"Ai figli dei figli" ... "Unto the Sons"

Tom, Maureen, Amelia, Antonio, Jeanne, Rick. In una giornata ai primi di giugno tre coppie si ritrovano al Valico di Chiunzi felici di festeggiare un incontro imprevisto. Questo blogger e la sua metà, ricevono una visita da oltre Atlantico. Amici e parenti americani sbarcati il giorno prima a Capodichino, ospiti per un giorno in Costa d'Amalfi. Ci siamo conosciuti in maniera "social" prima di questo incontro "alive".

Chi scrive in questa immagine è una mia nipote di nome Maureen, accanto a suo marito Tom, sotto lo sguardo attento di Jeanne. Rick, il fotografo, suo e mio cugino è il marito di Jeanne. Sono andato a prenderli giù a Maiori nell'albergo dove alloggiarono soltanto per un giorno, con un folto gruppo di visitatori americani in un tour tutto italiano.

Ho conosciuto Maureen su FB, siamo stati in contatto per qualche anno. Durante la visita che feci anni fa negli Usa, nel New England, fui ospite di Jimmy Parziale, suo zio. Ebbi modo di incontrare molti membri di questo ramo americano della mia famiglia. Tutto ebbe origine negli anni venti, quasi un secolo fa. Anna era una sorella di mio padre, prima figlia di sei, quattro fratelli e due sorelle. Una tipica famiglia patriarcale. Con Maureen cercammo di ricostruire la nostra identità in una giornata di splendida primavera amalfitana.
Maureen non si stancava mai di chiedersi perchè mai sua Nonna Anna, alla quale era legata da un fortissimo affetto, fosse emigrata in America, lasciando questo bellissimo Paese Italia che stava visitando per la prima volta. Io, che non amo molto scavare nel passato e non sono bravo a fare ricerche storiche, specialmente di araldica, le chiesi di aiutarmi ad orientarmi nella selva dei Parziale, la numerosa famiglia che avevano creata in quasi un secolo la sorella di mio padre Anna e suo marito Alfredo Parziale. Ne venne fuori il "suo albero" che appare qui sotto insieme a quello della mia famiglia. Due alberi a confronto, due identità che confermano l'idea che "la geografia non è altro che la storia nello spazio come la storia è la geografia nel tempo".


Questi pensieri mi hanno condotto alla rilettura di un libro le cui copertine appaiono qui di fianco. Conservo le due edizioni in italiano ed in inglese. Una vera e propria saga di oltre seicento pagine.

Io ebbi modo di conoscerla, la zia Anna l'americana, ai primi anni cinquanta. Avevo una decina di anni e la nostra famiglia stava vivendo un periodo di grandi difficoltà. Eravamo appena usciti da una guerra tanto tragica quanto stupida e sanguinaria. Era il tempo di quando arrivavano "i pacchi dall'America". Vestiti e generi di prima necessità, per una ripresa di vita negli anni difficili del dopoguerra. Tutto arrivava in quelle scatole che erano contese in famiglia che il postino portava d'oltre oceano.
Chi non ricorda il commercio delle "pezze americane"? Un periodo storico del nostro Paese Sarno/Italia che abbiamo tanto volutamente, quanto velocemente, dimenticato. A distanza di oltre mezzo secolo tutto è cambiato, in meglio, e meno male! Ci siamo americanizzati. I moderni americani Maureen, Tom, Rick e Jeanne non riconoscevano il Paese Italia per quello che era la sua fama. S'era verificato un forte, inatteso ed imprevisto senso di identità.

Affascinata dal paesaggio, dalla gente, dai monumenti, dal cibo, Maureen e gli altri non potevano comprendere quanto sia la storia che la geografia costituiscano la vera, concreta identità di questo nostro Paese chiamato Italia.
Eravamo in Costiera, un territorio famoso nel mondo, nel suo pieno splendore stagionale. Lei avrebbe voluto visitare il paese da dove era partita sua Nonna quasi un secolo prima: Sarno nella Valle dei Sarrasti. Non fu possibile portarla in Via De Liguori, a vedere la casa dove Michele Gallo, il fondatore della "Arti Grafiche M. & Figli" e sua moglie Caterina costruirono l'albero della vita che appare qui sopra in questo post. Disse che sarebbe tornata, perchè sua Nonna Anna, le era venuta in sogno e le aveva detto di visitare quei luoghi dove era nata, cresciuta con i suoi fratelli e aveva imparato a cucire e ricamare. Dopo la sua emigrazione, era iniziata la sua saga sull'altra parte del mondo iniziata in una "bakery" da qualche parte nel New England, alla stessa maniera di quella descritta da Gay Talese in questo suo libro di oltre settecento pagine. Una storia che è simile ma non eguale a quella delle emigrazioni di massa moderna, con un fascino incredibile quando la si affronta caso per caso, famiglia per famiglia, persona per persona. Una collezione di avventure umane, uniche, drammatiche, irrepetibili.
Gay Talese, giornalista del "New York Times" diventato scrittore di successo, e stato la persona più adatta per ripercorrere a ritroso una di queste storie vissute anche dalla sorella di mio padre Anna, semplice, brava, giovane e sconosciuta ricamatrice emigrata in America nella metà degli anni venti per ragioni che restano ignote tanto a me qui son rimasto, quanto a Maureen che nell'altra parte dell'oceano è nata, e da lei è stata cresciuta ed amata.
Sarebbe bello potere/sapere fare questo viaggio a ritroso nella storia e nella geografia. Da Sarno, piccolo paese del meridione d'Italia, nella antica Valle dei Sarrasti, un territorio del Sud d'Italia, un tempo laborioso, sia industriale che agricolo, ancora e sempre orgoglioso del suo passato, pervaso da un radicato sentimento di una scomparsa classicità, ma incapace di riconoscere il suo sottosviluppo, attanagliato come è da un confuso destino moderno.
Dalle brume del tempo, nella narrazione di Talese emergono sconosciuti protagonisti di questa avventura, generazioni di sarti che il fato porta al seguito dei Borboni a Napoli, di Murat in Russia, di Corradino di Svevia, di Garibaldi, fedeli a un senso del dovere che va al di là delle vicende politiche e dei cambi di "padroni". Una storia di sopravvivenza che comincia nella narrazione nel suo libro nella seconda metà dell'ottocento, come in gran parte della storia della emigrazione italiana verso la sospirata America.
Ricordo un altro grande libro intitolato "Radici", un libro che fu essenziale per far conoscere al grande pubblico l'odissea degli schiavi neri portati in America, "Ai figli dei figli" è quanto di meglio potesse essere scritto per conoscere, dal di dentro, la dignitosa epopea degli Italiani del Sud, negli anni in cui l'America li chiama "dago", uno degli epiteti spregiativi tra i più utilizzati al tempo negli Stati Uniti d'America e in Canada per indicare una persona di origini latina, soprattutto italiana, o spagnola o portoghese. Però buona parte della pubblica opinione imparò ad apprezzarli per le loro doti di lavoratori e a distinguerli da quelle frange della malavita che già allora andavano costituendo i focolai della mafia.
Una storia come questa di Talese vorrei saper/poter scrivere, ispirato da quei due semplici alberi delle famiglie Gallo-Parziale, disegnati da una cugina americana conosciuta via social, in una bella giornata di giugno in Costa d'Amalfi. Quel grande viaggio nella storia degli emigrati italiani laboriosi ed onesti, sopratutto poveri in economia, ma ricchi di spirito.
Un affresco composto da tanti tasselli di microstoria sul tavolo della Grande Storia, vista non attraverso le cancellerie e le istituzioni, ma nella bottega di quel panettiere nel New England, nella piccola sartoria del New Jersey e nei tanti diversi posti che la storia della geografia dei luoghi americani ben conosce. Una storia che possa essere appetibile e comprensibile anche per quel grande pubblico giovanile narcotizzato dai social e dai suoi contenuti.

Published on October 11, 2017 07:06
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