La "vendetta" del blogger

Nelle tre immagini che corredano questo articolo posso racchiudere graficamente i miei pensieri. Mi riferisco all'edificio nel quale, nella Valle dei Sarrasti, nella città di Sarno, feci i miei studi giovanili. Un edificio dalle linee chiaramente dettate dallo stile del tempo. Ogni tempo, si sa, ha il suo. Sia detto senza ipocrisia, questo stile dimostra ancora oggi, la sua forza espressiva e la sua voluta "pesantezza" dell'essere. Metteteci dentro tutto quello che può contenere una parola che allora si poteva chiamare "cultura" e che, oggi, chiameremmo "conoscenza".
Qualcuno ha scritto che "il tempo si muove in una direzione, i ricordi in un'altra". E' vero. E' il tempo stesso a confermarmelo ogni giorno, man mano che scrivo per capire quello che penso. Questo scritto è la sequela di un post precedente, in cui ho parlato della straordinaria diffusione della lingua inglese negli ultimi tempi. Un "leviatano" dalle mille teste, con il quale ho dovuto confrontarmi per vivere, col passare degli anni. Mi ripropone continuamente i ricordi e mi dimostra come questi emergono man mano che il tempo si dilata.
Un edificio costruito per ospitare le "Scuole Elementari" che dovevano formare i cittadini di un "mondo" che sarebbe diventato "nuovo". Come, infatti, è diventato. Nessuno, però, avrebbe potuto immaginarlo come quello di oggi. Non ricordo molto dei giorni trascorsi in questo edificio, quasi nulla. Dall'Asilo Scuola delle suore di Ivrea in piazza Croce, venni trasferito qui per i successivi tre anni. Ricordo vagamente una insegnante vestita di nero, la signora Tura. Poi, per i tre anni della Scuola Media, i ricordi cominciano a apparire molto più chiaramente.
Scendemmo, in mancanza di meglio, (eravamo in pieno dopoguerra), al di sotto del livello stradale, nelle famose "cantinelle". Quei buchi neri, che si intravedono nella foto a livello della strada, segnalano le finestrelle di quelle che furono le aule per le classi che frequentai nei tre anni. In diversi post precedenti su questo blog ho pubblicato anche alcune foto delle classi, instantanee tradizionali che si facevano a fine anno scolastico.
Nel frattempo, quell'edificio aveva visto "nascere" sulle sue spalle "fasciste" un altro piano, il terzo, nel quale sarei poi salito per accedere alle vette del "Parnaso della conoscenza": era nato quel "Liceo-Ginnasio T. L. Caro" che sarebbe stato la culla della cultura non solo della città di Sarno, ma di gran parte del suo territorio, nella storica Valle che fu dei Sarrasti.

Quei due anni del ginnasio per me furono un travaglio. Come ho avuto modo di dire in diverse occasioni il problema era strettamente personale. Poca voglia di studiare, specialmente quei due "mostri" classici, il latino e il greco. Capivo poco e qualche "professore", nemmeno laureato, allora molto noto e consultato dalle "elites" culturali del "Circolo dei Signori" sarnesi, ebbe modo di dire a mio padre che mi avrebbe potuto far lavorare con lui nella tipografia paterna.
Non era detto che dovevo per forza studiare in una scuola che non era fatta per me. Avrei dovuto frequentare invece del liceo quella scuola che allora si chiamava "Avviamento Professionale". Forse aveva ragione. Forse, però, sarebbe stato anche bene chiedersi perchè il "ciuccio" fosse tanto "ciuccio". Ma questo lo avrei capito dopo. Per questa ragione sto qui a scriverne.
Fui costretto così ad "emigrare" altrove, lasciare il prestigioso ginnasio-liceo, come fu costretto a fare anche mio fratello. Per quanto riguarda la volontà e l'intelligenza, lui, buona anima, ne aveva da vendere, molto di più di quanto ne avessi io. Sono ricordi questi che ti marcano a fuoco nella memoria e che il tempo non riesce a cancellare. Ma la mia "partita" era ancora tutta da giocare, quella con le lingue "morte", intendo.
Questa fu la ragione per la quale non scelsi di studiare all'università il francese che, tutto sommato, mi piaceva molto. In maniera del tutto (in)conscia, quando mi diplomai altrove, decisi di studiare le lingue "vive". Scelsi l'inglese e non il francese. Lo feci seguendo le indicazioni della rivista "Le Lingue del Mondo" che era edita a Firenze dalla casa editrice Valmartina.
Un professore anglo-fiorentino, che si chiamava William Edmondson, autore di una delle prime brillanti grammatiche di lingua inglese che aveva per titolo "L'Inglese, lingua del mondo" mi convinse che quella era la scelta giusta. Quella lingua sarebbe diventata la lingua del mondo. Fu così. Una intuizione che mi avrebbe permesso conoscere il "mondo nuovo" al quale aspiravo e al quale, nè il latino nè il greco, avrebbero potuto mai introdurmi.
Ma avrei dovuto percorrere ancora molte altre diverse vie che sarebbero diventate strade per condurmi di nuovo in questo edificio che, nel frattempo, aveva mutato faccia. Il terzo piano ospitava ora il Liceo. A dire il vero ci arrivò prima mia moglie con la quale avevo condiviso il percorso universitario. Era la seconda metà degli anni settanta, il "mostro inglese" allungava giorno dopo giorno sempre più i suoi tentacoli.
Dal "Seminario di Lingua e Letteratura Inglese" dell'I.U.O. di Napoli, alla "Martin School" in piazza Borsa a Napoli,, dalla Badia di Cava al Seminario Vescovile di Nola, tutte le vie che questo blogger aveva percorso partendo dalla "Rotebühlstraße" di Stuttgart, all' "Harpebury Hospital" di St. Albans, ogni via percorsa sembrava indirizzarmi verso le origini, verso quel terzo piano dove avrei potuto vivere la mia "vendetta". Con l'aiuto di quell'indimenticabile "manager" che fu il preside Francesco d'Avino, fondammo la sezione del Liceo Linguistico del "Liceo-ginnasio T. L. Caro". Il "mostro-leviatano inglese" aveva favorito l'evoluzione della specie.

Oggi, a distanza di tanti anni, quel terzo piano è scomparso. Il caso, nel quale io fermamente credo, ha voluto che proprio mentre scrivevo questo post, FB mi trasmettesse la notizia riguardante la ricostruzione di questo edificio che in questa foto vedete nel suo aspetto attuale. Hanno abbattuto quel terzo piano, dicono, per motivi di sicurezza. I "ricostruttori", non so per quali ragioni, hanno inteso riproporre il suo "rigore" architettonico originale gettando nella sua infinita ricostruzione non so quanti milioni di lire-euro.
Nella comunicazione su FB che ho citato, chi vuole può leggere e soddisfare la sua eventuale curiosità qui al link. Non mi interesso di politica, non la pratico, non essendone capace. Mi basta soltanto riflettere su quanto il tempo possa essere implacabile giustiziere delle tante indiscusse stupidità che gli uomini, che si chiamano politici, sono capaci di fare.
A poca distanza da questo edificio si eleva un'altra storica "vergogna" della città dei Sarrasti: il cosidetto "Teatro 5 Maggio". Ma questa è un'altra storia della quale io faccio soltanto la parte di spettatore. Il "Liceo T. L. Caro" continua a vivere la sua felice ed attiva vita nel "mondo nuovo" che anche questo blogger, pur se in minima, piccola parte, non ha timore di dire, ha concorso a creare con l'aiuto del "leviatano" inglese. Anche con l'aiuto del tempo, l'unico vero amico: la "vendetta del blogger".

Published on August 24, 2018 04:23
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