Dante Quotes
Dante
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Alessandro Barbero2,189 ratings, 3.60 average rating, 227 reviews
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Dante Quotes
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“Come per tutto quel poco che sappiamo della sua vita, anche la data di morte di Dante è riferita da fonti contraddittorie. Secondo il Boccaccio morì il giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, che corrisponde al 14 settembre, ma gli epitaffi che i letterati fecero a gara a scrivere per l’occasione datano la morte del poeta alle idi di settembre, cioè il 1319. Siccome uno di questi epitaffi, composto da Giovanni del Virgilio, è trascritto dal Boccaccio stesso, parrebbe che il biografo non ci vedesse nessuna contraddizione; e in effetti basta ricordare che le feste cristiane, in continuità con la tradizione ebraica, cominciano al tramonto della vigilia per concludere che Dante dev’essere morto nelle prime ore della notte fra il 13 e il 14. Quella notte, il profeta andò a scoprire se quanto aveva immaginato in tutti quegli anni era vero.”
― Dante
― Dante
“Per sistemare il figlio di Dante intervennero dunque protezioni al massimo livello, che ricucivano l’ospitalità del signore con legami intessuti quindici o vent’anni prima, e dimenticavano signorilmente le invettive profuse a piene mani dal poeta nella Commedia: fra l’altro proprio contro i conti di Bagnacavallo, a cui Dante augurava caritatevolmente di estinguersi, per evitare che una nuova generazione finisse di disonorarli”
― Dante
― Dante
“Ma Ravenna era anche un prospero centro commerciale, capoluogo di un entroterra ricco di pascoli e vigneti, vicino al mare e circondato di saline e peschiere, che garantivano al comune cospicue entrate daziarie; anche se i traffici, incentrati sull’esportazione di sale, pesce e vino, erano gestiti soprattutto da mercanti veneziani, e veneziana era la moneta corrente”
― Dante
― Dante
“Più di recente, nel XIV del Purgatorio, Dante era tornato a compiangere la Romagna e a inveire contro i suoi nobili; ed era riuscito a menzionare Ravenna solo per dolersene, perché le famiglie che un tempo avevano fatto regnare lì “amore e cortesia” erano tutte estinte. Chissà se avrà ripensato con imbarazzo a quei versi quando gli giunse l’invito di Guido da Polenta? Ma il signore di Ravenna era anche lui un poeta, autore di canzoni, alcune delle quali sono conservate; e può darsi che abbia giudicato da poeta quei canti in cui comparivano la sua città e la sua famiglia – a partire dal terzo dell’Inferno, di cui era protagonista sua zia Francesca, assassinata dal marito quando lui era bambino.”
― Dante
― Dante
“Il successo del poema deve aver costituito un poderoso motivo di fiducia per Dante, fino a dettargli i versi del XXV del Paradiso, in cui si augura che proprio la fama letteraria gli permetta un giorno di tornare a Firenze, ed essere incoronato d’alloro in San Giovanni: Se mai continga che ’l poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra, sì che m’ha fatto per molti anni macro, vinca la crudeltà che fuor mi serra del bello ovile ov’io dormi’ agnello, nimico ai lupi che li danno guerra; con altra voce omai, con altro vello ritornerò poeta, e in sul fonte del mio battesmo prenderò ’l cappello. Dove è difficile non cogliere un rovesciamento sarcastico dell’offerta pelosa che gli era stata fatta, di rientrare a Firenze facendosi offrire come penitente in San Giovanni”
― Dante
― Dante
“A tutti l’“humilis ytalus Dantes Alagherii florentinus et exul inmeritus”, esule cioè senza colpa, come ormai da tempo amava definirsi, augurava la pace; li invitava a rallegrarsi per il sorgere di un nuovo giorno e l’arrivo di un nuovo Mosè; ed esortava i discendenti dei Longobardi a ricordarsi di essere innanzitutto Troiani e Romani.”
― Dante
― Dante
“Fiorenza, la mia terra, / che fuor di sé mi serra, / vota d’amore e nuda di pietate” e ripeta ai cittadini, così sordi ai suoi appelli, che Dante ormai non è più un nemico: Se vi vai dentro, va’ dicendo: “Omai non vi può fare il mio fattor più guerra”. Dante continuava a chiamarla Fiorenza, perché era un dotto, e anche perché in tutta Italia la chiamavano così; ma Remigio del Chiaro Girolami, il grande domenicano, predicatore in Santa Maria Novella proprio in quegli anni, ci dice non senza irritazione che ormai erano solo gli stranieri a usare quel nome: i cittadini non la chiamavano più così, ma nel loro linguaggio corrotto la chiamavano Firençe. Senza saperlo, Dante si stava trasformando in un forestiero”
― Dante
― Dante
“Il soggiorno veronese è davvero il primo momento in cui Dante dovette rendersi conto di ...come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ’l salir per l’altrui scale.”
― Dante
― Dante
