"Chi sa, fa. Chi non sa, insegna"



Non so chi abbia espresso questo pensiero che dà il titolo al post. Viene spesso ripetuto senza che si sappia veramente cosa voglia dire. Lo si usa sopratutto quando si vuole mettere in cattiva luce chi non sa cosa fare, e perciò si dedica all'insegnamento. Non è, però, sempre vero che chi sa, sappia fare le cose nel modo giusto. Nè tanto meno sembra essere vero che, chi insegna non sappia sempre bene cosa stia facendo. Il fatto è che le parole hanno una latitudine di significati molto ampia. Bisognerebbe saperle usare, come qualsiasi altro strumento nelle mani degli esseri umani. La parole sono strumenti di libertà, come giustamente ha messo bene in evidenza nella sua settimanale rubrica "Abitare le parole" Mons. Nunzio Galatino, vescovo e presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Se leggete attentamente il suo articolo che qui di seguito riporto integralmente, vi renderete conto che il monsignore sa "amministrare" bene anche le sue parole oltre i beni della Santa Sede. Dalla rubrica "Abitare le parole/Insegnamento Il Sole 24 Ore 7 ottobre 2018":
"Insegnamento deriva dal latino "insignare" - composto dal prefisso in unito al verbo "signare" (imprimere, fissare, segnare) - che, a sua volta, rimanda al sostantivo "signum" (marchio, sigillo). Basterebbe questo per affermare che l'insegnamento è un'attività tesa a "segnare" la vita trasmettendo un metodo e dei contenuti abilitando a vivere in maniera riuscita e consapevole il proprio contesto. 
È quanto riteneva anche Don Milani. «Non ho bisogno - affermava il prete fiorentino - di lasciare un testamento con le mie ultime volontà perché tutti sapete cosa vi ho raccontato sempre: fate scuola, fate scuola; ma non come me, fatela come vi richiederanno le circostanze». Al di là degli aspetti specifici e delle circostanze irripetibili, Don Milani non riduceva l'insegnamento alla programmazione o alle funzioni strumentali. L'insegnamento l'ha inteso piuttosto come esperienza di relazione nella quale si offrono gli strumenti scientifici per diventare persone libere e creative in un contesto. Un contesto visto come una rete serrata e inevitabile di relazioni educative; una rete che si declina in una pluralità di forme che prevedono la trasmissione di un patrimonio fatto di informazioni, di teorie e di prassi. 
La sfida dell'insegnamento, soprattutto di quello moderno, è tentare di trasferire il patrimonio culturale e far appassionare a esso con mezzi contemporanei (i metodi didattici), con un linguaggio adeguato e soprattutto con l'ascolto appassionato. «Non ho mai insegnato ai miei allievi - affermava Albert Einstein - ho solo cercato di metterli nelle condizioni migliori per imparare». 
L'insegnante infatti può dire quel che vuole, può avere anche le più solide e fondate convinzioni, può essere in grado di argomentare per ore, ma se lo studente non "capisce" in modo autentico, tutto scivola via e prima o poi viene dimenticato. Anche l'insegnante. Diverso è per l'insegnante che è riuscito a motivare lo studente e a fornirgli gli strumenti critici per orientarsi nel suo tempo. Così facendo egli contribuisce ad aprire la sua mente a un pensiero nuovo e a una nuova comprensione, sollecitandone la curiositas: la voglia di non accontentarsi delle conoscenze acquisite. 
Per questo. penso, si possa affermare che l'insegnamento non è un lavoro e non è una professione. È un'arte. L'insegnante è un artigiano dotato di talento, competenza, inventiva e capacità relazionali. Ciò ne fa un intellettuale vero, che comprende prima di far comprendere, ascolta prima di farsi ascoltare, impara prima di trasferire conoscenza. Insomma, «Un buon insegnante è come una candela: si consuma per illuminare la strada per gli altri». (Proverbio turco). (Nunzio Galantino)

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Published on October 12, 2018 06:10
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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