Elogio di una parola: resilienza

Nella città di Kabul, in Afganistan, ci sono i giardini di Babur, un parco storico della città, luogo di sepoltura del primo Imperatore Moghul, Babur. Si stima che i giardini siano stati creati intorno al 1528 d.C. (935 nel calendario islamico) quando Babur diede il via alla costruzione di un 'viale giardino'.
In questo giardino c’è un albero molto vecchio sul quale sono visibili i segni di numerosi colpi di arma da fuoco, una traccia lasciata dal selvaggio passaggio dei Talebani in occasione della recente occupazione. Durante la loro amministrazione il prestigioso giardino decadde, i parchi vennero distrutti, gli alberi tagliati per fare legna in inverno.
Questo grande albero è un vero testimone di quella triste e violenta esperienza. Oggi, il giardino è stato restaurato con prati e fiori, soltanto lui continua a levarsi verso il cielo con le sue ferite, muto e resistente testimone di quella violenza. Si leva verso l’alto, ma nello stesso tempo, con la continuità delle sue radici nel terreno, sembra diffondere sale su di una ferita sul terreno che lo circonda. Resistente, anzi Resiliente, superstite a testimoniare la passata violenza ed il successivo trauma che intende curare.
Resilienza è la parola giusta da usare per una situazione come questa. Un termine diventato di moda, diffuso in tutte le lingue e che attira l’attenzione degli studiosi da diversi punti di vista. Si può pensare che la parola sia il risultato della crescente consapevolezza delle sofferenze umane a seguito di tragici eventi. L’esperienza talebana è stata una di queste.
Resilienza ha la sue radici nella parola “resilientia”dal latino “resalio”: risalire sulla barca rovesciata. Nel suo etimo latino “resalio”, ovvero l'iterativo di “salio”, significa “saltare”. Un verbo associato ad un'immagine precisa: saltare su una barca alla ricerca della salvezza. Un “salto” che è una reazione che nasce da una decisione, quella non solo di salvarsi, ma anche di reagire e andare oltre. Ci si vuole piegare ma non spezzarsi, rinunciando.
La resilienza non è soltanto pazienza, è, soprattutto, l’idea associata alla forza di volontà di reagire, come conseguenza di un trauma. L’albero che riceve quei colpi, li contiene, ne porta i segni e ne soffre le conseguenze, ma continua ad ergersi contro le passate sventure e continua a protendersi verso il cielo. Per ogni colpo ricevuto c’è il respingimento che segna il momento della reazione e nello stesso tempo marca il ricordo per guardare avanti.
Hannah Arendt ha scritto che ogni evento, per sua stessa definizione, è una serie di accadimenti i quali interrompono le abitudini e loro procedure. Ci sono fatti che accadono nella nostra vita e che ci segnano in maniera definitiva, anche imprevista. Sta nella capacità di ognuno di noi a sapere assorbire questo evento e far sì che si metta in moto una resistenza tale da permettere alle cose di ritornare se non come prima, ma almeno a creare nuove circostanze e nuovi spazi che portino al cambiamento.
Da questo punto di vista la resilienza somiglia alla pazienza, nella capacità non solo di sopportare ma anche accettare le cose, l’evento nella sua negatività, ed essere “pazienti”. Una condizione questa che la resilienza non accetta, ma cerca di far ritornare le cose come erano prima, però in una visione temporale che non sia chiusa con l’evento, ma allargata, allungata, proiettata in avanti, in un altro tempo, in un tempo nuovo e disteso. Non si tratta solo di sopportare il dolore, ma di sfidare il tempo della sua sofferenza, sostituendolo.
More and more I have come to admire resilience. Not the simple resistance of a pillow, whose foam returns over and over to the same shape, but the sinuous tenacity of a tree: finding the light newly blocked on one side, it turns in another. A blind intelligence, true. But out of such persistence arose turtles, rivers, mitochondria, figs -- all this resinous, unretractable earth.
(Jane Hirshfield)
Apprezzo sempre di più la resilienza. Non la semplice resistenza del cuscino che assume sempre la stessa forma, ma la sinuosa tenacia dell’albero che rincorre la nuova luce quando essa scompare da un lato e la trova in un altro. Una cieca, vera intelligenza. Da una persistenza come questa sono nati i fiumi, le tartarughe, il mitocondrio, i fichi, tutta questa resinosa e non retrattile terra.
(traduzione di a.g.)

Published on June 08, 2018 13:36
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