"Con i Frati della Corda in Terra Santa"

“Chi scrive un diario deve necessariamente aprire il cuore e la mente”, così ha scritto l’autore di questo libro nella dedica a me indirizzata. Un libro che ritengo di non facile lettura, per chi non conosce l’autore. “Lettura” intesa come “comprensione” del percorso umano che ognuno di noi nella vita è destinato a fare. E’ pur sempre vero che ogni uomo è un libro ed ogni libro è un uomo. Se si scrive un diario e lo si tiene per sè, non ci sono problemi. I problemi nascono se si decide di farlo diventare un libro e diffonderlo.
Questo “diario di un pellegrinaggio”, che l’autore ha fatto diversi anni orsono in Terra Santa, è un’occasione per lui di “aprirsi”, sia con il cuore che con la mente. Non solo con se stesso, ma soprattutto aprirsi con gli altri. Operazione sempre ad alto rischio, quando la propria mente e il proprio cuore sono in tumulto. C’è una poesia di un poeta che mi aiuta a scrivere questa nota che non vuole essere una recensione, ma solamente la stesura di alcuni pensieri non so quanto corretti. Ma di sicuro, sono sinceri. Leggerete la poesia di questo poeta russo alla fine perchè, contrariamente a quanto Fëdor Tjutčev (1803-1873) consiglia, cioè di stare attenti a non aprire il proprio cuore e la propria mente, Mario Manzo ha fatto proprio l’operazione opposta. Ed aveva le sue buone ragioni per farlo. Ma andiamo per ordine.
Ogni essere umano porta con sè idee, sogni e sentimenti che sorgono, fermentano e tramontano in ogni istante. Li coltiviamo, portandoli con noi, li difendiamo, li abbandoniamo, tradendoli spesso, mettendoli in discussione e confrontandoli con quelli degli altri. Pretendiamo di averli capiti, soltanto perchè sono nati nella nostra mente e nel nostro cuore. Diamo per scontato che sono quelli giusti, i migliori. Ci aspettiamo, se non pretendiamo addirittura, che gli altri li capiscano e li facciano propri. Speriamo, invano, di essere accettatii, senza accorgerci, come spesso accade, che nel momento in cui li esterniamo, siamo noi i primi a tradirli.
Non ci rendiamo conto che possono essere menzogna per gli altri. Forse sarebbe meglio tenerli chiusi dentro di noi. Essi appartengono a quel mondo che è tutto nostro, nel quale mai nessuno potrà entrare. Non perchè non lo vogliamo, anzi tu lo vorresti, lasceresti entrare chiunque e tutti: amici e nemici, parenti e sconosciuti, perchè credi che tutti siamo figli di un solo Padre, sotto un unico Cielo. Li accoglieresti volentieri nel tuo magico mondo fatto di semplici e lievi pensieri, che tu difendi gelosamente dal frastuono esteriore di un mondo che disperde i suoi raggi piuttosto che distribuirli nella maniera migliore.
L’autore di questo libro, nonostante quanto ho scritto finora, ha deciso invece di dire tutto, di aprire il suo cuore e la sua mente, convinto, come dice nella sua introduzione al libro, che “la vita si sa è un banco di prova, nulla ci appartiene”. L’occasione per intraprendere questo viaggio gliela offre il pellegrinaggio che lui fece quasi venti anni orsono in Terra Santa, insieme ai “Frati della Corda”, alcuni padri francescani che, come si sa, sono i custodi dei luoghi nei quali il Figlio di Dio compì i suoi giorni. Un viaggio che attraversò il Libano, la Siria, la Giordania e la Galilea e poi si concluse a Betlemme e Gerusalemme. L’autore rilegge gli appunti scritti a quel tempo, li riprende poi per registrare le ragioni spirituali di un cammino di fede imprevisto nella mente e nel pensiero. Egli scrive:
“Da quando è sorta in me la sana convinzione di poter mettere per iscritto le ragioni spirituali di un cammino di fede, mai e poi mai mi era balenato nella mente il pensiero che un giorno sarei potuto ritornare in Terra Santa per ricalcare le Orme del Signore nostro Gesù Cristo e della sua Beatissima Madre. Ed invece la Provvidenza, contrariamente alle mie superficiali convinzioni o fragilità di “uomo di poca fede”, a distanza di dieci anni ha provveduto differentemente. Sull’esperienza di quanto avevo vissuto nel 1999, l’essere di nuovo pellegrino in Terra Santa non poteva e non doveva significare una semplice partecipazione emotiva ad un evento dal quale, per una continua tensione dello spirito, non puoi uscire senza sacrificare qualcosa.”Ha inizio così per Mario un secondo pellegrinaggio interiore attraverso le carte, la memoria, gli appunti, i ricordi, il travaglio che solamente chi cerca la verità, chi cerca se stesso e in ultima analisi cerca Dio, può comprendere. Un “rischio”, il grosso “rischio”, come scrisse Giuseppe Prezzolini in un suo libro intitolato appunto “Dio è un rischio” pubblicato mezzo secolo fa. Anche Prezzolini fece in un certo modo lo stesso tipo di percorso. Alla pubblicazione del suo libro che porta questo titolo, fece seguito un altro a seguito degli incontri che lo scrittore ebbe poi con il Cardinale G. B. Montini, quando era divenuto Papa Paolo VI. La ricerca aveva una sola sintesi nella parola chiave: la Fede.
La fede non la si può insegnare. C’è o non c’è. E’ dentro di noi come parte del nostro destino, forse addirittura iscritta nel nostro DNA, dove la nostra storia futura è segnata in maniera fisiologica. Mario, nel voler rifare quel suo viaggio in Terra Santa, questa volta tra le carte dei ricordi e le nebbie della memoria, ha voluto stabilire per se stesso e per la sua esistenza il confine che intercorre tra mondo razionale e mondo della fede. Il primo gli offriva una concatenazione logica poco soddisfacente. Il secondo, quello della Fede, una “presenza” reale che aveva sentito, avvertito, durante la visita del 1999.
Soltanto a distanza di tempo, con la riflessione, la ricerca e anche con l’aiuto dei “frati della corda” era riuscito a trovare. Doveva trovare soltanto il modo di mettere ordine nel caos delle parole degli appunti del suo diario e il tormento dei sentimenti della sua mente e del suo spirito. Il grosso “rischio” di rendersi conto che al di là di ogni viaggio, luogo ed esplorazione, Dio non è in nessun luogo, nemmeno in quei luoghi come quelli della Terra Santa che lui aveva tanto desiderato di visitare. Era soltanto in se stesso. Un Dio impossibile nella logica umana, ma possibile nella preghiera.
Di qui nasce , si comprende e si giustifica il suo impegno di scrittura, di “rischiare” una esperienza creativa imprevista ed imprevedibile, difficile forse da comprendere per molti, ma “ragionevolissima” per lui. Aveva bisogno di aprire il suo cuore e la sua mente, prima a se stesso e poi agli altri. Era lo scotto, il “rischio” da pagare. Lo ha fatto senza curarsi di quanto aveva scritto il poeta russo nella sua poesia che leggerete qui di seguito. Mario Manzo non ha avuto timore di aprirsi a se stesso e poi agli altri in nome della Fede. Il suo secondo appuntamento con i Luoghi Santi gli è servito per “verificare, rafforzare e cementificare i fondamenti in cui crede e professa nella pienezza della Fede, la sola che introduce nell’amore di Dio Padre e che fa gustare nell’intimo il fascino della reale presenza di Cristo”.
Ci si potrebbe chiedere cos’è che spinge un uomo maturo, con famiglia e con i tanti problemi da affrontare e risolvere quotidianamente a fare un’operazione del genere. La risposta ce la dà lo stesso Mario quando scrive:
“Spero che questo rapido “excursus” a ritroso nel tempo possa portare conforto a chi legge, ma, soprattutto , in un contesto sociale che non ha più legami con il sacro, che sia di augurio e di sostegno ai giovani affinchè, riscoprendo le radici del proprio essere cristiani mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, i loro occhi si aprano definitivamente a quella speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce (1Pt 1,3-4)”.
Silentium
Taci, nasconditi ed occultai propri sogni e sentimenti;che nel profondo dell’anima tuasorgano e volgano a tramontosilenti, come nella nottegli astri; contemplali tu e taci.Può palesarsi il cuore mai?Un altro potrà mai capirti?Intenderà di che tu vivi?Pensiero espresso è già menzogna.Torba diviene la sommossaFonte: tu ad essa bevi e taci.Sappi in te stesso vivere soltanto.Dentro te celi tutto un mondod’arcani, magici pensieri,quali il fragore esterno introna,quali il diurno raggio sperde:ascolta il loro canto e taci!
Fëdor Tjutčev (1803-1873) (Tr. Tommaso Landolfi)

Published on April 26, 2017 10:20
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