Ferrovie del Messico Quotes

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Ferrovie del Messico Ferrovie del Messico by Gian Marco Griffi
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“E quando poi fu a un passo da Tilde, lei immobile su un letto perduta in un grigiore insalubre, le sclere arrossate, ignara e incurante d’ogni possibile libertà oltre la dittatura dei sensi, oltre la tirannide della consuetudine, il pesce-follia la inghiottì in un sol boccone come un animale feroce, e fu subito l’alba del mese più crudele, furono inusuali desideri e lillà sulla bordura delle strade, e si giunse al tramonto con un vento dal mare: furono canti e fuochi sulle colline, balli a palchetto e pagine di giornale svolacchianti sulle piazze, monumenti smantellati e armi seppellite, boschi sassi piogge e uomini, liberi.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Si tuffò, Steno, e si immerse perlustrando i fondali ricolmi di branchi eterogenei di pesci-follia maschi e femmina, incerto su quale catturare poiché sott’acqua blu e viola sono indistinguibili, e quando si decise e riuscì a stringerne uno tra le mani il fondale del lago iniziò a crollare, silenziosamente; precipitò, Steno, come se lo spaziotempo si fosse accartocciato intorno a lui, e precipitò lungo sentieri inesauribili e inesauribili correnti fiabesche e poetiche terribili, e quando riemerse da gorghi e mulinelli si ritrovò nel torrente Borbore, sormontato da una luna e da relitti di luce che erano le stelle di casa sua.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“E nuotò lungo la Senna fino al Canale della Manica, e la sua bellezza rozza e assurda finì nei dipinti di Matisse e Hopper, di Boitel e Picasso, di Chagall, Heckel e Nolde, tutta gente la cui esistenza Steno ignorava completamente, e sulla spiaggia di Le Havre trattò argomenti biblici con un vecchio generale a cui chiese dei pesci-follia senza ottenere altra risposta che la follia più cieca e innominabile, una follia che non era il colore espressionista di Tilde ma il buio assoluto e contagioso del nazismo, del suicidio, dell’inferno senza ritorno.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Quando cominciano a pregare me ne vado. Per che cosa abbiamo pregato, in questi anni? Per che cosa ci siamo inginocchiati, per che cosa ci siamo confessati, per che cosa abbiamo digiunato? Per che cosa abbiamo pregato, in questi anni? Proprio perché non accadesse questo. Abbiamo pregato affinché la Madonna ci risparmiasse dal vivere un momento simile. E allora, a che serve pregare ancora?”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Posso sentire il sapore della clorofilla che irrora la corteccia, Burkhard. Hai mai provato ad abbracciare un albero? È una sensazione bellissima. Bardolf, staccati da lì. Sto cominciando a innervosirmi sul serio. È come abbracciare un essere umano, ma ancora meglio. Non mi fare usare la forza, Bardolf, staccati subito da quell’albero. Preferirei di no, Burkhard.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Potrà sembrarti strano, Burkhard, ma io riesco a vedere il bene. Vedere il bene è un dono, Burkhard, un dono insolito che ti conduce alla pazzia o all’armonia. Me lo ripeteva sempre il maniscalco a Wolfach. Te lo ricordi Oskar Rohr? Mi voleva bene, Oskar. Diceva che io potevo vedere il bene. Allora non capivo cosa intendesse, ma ora sì, Burkhard, ora lo capisco. Vedere il bene significa rintracciare la debolezza più offuscata, la vulnerabilità remota. Toglimi le manette, Burkhard, ti prego. So che non stai dormendo. Quando trovi quella vulnerabilità ti accorgi che il male è fiacco, che l’ingiustizia è debole, che il male è l’assenza di qualunque vulnerabilità.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“il tempo futuro così come quello passato non sono altro che un’intuizione o un ricordo, una profezia o un imprinting, un progetto o la pagina bianca, giacché nulla esiste davvero se non nel battibaleno inesprimibile che chiamiamo «ora, adesso»; e tu, Francesco Magetti, sei difronte a me bambino e vecchio, giovane e adulto, così come io, Bardolf Graf, sono difronte a te vivo e al contempo morto, reale e illusorio, bislacco cantore del caso trionfante sul male, generatore di bellezza cui perfino Dio, benanche esistesse, dovrebbe inchinarsi.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Ci siamo alzati e l’ho fatto entrare nel mio studio (alzandomi ho tirato un peto, involontario ma piuttosto fragoroso – ahimè, alla mia età tirar peti involontari è un’amara consuetudine, un fatale nocumento –; tuttavia ritengo che in questo particolare momento storico sia necessario scoreggiare di più e meglio, in ispecie al cospetto di persone moleste, benché giammai in modo disdicevole ma ognora in modo onorevole, in linea con i dettami contenuti in uno dei libri più pregiati della mia collezione, il trattato Cur et quomodo in societate honeste petandum sit, di autore ignoto, databile a metà del Tredicesimo secolo”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Se c’è una cosa che fa imbestialire Carme, oltre alle poesie di Ungaretti, è il fumo stantio che impregna la casa (e i libri), ed è il motivo principale per cui ho smesso di fumare la pipa, cimento che mi è costato una fatica e un dispiacere immani, giacché ho sempre adorato tutti quei rituali annessi alla pipa che ormai rivivo – nei momenti di nostalgia – solo sfogliando l’edizione illustrata di Pipes et fumeurs des pipes, art et rituels di Alphonse Pârvulesco, nella prefazione della quale la pipa, non a torto, è definita lo strumento dello scrittore, il periscopio del sognatore, l’arma del negoziatore.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“E mi stai dicendo che i poeti morti di vecchiaia non possono essere poeti. Precisamente, ha detto, sono dei frocetti senza palle che hanno scritto poesie. E Shakespeare? Un frocetto senza palle, ha detto Edmondo. E Dante Alighieri? Frocissimo, e senza palle. E Pascoli, e Carducci? Frocissimissimi, ha detto Edmondo, completamente privi di palle. Gli italiani sono i peggiori, da questo punto di vista, sebbene ci siano alcune notevoli eccezioni.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Quegli schifosi. Cercavano benzina, latte, formaggio, un riparo per il temporale che sopraggiungeva da nordovest. Trovarono noi. Trovarono le nostre piastrine, appese a un chiodo accanto alla stufa. L’avevo detto, che avremmo dovuto gettarle in qualche precipizio, o sotterrarle insieme ai fucili. Ennio chiese da fumare. Ci allungarono due sigarette. Pensai a mio padre. Prenditi cura della mamma. Pensai al viso di mia mamma quando mi diceva di star lontano dai guai. Era bella, mia mamma. Aveva un occhio marrone e un occhio mezzo verde, e quasi tutti i denti in bocca. Aveva i capelli profumati anche di sera, dopo la campagna. Mi sembrò di annusarli proprio in quel momento. Guardai Ennio che fumava in un angolo, la schiena appoggiata alla parete. Mi venne da piangere, ma non piansi. Un gipeto atterrò sul bordo dell’abbeveratoio e prese a becchettarsi sotto un’ala. Emise un breve fischio aspro e sgradevole. Poi la pioggia ci bagnò e ci dilavò, e il sole ci disseccò e ci annerì.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“La sensazione di goffaggine e inadeguatezza accrebbe quando lei raccontò la storia di Vicente Orozco, un poeta argentino che fu felice un solo inenarrabile attimo, laggiù nella coda remota dell’America, sulla punta della lingua della Patagonia, un mercoledì di gennaio del millenovecentosedici in compagnia di suo padre, tal Manuel Orozco, braccio destro di un tal ingegner Jacobacci, e che venticinque anni dopo intraprese un viaggio infinito da Buenos Aires a Esquel, il luogo dove la felicità aveva avuto il sopravvento sull’infelicità, per lì spararsi un colpo.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Allora forse il Dottore e la Signora si sono resi conto che non avrebbero mai potuto amarla per ciò che era, che non sarebbero riusciti a provare quell’orgoglio che ti consente di amare l’eccezione anziché perdersi nello sconforto che ti porta a detestare l’indecifrabile, l’inammissibile, e hanno agito nel solo modo possibile dal loro punto di vista, il punto di vista dell’incomprensione: hanno provato a curare l’incurabile, a guarire una malattia laddove malattia non c’era, come chi si ostinasse a somministrare farmaci per sedare la sete. E la mia Tilde era assetata come chi vagabonda giorno e notte in un vasto deserto senza ritrovare il cammino per casa.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Mi porse un libro: Quaderno ellenico. Poesie d’amore e di guerra, di Vicente Orozco Gaido. Torna domani, Cesco Magetti, quando avrai imparato il sonno ondeggiante del gabbiano, le vele spettrali che si incrociano su qualche foglio illustrato, la libertà quando la libertà ti imprigiona come l’attrazione gravitazionale, il pianto dell’amante, la zolla sognante delle praterie, torna quando avrai appreso il vassoio dell’infinito sfavillante di stelle che allucciolano nottivaghe e il cieco crogiolo di spazio folle senza fine che io sono, che noi tutti siamo, ricoperti da patine di polvere e follia, nascosti dagli uomini come i pesci dei fondali abissali, celati ai predatori e alle baleniere, torna quando avrai deposto lo sgomento per il mostruoso, per lo stravagante, per il discorde. Torna quando avrai vissuto l’amore tra Spyridon e Payayota sulle spiagge di Malvasia tormentate dalla burrasca.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Per quanto riguarda la richiesta di perdono avanzata, disse il secondo pretore, riteniamo che essa sia stata inidonea ai dettami dei codici del Partito nazionalsocialista dei lavoratori. Siamo stati costretti a interpellare un esponente della Dottrina cristiana sul perdono per avere ragguagli sul suo esatto significato, che noi non conosciamo. Poiché il chiarimento dell’esponente cristiano ci è sembrato insufficiente siamo stati costretti a convocare d’urgenza un esponente dell’Esistenzialismo contemporaneo. Questi ha tirato in ballo dottrine che non ci sentiamo di condividere. In tutta franchezza, signor Graf, noi di questo perdono non ci abbiamo capito nulla; ma il fatto di non averci capito nulla è sufficiente a farci considerare l’ipotesi che si tratti di una cosa contraria alla condotta protocollare del Collegio da noi presieduto e di conseguenza contraria alla legge morale, civile e sociale del Reich.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Sa cosa dovrò fare? Dovrò inviare il libro al gabinetto Annulli, il quale lo girerà al gabinetto Valutazioni, il quale, se lo riterrà necessario, lo manderà al gabinetto Incenerimenti, il quale finalmente lo distruggerà sotto gli occhi dei Commissari speciali e del Magnifico Rettore, i quali sono gli unici al di sopra di ogni sospetto, a parte il Führer, s’intende. Entro domattina sarà cenere.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Un capitolo in particolare rapì la sua attenzione: Geheimnissen und Mysterien von Santa Brígida de la Ciénaga, città mitologica (non segnata su alcuna mappa ufficiale) la cui caratteristica era quella di poter essere raggiunta soltanto in treno, grazie a una deviazione lungo la linea ferroviaria che da Paso Negro conduce a Monterrey”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Fuori il cielo era giallo e la luce dei lampioni sembrava pitturata coi pastelli e poi cancellata con la gomma, tanto era fiacca e inutile.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico
“Mi accolse come si accoglie un tizio conosciuto il giorno prima, ovvero con meno affetto di quanto il tizio conosciuto il giorno prima avesse, stupidamente e del tutto ingiustificatamente, desiderato.”
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico