Fontamara Quotes
Fontamara
by
Ignazio Silone5,730 ratings, 3.85 average rating, 334 reviews
Fontamara Quotes
Showing 1-19 of 19
“A nessuno venga in mente che i Fontamaresi parlino l’italiano.
La lingua italiana è per noi una lingua imparata a scuola, come possono essere il latino, il francese, l’esperanto. La lingua italiana è per noi una lingua straniera, una lingua morta, una lingua il cui dizionario, la cui grammatica si sono formati senza alcun rapporto con noi, col nostro modo di agire, col nostro modo di pensare, col nostro modo di esprimerci.
Naturalmente, prima di me, altri cafoni meridionali han parlato e scritto in italiano, allo stesso modo che andando in città noi usiamo portare scarpe, colletto, cravatta. Ma basta osservarci per scoprire la nostra goffaggine. La lingua italiana nel ricevere e formulare i nostri pensieri non può fare a meno di storpiarli, di corromperli, di dare a essi l’apparenza di una traduzione. Ma, per esprimersi direttamente, l’uomo non dovrebbe tradurre. Se è vero che, per esprimersi bene in una lingua, bisogna prima imparare a pensare in essa, lo sforzo che a noi costa il parlare in questo italiano significa evidentemente che noi non sappiamo pensare in esso (che questa cultura italiana è rimasta per noi una cultura di scuola).”
― Fontamara
La lingua italiana è per noi una lingua imparata a scuola, come possono essere il latino, il francese, l’esperanto. La lingua italiana è per noi una lingua straniera, una lingua morta, una lingua il cui dizionario, la cui grammatica si sono formati senza alcun rapporto con noi, col nostro modo di agire, col nostro modo di pensare, col nostro modo di esprimerci.
Naturalmente, prima di me, altri cafoni meridionali han parlato e scritto in italiano, allo stesso modo che andando in città noi usiamo portare scarpe, colletto, cravatta. Ma basta osservarci per scoprire la nostra goffaggine. La lingua italiana nel ricevere e formulare i nostri pensieri non può fare a meno di storpiarli, di corromperli, di dare a essi l’apparenza di una traduzione. Ma, per esprimersi direttamente, l’uomo non dovrebbe tradurre. Se è vero che, per esprimersi bene in una lingua, bisogna prima imparare a pensare in essa, lo sforzo che a noi costa il parlare in questo italiano significa evidentemente che noi non sappiamo pensare in esso (che questa cultura italiana è rimasta per noi una cultura di scuola).”
― Fontamara
“- "In tutti i processi di fronte al tribunale speciale si parla del Solito Sconosciuto che fabbrica e diffonde la stampa clandestina, che denunzia gli scandali. che incita gli operai a scioperare, i cittadini a disubbidire. Quelli che sono sorpresi con stampati illegali confessano sempre di averli ricevuti dal Solito Sconosciuto. In principio egli si aggirava di preferenza attorno a certe fabbriche; poi cominciò a frequentare anche i dintorni delle città, le caserme dei soldati: infine ha fatto la sua apparizione nelle università. Lo stesso giorno egli viene segnalato in provincie diverse e perfino alla frontiera."
- "Ma chi è costui? È il Diavolo?" domandò Berardo.
- "Forse" rispose ridendo l’Avezzanese.
- "Ma un buon Diavolo."
- "Se gli si potesse indicare la via di Fontamara" aggiunse allora Berardo.
- "La sa già" rispose l’altro sottovoce.”
― Fontamara
- "Ma chi è costui? È il Diavolo?" domandò Berardo.
- "Forse" rispose ridendo l’Avezzanese.
- "Ma un buon Diavolo."
- "Se gli si potesse indicare la via di Fontamara" aggiunse allora Berardo.
- "La sa già" rispose l’altro sottovoce.”
― Fontamara
“«Quando le leggi del Governo non sono più valide e quelli che dovrebbero farle rispettare sono i primi a violarle, allora si torna alla legge del popolo» rispose Baldissera indignato.
[...]
«Qual è la legge del popolo?» gli fu chiesto. «Aiutati che Dio t’aiuta» disse Baldissera.”
― Fontamara
[...]
«Qual è la legge del popolo?» gli fu chiesto. «Aiutati che Dio t’aiuta» disse Baldissera.”
― Fontamara
“«Quando le leggi del Governo non sono più valide e quelli che dovrebbero farle rispettare sono i primi a violarle, allora si torna alla legge del popolo» rispose Baldissera indignato.”
― Fontamara
― Fontamara
“Tanti avvocati, per vivere, sono costretti a inventare ogni settimana nuovi intrighi, a provocare liti, a trarre in lungo i più piccoli processi. Le divergenze che in altri tempi si componevano alla buona, adesso, a causa degli avvocati, durano anni, costano fior di quattrini e lasciano strascichi di odii, rancori. Per causa degli avvocati i rapporti tra le famiglie sono diventati sempre più infidi. Gli avvocati si intromettono dappertutto.”
― Fontamara
― Fontamara
“Non era certamente un pastore capace di rischiare la vita per difendere le sue pecore contro i lupi, ma era abbastanza istruito nella sua religione per spiegare come, dal momento che Dio ha creato i lupi, abbia riconosciuto a essi anche il diritto di divorare di tanto in tanto qualche pecora.”
― Fontamara
― Fontamara
“Chi poteva protestare? Non si poteva nemmeno protestare. Tutto era legale. Solo la nostra protesta sarebbe stata illegale.”
― Fontamara
― Fontamara
“Tutto il profitto dell’aratura, della pulitura, della mietitura, della trebbiatura, tutto il profitto d’un anno di lavoro, di sudore, di pena, di sofferenza era andato a quel forestiero che con la terra non aveva avuto nulla a che fare. I cafoni aravano, spianavano, zappavano, mietevano, trebbiavano, e, quando tutto era finito, interveniva un forestiero e raccoglieva il guadagno.”
― Fontamara
― Fontamara
“«Parliamo e non ci capiamo», disse scoraggiato. «Parliamo la stessa lingua, ma non parliamo la stessa lingua.»
Questo era vero, e chi non lo sa? Un cittadino e un cafone difficilmente possono capirsi. Quando lui parlava era un cittadino, non poteva cessare di essere un cittadino, non poteva parlare che da cittadino. Ma noi eravamo cafoni. Noi capivamo tutto da cafoni, cioè, a modo nostro. Migliaia di volte, nella mia vita, ho fatto questa osservazione: cittadini e cafoni sono due cose differenti. In gioventù sono stato in Argentina, nella Pampa; parlavo con cafoni di tutte le razze, dagli spagnuoli agl’indii, e ci capivamo come se fossimo stati a Fontamara; ma con un italiano che veniva dalla città, ogni domenica, mandato dal consolato, parlavamo e non ci capivamo; anzi, spesso capivamo il contrario di quello che ci diceva.”
― Fontamara
Questo era vero, e chi non lo sa? Un cittadino e un cafone difficilmente possono capirsi. Quando lui parlava era un cittadino, non poteva cessare di essere un cittadino, non poteva parlare che da cittadino. Ma noi eravamo cafoni. Noi capivamo tutto da cafoni, cioè, a modo nostro. Migliaia di volte, nella mia vita, ho fatto questa osservazione: cittadini e cafoni sono due cose differenti. In gioventù sono stato in Argentina, nella Pampa; parlavo con cafoni di tutte le razze, dagli spagnuoli agl’indii, e ci capivamo come se fossimo stati a Fontamara; ma con un italiano che veniva dalla città, ogni domenica, mandato dal consolato, parlavamo e non ci capivamo; anzi, spesso capivamo il contrario di quello che ci diceva.”
― Fontamara
“Vi erano naturalmente alcune donne che si lamentavano; donne, è inutile fare i nomi, sedute per terra, davanti alle loro case, che allattavano i loro figli, o li spidocchiavano, o facevano la cucina, e si lamentavano come se fosse morto qualcuno. Silamentavano per la sospensione della luce, come se la miseria, al buio, fosse per diventare più nera.”
― Fontamara
― Fontamara
“La luce elettrica era diventata a Fontamara anch’essa una cosa naturale, come il chiaro di luna. Nel senso che nessuno la pagava. Nessuno la pagava da molti mesi. E con che cosa avremmo dovuto pagarla?
Negli ultimi tempi il cursore comunale neppure era più venuto a distribuire la solita fattura mensile col segno degli arretrati, il solito pezzo di carta di cui noi ci servivamo per gli usi domestici. L’ultima volta che il cursore era venuto, per poco non vi aveva lasciato la pelle. Per poco una schioppettata non l’aveva disteso secco all’uscita del paese. [...] Alcuni giorni dopo un carrettiere gli fece capire, non a Fontamara (a Fontamara egli non metteva più piede), ma giù nel capoluogo, che la schioppettata probabilmente non era stata diretta contro di lui, contro la sua persona, contro la persona di Innocenzo La Legge, ma piuttosto contro la tassa. Però se la schioppettata avesse colto in segno, non avrebbe ucciso la tassa, ma lui; perciò non venne più, e nessuno lo rimpianse. Né a lui balenò mai l’idea di proporre al comune un’azione giudiziaria contro i Fontamaresi.”
― Fontamara
Negli ultimi tempi il cursore comunale neppure era più venuto a distribuire la solita fattura mensile col segno degli arretrati, il solito pezzo di carta di cui noi ci servivamo per gli usi domestici. L’ultima volta che il cursore era venuto, per poco non vi aveva lasciato la pelle. Per poco una schioppettata non l’aveva disteso secco all’uscita del paese. [...] Alcuni giorni dopo un carrettiere gli fece capire, non a Fontamara (a Fontamara egli non metteva più piede), ma giù nel capoluogo, che la schioppettata probabilmente non era stata diretta contro di lui, contro la sua persona, contro la persona di Innocenzo La Legge, ma piuttosto contro la tassa. Però se la schioppettata avesse colto in segno, non avrebbe ucciso la tassa, ma lui; perciò non venne più, e nessuno lo rimpianse. Né a lui balenò mai l’idea di proporre al comune un’azione giudiziaria contro i Fontamaresi.”
― Fontamara
“Per arrivare dal chiaro di luna alla luce elettrica, Fontamara aveva messo un centinaio di anni, attraverso l’olio di oliva e il petrolio. Per tornare dalla luce elettrica al chiaro di luna bastò una sera.”
― Fontamara
― Fontamara
“Tutte le novità portateci dai Piemontesi in settant’anni si riducono insomma a due: la luce elettrica e le sigarette. La luce elettrica se la sono ripresa. Le sigarette? Si possa soffocare chi le ha fumate una sola volta. A noi è sempre bastata la pipa.”
― Fontamara
― Fontamara
“Questo racconto apparirà al lettore straniero, che lo leggerà per primo, in stridente contrasto con la immagine pittoresca che dell’Italia meridionale egli trova frequentemente nella letteratura per turisti. In certi libri, com’è noto, l’Italia meridionale è una terra bellissima, in cui i contadini vanno al lavoro cantando cori di gioia, cui rispondono cori di villanelle abbigliate nei tradizionali costumi, mentre nel bosco vicino gorgheggiano gli usignoli.
Purtroppo, a Fontamara, queste meraviglie non sono mai successe.
I Fontamaresi vestono come i poveracci di tutte le contrade del mondo. E a Fontamara non c’è bosco: la montagna è arida, brulla, come la maggior parte dell’Appennino. Gli uccelli sono pochi e paurosi, per la caccia spietata che a essi si fa. Non c’è usignolo; nel dialetto non c’è neppure la parola per designarlo.
I contadini non cantano, né in coro, né a soli; neppure quando sono ubriachi, tanto meno (e si
capisce) andando al lavoro. Invece di cantare, volentieri bestemmiano. Per esprimere una grande emozione, la gioia, l’ira, e perfino la devozione religiosa, bestemmiano. Ma neppure nel bestemmiare portano molta fantasia e se la prendono sempre contro due tre santi di loro conoscenza, li mannaggiano sempre con le stesse rozze parolacce.”
― Fontamara
Purtroppo, a Fontamara, queste meraviglie non sono mai successe.
I Fontamaresi vestono come i poveracci di tutte le contrade del mondo. E a Fontamara non c’è bosco: la montagna è arida, brulla, come la maggior parte dell’Appennino. Gli uccelli sono pochi e paurosi, per la caccia spietata che a essi si fa. Non c’è usignolo; nel dialetto non c’è neppure la parola per designarlo.
I contadini non cantano, né in coro, né a soli; neppure quando sono ubriachi, tanto meno (e si
capisce) andando al lavoro. Invece di cantare, volentieri bestemmiano. Per esprimere una grande emozione, la gioia, l’ira, e perfino la devozione religiosa, bestemmiano. Ma neppure nel bestemmiare portano molta fantasia e se la prendono sempre contro due tre santi di loro conoscenza, li mannaggiano sempre con le stesse rozze parolacce.”
― Fontamara
“Perché bisogna sapere che a Fontamara non vi sono due famiglie che non siano parenti; nei villaggi di montagna, in genere, tutti finiscono con l’essere parenti; tutte le famiglie, anche le più povere, hanno interessi da spartire tra di loro, e in mancanza di beni hanno da spartirsi la miseria; a Fontamara perciò non c’è famiglia che non abbia qualche lite pendente. La lite, si sa, sonnecchia negli anni magri, ma s’inasprisce di repente appena c’è qualche soldo da dare all’avvocato. E sono sempre le stesse liti, interminabili liti, che si tramandano di generazione in generazione in processi interminabili, in spese interminabili, in rancori sordi, inestinguibili, per stabilire a chi appartiene un cespuglio di spine. Il cespuglio brucia, ma si continua a litigare, con livore più acceso. Non vi sono mai state vie di uscita.”
― Fontamara
― Fontamara
“Per vent’anni il solito cielo, circoscritto dall’anfiteatro delle montagne che serrano il Feudo come una barriera senza uscita; per vent’anni la solita terra, le solite piogge, il solito vento, la solita neve, le solite feste, i soliti cibi, le solite angustie, le solite pene, la solita miseria: la miseria ricevuta dai padri, che l’avevano ereditata dai nonni, e contro la quale il lavoro onesto non è mai servito proprio a niente. Le ingiustizie più crudeli vi erano così antiche da aver acquistato la stessa naturalezza della pioggia, del vento, della neve. La vita degli uomini, delle bestie e della terra sembrava così racchiusa in un cerchio immobile saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. Saldato in un cerchio naturale, immutabile, come in una specie di ergastolo. [...] Gli anni passavano, gli anni si accumulavano, i giovani diventavano vecchi, i vecchi morivano, e si seminava, si sarchiava, si insolfava, si mieteva, si vendemmiava. E poi ancora? Di nuovo da capo. Ogni anno come l’anno precedente, ogni stagione come la stagione precedente. Ogni generazione come la generazione precedente. Nessuno a Fontamara ha mai pensato che quell’antico modo di vivere potesse cambiare.”
― Fontamara
― Fontamara
“A chi guarda Fontamara da lontano, dal Feudo del Fucino, l’abitato sembra un gregge di pecore scure e il campanile un pastore. Un villaggio insomma come tanti altri; ma per chi vi nasce e cresce, il cosmo. L’intera storia universale vi si svolge: nascite morti amori odii invidie lotte disperazioni.”
― Fontamara
― Fontamara
“Fontamara somiglia dunque, per molti lati, a ogni villaggio meridionale il quale sia un po’ fuori mano, tra il piano e la montagna, fuori delle vie del traffico, quindi un po’ più arretrato e misero e abbandonato degli altri.”
― Fontamara
― Fontamara
