Isole di felicità (Laimes salos) - ventisettesima parte



Foto Antanas Sutkus via Pinterest

La vita aveva riacquistato tuttavia il suo ritmo di sempre a cui, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto sottrarsi.
Lavoro, casa, riprendere Rebeka da danza e ora Goda frequentava di nuovo i corsi di nuoto.
Marijonas era ritornato l'assente di sempre e aveva cominciato a pagare gli assegni familiari in ritardo.
Ormai su di lui in nessun modo poteva piú contare.
Anche Rebeka e Goda le pareva cominciassero a perdere fiducia nel padre.

- Forse mamyte dovresti risposarti. Sei sola e non puoi fare tutto tu. E se a te succedesse qualcosa che fine faremmo noi? - le disse Goda con sorprendente lucidità e un poco ingenuamente


Risposarsi? Ma con chi? Uomini nella sua vita non ne vedeva. Non che fosse brutta. Anzi. Tanti uomini per strada la guardavano. Qualcuno le aveva anche detto "Graži (1)!"
Si rendeva conto di attrarre gli uomini ma era come se una barriera si fosse interposta fra lei e il loro mondo. Avrebbe voluto un uomo ma non lituano. Trovava i lituani troppo bugiardi. Avrebbe voluto uno straniero. Forse un italiano. Un uomo come quello della scuola di Roma, a cui spesso aveva pensato.
Avrebbe anche vissuto bene cosí, con questi pensieri di distacco dall'universo maschile, se non fosse stato per il desiderio sessuale che non le dava pace.
La tormentava a tal punto che in certi momenti il bisogno di sesso era così forte che doveva masturbarsi dovunque si trovava. Non voleva finire come quella sera al Brodvėjus, di cui aveva amaramente pagato il prezzo, per questo si masturbava, per liberarsi del demone.
Per lo piú si masturbava in bagni di ristoranti, bar, stazioni del treno o dell'autobus...o a casa ma solo quando era sola.
Masturbarsi era solo un surrogato. Aveva bisogno del pene duro di un uomo nella vagina, nell'ano, in bocca, in mano anche. Sentirlo duro contro di lei, che la scopava forte fino a farle perdere
conoscenza.

Il tormento era forte, fortissimo. Il corpo e il cervello in particolar modo si irrigidivano, si bloccavano. Non capiva piú nulla. Non poteva lavorare, non poteva pensare. Quasi neanche respirare. Un fuoco dal sesso le risaliva fino in gola e le toglieva il respiro.
Doveva allora masturbarsi, liberarsi da quell'ossessione per ritrovare la pace, il controllo di sé e del proprio pensiero.
Poi per qualche ora sarebbe stata bene. Avrebbe ripreso a respirare, a sentire il cuore battere regolare e il sangue rifluire al cervello.

(1) "Bella!"

COMPRA su Amazon: Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 12, 2017 03:11
No comments have been added yet.