Rita Charbonnier's Blog: Non solo Mozart, page 14
October 27, 2016
Il diario di Nannerl Mozart, Zecchini Editore
C’è un piccolo grazioso romanzo per fanciulli della poetessa canadese Barbara Kathleen Nickel, intitolato The Secret Wish of Nannerl Mozart (il desiderio segreto di Nannerl Mozart: ne parlo anche nel mio sito in inglese). Leggendolo, parecchi anni fa, appresi come la sorella di Mozart, Maria Anna detta “Nannerl” — personaggio interessante, al tempo ignoto ai più — tenesse un diario. Nella postfazione al suo romanzo, Nickel scrive:
Per diversi anni Nannerl tenne un diario; di tanto in tanto anche suo fratello vi scriveva. Il quaderno fu poi ereditato dalla vedova di Wolfgang, che purtroppo non comprese l’importanza di quel documento. Smarrì alcune pagine, altre ne strappò per cederle separatamente ad amici e collezionisti; successivamente, le pagine superstiti furono raccolte e pubblicate in lingua tedesca.
Il diario di Nannerl Mozart, Zecchini Editore (150 pagine, € 25,00).L’edizione tedesca, al momento, si trova solo sul mercato dell’usato. Se non il diario intero, alcuni suoi estratti sono in qualche modo reperibili in inglese; c’è poi la traduzione francese, all’interno della monumentale Correspondance mozartiana pubblicata da Flammarion (e a sua volta fuori stampa). Il “Journal de Nannerl” è racchiuso nel tomo VII, ma è di difficile consultazione poiché gli stralci sono inframmezzati da altri documenti — appunti di viaggio, articoli e testimonianze varie. D’altra parte, il ricchissimo apparato di note (curato dalla Fondazione Internazionale Mozarteum di Salisburgo) fornisce un contributo sostanziale a una lettura che non potremmo definire di piacere.
Ecco, forse questo occorre chiarire, prima di tutto: si tratta di un documento. Chi pensasse di procurarsi la nuova edizione in lingua italiana pubblicata (evviva!) da Zecchini per trovarci uno scorcio sull’anima di una giovane donna geniale e costretta, dalla cultura del suo tempo e dal padre che si ritrova, a rinunciare all’espressione artistica per ammazzarsi di lavoro in favore del fratello geniale quanto e più di lei, rimarrebbe deluso. Niente “caro diario, ti scrivo in questa notte insonne mentre nella mia mente vagano le melodie che trascriverei se mi fosse concesso”. Il massimo dell’abbandono emozionale è il seguente:
Il giorno 8 [agosto 1775] c’è stata la prova della Finalmusik composta da mio fratello […]. Il 9 c’è stata la Finalmusik; è partita da casa nostra alle 8 e mezza verso il Mirabell, dove è durata fino alle 9 e tre quarti, e da qui fino al collegio, dove è durata fin dopo le 11.
Punto e basta. Sia il diario, sia le (poche) lettere giovanili della sorella di Mozart lasciano attoniti per la loro freddezza. Nulla, nei suoi scritti, suggerisce che lei sia stata una bambina prodigio, che si sia esibita in coppia con il fratello davanti alle teste coronate di tutta Europa. Nannerl non fa che riportare quel che accade attorno a lei, nella piccola provinciale Salisburgo, a volte nella forma dell’elenco; non annota quel che pensa, quel che sente, quel che desidera. Una qualche emozione, in questi scritti, emerge esclusivamente dalla penna di suo fratello, che — come ho letto una volta su una pagina web che mi ha fatto molto ridere — si comporta come un troll. Ovvero, si appropria del diario della sorella e vi inserisce frasi e commenti non di rado salaci; talvolta traccia disegnini e soprattutto prende Nannerl sfacciatamente in giro. Ad esempio, lei scrive:
Il 23 [maggio 1775] il tempo è stato proprio bello, però la processione non ha avuto luogo lo stesso,
e Wolfgang si inserisce:
perché Sua Grazia Serenissima temeva la merda di avere la diarrea.
L’autografo riporta proprio la parola Scheißen prima scritta, poi barrata e infine affiancata da un termine meno socialmente inaccettabile.
Perché, infine, procurarsi questo Diario di Nannerl Mozart, a cura di Olimpio Cescatti, Zecchini editore? Non solo perché è l’unico, a quanto sembra, diario di Nannerl attualmente reperibile in una lingua europea. Non solo perché è la prima traduzione italiana del documento (non è dichiarato chi l’abbia tradotto ma senz’altro si tratta dello stesso curatore, già autore di traduzioni dal tedesco di argomento musicale. L’opera di traduzione, peraltro, in questo caso, è oltremodo complessa. Gli scritti della famiglia Mozart presentano usi linguistici obsoleti, espressioni dialettali e un’ortografia difficile da comprendere anche per i tedeschi madrelingua di oggi; figuriamoci quando non si tratta neppure di lettere che espongono discorsi con un filo, ma di stringati appunti).
Io credo che abbia senso procurarselo perché è chiaro e ben strutturato, anche sul piano grafico, nell’offrire uno spaccato sulla vita quotidiana di una famiglia austriaca del tardo Settecento; e non di una famiglia come tutte le altre. Una famiglia di persone colte, eccezionalmente intelligenti e dalla quale è nato uno dei massimi geni della musica di tutti i tempi. E poi, perché non c’è solo il diario.
Nannerl Mozart in un ritratto del 1785, di artista ignoto (particolare).Il sottotitolo del libro recita, anzi, forse un tantinello strilla: Con l’Intervista a Nannerl che parla del fratello Wolfgang e con l’aggiunta di Scritti di Mozart (notare le maiuscole). Non appena ne ho avuto notizia, ho riso e mi son detta: chissà se l’intervista gliel’hanno fatta via Skype; del resto, in Cielo la connessione funzionerà da Dio. E finché non ho avuto il libro tra le mani, non ho fatto che chiedermi: ma a cosa diavolo si riferiscono? Forse alla visita che il musicista inglese Vincent Novello, accompagnato dalla moglie Mary, fece a Nannerl anziana nel 1829, nell’ambito di un “pellegrinaggio mozartiano” atto a incontrare e intervistare coloro che con Mozart avevano avuto rapporti personali?
E invece no, più semplice — e forse anche più utile. Nel libro è riportata parte della corrispondenza di Nannerl con gli editori che, fin dai mesi successivi alla morte del fratello, le richiesero informazioni sulla base delle quali realizzare nel minor tempo possibile una biografia di Mozart. Quindi, effettivamente, c’è una serie di domande (dell’editore) e risposte (di Nannerl): come la intenderemmo oggi, un’intervista. Seguono alcune pagine nelle quali Nannerl parla del fratello, del suo carattere, del suo comportamento, delle sue bizzarrie, in un modo straordinariamente interessante e, credo, unico; a me, perlomeno, non è capitato di trovare altrove le stesse notizie, esposte con la stessa efficace secchezza. Una serie di fatti concreti, che ci mostrano quest’uomo incredibile, che ce lo fanno vedere nella sua piccolezza, senza che ciò ne mini la grandezza.
Conclude il volume una piccola raccolta di scritti di Mozart in versi, purtroppo privi di annotazioni e spiegazioni, compresa la famosa, burlesca filastrocca che lui compose per la sorella quando lei nel 1784 si sposò: “presto saprai per tua esperienza / ciò che anche Eva ebbe a imparare / onde a Caino la vita donare”. Già, Caino, il fratello invidioso e fratricida. Che il rapporto tra Wolfgang e Nannerl Mozart fosse ormai deteriorato è evidente anche da questi segni.
Rita Charbonnier
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Ibs
laFeltrinelli
Zecchini Editore.
October 3, 2016
I “Canti” di Giacomo Leopardi. Una voce unica contro il pensiero unico
Artémisia per Non solo Mozart
Ferrazzi, ritratto di Giacomo Leopardi (particolare). Recanati, Casa Leopardi.…conosciuto, ancor che tristo,
Ha suoi diletti il vero.
(Al conte Carlo Pepoli)
Se il nome di Giacomo Leopardi (1978-1837) è giustamente conosciuto in Francia, la sua opera — in particolare quella poetica — lo è meno. I Canti è l’unica raccolta di componimenti poetici del grande intellettuale italiano (autore peraltro di numerosi saggi, scritti filosofici, studi filologici, traduzioni dal greco e dal latino, e quant’altro); ne comprende una quarantina, composti tra il 1818 e il 1836. Inedita combinazione di contemplazione e meditazione filosofica, essi lasciano udire la voce di un giovane uomo dalla salute fragile, ma dall’immaginazione e dal pensiero potentemente originali.
Un’anima accesa
Rinchiuso fino al ventesimo anno di età nell’universo quasi carcerario della biblioteca di famiglia a Recanati (oggi musealizzata e visitabile), Leopardi sviluppa — e non è l’ultimo dei suoi paradossi personali — una capacità immaginativa straordinaria. Contro tutte queste prigioni (il suo corpo gracile, la biblioteca del castello di suo padre, la vita provinciale di Recanati), il giovane uomo protesta con tutta la forza della sua anima possente; i limiti oggettivi che lo costringono sono a un tempo fonte della desolazione del poeta, e terreno fertile della sua opera.
Composta dopo un fallito tentativo di fuga da Recanati, la celeberrima lirica L’Infinito (1819) evidenzia la profondità di questo intelletto eccezionale:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
[…]
Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Un corpo che dà tormenti
Non molto tempo dopo, e anche grazie all’amicizia del poeta Pietro Giordani con il quale intrattiene una corrispondenza, Leopardi finalmente lascia Recanati e intraprende un viaggio che lo porterà in diverse città italiane (tra le quali Milano, Bologna, Firenze, Pisa, Roma e Napoli).
Alfred de Musset, nel saggio Le poète italien Leopardi (pubblicato da M.me Martellet, Alfred de Musset intime, Juvier, Parigi, 1906), esprime un giudizio senza mezzi termini sulle donne italiane, le quali “non comprendono come l’intelligenza sia degna d’amore. Senza dubbio esse la apprezzano e la onorano, ma giammai un gobbo che possieda il genio di Apollo varrà per loro quanto un uomo di bell’aspetto”.
Vittima di deformità fisiche e malanni cronici, Leopardi del resto non si fa illusioni circa la propria capacità di sedurre (“Virtù non luce in disadorno ammanto”, L’ultimo canto di Saffo; “Ahi come mal mi governasti, amore!”, Il primo amore). Ed è a Firenze, all’inizio degli anni 30 dell’Ottocento, che vivrà l’esperienza, particolarmente crudele, di un amore non corrisposto: quello per la bella Fanny Targioni Tozzetti, che gli preferirà il suo amico scrittore Antonio Ranieri… nondimeno, il poeta le rende un omaggio sublime, ancorché dolce-amaro, in Aspasia:
Né tu finor giammai quel che tu stessa
Inspirasti alcun tempo al mio pensiero,
Potesti, Aspasia, immaginar. Non sai
Che smisurato amor, che affanni intensi,
Che indicibili moti e che deliri
Movesti in me; né verrà tempo alcuno
Che tu l’intenda. In simil guisa ignora
Esecutor di musici concenti
Quel ch’ei con mano o con la voce adopra
In chi l’ascolta.
Un’opera poetica possente
Spesso si è rimproverata a Leopardi, al suo tempo e ancora oggi, la sua vena malinconica. Alcuni Canti ne sono imbevuti; non varrebbe a molto negarlo (“E lunga doglia il sen mi ricercava, / Com’è quando a distesa Olimpo piove / Malinconicamente e i campi lava”, Il primo amore).
Alcuni attribuiscono tale malinconia espressiva anche all’infelicità causata dai dolori fisici dell’uomo, correlazione che egli, quand’era in vita, rifiutò al pari di una scusa banale; poiché il suo intento è più profondo, per non dire filosofico. E allo stesso modo il fine ultimo dei suoi componimenti, pur magnifici, non risiede nella sola estetica. Essi vanno ben più lontano; Leopardi si onora della propria lucidità (“conosciuto, ancor che tristo, / Ha suoi diletti il vero”, Al conte Carlo Pepoli), anche in opposizione al senso comune (“Quanto estimar si dee, che fede inspira / del secol che si volge, anzi dell’anno, / il concorde sentir!”, Palinodia al marchese Gino Capponi). Egli non si considera un romantico e neppure, in senso proprio, un pessimista (“Vivi felice, se felice in terra / Visse nato mortal”, L’ultimo canto di Saffo), sebbene tale qualifica non di rado affianchi l’uomo, così come la sua opera.
[image error]D’altra parte, agli occhi del poeta, sembra difficile immaginare la felicità delle masse, quando ogni giorno si riscontra la perdurante infelicità degli individui: “non potendo / felice in terra far persona alcuna, / l’uomo obbliando, a ricercar si diêro / una comun felicitade; e quella / trovata agevolmente, essi di molti, / tristi e miseri tutti, un popol fanno / lieto e felice”, Palinodia al marchese Gino Capponi. O ancora, “Valor vero e virtú, modestia e fede / e di giustizia amor, sempre in qualunque / pubblico stato, alieni in tutto e lungi / da’ comuni negozi, ovvero in tutto / sfortunati saranno, afflitti e vinti; / perché die’ lor natura, in ogni tempo / starsene in fondo”, ibidem. Nemico dei falsi candori, Leopardi è in effetti profondamente convinto che sia “Sempre il buono in tristezza, il vile in festa / sempre e il ribaldo”, ibidem.
Egli mantiene così una voce perlomeno dissonante in un’epoca decisamente politica e positivistica, universalistica e favorevole al progresso in tutte le sue forme. Il suo proposito espressivo è unico e, di fatto, controcorrente agli albori del XIX secolo; il che peraltro non gli favorisce l’instaurarsi di amicizie nei milieu letterari e politici del suo tempo. E tuttavia, questo non ostacolerà la sua fama, ancorché fondata su una nomea d’uomo tenebroso e lunare…
Quando si parla di Leopardi, si parla di “pessimismo cosmico”, in ragione della scarsa benevolenza della Natura nei suoi riguardi, così come del gentil sesso. Ne sono testimonianza le numerose poesie nelle quali questa diffidenza viscerale è espressa senza mezzi termini: “La natura crudel, fanciullo invitto, / Il suo capriccio adempie, e senza posa / Distruggendo e formando si trastulla”, Palinodia al marchese Gino Capponi; e ancora, l’incomprensione di fronte alla morte prematura della giovane Silvia (A Silvia) e l’affermazione disincantata che conclude il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “Forse in qual forma, in quale / Stato che sia, dentro covile o cuna, / E’ funesto a chi nasce il dì natale”.
I Canti sono inoltre portatori di una nostalgia — spesso denominata “pessimismo storico” — per la grandezza dell’Italia antica, in una passata “età della nostra assai men trista” (Ad Angelo Mai). Essa si esprime secondo accenti sorprendentemente moderni e con una grande severità, nonché con un certo disprezzo per il suo secolo — come ad esempio nel componimento Nelle nozze della sorella Paolina: “Tra fortuna e valor dissidio pose / Il corrotto costume”; o ancora, in Ad Angelo Mai:
Or di riposo
Paghi viviamo, e scorti
Da mediocrità: sceso il sapiente
E salita è la turba a un sol confine,
Che il mondo agguaglia. O scopritor famoso,
Segui; risveglia i morti,
Poi che dormono i vivi; arma le spente
Lingue de’ prischi eroi; tanto che in fine
Questo secol di fango o vita agogni
E sorga ad atti illustri, o si vergogni.
In conclusione, i celebri Canti di Leopardi non possono in nessun caso essere ricondotti a un proposito unicamente pessimistico. Essi rappresentano, in un quadro di perfezione formale, aspetti della condizione e dell’esperienza umana che i più intuiscono, ma che il grande poeta ebbe il coraggio estremo di affrontare e, in un certo senso, di sublimare. Leggerli è un’esperienza paradossalmente esaltante, poiché essi esprimono — in modo inarrivabile e con una precisione assoluta — ciò che, in fondo, ognuno di noi ha sempre saputo.
Artémisia
Articolo pubblicato sul numero 501 (settembre/ottobre 2016) della rivista Forum dell’Union des Français de Rome et du Latium. Traduzione dal francese di Rita Charbonnier.
September 27, 2016
Che fine ha fatto la sorella di Mozart?
Ritratto di Maria Anna “Nannerl” Mozart – 1763 circa, di Pietro Antonio Lorenzoni.Una bambina nata in Austria nel 1751 è un genio musicale. Suo padre, valente violinista e compositore, è un uomo dal carattere severo; sua madre è una donna di casa, ciarliera e vivace, sottomessa all’autorità del capofamiglia.
Per quella bambina, la musica è un fatto naturale, cui si accosta con gioia e divertimento. Le sue mani corrono sulla tastiera del clavicembalo con una velocità stupefacente; è in grado di trascrivere a memoria ogni melodia, traduce in musica qualunque suono e i rumori sgradevoli le fanno venire il mal di pancia. Peccato che sia femmina — pensa suo padre; sarebbe inutile farle studiare composizione. Ma poi nasce un fratellino: finalmente il maschio! E anche lui, in barba al calcolo delle probabilità, è un enfant prodige.
Quei bambini sono Maria Anna detta “Nannerl”, e Wolfgang Amadeus, Mozart.
La figura di Nannerl, lungo i secoli, è stata perlopiù ignorata. Quasi tutti i biografi del genio austriaco di cui era l’unica sorella, maggiore di cinque anni, hanno sorvolato sulla sua esistenza. Quando compare è solo per far da contraltare a Wolfgang: lui un genio, lei al massimo una discreta interprete. Eppure il suo straordinario talento musicale è ampiamente documentato.
Per cominciare, Nannerl era una virtuosa nell’arte di suonare il clavicembalo; negli anni dell’infanzia, i piccoli Mozart si esibivano in coppia come bambini prodigio e, nelle locandine e negli articoli dell’epoca, lei aveva il primo nome e lui il secondo.
E’ anche provato che Nannerl si sia cimentata nella composizione, malgrado nessuna musica da lei scritta sia giunta fino a noi; in alcune lettere giovanili, Mozart fa chiari riferimenti alle musiche composte da sua sorella e la esorta a produrne di nuove, perché “la tua musica, in una parola, è bella!”
E quand’erano adulti, lui le chiedeva pareri sulle proprie opere — e parlava di lei come di “mia sorella, colei che possiede il vero talento”.
Abbandonò la propria carriera artistica a vantaggio di quella del fratello.
E’ quasi incredibile come i segni del passaggio di Nannerl su questa terra siano stati ignorati o sottovalutati: per chi voglia vederli, essi sono ben chiari — e in ogni caso, la grande influenza che lei ebbe sulla vita del Maestro è fuori discussione. In una delle due case-museo di Mozart a Salisburgo, una stanza è dedicata all’amore di Nannerl per la musica. Ma non esattamente per la propria. All’ingresso troneggia, a caratteri cubitali, la scritta che vedete qui sopra.
Mozart, dunque, sarebbe divenuto il genio che conosciamo, se non avesse avuto una sorella maggiore così talentuosa da imitare, con la quale rivaleggiare e dalla quale ricevere sostegno?
Nannerl Mozart: per una breve biografia
Maria Anna Walburga Ignatia Mozart nacque il 30 luglio 1751 a Salisburgo, in un palazzo situato in una strada oggi denominata Getreidegasse (“vicolo delle granaglie”), al numero 9. I suoi genitori, Leopold Mozart e Anna Maria Pertl, ebbero in tutto sette bambini, ma solo Nannerl e Wolfgang superarono i primi mesi di vita; a quel tempo la mortalità infantile era una vera piaga. Nannerl era la quarta figlia; la madre diede alla luce altri due bambini dopo di lei, che pure morirono in fasce, e alla fine, il 27 gennaio 1756, alle otto di sera, nacque Wolfgang Amadeus.
Leopold Mozart, musicista presso la corte di Salisburgo, riconobbe molto presto nella figlia — e poi, naturalmente, anche nel figlio — uno straordinario talento musicale e la iniziò allo studio del clavicembalo. A partire dal 1762, quando Nannerl aveva poco più di dieci anni e Wolfgang sei, i due bambini furono scarrozzati per l’Europa dall’ambizioso padre, esibendosi per le teste coronate e per i potenti del tempo. La famiglia effettuò diverse tournée artistiche, una delle quali si protrasse per ben tre anni (dal 1763 al 1766). Durante questi viaggi, entrambi i bambini si ammalarono seriamente a più riprese, anche di malattie potenzialmente mortali come vaiolo e tifo — ed entrambi guarirono.
Miniatura su avorio che ritrae i piccoli Mozart, di Eusebius Johann Alphen.Al tempo, il rapporto di fratellanza tra Wolfgang e Nannerl doveva essere solido e profondo. Affetto, complicità e musica per i piccoli Mozart erano la stessa cosa; nelle loro menti si accendevano forme e soprassalti timbrici che solo loro comprendevano, che solo loro condividevano. Wolfgang era una forza della natura racchiusa nel corpicino di un marmocchio che sembrava ancor più piccolo della sua età; esuberante, impudente, amava moltissimo lo scherzo e la derisione. Nannerl era meno assertiva e più introversa — come si deduce leggendo l’epistolario di famiglia e il diario che lei teneva.
Ma poi, le circostanze della vita e i diversi destini separarono fratello e sorella, e la distanza fisica segnò l’inizio di un progressivo estraniamento affettivo. Quando Nannerl divenne un’adolescente, Leopold ritenne che il figlio maschio fosse più adatto a portare alla sua famiglia la fama e la fortuna che egli bramava; la figlia femmina, quindi, fu messa da parte. Nel 1769 padre e figlio partirono per l’Italia, la patria dell’Opera, in cerca di gloria — e Nannerl fu lasciata a Salisburgo con la madre, dove prese a dare lezioni di clavicembalo allo scopo di finanziare il viaggio degli uomini di casa.
La storia di Nannerl è quindi la storia di un sacrificio femminile, del tutto coerente con l’organizzazione familiare e sociale della sua epoca. Un sacrificio per il quale, però, la giovane donna pagò prezzi salati quanto le lacrime di rabbia che dovette versare in silenzio.
La rinuncia all’espressione artistica è una forma di mutilazione spirituale — una mutilazione che inesorabilmente ebbe effetti sulla psiche della giovane musicista. Dall’epistolario di famiglia emerge la figura di una ragazza affetta da numerosi malanni, tra i quali una serie di terribili accessi di emicrania, che — non a caso — la coglievano sempre nei giorni successivi alla partenza del fratello per qualche impegno musicale. Nannerl, riferisce il padre nelle sue lettere, si chiudeva nella propria camera al buio, si fasciava la testa (curiosa usanza del tempo) e non si muoveva per ore, per giorni.
Ogni relazione umana raggiunge un punto di incrinatura; oltre quel punto, la crepa si allarga fino a portare inevitabilmente al crollo. Il processo era avviato, e non c’era ritorno. Il mio rapporto con Wolfgang, per la prima volta, correva un pericolo grave…
(Rita Charbonnier, “La sorella di Mozart”)
Non solo a suo fratello erano date possibilità che a lei erano precluse, ma Nannerl aveva perso la compagnia di colui che un tempo era stato il suo più caro amico e confidente — Wolfgang, appunto. Il rapporto con il quale non poté non incrinarsi. E la crepa, pian piano, nel tempo, si ampliò — fino alla rottura.
Nel 1778, Anna Maria Pertl — la madre — morì e nel 1781 Wolfgang, ormai un compositore notissimo e apprezzato, si trasferì a Vienna; si sposò con Constanze Weber ed ebbe due figli. Nannerl rimase invece a Salisburgo con il padre, finché nel 1784, a 33 anni, non prese marito — un uomo di grandi mezzi, il barone Johann Baptist von Berchtold zu Sonnenburg (è assai probabile che si sia trattato di un matrimonio di convenienza). Si trasferì a Sankt Gilgen, un piccolo paese ad alcune ore di carrozza da Salisburgo, nella dimora del consorte; ebbe tre figli e si prese cura dei figli di lui, che era vedovo, abbandonando completamente le attività musicali per quasi vent’anni. Inoltre smise quasi del tutto di corrispondere con Wolfgang. Ma forse, chissà, di quando in quando, alla sera, si ritrovava a fissare fuori dalla finestra il paesaggio innevato, domandandosi da quale parte fosse Vienna e che tipo d’uomo suo fratello fosse diventato…
La tomba di Nannerl Mozart e di Michael Haydn a Salisburgo.Leopold Mozart morì nel 1787; fratello e sorella ebbero dissapori sui beni ereditati e questo segnò la rottura definitiva dei loro rapporti. Fino a quel brutto giorno del 1791, nel quale a Nannerl giunse — inaspettata e terribile — la notizia della morte di Wolfgang a soli trentacinque anni. Solo allora apprese, con dolorosa sorpresa, delle difficoltà nelle quali suo fratello aveva vissuto negli ultimi tempi. Se l’avesse saputo, se non avesse rotto i rapporti con lui, forse avrebbe potuto aiutarlo.
Ma poi, nel tempo, riemerse dal baratro del dolore e trovò una nuova ragione di vita nell’attività di promuovere attivamente la memoria e la musica di Mozart. Nel 1801, dopo la morte del marito, ritornò a Salisburgo e riprese a insegnare il clavicembalo; e soprattutto, iniziò a collaborare con i biografi di Mozart e a sollecitare e sorvegliare la pubblicazione delle sue composizioni — anche autenticando quelle originali, rispetto ai molti falsi che iniziarono a spuntare da ogni parte. Poiché lei sola conosceva a fondo come fosse proprio, e sapeva riconoscere in modo infallibile, il vero stile del Maestro.
Negli ultimi anni della sua vita, Nannerl strinse una relazione affettuosa con Franz Xaver Wolfgang Mozart, suo nipote, il figlio più giovane del fratello — che era un musicista e che lei amava molto sentir suonare “nello stile di suo padre”. Morì il 29 ottobre del 1829, a ben 78 anni. Oggi è sepolta a Salisburgo, nell’abbazia di S. Pietro, accanto a Johann Michael Haydn — il fratello, a sua volta musicista, di Franz Joseph Haydn. Curiosamente, la sorella di Mozart e il fratello di Haydn sono sepolti l’uno accanto all’altra, sotto la stessa lapide.
September 16, 2016
“Mille anni che sto qui” di Mariolina Venezia: lo spettacolo
Il romanzo Mille anni che sto qui di Mariolina Venezia (Einaudi), vincitore del premio Campiello, tradotto in numerose lingue, è ora anche uno spettacolo teatrale. Nella versione per il palcoscenico, la storia è raccontata in cinque tappe: la prima — intitolata Mille anni: l’inizio — andrà in scena il prossimo fine settimana a Matera, nell’ambito del festival Materadio.
Appuntamento venerdì 23 settembre alle ore 17 presso lo Spazio Teatrale Casa Cava, via San Pietro Barisano 47, Matera. Lo spettacolo andrà contemporaneamente in onda su Rai Radio 3.
Lo spettacolo è prodotto da Matera 2019 e interpretato da Egidia Bruno; drammaturgia e regia sono della stessa Mariolina Venezia. La storia è quella di una famiglia originaria di un piccolo paese della Basilicata; si succedono le vicende di cinque generazioni, dall’Unità d’Italia alla caduta del muro di Berlino. Cinque donne si passano il testimone — a cominciare da Concetta, la contadinella violentata ancora bambina dal signorotto, e a finire con Gioia, l’ultima rappresentante di questa grande stirpe, che lascia la terra dei suoi antenati alla ricerca della libertà. Nella versione teatrale, la storia è raccontata attraverso cinque monologhi: di madre in figlia, l’epopea familiare è riformulata e rielaborata, arricchendosi a ogni passaggio generazionale di nuove storie, nuovi personaggi, sguardi diversi sulle stesse cose, per far luce sul mistero dolce e problematico dell’identità — di ciò che ci lega a chi ci ha preceduti e ciò che ci rende irriducibilmente unici.
Leggi l’intervista con Mariolina Venezia su GraphoMania.
In questa prima tappa, dunque, Concetta — la capostipite, la contadinella che dà inizio alla saga — viene raccontata come un personaggio dell’immaginario di Gioia, la sua discendente, che si volta indietro nella storia familiare per tirare le fila della sua vita. E’ proprio Gioia che introduce il monologo, trasformandosi sotto i nostri occhi nell’antenata, di cui sente il respiro, lo sguardo e la carne nelle sue stesse cellule. Concetta sta partorendo per l’ennesima volta. Sarà ancora una femmina, o il maschio tanto atteso? Il signorotto che l’ha violentata quando era una bambina, e a cui ha dato già sei figlie, la sposerà e riconoscerà le bastarde solo se lei darà alla luce un maschio…
Visita la pagina Facebook dedicata allo spettacolo.
Lo spettacolo si caratterizza per una forte attenzione all’aspetto vocale e rituale della parola: filastrocche, canzoni, versi utilizzati per chiamare gli animali, formule, incantesimi e lamentazioni si intrecciano alla trama della narrazione, arrivando in alcuni momenti alla glossolalia. Nell’allestimento, gli oggetti fluttuano nello spazio scenico come frammenti di memoria, trasformati dal ricordo. Su tutto, il vestito da sposa — una creazione della costumista Paola Marchesin, realizzato in carta velina, fragile reperto del desiderio e del ricordo.
Scarica il programma del festival Materadio: Pdf — Word.
Foto di apertura: Masaru Otsuka, dal sito dello Spazio Teatrale Casa Cava di Matera.
July 18, 2016
Cinque domande a Valeria Moretti
Valeria Moretti, scrittrice e autrice di teatro, vive a Roma. Ha vinto premi letterari e teatrali e ha lavorato con diverse personalità dello spettacolo, in Italia e in Francia. Ha pubblicato per la casa editrice La Mongolfiera Protagoniste (1998), Stellarum Opifice (2001) e Clara Schumann (2010). Tra gli altri suoi libri: Scarpette da ballo (Mondadori 2004), I bottoni di Bettina (Edizioni Corsare 2008), Il pennello lacrimato (Il Lavoro editoriale 1990). I suoi testi teatrali sono rappresentati in Italia e all’estero.
Sette storie per fare la cacca. Per chi ha la puzza sotto il naso è la sua ultima pubblicazione: una raccolta di racconti per bambine e bambini, spruzzati di una vena ironica e libertaria. Le illustrazioni, a colori, sono di Giorgio Delmastro e il volume contiene in appendice uno scritto (“Istruzioni per l’uso”) di Loredana Perissinotto.
Valeria, come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Ho ritrovato su piccoli fogli le storie che avevo inventato per mia figlia ai tempi del “fatidico” passaggio dal pannolino al vasino. Le ho rilette, non mi sono sembrate male, così mi sono detta: perché non pubblicarle? Ma non bastano le buone intenzioni; bisognava trovare l’occasione giusta. Grazie a Loredana Perissinotto, pedagogista teatrale, ho individuato una casa editrice, Didatticattiva, interessata proprio a unire bambini e genitori nello stesso progetto educativo. La fiaba, insomma, diventa l’occasione per accompagnare il bambino in una fase di crescita.
Il libro è rivolto quindi ai bambini attorno ai 3 anni — o meglio, ai loro genitori, perché possano leggere ai figli le fiabe che hai ideato. Come si spiega il sottotitolo “Per chi ha la puzza sotto il naso”?
E’ un piccolo risvolto ironico, dato che gli interventi dedicati ai genitori sono, diciamo così, un po’ intellettuali; qualcuno potrebbe definirli anche un po’ snob. Un’esperta d’arte contemporanea, Nina Rodriguez-Ely, ci introduce, infatti, nel mondo degli artisti che hanno lavorato sulla materia fecale e Dino Villatico, critico musicale, ci racconta di Mozart e dei suoi spiritosi panegirici intorno alla cacca. E in più, i genitori sono là, in attesa… con la puzza proprio sotto al naso!
In passato ti eri già dedicata alla narrativa per l’infanzia, e hai scritto — e continui a scrivere — per il teatro. Che cos’è la scrittura, per Valeria Moretti?
Valeria Moretti in una foto di Gabriella MercadiniQuando mia figlia era piccola e giocava e inventava dialoghi per le sue bambole e io nella stanza accanto scrivevo, ho posato la penna e mi sono immobilizzata in un misto di emozione e di timore. Ho sentito fortemente quanto il teatro sia, angelicamente o diabolicamente, vicino al gioco e come giocare sia un’attività tra le più importanti per lo spirito. Ho anche avvertito su di me la pressione della bambina che sono stata, che rivendicava con forza la sua voce. Mi sono ritratta, incerta sul da farsi, poi, però, l’ho riposizionata — quella bambina — al centro della scena, consapevole del fatto che non avrei potuto cacciarla. Scrivere è sempre varcare lo specchio di Alice.
Tu credi che l’attività di una scrittrice si differenzi in qualche modo dall’attività di uno scrittore? Esiste, a tuo avviso, una “scrittura femminile”?
Credo che ci sia un sentire femminile. Ma non saprei definirlo. Comunque ciascuno di noi contiene in sé una parte femminile e una parte maschile. E queste due parti possono incontrarsi o scontrarsi, con esiti artisticamente felici.
Le statistiche ci dicono che le donne leggono più degli uomini (perlomeno la narrativa). D’altra parte, i libri più “visibili” sono più spesso scritti da uomini. Ritieni che si tratti di una contraddizione rilevante? E a che cosa è dovuta?
Non importa il quanto. Io so che le sorelle Brontë, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Marina Cvetaeva, Teresa d’Avila e tante altre grandi scrittrici non hanno rivali. E hanno il loro Pantheon. E tanto mi basta. La “visibilità” esterna conta eccome! Ma il battito interno molto di più. E questo vale per tutti: scrittori e scrittrici.
Grazie, Valeria! E per maggiori informazioni su Sette storie per fare la cacca si può visitare il sito di Didatticattiva.
July 8, 2016
Premio letterario Città di Lugnano: il 23 luglio la premiazione
Premio letterario Città di Lugnano in Teverina. Seconda edizione, 2016
Il Premio Lugnano arriva alle battute finali e la Giuria ha annunciato i Finalisti: la Cinquina dei romanzi editi e quella dei racconti inediti. Il 23 luglio, in piazza S. Maria a Lugnano, con una Cerimonia di Premiazione cui parteciperanno tutti i finalisti, verranno scelti i due vincitori mediante una nuova pubblica votazione della Giuria di esperti, cui si aggiungerà quella di una Giuria popolare, designata sul territorio.
I romanzi finalisti (con due ex aequo) sono quest’anno sei, qui in ordine alfabetico per autore:
Giuseppe Catanzaro, CHARLIE NON FA SURF — Ed. Elliot
Claudio Morandini, NEVE, CANE, PIEDE — Ed. Exorma
Anna Luisa Pignatelli, RUGGINE — Ed. Fazi
Gilda Policastro, CELLA — Ed. Marsilio
Francesco Ricci, FATTO DI SANGUE — Ed. Ediciclo
Antonio Rossetti, QUALUNQUE COSA SIA DIO — Ed. Albatros.
I racconti inediti finalisti, quest’anno a tema “Il segreto” — che daranno vita a una pubblicazione edita da Intermedia di Orvieto — sono i seguenti, in ordine alfabetico per autore:
Carlo N. Ceccarelli, LA FEDE
Luca Ceragioli, LA MIA BARBERIA
Domenico R. Mantovani, IL SEGRETO DI RUŽA
Flavio Minelli, INFATUAZIONE SENILE
Francesca Pontiggia, SECRET.
La Giuria ha anche deciso due menzioni speciali per la sezione romanzi editi:
Emidio D’Angelo, ERAVAMO A TREBISONDA — Ed. Equinozi
Fabiola Cecchini, SARA’ LA VOLTA BUONA — Ed. Il Mulino Onlus.
Segue una “carrellata” sulle copertine dei libri finalisti: personalmente, sono davvero felice per l’amico Claudio Morandini. Sul sito del suo editore, Exorma, trovate la notizia e una raccolta delle eccellenti recensioni del romanzo, Neve, cane, piede. (Claudio mi ha intervistata tempo fa su questioni di letteratura e musica…)
Fai clic qui per vedere lo slideshow.
La Giuria del Premio
Paolo Petroni, Presidente. Critico letterario e teatrale, giornalista Ansa e Corriere della Sera. È Presidente dell’Istituto di Studi Pirandelliani.
Daniela Carmosino. Critica e saggista letteraria, editor.
Simone Marcuzzi. Scrittore. Ha vinto l’Edizione 2015 del Premio Lugnano, con il romanzo Dove si va da qui, edito da Fandango.
Annagrazia Martino. Giornalista, vice-caporedattrice La7.
Giorgio Nisini. Saggista letterario e romanziere, è fondatore dell’associazione culturale “Officina Mente” e co-direttore di Caffeina Festival.
Giorgio Patrizi. Saggista e docente di Storia della Letteratura italiana presso l’Università del Molise.
Carlo Zanframundo. Regista Rai, cura il programma Sorgente di vita.
Affianca la Giuria, in qualità di lettrice e nella schedatura delle opere in concorso, Elisabetta Putini, curatrice del Premio.
PREMIO LETTERARIO LUGNANO IN TEVERINA
CONSULTA DELLA CULTURA CITTA’ DI LUGNANO
Commissione Premio Letterario
RECAPITO POSTALE
Comune di Lugnano in Teverina
Palazzo Comunale, via Umberto I, 36
05020 Lugnano in Teverina (TR)
SEGRETERIA PREMIO
Telefono 349 6602285
Email info.premiolugnano@gmail.com
UFFICIO STAMPA
Anna Zanframundo
annazanframundo.press@gmail.com
Foto di apertura: El País.
May 16, 2016
Cinque domande a Carla Forcolin
Carla Forcolin, veneziana, insegnante di lettere in pensione, ha fondato l’Associazione “La gabbianella e altri animali” per l’adozione e l’affidamento familiare ed è autrice di diverse pubblicazioni. La questione della tutela dei legami affettivi dei bambini più sfortunati è il faro delle attività della Gabbianella ed è anche al centro del suo primo libro: Il gabbianello Marco e altri animali. L’autrice vi narra il doloroso distacco tra un bambino e la persona che se n’era presa cura, una donna divorziata, che quindi non avrebbe potuto adottarlo.
La Gabbianella ha lanciato diverse petizioni nelle quali si chiedeva che fosse modificata la legge che regolamenta l’adozione e l’affidamento. E alla fine dello scorso anno ha ottenuto un grande risultato: è entrata in vigore una norma secondo la quale i bambini che vengono dichiarati adottabili mentre sono in affidamento possono essere adottati anche dalle famiglie affidatarie che già li stanno crescendo. Purtroppo non si è riusciti a estendere questo diritto anche ai bambini presi in affido da singles o coppie di fatto, ma si è trattato di un fondamentale passo avanti.
Nel 2004 Carla Forcolin è divenuta affidataria in prima persona di due bambini, figli di una detenuta. Da allora non ha più smesso di occuparsi dei figli incolpevoli dei carcerati, che trascorrono l’infanzia all’interno degli istituti di pena e inevitabilmente ne risentono. Ed è questo l’argomento del suo nuovo libro, Mamme dentro. Figli di donne recluse: testimonianze, riflessioni e proposte (Franco Angeli).
Carla, prima di tutto ti pregherei di spiegarci in breve cos’è l’affidamento familiare — si tratta di una realtà forse non abbastanza conosciuta — e in particolare, che cos’è l’affidamento diurno.
L’affidamento è quell’istituto in base al quale, quando un minore non può vivere per un certo periodo nell’ambito della propria famiglia, gli viene offerta una famiglia sostitutiva nella quale crescere, essere educato e curato in attesa di tornare dai “suoi”. L’affidamento dovrebbe durare due anni, eventualmente prorogabili, secondo la legge 184/83 come modificata dalla legge 149/01. Purtroppo però il 60% degli affidamenti supera questo tempo e allora l’affidamento, che spesso è consensuale (cioè accettato dalla famiglia d’origine) e gestito dal Servizio Sociale, anche se ratificato dal Giudice Tutelare, diviene giudiziario. È quindi di competenza del Tribunale per i Minorenni (già competente nei casi in cui il minore venga sottratto alla famiglia d’origine contro la volontà della stessa).
Esistono varie forme di affidamento, tra queste l’affidamento diurno, che prevede di affiancare una famiglia o singola persona affidataria alla famiglia naturale di un minore, i cui genitori non sono in grado di tenerlo con sé e di seguirlo durante il giorno, mentre possono stare con lui di sera e di notte. A Venezia, per divenire ufficialmente affidatari diurni, basta offrirsi per 15 ore settimanali.
Perché hai scritto questo nuovo libro? Da quale esigenza è scaturito?
Volevo che non si perdesse il lavoro e la memoria del lavoro fatto fino ad ora dall’Associazione “La gabbianella e altri animali” nel Carcere Femminile della Giudecca, perché si tratta di un lavoro enorme (ancor più grande di quanto non possa apparire dalla lettura del libro). E volevo lasciare questa testimonianza proprio perché desidero che l’Associazione cambi natura, diventi cooperativa, e io possa smettere di esserne la presidente. Questo libro voleva essere un po’ il mio “canto del cigno”.
Carla ForcolinMa questa motivazione non sarebbe bastata a farmi fare la fatica di scrivere il libro se nel frattempo non fosse entrata in vigore la legge 62/2011, dove, per non separare i bambini dalle mamme, si sono pensate delle regole attuabili solo in parte. Non si vorrebbero più i bambini in carcere ma, nei nuovi “Istituti a Custodia Attenuata” (ICAM) che la legge ha voluto, i bimbi non possono di certo uscire con le madri e vivono in situazioni in cui l’ambiente che li circonda non sembra un carcere, ma la sostanza dei rapporti è quella in cui le madri dipendono comunque dalle agenti e dalle puericultrici, educatrici, ecc. e sono private della libertà. I bambini lo capiscono benissimo. In questa situazione di carcere attenuato e “camuffato” i bambini possono stare ora fino a sei anni e non fino a tre, come prima, e a me questa scelta pare un furto dell’intera infanzia dei bambini. Tanto più che non è previsto con chiarezza che essi debbano andare all’asilo e alla scuola materna esterni.
Si vorrebbero sistemare mamme e bambini nelle case famiglia, ma non tutte le madri vi potranno andare (chi è pericolosa deve rimanere in carcere) e quindi i bambini resteranno in carcere o negli ICAM. A mio avviso era meglio che essi potessero uscire a tre anni anziché a sei. La mamma avrebbero comunque potuto vederla anche se posti in affidamento, nei rari casi in cui non avessero un padre o dei parenti. Io proporrei di far uscire i bambini e farli stare “dentro” con la mamma, magari anche a dormire, solo nel fine settimana. Un’altra proposta possibile è quella dell’affidamento diurno: di giorno fuori in una famiglia che provveda anche a portarli all’asilo o a scuola, e di notte con la mamma.
A chi è rivolto il libro? Agli operatori del settore (psicologi, assistenti sociali, avvocati…) o anche a chi intenda accostarsi a questo mondo?
Il libro è rivolto a tutti, per questo ho cercato di renderlo comprensibile e di arricchirlo con testimonianze che sono pennellate interessanti di per sé, almeno spero; ma l’ho scritto principalmente per i politici, perché essi riflettano sulle mie proposte.
Un momento della presentazione del libro presso il SenatoChe cos’è per te la famiglia, e in quale direzione ti sembra si sia evoluta negli ultimi decenni?
La famiglia è il luogo degli affetti, dove si convive in intimità. Nella maggior parte dei casi ci sono ancora padre, madre e figli, ma molto spesso ci sono due o più persone non legate da vincoli di matrimonio e parentela biologica che si vogliono bene e si sostengono a vicenda. Per me sono famiglie anche quelle. Poi ci sono le famiglie monogenitoriali, quelle allargate, quelle adottive, quelle affidatarie, le famiglie omosessuali, ecc. Io credo che dove i rapporti sono basati sull’amore e sulla verità e si raccontano ai bambini le cose come stanno, tutte le forme di convivenza e reciproco sostegno possano andare bene. È per questo che, ricordando Sepulveda, ci chiamiamo “La Gabbianella”, nome ispirato a un racconto nel quale un gatto ha fatto da madre a una gabbianella e le ha insegnato perfino a volare.
Quali sono i principi fondamentali ai quali credi debbano essere informate le azioni a favore dei bambini sofferenti?
I bambini sofferenti nel nostro paese e nel mondo devono in primis essere messi nelle condizioni di sopravvivere e crescere, poi hanno diritto alla salute, alla famiglia, all’educazione, all’espressione dei loro sentimenti e del loro pensiero, al gioco, alla libertà e soprattutto all’amore. Al pane e alle rose, si sarebbe detto un tempo. Ogni essere umano dovrebbe avere tutto ciò, i bambini sono parte dell’umanità. Ci sono solenni dichiarazioni di diritti, da quelli dell’uomo, inteso come essere umano, a quelli del fanciullo nella convenzione di New York, ma vengono attuati solo in alcune parti del mondo e sporadicamente. Se fossero sempre attuati avremmo un mondo perfetto. Se non ci fossero le guerre, se non ci fossero le dittature, se non ci fossero gli integralismi, se non ci fossero le diseguaglianze, lo sfruttamento, la povertà, le mafie e tutto il male che c’è sulla nostra povera terra, anche i bambini sarebbero molto più felici.
I bambini che crescono in carcere sono deprivati di esperienze di vita e di rapporti (il padre, i nonni, i fratelli, gli amici, ecc) mentre sono costretti a vivere sempre con la madre che soffre, e da cui non possono staccarsi naturalmente un po’ alla volta, come succede nel processo di crescita.
I bambini liberi che hanno i genitori in carcere invece soffrono per la loro mancanza e di solito anche per la povertà che questa assenza induce. Soffrono perché non si dice loro la verità o perché, quando la scoprono, devono perdonare ai genitori gli errori da questi commessi. Spesso sono emarginati dai compagni per questo motivo e i loro sentimenti nei confronti dei genitori detenuti sono molto ambivalenti e contrastanti, in una parola un po’ banale “difficili”. Ma tutti sappiamo quanto i rapporti difficili con i genitori possano condizionare vite intere.
Bisogna aiutare genitori e figli a dire e accettare la verità. Io credo che se si arriva a questo ci siano buone probabilità di recupero di buoni rapporti e di inserimento sociale.
Grazie, Carla! E per ulteriori informazioni vi invito a visitare il sito della onlus La Gabbianella — alla quale è anche possibile donare il 5 x 1000.
May 9, 2016
“Nannerl, la hermana de Mozart” nei blog spagnoli
La nuova edizione in lingua spagnola del mio romanzo La sorella di Mozart — disponibile nella versione eBook e anche in cartaceo — è stata segnalata su diversi blog letterari. Condivido con piacere e gratitudine le pagine relative.
La lectura de Ramón
…Otra sorpresa ha sido descubrir que Mozart, no solo tenía una hermana, sino que era tan buena como él en música. Una de las cuestiones bien reflejada en la novela es ese papel secundario (por no decir oculto) que tenía la mujer en el mundo de la música en aquellos tiempos… la ficción esté bien engarzada con los hechos históricos destacables de la época… ¿A partir de qué porcentaje de ficción no debería considerarse histórica una novela?
1000 y un libros y reseñas
Rita Charbonnier nos deleita con la biografía de María Anna Walburga Ignatia Mozart, la hermana de Mozart, que tuvo la mala suerte de nacer en una época en la que todo le fue adverso, y no pudo desarrollar sus cualidades por el hecho de ser mujer… Quién ose leer esta novela, no podrá olvidarse jamás de Nannerl.
La estantería olvidada
Con un estilo narrativo elegante, la prosa desprende musicalidad en cada línea. La autora demuestra así tanto sus conocimientos sobre música, como un profundo trabajo de documentación y a su vez una buena dosis de inventiva, para crear una historia conmovedora, atractiva e interesante…
Los libros de Dánae
La historia de la novela consigue mantener vivo el interés del lector desde el principio hasta la última página. Y si algo conquista de “Nannerl, la hermana de Mozart” al margen de su historia, son sus personajes, sobre todo su protagonista… Leyendo esta novela he descubierto a una mujer fuerte pero también sensible…
Buscando mi equilibrio
…Una novela que os invito a descubrir, en la que la terminología musical se convierte en necesaria, pero no excesiva, en la que la escritora nos deleitará con su alto conocimiento de la materia, y en la que nos sentiremos inmersos desde el principio.
Grazie anche a Edición Libro Indie per l’eccellente lavoro di promozione e coordinamento.
April 11, 2016
Mettere in regola la colf 2.0
Come mettere in regola la colf è sempre tra le pagine più visitate di questo sito, malgrado risalga a qualche tempo fa e non sia stata aggiornata. Da allora sono sorti interessanti servizi che consentono di saltare a piè pari la trafila burocratica della messa in regola e offrono diverse garanzie.
È il caso di Helpling, piattaforma online per prenotare servizi di pulizie a domicilio. Ve la presento volentieri (mentre mi accingo a usufruirne), anche perché si tratta di una startup. In breve, Helpling rende possibile la prenotazione di collaboratori domestici referenziati in pochi clic, tramite il sito o la app dedicati, e a tariffe competitive.
Il settore dei servizi alla persona è molto diffuso: secondo alcune stime, una famiglia italiana su 10 impiega un aiuto in casa e nel 55% dei casi si tratta di un rapporto esclusivo, di un collaboratore fisso per la famiglia. Del milione e mezzo di colf esistenti, però, il 60% lavora in nero, senza regolare contratto e senza alcuna tutela. Per arginare questo fenomeno allarmante, negli ultimi anni sono state introdotte sanzioni e sono state fornite indicazioni precise sui rapporti tra datori di lavoro e personale addetto alle pulizie domestiche. Misure che non hanno cambiato di molto la situazione.
Helpling è nata in Germania nell’aprile 2014 e nel giugno dello stesso anno il servizio è arrivato in altri quattro paesi: Francia, Svezia, Olanda e Austria; nel mese di agosto c’è stato il lancio anche in Italia. “Da allora” dichiara Alberto Cartasegna, Managing Director Italia “abbiamo pulito più di 30.000 case“.
Come funziona?
È facile e trasparente. Ecco quel che occorre fare:
Collegarsi al sito http://www.helpling.it
Scegliere data, fascia oraria e luogo di residenza
Scegliere i servizi desiderati
Pagare online in sicurezza
Valutare il servizio ricevuto.
Quanto costa?
Vi sono due diverse soluzioni:
ECONOMY — €8,90/h
Attenta selezione degli Helpling;
cancellazione gratuita a 24h dal lavoro;
gestione diretta del rapporto.
PREMIUM — €11,90/h
Assicurazione in caso di danni accidentali;
attenta selezione degli Helpling;
consulente telefonico per la gestione degli appuntamenti.
Da dove vengono le colf?
Gli addetti alle pulizie di Helpling sono lavoratori e lavoratrici indipendenti, decidono quando e dove prestare la loro opera e non sono vincolati a un unico cliente. Sono assicurati per eventuali danni durante le attività di pulizia, possono selezionare il lavoro vicino a casa e scegliere le fasce orarie nelle quali svolgerlo. Sono inoltre selezionati con cura e successivamente valutati in base ai feedback ottenuti dagli utenti.
Insomma, un servizio del genere da un lato evita di impazzire con la burocrazia, dall’altro di usufruire del sommerso; il pagamento avviene 72 ore dopo la pulizia, il servizio clienti è a disposizione per ogni evenienza e se il cliente non è soddisfatto la pulizia viene ripetuta. Sembra, insomma, una valida alternativa.
Qui sotto trovate un’intervista con Chiara Cartasegna, PR Manager di Helpling, da poco andata in onda su Rai 2 durante il programma Start — dove appunto si parla di startup.
Foto di apertura: Rubbermaid Products.
March 7, 2016
Tra eBook, carta stampata e carta vetrata
Una settimana fa sono stata in radio, e per la precisione a Radio Città Futura, per parlare di print-on-demand e anche di Scrittura a tutto tondo. La trasmissione sul mondo dei libri che mi ha gentilmente ospitata s’intitola Carta vetrata — L’Accademia degli Incolti, è condotta da Alberto Gaffi e Flaminia Naro e si pone come un “format graffiante dove a essere presi di mira sono tutti gli attori della filiera editoriale: dagli scrittori ai lettori, passando per i librai”.
Da questo link è possibile scaricare il comunicato stampa relativo alla puntata nella quale sono intervenuta; per riascoltare l’intervista si può utilizzare il player qui sotto.
http://www.scritturaatuttotondo.it/wp-content/uploads/2016/02/cartavetrata.mp3
A proposito di scrittura, dal punto di vista di chi la pratica, segnalo gli ultimi articoli pubblicati sul sito di SATT: in particolare l’ultimo, Non ti prometto il successo, nel quale si parla delle più o meno lecite aspettative che hanno gli scrittori o coloro che aspirano a diventarlo (vorrei tanto che lo leggesse quel signore che mi ha telefonato qualche giorno fa per lamentarsi a gran voce della difficoltà di farsi leggere in un mondo nel quale tutti scrivono. Tutti peggio di lui, s’intende). C’è poi una disamina dei pro e dei contro dello scrivere un libro a quattro mani, e due articoli dedicati alla pirateria digitale: come difendersene e, addirittura, come trarne dei vantaggi.
Immagine di apertura: Cliff.
Non solo Mozart
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