una famiglia ebrea, romana da molte generazioni.


Nel 1943 la casa di Salomone è distrutta dai bombardamenti e la famiglia si sposta in via Madonna dei Monti, dove vivono e hanno bottega i suoi genitori Mosè e Orabona e i suoi nove fratelli. Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, le due nuore di Mosè, Celeste ed Enrica con i loro bambini si erano fermate a dormire a casa delle rispettive madri in piazza Giudia e vengono prese nella razzia nazista e, due giorni dopo, mandate a Auschwitz con gli altri oltre mille ebrei romani. Celeste e i bambini non sono in condizioni di lavorare e sono uccisi all’arrivo, Enrica sopravvive alla selezione, ma morirà poi in luogo e data ignoti. Ester, una sorella di Salomone, e i suoi riescono dapprima a nascondersi nella chiesa di Santa Croce in via Guido Reni ma per una serie di motivi devono tornare nel Rione Monti da una zia che aveva casa di fronte a quella di Mosè.


Nel 1944 dopo la soffiata di un delatore, Mosè Di Consiglio e tutti i familiari sono catturati dai tedeschi. Ennio, il più piccolo dei figli di Salomone, riesce a fuggire dal camion in corsa. Ester Di Consiglio dalla casa di fronte assiste impotente, con il marito Cesare Spizzichino e la figlia Giulia, all’arresto. L’altra loro figlia di otto anni, che al momento della retata si trovava dai nonni, si salva grazie a un falso nome. Tre giorni dopo la cattura, il padre Mosè, Salomone con gli altri fratelli e un genero sono fucilati alle Fosse Ardeatine. Le donne e i bambini sono portati in campo di concentramento insieme a Graziano, il fratello che quel giorno non era in casa ed è preso per strada il giorno dopo. Nessuno tornò. Ennio, l’unico Di Consiglio sopravvissuto, muore pochi anni dopo.


Terminata la guerra, il delatore che ha permesso l’arresto della famiglia Di Consiglio subisce processo e Giulia Spizzichino, una delle figlie di Ester, sarà la più attiva tra i familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine al processo contro Priebke.


La notizia, debbo confessarlo, mi ha atterrito: perché è un’offesa al dovere della memoria; ricordare, sempre e comunque, il rivivere con l’empatia il dolore e il dramma delle vittime, è l’argine che ci impedisce di cadere nella tentazione di tornare a essere carnefici, la molla che ci spinge a espiare i peccati del passato, per costruire un futuro migliore. E viola ciò che gli antichi chiamavano fas, l’insieme delle norme che ci rendono umani, esorcizzando la paura dell’Ignoto, imponendo prime leggi del vivere ordinato e rispettando i morti, nella consapevolezza che tutti noi diventeremo come loro.


Ora, io non conosco il motivo di tale gesto, la barbarie politica, l’avidità, l’idiozia: ma so che è un segno di una barbarie che ci avvolge sempre più, a cui ci assuefacciamo ogni giorno, che si deposita come polvere sulle nostre anime, intorpidendole.


Contro di lei è l’unica battaglia, forse inutile, che ci rimane: si combatte con piccoli atti di gentilezza, seminando bellezza e cultura nel quotidiano, mantenendo accesa la fiammella della speranza.


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Così anche il solo colorare una serranda in questi tempi bui, diventa un atto rivoluzionario, un pugno in faccia a chi ci vuole rendere meno umani.

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Published on December 10, 2018 11:28
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Alessio Brugnoli
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