"Brucerò i miei libri ..."

Cristopher Marlowe
Non impressioni il lettore il titolo di questo post. L'ho avuto in bozza per diverso tempo, non sapendo bene come affrontare un tema per me molto importante. Avevo bisogno della giusta ispirazione per scriverci su quello che penso. Adesso che ho avuto la possibilità di mettere ordine nella mia biblioteca, trasferendo i miei libri dagli scaffali cartacei a quelli digitali su GoodReads, credo di poter riprendere il tema di questo discorso.

Sono molti i miei libri, quasi cinquemila, forse troppi, forse pochi, dipende da chi li ama, li colleziona, li conta e magari trova anche il tempo, la forza e l'intelletto per leggerli. Lecito chiedersi a che serve collezionare tanti libri, per i molti anni vissuti, tramandati da padre in figlio, da nonno a nipote. Poi, per uno scherzo del destino o magari del diavolo, è proprio il caso di dirlo, ti capita tra le mani un libro che hai letto tanto tempo fa, facendolo studiare anche a chi forse non era ancora pronto a a leggerlo e comprenderlo.

Mi riferisco alla "Tragica Storia della Vita e Morte del Dottor Faust" scritta in forma tragica e poetica da quel poeta bandito e straordinario avventuriero che fu Christopher Marlowe. Il dramma narra la storia di Faust, uno studioso così avido di sapere da non accontentarsi del sapere accademico, della medicina e della teologia, avventurandosi nel campo della magia nera. E siccome la ricerca autonoma e libera della verità (la filosofia o la scienza) era stata da sempre in contraddizione con la teologia dogmatica, che invece reclama obbedienza (si pensi ad Adamo, ad Icaro o a Prometeo), Faust assume le sembianze di un negromante, perché poco più che stregoni venivano visti gli scienziati ed i filosofi della natura nell'epoca dei conflitti religiosi in Europa.

Dopo aver compiuto un'invocazione nel suo studio, gli appare il diavolo Mefistofele con il quale stipula un patto: Faust avrà la conoscenza ed i servizi del servo di Lucifero per 24 anni, dopo i quali il diavolo avrà la sua anima. A questo punto, Faust prova un momento di liberazione che assomiglia ad un desiderio sconfinato d'onnipotenza. Tuttavia, sebbene egli faccia grandi progetti per il proprio immediato futuro, e sebbene sogni di utilizzare le abilità acquisite per ottenere potere e gloria, riesce solo a compiere piccoli atti di bassa levatura.

Durante tutta l'opera, Faust viene continuamente consigliato da due angeli, uno buono e uno malvagio, simboleggianti i due lati della natura umana. Nell'ultima ora della sua esistenza, Faust dà vita al famoso soliloquio, nel quale l'opera raggiunge un altissimo livello di poesia. Questo brano l'ho proposto per anni a tanti miei giovani studenti illudendomi di trasmettere loro non solo l'importanza della conoscenza della lingua inglese, mio obiettivo primario al tempo, ma anche la passione per la lettura e la conoscenza.

Ecco, "leggere" significa "conoscere", l'ho imparato a spese mie col tempo. Oggi, che scopro di avere accumulato una notevole quantità sia di letture che di tempo, avverto, come Faust, questo grave peso che diventa sempre più un fardello. I libri sono tanti, almeno i miei. Infiniti sono quelli scritti dagli altri, nel corso dei secoli. Chissà quanti ne dovrei ancora leggere, che non ho letto e che non potrei mai farlo.
 

E allora, rileggo questo brano della "dannazione" e mi chiedo se non arriverò anche io a imprecare come il dottor Faust: "brucerò i miei libri!". Intendiamoci, non ho fatto nessun patto con nessuno, e non intendo farne. Potrei liquidare il tutto consolandomi con Qohelet il quale, oltre tremila anni fa chiudeva il suo canto lamentandosi che si scrivevano troppi libri e che tutto era "nebbia", ma non risolverei il problema.
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Proprio stamattina ho letto che Benedetto XVI, il Papa emerito, che sta per compiere 90 anni, ha pubblicato un suo ultimo libro nel quale si occupa proprio del tempo e della storia di cui sto parlando e, guarda caso del senso del nostro "viaggio" umano. I libri ci aiutano in questo percorso terreno che, a mio parere, comincia da lontano, troppo lontano per conoscerne la origine, un viaggio che poi si conclude in un altrettanto misterioso e sconosciuto territorio.
 

Scrive Benedetto: "L'uomo di oggi ha lo sguardo rivolto al futuro. La sua parola d'ordine è "progresso", non "tradizione", "speranza" o "fede". Egli conosce anche un certo romanticismo per il passato. Ama circondarsi di oggetti preziosi della storia, ma tutto questo conferma soltanto che quei tempi sono passati e che il regno dell'uomo di oggi è proprio il domani, il mondo che lui stesso costruisce".

Le parole che sceglie il Papa Emerito, sulla soglia dei suoi 90 anni, sono le stesse alle quali, quasi certamente, pensava Marlowe per bocca di Faust. Le stesse alle quali penso io oggi: "progresso", "tradizione", "speranza", "fede". Quanti libri dovrei, anzi dovremmo leggere per capire il senso dei pensieri che si nascondono dietro queste parole?
 

E quanti se ne dovrebbero ancora scrivere senza trovare una risposta, quella per la quale Faust tentò di giocarsi la partita con Mefistofele? La perse ovviamente, come la perderanno sempre tutti quegli uomini i quali credono di poter abbracciare l'idea di "progresso", inteso come "conoscenza", senza porre limiti, senza essere ossessionati come Faust dall'idea della vita eterna, magari ottenuta tramite la tecnologia?

Se dietro questa parola, "tecnologia", si nasconde il "progresso", e se dietro di questo ritroviamo "Mefistofele" con le sue illusioni ed i suoi inganni, il pensiero di bruciare i libri, di sicuro ci prenderebbe subito. La conoscenza resterebbe una illusione, un inganno, una "nebbia", per dirla ancora una volta con Qohelet. La tentazione di bruciare tutti i libri sarebbe quanto mai forte, ma questo segnerebbe la vittoria proprio di Mefistofele.
 

Lui vorrebbe proprio questo, che il grido-imprecazione di Faust, "brucerò i libri", sarebbe nostro, perchè tanto questa misteriosa conoscenza non ci fa conoscere un bel nulla. Dobbiamo invece convincerci, seguendo il pensiero di Benedetto XVI che gli uomini "sono testimoni dell'incompiutezza di ogni essere esistente, testimoni di una realtà che non è uno stato ma un divenire".

Il Qohelet, o l'Ecclesiaste, con quella parola "nebbia" intendeva anche quello che, a mio parere, caratterizza tutta la condizione umana, l'essenza della nostra esistenza, le ragioni del nostro vivere, l'idea che dovremmo avere della nostra vita. Il rischio della "nebbia" si nasconde nella parola "vanità". Quella stessa, identica, eterna vanità che illuse i nostri progenitori, ingannò Mefistofele e continua ancora oggi a cercare di ingannare anche me, voi tutti, con la nostra sete di conoscenza.

Si leva a volo l'Aquila alla sommità del Cielo;Il Cacciatore coi cani segue il suo percorso.O rivoluzione perpetua di stelle configurate,O ricorrenza perpetua di stagioni determinate,O mondo di primavera e d'autunno, di nascita e di morte!Il ciclo senza fine dell'idea e dell'azione,L'invenzione infinita, l'esperimento infinito,Portano conoscenza del moto, non dell'immobilità;Conoscenza del linguaggio, ma non del silenzio;Conoscenza delle parole, e ignoranza del Verbo.Tutta la nostra conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza,Tutta la nostra ignoranza ci porta più vicino alla morte.Ma più vicino alla morte non più vicini a Dio.Dov'è la Vita che abbiamo perduto vivendo?Dov'è la saggezza che abbiamo perduto sapendo?Dov'è la sapienza che abbiamo perduto nell'informazione?I cicli del Cielo in venti secoliCi portano più lontani da Dio e più vicini alla Polvere.

(Thomas Stearns Eliot- Cori da La Rocca)




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Published on April 04, 2017 10:55 Tags: faustus, marlowe
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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