Isole di felicità (Laimes salos) - ottava parte

Con Marijonas non era mai stato facile. Che ci fosse o non ci fosse non cambiava molto la vita familiare.
Solo l’anno che Goda si ammalò anche Marijonas era cambiato.
Fu un anno terribile. Un anno in cui Goda tossiva di continuo tutta la notte. Un anno in cui mai si dormiva. Un anno di dottori, di spese continue, di povertà quasi. Un anno di affannosa ricerca di guarigione che mai arrivava. Un anno di sofferenza, ma forse l’unico anno in cui Marijonas fece il padre. Aveva rinunciato a giocare al calcio, lui che giocava tre volte a settimana.
Aveva smesso di bere birra il venerdì sera davanti alla TV. Aveva anche smesso di mentirle e di uscire con altre donne.
Nella malattia e nella sofferenza di Goda ritrovò un marito, un compagno di vita anche se non di amore. Ma lei aveva smesso di amarlo. Troppe infatti le bugie. Troppi gli egoismi. Sempre anteponeva se stesso, i propri desideri, i propri interessi privati alla famiglia. Spendeva tutti i soldi nella macchina. Si era comprato anche la moto.
Come poteva amare un uomo che pensava solo a se stesso? Che riteneva più importante il proprio piacere (Duok man sekso, dammi sesso, le diceva in lituano il venerdì sera ubriaco davanti alla TV dopo aver bevuto sei o sette birre comprate a Maxima, il supermercato vicino casa). Che anteponeva macchina e motore ai bisogni della famiglia.
Ma quell’anno di malattia di Goda anche Marijonas era cambiato e un po’ Rūta si sentì moglie e marito, sentì l’atmosfera che aveva sempre immaginato e mai vissuto.
L'unica persona che nella sua infanzia le era stato vicino era stato il patrigno. "Essere vicino " non necessariamente implica un senso positivo.
Infatti i conflitti con lui erano stati innumerevoli.
Lui aveva assunto il ruolo del padre, che lei mai aveva avuto, ma lo aveva assunto senza che nessuno gliel'avesse chiesto. Tanto meno Rūta.
Rūta amava andare in bici. Amava pedalare per le strade e le stradine di campagna che circondavano la casa di Utena dove si erano trasferiti alla morte del padre.
Il suo sogno era diventare una ciclista. Voleva correre, diventare una professionista.
- Negalima, non è possibile - le ripeteva il padrino
- Ma perché?
- Sei una donna. Ti diventerebbero le gambe troppo grosse. Una donna con i muscoli delle cosce così ingrossati è orribile
La disturbava che quell'uomo, che non era il padre, potesse decidere della sua vita. Non lo accettava.
Sembrava avesse il cuore di pietra.
Mai avrebbe immaginato che anni dopo, quando ormai era una mamma, quando Marijonas a febbraio - dopo quella notte che era nevicato e le vie si erano ghiacciate per il freddo - aveva lasciato la casa e lei si era seduta sul divano e aveva aperto felice un libro e aveva finalmente respirato - mai avrebbe immaginato di ricevere una chiamata da quell'uomo.
- So che Marijonas se n'è andato – le aveva detto - So quanto hai sofferto a causa sua...non era l'uomo per te l'ho sempre pensato...solo che tua madre voleva che ti sposassi. Per lei bastava che ti sposassi…a lei non è mai importata la felicità di nessuno...meno che mai la tua
Anche lui aveva lasciato sua madre, si era risposato e ora viveva a Vilnius come Rūta.
Ma suonavano strane quelle parole "meno che mai la tua". A Rūta non era mai parso che lui, come sua madre, volesse la felicità di lei. Perché ora la cercava e voleva il contatto? Perché non le aveva parlato così quando era piccola e aveva bisogno di comprensione? Che voleva ora?
Ci fu un’altra volta che Rūta voleva fare nuoto, a livello agonistico, ma lui di nuovo glielo proibí.
- Ti verranno le spalle troppo grosse. Non va bene per una donna
Aveva preso a telefonare spesso dopo quella notte di febbraio. Voleva sapere di lei, delle "principesse", come lei chiamava Goda e Rebeka.
Si informava della sua salute, del suo lavoro.
Stranamente quando gli disse che aveva cambiato lavoro e non era più al ministero il suo commento fu
- Hai fatto bene. Non era il tuo lavoro
Fu sorpresa. Come poteva essere cambiato così?
Ultimamente veniva a casa e le portava verdura o frutta di stagione. Aveva un orto sulle colline fuori Vilnius e da dopo che era in pensione era quasi il suo lavoro.
Per tutti quegli anni lo aveva sempre pensato come un nemico, adesso si presentava invece con la faccia da amico.
Si sentiva spaesata. Lui si comportava come se il passato non fosse mai esistito. Ma era esistito. Rūta non aveva dimenticato, per questo ora si sentiva confusa e disorientata dal comportamento di quell'uomo.
Lui era cambiato. I suoi tratti si erano addolciti, quasi che finita l'era dell'occupazione sovietica fosse concesso a chi voleva cambiare che potesse cambiare e dimenticare.
Non aveva più il volto arcigno e l'aria autoritaria dell'inizio anni Novanta.
Ora le sembrava un pacifico abitante di Vilnius, dall'aspetto bonario. La sua voce ugualmente aveva perso quel tono militare secco. Ora aveva un timbro affaticato, stanco di vivere in un mondo che non riconosceva più adatto al suo suono di una volta.
Talora Rūta stentava a riconoscere il patrigno nell'uomo che veniva la sera a casa a portarle verdura o frutta.
E la sua confusione aumentava. La sua indecisione pure.
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Published on September 20, 2017 07:44
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