Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più Quotes

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Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più by Michela Murgia
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Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più Quotes Showing 1-30 of 46
“Volere è potere, dice il proverbio, ma alle donne si lascia credere che il loro potere sia invece quello di essere volute. È un inganno: desiderare ti rende soggetto attivo e ti educa a scegliere, invece che a essere scelta. Chi desidera comanda. Dire sempre «desiderami» e mai «io desidero» è un cammino di de-formazione, perché chi può solo essere desiderabile sacrificherà la propria forma per prendere quella che pensa sarà piú desiderata, condannandosi a esistere solo come conseguenza dello sguardo di altri.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“[...] in ogni ambito ci sono uomini mediocri e uomini eccellenti; solo che quando un uomo sbaglia è colpa sua, mentre quando sbaglia una donna, sono tutte le donne a essere incluse nel suo fallimento.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“[...] per poter acquisire il diritto di occupare lo spazio civico, una donna deve avere una competenza eccezionale laddove a un uomo basta essere minimamente capace.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Anche gli uomini sono discriminati."
Un uomo può sperimentare la discriminazione personale per varie ragioni, ma non conosce la discriminazione di genere, perché nessuna cultura ha mai perseguitato i maschi in quanto maschi.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Un gruppo di uomini che parlano è un consesso dialettico, un gruppo di donne un pollaio”
Michela Murgia (author), Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“[...] a sette anni regalano il piccolo chimico a tuo fratello e a te mettono in braccio una bambola, e continua dieci anni dopo quando, troppo tardi, durante l’ultimo anno del liceo, faranno campagne per «avvicinare le ragazze» alle materie scientifiche, sottintendendo implicitamente che se ne siano allontanate da sole.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Il silenzio è una virtú, ma solo se sono le donne a praticarlo. Agli uomini nessuno chiede di tacere le loro riflessioni interiori, anzi sono cosí sollecitati a condividerle che è lecito sospettare che prima di parlare parecchi di loro non abbiano riflettuto a sufficienza.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Cosí un uomo che dissente è una voce coraggiosa che non le manda a dire, mentre una donna che dissente è una rompipalle che ha sempre da ridire su tutto.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“[...] ho capito che di tutte le cose che possiamo fare nel mondo come donne parlare e farlo in modo problematico è ancora considerata la più sovversiva. Una donna che parla in contraddittorio provoca, il resto può passare, ma l'atto di esprimere opinioni divisive va sempre contestato. Sei cantante e dici la tua sui migranti? Continua a cantare e stai zitta. Sei scrittrice e fai un commento su come il governo gestisce l'emergenza pandemica? Scrivi i tuoi libri e per il resto stai zitta. Fai l'attrice e rilasci una dichiarazione sulle scelte collettive per fermare il cambiamento climatico? Eri molto meglio quando facevi i film e stavi zitta.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Solidarietà femminile è difendere dagli attacchi sessisti anche una donna con cui non sono d'accordo su nulla. Dagli attacchi sessisti, però, non da qualunque attacco. [...] per tutto il resto si rimane libere di criticarle senza ledere in alcun modo la propria coerenza femminista.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Sapevano, come dobbiamo sapere noi, che il patriarcato è un sistema muscolare e rispetta solo ciò che teme. Per questo, per raggiungere quelli che oggi chiamiamo traguardi, migliaia di donne hanno pagato col disprezzo della loro famiglia, hanno perso il rispetto borghese delle loro comunità, la possibilità di vivere vite tranquille e, in alcuni casi, perfino la vita. Dobbiamo essere loro grate e il modo migliore per farlo è non dimenticare che quei diritti esistono solo finché restiamo pronte a tirare fuori le unghie per difenderli.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“La cultura dello stupro vive del pregiudizio che se una donna dice no vuol dire forse e se dice forse vuol dire sí, per cui niente di quello che afferma in relazione alla sua volontà ha in realtà un valore fattuale.
[...]
«Ma io non volevo essere molesto, era solo un complimento». L’idea che non siano le sue intenzioni a configurare la molestia gli è del tutto estranea. Se un uomo pensa: «Ho scritto un messaggio osé» e la donna che lo riceve pensa: «Ho ricevuto un messaggio molesto», chi ha ragione? Chi decide la natura dell’approccio? La risposta giusta dovrebbe essere sempre e solo una: decide chi lo riceve.
Sembra ovvio, ma nelle società dove il consenso è considerato implicito al punto che chiederlo non è necessario, il rifiuto risulta incomprensibile e scatena aggressività e frustrazione. Cosí la donna che dovesse dire che quel tipo di attenzioni non le sono gradite finirà facilmente per sentirsi dare della frigida, della snob, dell’arrogante, della superba, della furba che mette in mostra le grazie e poi fa l’ingenua, ma anche della puttanella che fa eccitare gli uomini per poi negarsi. È difficile decidere di opporre resistenza quando sai già che alla fine la stronza sarai tu e lui il galantuomo che ti ha solo fatto un complimento.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“l mansplaining, parola resa al meglio in italiano dal neologismo «minchiarimento», è proprio questo: una pratica sessista di superiorità paternalistica esercitata da qualunque uomo che, in una discussione con una donna, si metta a illustrarle le cose in modo accondiscendente e semplificato, dando per scontato che lei ne sappia meno di lui anche quando ci sarebbero abbastanza elementi per supporre il contrario.
[...]
Il minchiarimento si presenta in tante forme, che vanno dalla facilità di interruzione quando a parlare in una conversazione è una donna fino allo spiegone non richiesto, di solito premesso dalla frase «Magari non ti è chiaro…» Questa tecnica produce inconsapevoli effetti. Da un lato conferma il radicatissimo pregiudizio che le donne siano ignoranti e prive di capacità intellettuale.
[...]
È come se un mansplainer avesse scritto in testa, da qualche parte, questo appunto: «Posso accettare che tu, in quanto donna, sappia qualcosa, purché ti sia chiaro che questo qualcosa è comunque meno di quello che so o so fare io»”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Le donne italiane, che sono tra le europee quelle che subiscono il maggior dislivello nella distribuzione del carico di lavoro familiare nella coppia, se vivono anche la dimensione della carriera svolgono di fatto due lavori, uno dei quali non retribuito, con il relativo carico mentale. In questa carambola di energie disperse si inserisce la terrificante leggenda del cervello femminile multitasking, che aggiunge ulteriori pretese di performatività.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“[...] nessuno oggi alla consegna degli Oscar direbbe: «Ed ecco a voi finalmente un nero che recita come un bianco», perché è pacifico per chiunque che il colore della pelle non ha nulla a che fare con il talento attoriale. Allo stesso modo ci vergogneremmo a scrivere: «Finalmente un gay che dipinge come un etero!», perché l’orientamento sessuale non è considerato da nessuno un parametro della capacità pittorica. Nell’anno del Signore 2020 a un critico musicale è parso invece addirittura un complimento scrivere che finalmente a Salisburgo c’era una donna che dirigeva un’orchestra come un uomo. Una donna-uomo. Una uoma. Se si fosse espresso al bancone di un bar forse avrebbe scritto che era una coi coglioni e coi controcoglioni, o cazzuta e con i controcazzi, perché i complimenti alle donne di carattere da sempre si fanno descrivendole come dotate di genitali maschili.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Quando ti hanno cresciuta facendoti credere che essere femminile volesse dire essere gentile, carina, sorridere anche se non ti va, non negare attenzione né plauso, accondiscendere sempre e mostrarsi obbediente e diligente, vederti smettere di farlo è percepito immediatamente come un atto disordinato, un tradimento della posizione assegnata al tuo genere. Se ti esprimi in forte opposizione non sei una persona equilibrata, ma un’isterica, un’emotiva, un’irrazionale che non sa dominare le proprie passioni, né gli ormoni turbinanti del ciclo. Oppure, variante sempreverde, non assumi da tempo quella panacea per ogni malumore femmineo che, secondo il sessista medio, dovrebbe essere il pene.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Davanti a ogni comportamento molesto ci intimano di essere superiori, sorridere,
abbozzare e non opporre alcuna resistenza, perché tanto è una battaglia persa. L’idea che sia impossibile reagire è diffusissima e la si può capire, perché le energie che servono per ribellarsi all’essere considerate un bersaglio mobile delle esternazioni maschili sono troppe, dato che troppe sono ancora le azioni a cui bisognerebbe reagire. [...] c’è la convinzione che le donne vivano avendo come obiettivo l’essere desiderate dagli uomini e che siano in fondo loro stesse a chiedere di essere validate come sessualmente attraenti. Volere è potere, dice il proverbio, ma alle donne si lascia credere che il loro potere sia invece quello di essere volute.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Le aree semantiche che definiscono una donna che parla sono quasi sempre denigratorie. Se discorre è chiacchierona, linguacciuta, pettegola; se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, aggressiva. Gli aggettivi fanno spesso riferimento all'acutezza del tono vocale, trasmettendo l'idea che il suono della voce femminile aggredisca l'udito più di quanto potrà mai fare una voce maschile. Un gruppo di uomini che parlano è un consesso dialettico, un gruppo di donne è un pollaio.
[...] Se le donne giovani sono galline, le donne anziane che parlano sono cornacchie secondo un processo di bestializzazione che tende ad accomunare tutte le voci di donna, giovane o vecchia che sia, a uno scontato senso di fastidio. La donna socialmente gradita è una donna silenziosa, che diletta con qualunque arte tranne quella oratoria.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“La vera emancipazione è usarlo per rendere possibile anche ad altre donne il superamento degli ostacoli sessisti che impediscono loro di essere riconosciute e valorizzate. Se serve solo a te, non è femminismo.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“L'unico potere che il patriarcato riconosce come legittimo è quello che ti concede, mai quello che ti prendi da sola.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Fattela una risata."
La tattica di farci passare come bacchettone senza senso dello humour solo perché ci siamo lamentate di una pacca sul culo o di una battuta sessista è vecchia quanto furba.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“non è un playboy quello che fa un complimento da una macchina, ma un estraneo convinto di avere il diritto di esprimere sul tuo corpo un parere che non gli hai assolutamente richiesto. Non sono complimenti i fischi dai finestrini: è cat calling. Basta romanticizzare la molestia definendo il molestatore playboy, corteggiatore, innamorato, invaghito, sedotto o conquistato. Basta sessualizzare la violenza con termini come osè, sexy, hot, hard, bollente, sfrenato, selvaggio o passionale.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Il modo in cui vengono raccontate le molestie nella cronaca giornalistica è intriso della cultura dello stupro, che agisce tutte le volte che le molestie verbali vengono definite «complimenti», le molestie on line «messaggi hot», l’insistenza non gradita «corteggiamento», le molestie fisiche «carezze», le allusioni sessuali «battute» e i video intimi diffusi in rete per vendetta «filmati hard». In questo registro è capitato di veder catalogare uno stupro di gruppo come «notte di sesso sfrenato» e di sentir definire un abusante «innamorato pazzo» o «don giovanni».”
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“L’uomo forte."
La categoria dell’uomo forte, oltre a evocare i truci ricordi novecenteschi e la loro eco attuale, nella quotidianità rende molto difficile la vita agli uomini, costretti a negare di avere fragilità e a nascondere tutti quegli aspetti della loro personalità che per qualche ragione non collimano con la proiezione della forza virile machista. La donna che osserva questa dinamica trae inevitabilmente indicazioni di modo per guidare la sua parabola di riuscita personale. All’aumentare delle responsabilità, la donna che vede crescere il proprio potere sente di essere costretta a imporsi lo stesso tipo di amputazione: fragilità emotiva, stanchezza, paura, nostalgia o compassione diventano zavorre da scaricare o celare”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“L’uomo solo al comando."
L’uomo al comando è solo per definizione, perché nel sistema gerarchico patriarcale la prima conseguenza del dominio è la solitudine. In quella struttura, domincare in compagnia non è pensabile. L’immagine della persona isolata sulla vetta conferma l'idea che il potere sottrattivo logori senz’altro chi non ce l’ha, ma in fondo anche chi ce l’ha. La donna che aspirasse a quel tipo di potere viene avvisata prima ancora che cominci a perseguirlo: il prezzo da pagare per vincere a quel gioco è non avere nessuno accanto, una condizione che un uomo – creatura razionale – può anche vivere con la sfumatura di epicità che spetta ai cavalieri solitari, ma che una donna, raccontata da sempre come creatura relazionale, non può che avvertire come l’annuncio di una sconfitta esistenziale.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“Se una donna dal carattere deciso viene definita «cazzuta», a esserle evocati addosso non sono semplicemente i genitali maschili, ma la capacità di usarli come farebbe un uomo potente: per penetrare qualcun altro. La sovrapposizione linguistica tra sesso penetrativo e potere è costante e voluta.
[...]
Benché «prenderla nel culo» sia un’espressione con problematici risvolti omofobici, non è raro ritrovarne gli echi anche nel linguaggio omosessuale maschile, dove la distinzione tra attivo e passivo crea una gerarchia tra chi subisce la penetrazione e chi la pratica. Oltre a definire tutto il genere femminile come passivo (quindi implicitamente sottomettibile), l’espressione spesso rivela l’omofobia introiettata anche da molti uomini gay, che si ritengono un po’ meno gay solo perché penetrano senza essere penetrati.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“[...] er diventare la sua copia, assumendo su di sé lo stereotipo maschile dello spirito guerriero, dell’improntitudine, della muscolarità di carattere, della determinazione nelle scelte e della propensione alla competizione nelle azioni.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“«Ma io cosa c’entro con questo» è infantile e un po’ furbo, perché significa non voler
riconoscere la differenza tra il concetto di colpa e quello di responsabilità.
[...]
La colpa è un carico morale esclusivamente personale e, a meno che tu non abbia praticato deliberatamente un’ingiustizia o una violenza su qualcuna, ovviamente non è tua. La responsabilità invece è un carico etico collettivo che ci riguarda tutti e tutte, perché le regole che seguiamo ogni giorno reggono la disuguaglianza che viviamo, anche se in misura diversa. La colpa ce l’hai o non ce l’hai. La responsabilità invece te l’assumi se pensi che quelle conseguenze ti riguardino e tu possa fare qualcosa per modificarle in meglio. È in nome della responsabilità, non della colpa, se ogni anno celebriamo la Giornata della memoria delle vittime del nazismo, perché dopo la Shoah dire «Non ho mai messo un ebreo in una camera a gas» non è piú sufficiente: abbiamo capito tutti che occorre lottare quotidianamente contro i focolai del razzismo che ancora permangono nella nostra società. Fuori da questa logica di assunzione della responsabilità, affermare «Non sono maschilista» in fondo significa dire che «Le conseguenze del maschilismo non sono un mio problema e non le devo risolvere io».”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
“«Ma io cosa c’entro con questo» è infantile e un po’ furbo, perché significa non voler riconoscere la differenza tra il concetto di colpa e quello di responsabilità.”
Michela Murgia, Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più

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