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La sfida dell'Alfabeto
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L' A/Z di Amaranta - 2019
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Caraliotiscrivo
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Dec 17, 2018 05:27AM

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a dire il vero uonìmini e topi è quello che mi è piaciuto di meno, ma furore è furore!!!

Assolutamente d'accordo!!!


Ciao Simo, io non ho ancora letto nulla di suo, ma mi ispira moltissimo. Vedremo con questo castello :)

Complimenti:)
La Valle dell'Eden ti piacerà tantissimo!

Complimenti:) La Valle dell'Eden ti piacerà tantissimo!"
diciamo che gioco a smaltire mattonazzi ;)

Ho letto Inferno e parte del Purgatorio e non sono mai arrivata al Paradiso... complimenti per la scelta ;)
Per non parlare della E e della M... due capolavori anche se più opposti non si può :)
Buone letture! :)

Ho letto Inferno e parte del Purgatorio e non sono mai arrivata al Paradiso... complimenti per la scelta ;)
Per non parlare della E e della M... due capolavo..."
@Acrasia, Dante lo stiamo leggendo qui https://www.goodreads.com/group/show/...
abbiamo da poco cominciato il Purgatorio. Se ti va di unirti a noi mi fa molto piacere!

Comunque grazie per l'invito :)

Non l'ha nominato nessuno, così lo faccio io: Lord Jim è splendido!
"La valle dell'Eden" non è un polpettone: è che si associa il romanzo alla faccetta triste di James Dean e del film-questo sì polpettone-hollywoodiano :)
Buon anno e buon Alfabeto!




@Pitichi, si il mio primo incontro con la Jackson, e speriamo vada bene!
Non mi ero accorta che nel tempo libero leggevi anche i Karamazov! Momo, nostalgia, ma l'ho letto quando avevo più o meno nove anni, da adulti chissà com'è. Detective selvaggi, il mio primo Bolano, spero ti piaccia. Torno. Buon anno :)

Momo è una novità per me, non so davvero cosa aspettarmi. Di Bolano invece ho già letto Puttane assassine, ma ho come la sensazione che questo sarà con lui il mio banco di prova!
Passa quando vuoi. Ci sono thè e pasticcini e per i momenti di astinenza più gravi cioccolata calda. : )

“ D’abitudine sono il solo a pensare quello che penso.”
Che libro curioso. Non ero davvero preparata a quello che ho letto e soprattutto come l’ho letto!
Sulle prime devo dire che mi ha scioccato poi pian piano mi sono un po’ affezionata a questo novello Don Chischiotte che viaggia nel tempo e al suo gemello Cidrolin.
Si perché nell’idea che mi sono fatta io il duca d’Auge e Cidrolin sono la stessa persona, che viaggiano attraverso il tempo in momenti paralleli e che si ritrovano insieme in un momento specifico della storia. Ma la fine è nota ed insieme non possono certo rimanere. L’idea dell’Arca come base stanziale che poi prende il largo mi piace molto, un richiamo alla antica Arca e al suo Noè, in un duca senza macchia e senza paura. Geniale il trascorso attraverso il tempo segnato dalle pitture rupestri. E quell’essenza di finocchio che disseta tutti nei secoli è forse l’unico punto saldo della storia. E questi fiori? Inizio e fine del romanzo, sono l’innocenza dell’uomo che rinasce nel fango, sempre e comunque. Alla fine l’ho apprezzato.

“Risplende la tua luce nel buio della via
Non so di dove vieni e neppure chi tu sia
Sembri così vicina e sei tanto lontana
Non conosco il tuo nome, so solo che sei bella
e dovunque ti trovi e chiunque tu sia
scintilla scintilla piccola stella.
(Da un'antica nenia irlandese)”
Una favola che potrebbe essere ambientata in qualsiasi periodo storico, nel nostro presente, come nel nostro futuro e che forse è il nostro presente. La piccola Momo è la paladina della libertà, dell’essere libero di godersi il proprio Tempo, le proprie ricchezze interiori senza doverne rendere conto a nessuno. Ma siamo davvero liberi di farlo noi, oggi? Bombardati come siamo dai media,dai social? Non è forse lo stesso grigiore che i Signori Grigi espandono nelle menti e nei cuori degli uomini? Una riflessione sul nostro Tempo, perso o sfruttato al massimo e su come sia sempre possibile recuperarlo. La lettura è piacevole ma in alcuni tratti stanca.
“Ci sono ricchezze che ti distruggono se non puoi condividerle con altri.”

Mary Katherine e Costance Blackwood.
Uno zio in carrozzina. Un gatto che scorazza padrone di una grande villa. E una famiglia sterminata con l’arsenico. La sensazione di marciume, di putrido della casa mi ha ricordato molto “le vergini suicide” di Eugenides, quell’innocenza da cui trasuda malvagità feroce e inspiegabile. Ma devo concordare con chi (sig sig) mi ha detto che l’idea di base c’è, ma qualcosa si perde per strada. La lettura è piacevole e nel suo genere forse una piccola pietra miliare negli anni ’60 di questo gotico che lascia immaginare e crea orrore allo stesso tempo. E la vedo lì, la famiglia inchiodata al tavolo dopo il dessert, cadaveri che pur essendo seppelliti stanno lì a guardare quello che succede dopo di loro, fra un pasticcino e l’altro, fra un raccolto e una marmellata. E questa apparente normalità è forse quello che più sciocca. Una pennellata rosa in una tela nera.
“Merricat, disse Connie, tè e biscotti: presto, vieni.
Fossi matta, sorellina, se ci vengo m'avveleni.
Merricat, disse Connie, non è ora di dormire?
In eterno, al cimitero, sottoterra giù a marcire!”


Ho letto questi racconti in un soffio. Per il piacere di ritrovare uno dei russi della mia formazione letteraria, per quella sensazione a pelle che provo sempre leggendoli, come se fossero i depositari delle emozioni umane, cosa che mi succede solo con Hugo. Gogol è un mago nel farci vedere davanti agli occhi la meraviglia della “prospettiva”, il suo movimento, i suoi colori e nel trarne da essa due storie. Esilarante nel racconto de “il naso”, enigmatico ne” il ritratto” con quegli occhi che bucano l’anima, è in grado di raccontare la psiche umana in ogni sua piega, nella soddisfazione di un nuovo cappotto, nell’ansia, nella tragedia, nella bassezza e grandezza di sentimenti, che spesso è inversamente proporzionale alle condizioni economiche in cui vivono i suoi personaggi, nelle ambientazioni, nella povertà in cui muove i suoi attori. E lo fa con un umorismo nero che pietrifica il lettore. Leggeteli, leggeteli!


invece per me è un genere che sto imparando ad apprezzare!

Anch'io! Ho sempre avuto un pregiudizio verso i racconti, ma da un paio d'anni ne sto leggendo parecchi e mi piaccono moltissimo; certo, bisogna trovare autori che li sappiano scrivere davvero, perchè non è una forma letteraria semplice da gestire. Gogol è sicuramente tra questi, anch'io ho amato molto i Racconti di San Pietroburgo!

Non ero preparata a quello che ho letto. Il mio primo Faulkner è stato “ mentre morivo” e l’ho amato in ogni singola parola. Adesso in un respiro più ampio Faulkner sembra diverso. Non ritrovo l’ironia che lì era presente in ogni pagina, ma uno scritto duro, come la vita. Faulkner non ci risparmia nulla e ricrea un perfetto spaccato dell’America sudista. Personaggi perfettamente caratterizzati: Lena, la ragazzina incinta che viaggia a piedi per ritrovare il suo uomo; Christman, carnefice e vittima egli stesso, frutto di quanto l’ambiente che vivi ( o che non vivi) possano influenzare, Byron Bunch l’innamorato senza speranza, il reverendo Hightower, pastore rinnegato dalla Chiesa, che vive di ricordi. L’atmosfera è malinconica, come quella luce dei pomeriggi d’estate, ramata, gialla, che sta per lasciare il posto ai primi scuri della notte. E anche qui il viaggio è catarsi, nel caso di Lena speranza che non muore mai. Christmas invece trova la morte, unico modo per riscattarsi dalla sua vita di malefatte. Un libro corposo, compatto, una scrittura densa e spigolosa ma che si fa amare.


Mentre morivo é diversissimo. Leggilo e poi mi saprai dire.


Grazie @Patrizia! :)

Una raccolta di racconti spumeggiante, che ha in sé tutto il grande Wilde.
Luci e ombre, piccoli gioielli nati dalla sua penna. Mi sono divertita con Lord Arthur e i suoi tentativi di uccidere qualcuno. Mi è calata la lacrima sul Gigante egoista, dolcezze quasi rare in Oscar, come nel caso dell’usignolo e la rosa, o del principe felice. Il fantasma di Canterville, con le sue catene oliate e le sue ciabatte fa sorridere, ma il racconto presto scivola su un altro piano. Mi stupisco sempre del genio di Wilde, eppure ormai per me, che ho un debole per lui, dovrebbe essere assodato. Invece ogni volta le sue righe sono una scoperta bellissima!

Ammetto di essere stata più volte sul punto di mollare questo libro. Già a pagina 5 dei pomodori maturi paragonati a testicoli di un grande gigante hanno dato il senso di quanto mi aspettava. Il resto è stato un crescendo di boiate slegate, di volgarità senza nessun fine, neanche ironica, e scrittura che rasenta i romanzetti harmony su molti punti. Ho perso solo tempo, considerando la fine del “ e vissero felici e contenti” e se penso che hanno fatto un seguito mi viene la pelle d’oca. Updike? No, grazie.

Caro Pat,
Mi hai sorpreso mentre intagliavo una figuretta nel legno e mi hai detto:
“Perché non fai una cosa per me?”
Ti ho chiesto cosa volevi, e mi hai risposto: “Una scatola.”
“Per farne che?”
“Per metterci dentro delle cose.”
“Quali cose?”
“Quello che hai” mi hai detto.
Bene, ecco la tua scatola. C’è dentro quasi tutto quello che ho, e non è
ancora piena. Ci sono dolore ed euforia, momenti buoni e cattivi, pensieri
buoni e cattivi… Il piacere del progetto e un po’ di disperazione e
l’indescrivibile gioia della creazione.
E in più ci sono tutta la gratitudine e tutto l’affetto che provo per te.
Eppure ancora non è piena.
JOHN
E’ difficile pensare di scrivere qualcosa su questo libro sperando che possa trasmettere la forza che si racchiude fra le sue pagine. E’ un romanzo potente, in perfetto stile americano, è una tragedia, è un mito, è una favola.
L’infinita lotta fra bene e male si rincorre fra le righe e lungo le generazioni di Hamilton e Truck. Hamilton è la bontà, quel bene e virtù immortali e immutevoli, Trusk è la reazione al vizio, la lotta che da esso scaturisce. E la reazione alle bugie di Cyrus è la bontà di Adam, paladino della trasparenza e della giustizia che non può che incontrare Cathy, il male personificato, lungo la sua via. E i loro figli si muovono lungo corde di bene e male intrecciate, Aron e Cal, Abele e Caino, come un tempo lo furono Adam e Charles, fanno resistenza e combattono.
Qualcuno vede in Cathy Eva. Lei però viene ingannata dal serpente, Cathy agisce volontariamente cosciente della sua cattiveria, è un male diverso il suo. E il loro Eden non frutta, il giardino rimane spoglio, scarno, nonostante la valle del Solinas sia per loro sempre un rifugio di serenità e pace.
E’ un inno alla vita, a quello che da cui partiamo e a quello che possiamo diventare, alla bellezza di essere imperfetti ma alla possibilità di trovare comunque qualcuno con cui passeggiare nel corso della vita.
“Timshel – tu puoi.
Cal è l’imperfetto. Sa di esserlo e combatte per questo perchè non si accetta, per l’approvazione e il desiderio di amore che lo brucia. “ tutti in ogni generazione siamo fusi di nuovo”
La scrittura è un pugno nello stomaco. Non una parola in più di quello che serva, scorre veloce, non stanca. I personaggi sono bellissimi, perfettamente caratterizzati anche quelli da contorno. Liza: mi ricorda molto la madre dei Joad, mai stanca e sempre in movimento per la famiglia, di poche parole ma saggia; Lee, il confronto con un’altra cultura, l’accoglienza, l’intelligenza che diventa stima e che si tramuta in affetto. Samuel Hamilton è il patriarca, nella perfetta tradizione biblica, riverito e osannato dai molti figli; Adam e Cathy, il giorno e la notte. Ma quelli che preferisco sono Charles e Cal per quella lotta intestina che ogni giorno combattono, per la consapevolezza che si portano dietro e per la voglia di cambiare, anche se non sempre riescono.
Un’altra conferma della grandezza di Steinbeck, della profondità del suo pensiero e dello studio sull’uomo.
“La prima volta che un bambino coglie in fallo un adulto – la prima volta che, nella sua seria testolina, gli balena il sospetto che gli adulti non abbiano la scintilla divina, che i loro giudizi non siano sempre saggi, i loro pensieri sempre perfetti, le loro affermazioni sempre giuste – il suo mondo sprofonda nel panico della desolazione. Gli dèi sono caduti e ogni sicurezza con loro----E una cosa è certa, riguardo alla caduta degli dèi: non cadono un po’ alla volta, ma crollano e si sfracellano o precipitano al fondo di una poltiglia verdastra.
Rimetterli in piedi è un lavoro tedioso, e non tornano mai a risplendere davvero. E il mondo del bambino non torna mai perfettamente integro. È una maniera dolorosa di crescere.
Adam colse in fallo suo padre. Non che il padre fosse cambiato, era lui
aveva la sensazione che lo stessero preparando per un sacrificio, che lo trattassero con tanta gentilezza prima della morte, come le vittime destinate alla divinità,
coccolate e lusingate perché vadano felici sull’altare e non offendano il dio con la tristezza.”
.

Che viaggio bellissimo è stato questo libro! Le prime 150 pagine sono volate in un soffio, fra divertimento e risate, era da tanto che non succedeva. Poi la seconda parte del libro ha preso un respiro diverso, ha strutturato i personaggi e la storia.
Chi è Cesarea Tinajero? E che cosa c’entra con questa masnada di debosciati poeti senza casa, senza famiglia, sempre sull’orlo dell’abisso?
Ho conosciuto Arturo Belano in “Puttane assassine” , adesso il suo sguardo sembra più vuoto, come se non gli interessasse nulla della vita, come se gli scorresse addosso e non fosse un problema suo. Invece Arturo vive, il suo è solo un atteggiamento, una faccia da mostrare al mondo, nella sua spasmodica ricerca della verità realvisceralista: Cesarea Tinajero. Una poeta che ha scritto una sola poesia, che non è stata letta da nessuno, ricordata da pochi ma che segna le coscienze di questo gruppo di giovani sudamericani. Maria, Ulises, Angelica, l’architetto pazzo, sono tutti protagonisti di questa assenza che è presenza, fra finti duelli, corse in macchina e notti in hotel scalcinati. Un Bolano d’annata questo.
“ So che il segreto della vita non è nei libri ma so che è bene leggere.”

“ Ne va…ne va de la vita!
- La vita…
- La vita!”
Riprendere in mano “I Promessi sposi” è stato fare un tuffo nel passato. Ritornare sui banchi di scuola, in quelle mattine sonnacchiose fra la lettura e l’altra di un capitolo e scoprire solo adesso tutta la bellezza di questo scritto. Una scrittura veloce, vivace, ironica che si fa amare, piena di immagini, con punte di alta poesia. E frasi che tornano alla memoria e che sono come scolpite come l’incipit, che tagliano il fiato “ la sventurata rispose” massime che hanno in sé una verità amara “ Mala cosa nascer povero”.
Non parlerò della storia, ormai di dominio comune. Ma posso dire che ho goduto questa lettura con molto piacere, con la spensieratezza di ritrovare amici perduti, con la maturità che la fa adesso pienamente apprezzare.
I personaggi sono perfettamente bilanciati. Dove da un lato c’è dubbio, cattiveria, oscurità dall’altro si ritrova luce, certezza e bontà:
- Don Abbondio e Fra Cristoforo
- Agnese e Perpetua
- Don Rodrigo e Renzo
- Gertrude e Lucia
Su tutti regna la mano santa della Provvidenza, la fiducia incrollabile che alcuni ripongono in essa è la loro forza nella avversità, un vero e proprio personaggio così come la città di Milano e la peste.
Bellissime le descrizioni, i paesaggi, l’addio ai monti di Lucia, la tenerezza della madre di Cecilia, la scena forse più bella di tutto il romanzo.
Ma quello che traspare da ogni pagina è la Storia. Una storia vera, quella della Milano del tempo, dei soprusi, dei signorotti, delle grida, della povertà ,che si interseca alla storia romanzata di Renzo e Lucia, di don Rodrigo e dell’Innominato, di personaggi storici come il cardinale Borromeo che si intrecciano come tralci di edera nella storia dei nostri umili giovani.
Una metafora della lotta del bene contro il male, della peste che viene sconfitta dalla pioggia liberatrice, della Provvidenza che tutto vede e sa, e a tutto dà rimedio.
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