L’Airone abbandonato
[image error]
Pochi giorni fa, mi è capitato di leggere un post in cui si parlava della possibile vendita in asta giudiziaria del cinema Atlantic, legata alle complesse vicende economiche e finanziarie della Ferrero Cinemas.
Ora, dato che, cito testualmente il post
La delibera comunale in materia di cinema prevede alcuni vincoli per il cambio di destinazione d’uso che però sono molto sbilanciati sulle attività commerciali e addirittura residenziali. Si può raggiungere per legge così il 70% tra residenziale e commerciale e il 30% destinato alle proiezioni
C’è quindi una forte possibilità che lo storico cinema della Tuscolana possa chiudere, impoverendo l’offerta culturale della zona. Ora, essendo una vicenda riguardante un soggetto privato e i suoi problemi di liquidità, il Campidoglio e il Municipio possono fare ben poco.
Però, nello stessa zona, vi è una situazione, in termini di spazi comunali, alquanto scandalosa, molto simile a quello dell’ Apollo: un’ex cinema, tra l’altro capolavoro dell’Arte Contemporanea, di proprietà capitolina, abbandonato a se stesso, lasciato decadere, invece che essere sfruttato come risorsa per arricchire e riqualificare gli spazi urbani.
[image error]
Sto parlando del Cinema Airone, di via Lidia, nel 1953 dall’Ente nazionale di previdenza per gli impiegati in agricoltura, l’Enpaia, commissionato a uno dei geni dell’architettura del Novecento, Adalberto Libera, capo-scuola del razionalismo architettonico italiano e autore del Centro dei Congressi dell’EUR, che, nell’elaborare il progetto, declinò il tema a lui caro della sala collettiva, con l’obiettivo, all’epoca assai moderno, di offrire a ogni spettatore un punto di vista uniforme sulla proiezione.
Per questo Libera eliminò la classica divisione tra platea e galleria e la sostituì con una pendenza uniforme. Ogni dettaglio progettuale concorreva alla ricerca della “forma ideale, necessaria e sufficiente” per svolgere la funzione richiesta: entrare in questa sala doveva essere l’evento parallelo che si svolgeva prima e dopo la proiezione del film.
Così l’architetto raccontava così la sua esperienza progettuale
“L’interno della sala lo sentivo come l’interno di un mandolino, ma non avevo l’ausilio di una forma matematica, sicché sono andato avanti alla meglio per sezioni ellittiche collegate da relazioni empiriche”.
Dalla cornice scenica, della forma di un televisore anni ’50, partivano raggi di seta verde e bianco che imitavano il sorgere del sole.La loro forma, il disegno, la tessitura insieme al colore determinavano un particolare effetto prospettico evidente nelle foto d’archivio. Le fasce bianche hanno una dimensione pressoché costante mentre quelle verdi, che emergono per contrasto, si allargano verso il fondo della sala e si assottigliano sino quasi a scomparire verso lo schermo. Lo spazio, per correzione prospettica, si riduce se dallo schermo guardiamo verso il fondo rivelando il semplice trucco, ma per gli ottocento spettatori che dalla platea guardano verso lo schermo, l’ampliarsi della sala si accentua magicamente.
[image error]
Ad impreziosire l’interno dell’edificio, Libera volle una decorazione murale realizzata da Giuseppe Capogrossi, che nel soffitto della scalinata d’accesso, sembra quasi replicare e suggerire l’accesso della folla.
Un gioiello architettonico, che, in altre città, sarebbe tutelato e valorizzato: ma purtroppo siamo a Roma. Negli anni Ottanta, divenne la discoteca Stellarium, dove qualche volta andai anche a ballare, poi cadde nell’abbandono.
Nel 2011 fu strombazzata dal Campidoglio un progetto di recupero, per trasformare la sala in un moderno auditorium multimediale, ma subito dopo si scatenò una battaglia giudiziaria, anche fondata, che però bloccò ogni iniziativa per la riqualificazione.
Ora l’Airone cade a pezzi, nel disinteresse di un’amministrazione, quella Raggi, che fonda il potere sulla desertificazione culturale.
Alessio Brugnoli's Blog

