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Il dilemma dell'onnivoro
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GdL Saggistica Luglio-Agosto 2015: Il dilemma dell'onnivoro di Michael Pollan - Commenti e discussione
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Da quel che so nel 2006 i vegan non erano ancora così tanto agguerriti e, forse, anche meno diffusi. Mi risulta che Pollan affronti l'argomento come una delle tante opzioni di alimentazione, senza connotati morali. Per inciso: l'autore mangia carne. Inoltre so che alcuni vegetariani-vegani lo detestano proprio perchè non si è schierato a favore della loro dieta.
Avevo preso una copia in biblioteca e letto una trentina di pagine prima di rendermi conto di aver preso, per errore, la versione semplificata per ragazzi (pensavo fosse solo una copertina diversa).
Pollan è Professore di giornalismo a Berkeley (o lo è stato), mi aspetto quindi una buona scrittura e - molto probabilmente - qualche dato ormai obsoleto. Dovrebbe essere un'analisi dell'industria alimentare degli USA, incentrata sul modo di far arrivare il cibo nei nostri piatti senza particolari distinzioni sul tipo di cibo.
Avevo preso una copia in biblioteca e letto una trentina di pagine prima di rendermi conto di aver preso, per errore, la versione semplificata per ragazzi (pensavo fosse solo una copertina diversa).
Pollan è Professore di giornalismo a Berkeley (o lo è stato), mi aspetto quindi una buona scrittura e - molto probabilmente - qualche dato ormai obsoleto. Dovrebbe essere un'analisi dell'industria alimentare degli USA, incentrata sul modo di far arrivare il cibo nei nostri piatti senza particolari distinzioni sul tipo di cibo.

Ma non anticipiamo troppo... ;)
Fra l'altro può essere istruttivo leggere questa recensione e i commenti sottostanti, per capire come a volte sia meglio non realizzare versioni ridotte per ragazzi di saggi destinati ad un pubblico adulto e intellettualmente maturo:
http://ilpiaceredileggere2010.blogspo...
Leggo l'ebook in inglese e sono al 3%. COminciamo bene
It is very much in the interest of the food industry to exacerbate our anxieties about what to eat, the better to then assauge them with new products.
Mi vengono in mente gli scaffali pieni di prodotti senza glutine presenti ormai in ogni supermercato. Fintanto che il problema era limitato ai celiaci questi poveretti facevano davvero fatica a trovare prodotti che potessero mangiare. Ora che il senza-glutine è una moda tali prodotti si sono moltiplicati e la scritta "gluten-free" compare a sproposito sulle etichette, come per esempio sullo scatolino di purea di mela che ho mangiato a pranzo.
Poi magari capita di sentire gente che si lamenta dell'intolleranza al glutine mentre sorseggia una birra...
It is very much in the interest of the food industry to exacerbate our anxieties about what to eat, the better to then assauge them with new products.
Mi vengono in mente gli scaffali pieni di prodotti senza glutine presenti ormai in ogni supermercato. Fintanto che il problema era limitato ai celiaci questi poveretti facevano davvero fatica a trovare prodotti che potessero mangiare. Ora che il senza-glutine è una moda tali prodotti si sono moltiplicati e la scritta "gluten-free" compare a sproposito sulle etichette, come per esempio sullo scatolino di purea di mela che ho mangiato a pranzo.
Poi magari capita di sentire gente che si lamenta dell'intolleranza al glutine mentre sorseggia una birra...

Quasi dimenticavo, penso che lo leggerò ad agosto.

Una battuta americana:
1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
3. The Chinese drink very little red wine and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
4. The Italians drink a lot of red wine and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
5. The Germans drink a lot of beers and eat lots of sausages and fats and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
CONCLUSION
Eat and drink what you like. Speaking English is apparently what kills you
1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
3. The Chinese drink very little red wine and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
4. The Italians drink a lot of red wine and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
5. The Germans drink a lot of beers and eat lots of sausages and fats and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
CONCLUSION
Eat and drink what you like. Speaking English is apparently what kills you

1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the ..."
Bellissima!!! ahahaha... :-D

1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the ..."
fantastica|!!! ahahahah

Beh, a me sembra naturale che un popolo obeso e con un rapporto negativo con il cibo metta in atto le più complesse strategie salutiste sperando di trovare una soluzione.

(*) ammesso e non concesso che si tratti di scienza.


Mi fa piacere averti incuriosità: credo che ci sarà un bel dibattito su questo libro!
Ho passato un anno in america come studente, dall'estate 1999 e quella del 2000. Ricordo questi supermercati immensi, con un reparto frutta e verdura bellissimo. Ma ricordo anche di aver comprato degli zucchini, averli lasciati in frigo due giorni e averli ritrovati come "squagliati": sembrava che avessero perso acqua, da sodi e tondi erano diventati come vuoti in più punti. Poi c'era la carne, anche quella bellissima a vedersi. Ma come la buttavi in padella si restringeva. Sì, la bistecca rimpiccioliva davanti ai miei occhi appena toccava la padella. Ricordo uno studente di ingegneria egiziano che aveva valutato la svalutazione in un 30%. Non credo che del cibo sano si comporti così. Gli americani confondono il sano con il bello. Non so se e come sia cambiata la normativa, ma specie nella carne c'erano ormoni che da noi sono illegali.
Io non ho mai avuto brufoli, nemmeno nel pieno dell'adolescenza: mi sono venuto lì e sono andati via una volta tornata a casa. Sospetto che anche i problemi ormonali trovati 10 anni dopo possano essere stati aiutati dall'alimentazione americana: era impossibile trovare qualcosa di semplice, anche nella mensa universitaria. E ai tempi per comprare nei pochi negozi organici/biologici/mediamente più sani ci voleva un mutuo.
Io non ho mai avuto brufoli, nemmeno nel pieno dell'adolescenza: mi sono venuto lì e sono andati via una volta tornata a casa. Sospetto che anche i problemi ormonali trovati 10 anni dopo possano essere stati aiutati dall'alimentazione americana: era impossibile trovare qualcosa di semplice, anche nella mensa universitaria. E ai tempi per comprare nei pochi negozi organici/biologici/mediamente più sani ci voleva un mutuo.
Poi davvero, noi forse non abbiamo idea dei prezzi americani. Noi possiamo entrare in una panetteria qualsiasi e prendere un trancio di pizza che, se non sanissimo, non è nemmeno tragico e costa poco.
Qui c'è il menù della colazione di Taco Bell del 2014: 79 centesimi per una tortillia ripiena di formaggio e patate, 89 per quella con uova, bacon e formaggio. L'obesità americana è anche questione di classi sociali: chi è ricco spesso può permettersi cibi migliori, ma chi è povero e deve scegliere tra 5 dollari per un cespo di insalata oppure 5 colazioni come quelle sopra, probabilmente sceglierà il Taco Bell
http://xplorela.files.wordpress.com/2...
Qui c'è il menù della colazione di Taco Bell del 2014: 79 centesimi per una tortillia ripiena di formaggio e patate, 89 per quella con uova, bacon e formaggio. L'obesità americana è anche questione di classi sociali: chi è ricco spesso può permettersi cibi migliori, ma chi è povero e deve scegliere tra 5 dollari per un cespo di insalata oppure 5 colazioni come quelle sopra, probabilmente sceglierà il Taco Bell
http://xplorela.files.wordpress.com/2...

Io di sicuro sarei tra quelli che scelgono il Taco Bell. A tutte le persone che conosco che hanno soggiornato negli USA per un periodo abbastanza lungo sono venuti i brufoli. Persino a persone che avevano superato l'adolescenza da un pezzo! Ma che ci mettono nei cibi? Roberta, però a dire il vero la carne si restringe anche in Italia.
Bruna wrote: "Roberta wrote: "Poi davvero, noi forse non abbiamo idea dei prezzi americani. Noi possiamo entrare in una panetteria qualsiasi e prendere un trancio di pizza che, se non sanissimo, non è nemmeno tr..."
Non così tanto Bruna, credimi. Era impressionante.
Non così tanto Bruna, credimi. Era impressionante.

Pierre wrote: "Sto leggendo la prima parte dedicata all'industria alimentare del mais. Molto interessante la storia di come questa pianta sia diventata una sorta di asso pigliatutto nella catena alimentare USA al..."
Ho appena iniziato questa parte. A grandi linee conosco già il problema. Anche mio padre ha lavorato in una ditta chimica che, dal mais, faceva un po' di tutto: dai dolcificanti ai sacchetti biodegradabili per la spesa, quando erano appena usciti. Sicuramente è una pianta molto versatile, ma gli americani ne abusano.
Ho appena iniziato questa parte. A grandi linee conosco già il problema. Anche mio padre ha lavorato in una ditta chimica che, dal mais, faceva un po' di tutto: dai dolcificanti ai sacchetti biodegradabili per la spesa, quando erano appena usciti. Sicuramente è una pianta molto versatile, ma gli americani ne abusano.


Ho iniziato la seconda parte e sono al capitolo dedicato al cosiddetto "Impero del biologico": fin dalle prime righe risulta molto evidente perché il libro abbia suscitato le ire dei produttori "biologici"... Pollan non è affatto tenere con loro, e le sue critiche sono più incisive di quelle contro i fast food.

Devo dire che il libro è molto orientato all'approccio USA al cibo. Molte delle prese di posizione di Pollan non farebbero fatica ad essere rovesciate qui da noi: ad esempio, la preminenza data all'argomento del costo ridotto che favorisce il cibo industriale rispetto al "biologico" e le questioni inerenti al trasporto dei cibi, che ovviamente data la conformazione geografica degli USA risultano molto più rilevanti che non da noi.
Ho interrotto un attimo perché sono indietro con il gruppo di lettura di luglio e vorrei finire prima quello. Immagino continuerò Pollan in Agosto


Pollan cerca di risultare equilibrato nel giudicare la dottrina e le pretese avanzate da ciascuna filiera, ma tuttavia, per quanto si sforzi anche con l'ironia (si veda il capitolo dedicato alla caccia al cinghiale selvatico), non può nascondere la sua preferenza per alcune soluzioni e la sua critica ad altre (in particolare al biologico "industriale", oppure alla scelta vegetariana/vegana). Appare evidente, fra accuse, repliche e controrepliche, che alcuni argomenti risultano all'autore e di conseguenza al lettore più stringenti di altri.
Al di là dell'anedottica piuttosto spiritosa e delle prese di posizione di Pollan, devo dire che mi hanno interessato molto le parti di storia e "filosofia" dell'alimentazione, e mi sono segnato alcuni testi che mi piacerebbe leggere per approfondire meglio il problema.
Forse alcune considerazioni di Pollan possono risultare un po' strane per il lettore italiano (e in generale europeo), che è più facilmente disposto a pagare cifre elevate per acquistare cibo non tanto più raffinato, quanto più genuino e "autentico". Negli USA, spiega Pollan in più occasioni, mangiare è raramente un rito collettivo, più spesso è una necessità da sbrigare rapidamente per tornare al lavoro.


Guarda che c'è, negli stati sud degli USA (zona Via col Vento, per capirci): si chiama grits. Il termine si riferisce in generale a un cereale macinato e a volte traduce anche il nostro semolino, ma più spesso è farina di mais
https://en.wikipedia.org/wiki/Grits
https://en.wikipedia.org/wiki/Grits
Tra parentesi, a me la polenta non piace ma ho provato il (?) grits (ero ad Atlanta, Georgia) ed è buonissimo!

Credevo infatti che il "grits" fosse semolino, non polenta. Mi sembra che da qualche parte lo mangino insieme ai gamberi, e come polenta si spiega più del semolino, in effetti. Questo abbinamento mare/polenta mi fa venire in mente le seppioline alla veneziana, che si accompagnano infatti con la polenta.


E poi non è vero che i panini imitazione fast food preparati in casa siano meno gustosi: io li preferisco, sono meno salati e nutrono di più.


Bruna wrote: "Finita la seconda parte, con la produzione agricola a filiera corta, mi resta da leggere solo quella sul cibo procurato individualmente. Ho imparato sull'agricoltura e sull'allevamento cose che da ..."
Da quello che ho letto i maiali sono animali puliti, se lasciati a se stessi. Amano l'acqua per nuotare e si coprono di fango per tenere lontano gli insetti, ma l'idea di porcile come posto poco pulito viene dal modo in cui li alleviamo.
In america hanno i maiali da compagnia, come i cani: George Clooney ne aveva uno e si dice che le fidanzate ne fossero gelose
http://www.theguardian.com/film/2006/...
In Cina c'è almeno un allevamento di maiali dove li fanno tuffare da 3 metri in uno stagno perché l'allenamento ne migliora le carni (dicono). Stando al giornalista il personal trainer li "obbliga" a tre tuffi al giorno, ma ci sono animali che si divertono e ripetono i tuffi più volte di loro iniziativa.
https://www.youtube.com/watch?v=WABKS...
E poi ci sono i maiali semi-domestici delle bahamas, che intrattengono i turisti.
http://www.dailymail.co.uk/news/artic...
Mi piacerebbe averne uno in giro per casa, magari uno di quelli mignon
Da quello che ho letto i maiali sono animali puliti, se lasciati a se stessi. Amano l'acqua per nuotare e si coprono di fango per tenere lontano gli insetti, ma l'idea di porcile come posto poco pulito viene dal modo in cui li alleviamo.
In america hanno i maiali da compagnia, come i cani: George Clooney ne aveva uno e si dice che le fidanzate ne fossero gelose
http://www.theguardian.com/film/2006/...
In Cina c'è almeno un allevamento di maiali dove li fanno tuffare da 3 metri in uno stagno perché l'allenamento ne migliora le carni (dicono). Stando al giornalista il personal trainer li "obbliga" a tre tuffi al giorno, ma ci sono animali che si divertono e ripetono i tuffi più volte di loro iniziativa.
https://www.youtube.com/watch?v=WABKS...
E poi ci sono i maiali semi-domestici delle bahamas, che intrattengono i turisti.
http://www.dailymail.co.uk/news/artic...
Mi piacerebbe averne uno in giro per casa, magari uno di quelli mignon

Ok, ho davvero messo troppa carne al fuoco questo mese, ma continuo pian piano nella lettura.
Apprezzo molto i capitoli brevi, che vanno dritti al punto. Ammetto anche che quasi ognuno di essi mi porta a fare qualche riflessione. Ho finito la prima parte sul mais diversi giorni fa, seduta nel padiglione polacco di Expo, con un occhio a due ussari in costume che duellavano e un altro a spaziare per il decumano sulle insegne dei vari paesi.
I punti che Pollain tratta sono interessantissimi, ma come dice Bruna sta toccando aspetti della produzione del cibo a cui non ho mai veramente pensato. Ormai certe concezioni produttive sono diventate parole di moda, termini di marketing. Quanto può essere bio, per noi italiani, il dolcissimo mango che ho assaggiato a un mercato rionale? Sarà pure coltivato in maniera tradizionale da qualche famiglia africana, ma è arrivato a Milano in aereo.
Apprezzo molto i capitoli brevi, che vanno dritti al punto. Ammetto anche che quasi ognuno di essi mi porta a fare qualche riflessione. Ho finito la prima parte sul mais diversi giorni fa, seduta nel padiglione polacco di Expo, con un occhio a due ussari in costume che duellavano e un altro a spaziare per il decumano sulle insegne dei vari paesi.
I punti che Pollain tratta sono interessantissimi, ma come dice Bruna sta toccando aspetti della produzione del cibo a cui non ho mai veramente pensato. Ormai certe concezioni produttive sono diventate parole di moda, termini di marketing. Quanto può essere bio, per noi italiani, il dolcissimo mango che ho assaggiato a un mercato rionale? Sarà pure coltivato in maniera tradizionale da qualche famiglia africana, ma è arrivato a Milano in aereo.

Il libro di Pollan è, solo per oggi (domenica 6 dicembre), in offerta speciale in ebook a 1,99 euro.
In concomitanza con l'Expò, dedicato al tema "nutrire il pianeta, energia per la vita", questo bimestre leggiamo Il dilemma dell'onnivoro del giornalista statunitense Michael Pollan proposto da Roberta e pubblicato nel 2006: si tratta di un libro che ha suscitato molte polemiche e ha registrato un notevole successo, tanto da essere adottato come lettura nelle scuole superiori americane. Per il NYT è uno dei dieci libri più importanti del 2006.
Vi ricordo le semplici "non-regole" dei nostri GdL:
Per partecipare ai Gruppi di Lettura non è necessario "iscriversi" da nessuna parte.
I nostri GdL sono un po' atipici: non ci sono scalette di lettura, né step da rispettare, semplicemente si legge insieme lo stesso libro durante l'arco di 2 mesi, ognuno con il proprio ritmo (e con il tempo che ha a disposizione). Chi vuole commenta in corso di lettura, altri preferiscono farlo a lettura terminata: il pericolo "spoiler" esiste più che altro per la narrativa, per i saggi non dovrebbero essere un problema. Inoltre i topics rimangono "aperti", in modo che anche altri utenti (che magari si sono aggiunti al Gruppo in seguito) possano lasciare i loro commenti sulla lettura, anche a mesi di distanza dal termine del GdL.
Buona lettura!