L'arte di legare le persone Quotes
L'arte di legare le persone
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L'arte di legare le persone Quotes
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“Sí, ma il paziente ha bisogno di uno che si stupisca, di uno che si commuova, di uno che raccolga la sua merda e risollevi la faccia ridendo, di uno che si confonda, che scappi, che gli metta le mani addosso. Cerca te, ha bisogno di te, non dei protocolli. Cerca il medico non la medicina. Ora il faccino di Marco mi sorride ammirato. Sarebbe bello fosse cosí. La verità è che i piú si curano da soli, e chi viene cerca una medicina non un medico.”
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“E dopo tanti anni mi ritrovo ancora qui, alle prese col dolore inutile. Dolore che non insegna, non rigenera, non rinnova. Non dolore di crescita ma di prigione. Non dolore di potatura ma di morte. Dolore che non finisce per guarigione, non finisce per necrosi e amputazione: non finisce mai. Sia benedetto mille volte il dolore utile, sia maledetto mille volte il dolore inutile.”
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“La Psichiatria è un gran gioco dell’oca. Si prende Mario e lo si sposta dal centro diurno all’ospedale. Dopo un po’ lo si sposta nella Comunità terapeutica. Dopo un po’ lo si sposta nell’alloggio protetto. Dopo un po’ lo si sposta nel centro diurno. Dopo un po’ ricomincia il giro. La speranza è che Mario in uno di questi passaggi scompaia. Ma il gioco di prestigio non riesce, e il coniglio non rientra nel cappello.”
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“L’altro giorno, a cena da amici, la figlia mi dice: Io non capisco come fai a mantenerti. Quanti matti ci saranno in città? Vediamo, dico io, proviamo a contare quanti ce n’è in questo palazzo. Quanti appartamenti ci sono in tutto? Venti, risponde lei. Bene, quanti matti conosci? C’è solo il pazzo del terzo piano, quello che parla da solo. Uno schizofrenico ce l’abbiamo, bene, ora dimmi: non c’è un tossicomane da qualche parte? Sí, al primo piano. C’è per caso una ragazza magra, magra che sembra uno scheletro? Giovanna, sul nostro pianerottolo. Non c’è uno che, sera e mattina, è al bar con un bicchiere di bianco in mano? Sí, Giorgio, quinto piano. Un etilista non poteva mancare. Ora voglio sapere, non c’è un signore scavato che esce poco, non apre mai la porta, è silenziosissimo e non si spinge nemmeno sul poggiolo tutto sporco di cacche di piccione? Sí, Silvio, al terzo piano. Beccato il paranoico. Passiamo ai depressi. Hai mai sentito un vicino dire: non andiamo al mare, mia moglie sta a letto? Sí, ultimo piano. Una sola depressa? Facciamo finta che sia cosí. Chiudiamo con l’Alzheimer: non mi dire che in tutto il palazzo non c’è una vecchietta che straparla e butta oggetti dalla finestra? Per la verità, sono due. Vedi, se si curassero tutti, potrei mantenermi solo con questo palazzo.”
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“Vado in sala medici e presento Marcello ai colleghi. Rufo, elegante e profumato, fa un discorso alto sulla dignità della Psichiatria, sulla responsabilità del medico e la sacralità della relazione terapeutica. Quando ha concluso, si forbisce le labbra con un fazzoletto immacolato e io sussurro a Marcello: non ti fidare di quest’uomo. Edoardo, malvestito e sperso, fa un discorso critico verso la Psichiatria, si lamenta dei pazienti, suggerisce tartagliando di cambiare specialità perché questa è magra di soddisfazioni. Quando ha concluso, e si capisce solo dal fatto che non parla piú e guarda la finestra, io sussurro a Marcello: di questo ti puoi fidare.”
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“Per diventare psichiatri non occorre essere intelligenti, né sensibili, né avere talento. Per diventare psichiatri basta avere un genitore, un nonno, un po’ matto, anche un pochino, e volergli abbastanza bene. I matti sono nostri fratelli. La differenza tra noi e loro è un tiro di dadi riuscito bene– l’ultimo dopo un milione di uguali– per questo noi stiamo dall’altra parte della scrivania.”
― L'arte di legare le persone
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“I depressi usano l’indicativo passato: io ho sbagliato, io non sono riuscito…
oppure il presente ma con un profondo legame col passato:
io sono colpevole, io sono fallito.
Gli euforici usano l’imperativo: vieni, fai, compra e usano il futuro: festeggeremo, conquisteremo, ci vedremo.
Gli schizofrenici sbagliano tutto: dicono io sono invece di io ero, io sarò, io sarei, se io fossi.
I caratteriali, sempre all’imperativo: scrivi, dammi, ascoltami, ubbidisci.
I nevrotici sono persone deliziose che usano il condizionale: potrei, sarebbe cosí gentile…
o il congiuntivo: se fosse possibile, se fossi sicuro di non disturbarla…
Giulia, stai attenta alle persone al congiuntivo trapassato: se io fossi stato, se io avessi avuto. Sono le peggiori.”
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oppure il presente ma con un profondo legame col passato:
io sono colpevole, io sono fallito.
Gli euforici usano l’imperativo: vieni, fai, compra e usano il futuro: festeggeremo, conquisteremo, ci vedremo.
Gli schizofrenici sbagliano tutto: dicono io sono invece di io ero, io sarò, io sarei, se io fossi.
I caratteriali, sempre all’imperativo: scrivi, dammi, ascoltami, ubbidisci.
I nevrotici sono persone deliziose che usano il condizionale: potrei, sarebbe cosí gentile…
o il congiuntivo: se fosse possibile, se fossi sicuro di non disturbarla…
Giulia, stai attenta alle persone al congiuntivo trapassato: se io fossi stato, se io avessi avuto. Sono le peggiori.”
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“Cammino da cinquant’anni a Genova e ancora mi capita di scoprire, nel raggio di un chilometro da casa mia, delle creuse che non ho mai percorso. Morirò dopo una vita di cammino a Genova, senza averla camminata tutta.”
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“Genova non è una città quadrata, è una città storta: c’è sempre una scorciatoia piú corta. Solo da casa mia all’ospedale ci sono quindici scorciatoie, una piú corta dell’altra. Quando sono con mia moglie devo seguire la sua scorciatoia, altrimenti si arrabbia, ma io so che la mia è piú corta.”
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“Cesare, smettila di dare antidepressivi a tutti i genovesi che incontri. È vero, i genovesi si lamentano tutti, ma non sono depressi. Tu che vieni da Roma, devi imparare la diagnosi differenziale. Il mugugno ha i suoi canoni, è musica popolare. È un blues laico, che parla della fatica dell’uomo ma non cerca nessuna salvezza. È un blues interessato, perché dice: le cose mi vanno male, non posso darti nulla. È un blues bugiardo: quando un genovese si lamenta di qualcosa vuol dire che ha già in tasca la risposta. Lamentarsi è un modo frugale di cantar vittoria. Se un genovese sta veramente male, non si lamenta, tace. Il lamento del depresso è una battuta unica, ripetuta, greve. Dice: tu non c’entri, ma in qualche modo è colpa tua. Il mugugno è liberatorio: siamo uniti contro qualcuno, siamo sulla stessa barca. La musicalità è diversa, si riconosce alla prima sillaba. Se qualcuno non è di Genova e si mette a cercare una soluzione al problema, il genovese si ritira. Lui vuole solo andarsene senza aver detto niente.”
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“12.
Lucrezia, da una settimana mi telefoni quattro volte al giorno, mi lasci un biglietto tre volte al giorno, bussi alla mia porta due volte al giorno, chiedendomi che certifichi d’urgenza per iscritto che sei assolutamente sana di mente. Lucrezia, è l’insistenza con cui lo chiedi che non mi consente di farlo.
16.
Lucrezia, da tre mesi mi telefoni tre volte al giorno, per essere sicura che sono vivo. Lucrezia, continua cosí e mi ammazzi tu.
17.
Lucrezia, mi telefoni a mezzanotte perché hai delle ansie notturne. Lucrezia, le tue ansie notturne non fanno dormire me.
19.
Lucrezia, da tre mesi mi telefoni tre volte al giorno, per essere sicura che sei viva. Lucrezia, ora vengo lí e ti ammazzo io.”
― L'arte di legare le persone
Lucrezia, da una settimana mi telefoni quattro volte al giorno, mi lasci un biglietto tre volte al giorno, bussi alla mia porta due volte al giorno, chiedendomi che certifichi d’urgenza per iscritto che sei assolutamente sana di mente. Lucrezia, è l’insistenza con cui lo chiedi che non mi consente di farlo.
16.
Lucrezia, da tre mesi mi telefoni tre volte al giorno, per essere sicura che sono vivo. Lucrezia, continua cosí e mi ammazzi tu.
17.
Lucrezia, mi telefoni a mezzanotte perché hai delle ansie notturne. Lucrezia, le tue ansie notturne non fanno dormire me.
19.
Lucrezia, da tre mesi mi telefoni tre volte al giorno, per essere sicura che sei viva. Lucrezia, ora vengo lí e ti ammazzo io.”
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“Luciano, a ogni incontro vuoi conferma che sono stato depresso anch’io, altrimenti non ti tranquillizzi, non parli, non mi ascolti e mi guardi sospettoso.
Sí, sí, Luciano, ti posso capire: sono stato depresso anch’io.
Ma mi domando: io seguo schizofrenici, anoressiche, tossicodipendenti, maniaci sessuali, suicidi, omicidi. Come diavolo faccio?”
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Sí, sí, Luciano, ti posso capire: sono stato depresso anch’io.
Ma mi domando: io seguo schizofrenici, anoressiche, tossicodipendenti, maniaci sessuali, suicidi, omicidi. Come diavolo faccio?”
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“Lucrezia, da una settimana mi telefoni quattro volte al giorno, mi lasci un biglietto tre volte al giorno, bussi alla mia porta due volte al giorno, chiedendomi che certifichi d’urgenza per iscritto che sei assolutamente sana di mente.
Lucrezia, è l’insistenza con cui lo chiedi che non mi consente di farlo.”
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Lucrezia, è l’insistenza con cui lo chiedi che non mi consente di farlo.”
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“Emilio, sei sicuro di te senza alcun limite. Se ti chiedo come stai, mi rispondi: benissimo. Oggi, Emilio, mi hai urlato: ma che razza di medico è lei? Se le dico che sto bene si preoccupa e mi aumenta le medicine. Se le dico che sto male, è contento e mi toglie le medicine. Che razza di medico è lei?”
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“Ieri i dirigenti in gruppo sono venuti a vedere il nuovo reparto psichiatrico e si sono compiaciuti: quanto sono grandi le stanze dei pazienti! Poi, rumorosi ed euforici, si sono allontanati verso altri lidi. E io ho pensato:
Gli euforici sono ambiziosi, sfrontati e instancabili, l’euforia aiuta a fare carriera. Però appena raggiunta una posizione si annoiano e, invece di dirigere, si guardano intorno: Cosa faccio io qua? Pensano già a dove trasferirsi. È il loro limite, hanno bisogno di muoversi. Ecco perché i dirigenti credono, in buona fede e ignoranza, che i pazienti amino lo spazio. Lo spazio ha per loro un valore positivo in assoluto. Ma non è cosí.
L’euforia è solo uno dei tanti disturbi mentali: in altri il paziente è indifferente allo spazio,nin altri ancora, impensabile ma vero, è angosciato dallo spazio. Il mondo è pieno di depressi che dormono su un divano senza neanche mettersi il pigiama, o sul bordo del letto senza neanche tirare su il lenzuolo, molti dormono su una sedia. Se gli dai un letto matrimoniale, dopo un mese è intatto. Preferiscono cosí. Non è di spazio esterno che hanno bisogno.”
― L'arte di legare le persone
Gli euforici sono ambiziosi, sfrontati e instancabili, l’euforia aiuta a fare carriera. Però appena raggiunta una posizione si annoiano e, invece di dirigere, si guardano intorno: Cosa faccio io qua? Pensano già a dove trasferirsi. È il loro limite, hanno bisogno di muoversi. Ecco perché i dirigenti credono, in buona fede e ignoranza, che i pazienti amino lo spazio. Lo spazio ha per loro un valore positivo in assoluto. Ma non è cosí.
L’euforia è solo uno dei tanti disturbi mentali: in altri il paziente è indifferente allo spazio,nin altri ancora, impensabile ma vero, è angosciato dallo spazio. Il mondo è pieno di depressi che dormono su un divano senza neanche mettersi il pigiama, o sul bordo del letto senza neanche tirare su il lenzuolo, molti dormono su una sedia. Se gli dai un letto matrimoniale, dopo un mese è intatto. Preferiscono cosí. Non è di spazio esterno che hanno bisogno.”
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“Ho iniziato con la Signora un gioco a nascondino,
ma devo stare attento: la morte è permalosa,
uno schiocco delle dita e mi fa sicario di me stesso.
il delitto perfetto.”
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ma devo stare attento: la morte è permalosa,
uno schiocco delle dita e mi fa sicario di me stesso.
il delitto perfetto.”
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