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Fate, pandafeche e mazzamurelli. Storie di miti, superstizioni e leggende d’Abruzzo
Tesori nascosti
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Fate, pandafeche e mazzamurelli
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Oggi l'opera e l’autore prescelti sono: “Fate, pandafeche e mazzamurelli. Storie di miti, superstizioni e leggende d'Abruzzo" a cura di David Ferrante.
«Nelle lunghe sere d’inverno intorno al focolare si ascoltava. Erano storie che provenivano dal passato, impastate di pietre di montagna e acqua gelida di fiume, trasportate dal vento. Il mago Viddie, lu lope menare, lu mazzamurille, la grotta dello Scapigliato, la dea Maja e suo figlio Ermes, il fantasma della Ritorna, le fate, lu bascialische, la fossa del Currìo di Giannandrea, lu scijjone, la scurnacchiera, la pandafeche, sono alcuni dei soggetti più noti dei racconti dei nostri avi. Attraverso la narrazione il popolo ha tramandato il proprio semplice sapere alle generazioni. In questo libro si prosegue la tradizione di quel racconto per ricordare i miti, le leggende e la cultura di una terra. Ogni scrittore si è seduto davanti al camino degli antenati per ascoltare ciò che hanno conservato per secoli, per poi riproporre al lettore una storia vissuta attraverso le parole da loro sussurrate e oramai lontane. Dodici autori hanno riletto queste storie affinché le loro parole continuino ad accarezzare le foglie di un antico bosco.»
Quando prendi questo libro in mano, a colpirti è innanzitutto la copertina, poiché fin da lì e, dunque, da subito, ha inizio un viaggio tra credenze magiche, usanze, medicina popolare, leggende... Chi mi conosce sa quanto io sia immersa in questo mondo magico e quanto mi sia familiare. Chiudo gli occhi e rivivo Sulmona, Vasto, le nostre montagne, Cocullo e mi trovo tra i lupi, passeggio con Ovidio, vedo Bettina, sono in una tempesta, sento le urla vicino al castello Aragonese, la pandafeche mi fa compagnia. Questo libro stupisce per le sue storie, racconta di un folklore come bene culturale da salvaguardare e conservare per le generazioni future.
E sulle parole di Marianna Solidea ci lasciamo trasportare tra leggende e miti, tra fantasie e sapienza popolare, tra reale e intangibile, quando un tempo nelle lunghe sere invernali, tutti raccolti intorno al focolare, si ascoltavano storie del passato intrise di verità. Questo libro tenta di ricreare quelle serate e lo fa attraverso la voce di dodici autori abruzzesi in altrettanti racconti.
Si inizia con la “Lettera di Ovidio dall’Ade” (di Giovanni D'Alessandro) in cui si racconta di come il poeta sulmonese, soprannominato Uiddiu, vivesse come un mago e di come appaia nei pressi di quella che era la sua villa per proteggere i suoi tesori. Si prosegue con “Una vita maledetta” (di Laura Di Nicola) dove si narra di un lupo mannaro, vittima di una maledizione, che si aggira nelle campagne. In “Viaggi dalla casa candida” (di David Ferrante) compare lu mazzamurille, folletto dei boschi, che sa leggere nel cuore delle persone comprendendone subito l’indole trasformandosi in un folletto buono o dispettoso a seconda della percezione dell’animo umano. In “Lo scapigliato” (di Fabio Ferrante) vi sono tesori nascosti, custoditi da fantasmi che proteggono i segreti da avidi cercatori di fortune. Mentre in “Fiore di Maggio” (di Melania Fusconi) si racconta di come chi si avventura sulla Majella possa avvertire il lamento della dea Maja che cerca di strappare alla morte suo figlio, Ermes. Invece, in “Ritorna” (di Silva Ganzitti Savonitto) si racconta di come una donna attese, appunto, il ritorno del suo amato partito per mare e che, causa naufragio, non tornò mai più facendola morire di dolore: da allora ogni notte di tempesta compare in cerca del suo perduto amore. Ne “Il fusaro e le fate” (di Annalisa Marcellini) si narra di come le fate siano dispettose e di come se si arrabbiano siano capaci di cattiverie che solo la magia può fermare come quando fanno trovare al mattino i crini d’asino intrecciati in fitte trecce complesse da districare. Invece in “Un mondo di ombre” (di Angelo Marenzana) può accadere che un gallo faccia un uovo e questo rappresenti la manifestazione del demonio da esorcizzare con la morte dell’animale: lu bascialische. In “Spirito di lupo” (di Carlo Menzinger) si narra di come, passeggiando nei prati montani, ci si possa imbattere in cumuli di sassi a simboleggiare le tombe di persone decedute per morte violenta. Si prosegue con il racconto “Scijjone” (di Annarita Stella Petrino) dove vortici di vento si alzano all’improvviso e causano danni a cose e persone e in cui l’unico modo per fermarli è “tagliarli” con il coltello di sante Libborije. In “Bettina” (di Nicoletta Romanelli) si racconta di come nella notte dei morti sia consuetudine addobbare le tavole con libagioni per accogliere i cari defunti che tornano per qualche attimo nelle loro case durante la processione delle anime. Infine, nel racconto “La strada di Anna” (di Manuela Toto) può capitare di svegliarsi spaventati e con l’impulso di urlare, mentre il corpo non reagisce restando paralizzato e immobile, recando sul petto l’ombra di una donna che pare voglia rubare il respiro: la pandafeche.
A curare e coordinare l’intera opera per l’editore Solfanelli e la sua Edizioni Tabula Fati è il saggista David Ferrante, appassionato e studioso di cultura popolare abruzzese, che vive in provincia di Chieti.
A cura di Valentina Pascetta