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Il dilemma dell'onnivoro
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Gruppi di Lettura > GdL Saggistica Luglio-Agosto 2015: Il dilemma dell'onnivoro di Michael Pollan - Commenti e discussione

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Pierre Menard | 2366 comments Diamo inizio al VI gruppo di lettura saggistica, di durata bimestrale (luglio-agosto 2015)

In concomitanza con l'Expò, dedicato al tema "nutrire il pianeta, energia per la vita", questo bimestre leggiamo Il dilemma dell'onnivoro del giornalista statunitense Michael Pollan proposto da Roberta e pubblicato nel 2006: si tratta di un libro che ha suscitato molte polemiche e ha registrato un notevole successo, tanto da essere adottato come lettura nelle scuole superiori americane. Per il NYT è uno dei dieci libri più importanti del 2006.

Vi ricordo le semplici "non-regole" dei nostri GdL:

Per partecipare ai Gruppi di Lettura non è necessario "iscriversi" da nessuna parte.
I nostri GdL sono un po' atipici: non ci sono scalette di lettura, né step da rispettare, semplicemente si legge insieme lo stesso libro durante l'arco di 2 mesi, ognuno con il proprio ritmo (e con il tempo che ha a disposizione). Chi vuole commenta in corso di lettura, altri preferiscono farlo a lettura terminata: il pericolo "spoiler" esiste più che altro per la narrativa, per i saggi non dovrebbero essere un problema. Inoltre i topics rimangono "aperti", in modo che anche altri utenti (che magari si sono aggiunti al Gruppo in seguito) possano lasciare i loro commenti sulla lettura, anche a mesi di distanza dal termine del GdL.

Buona lettura!


Bruna (brunacd) | 3779 comments Da assumere lontano dei pasti, mi pare... La mia biblioteca decentrata non ce l'ha, ma se me lo procurassero dalla sede centrale potrei dargli una possibilità. Se mi regge lo stomaco, intendo dire. Che tipo di polemiche ha suscitato, Pierre, scusa? Le solite tra carnivori e vegetariani, oppure di sensazionalismo e scarsa verosimiglianza?


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Da quel che so nel 2006 i vegan non erano ancora così tanto agguerriti e, forse, anche meno diffusi. Mi risulta che Pollan affronti l'argomento come una delle tante opzioni di alimentazione, senza connotati morali. Per inciso: l'autore mangia carne. Inoltre so che alcuni vegetariani-vegani lo detestano proprio perchè non si è schierato a favore della loro dieta.

Avevo preso una copia in biblioteca e letto una trentina di pagine prima di rendermi conto di aver preso, per errore, la versione semplificata per ragazzi (pensavo fosse solo una copertina diversa).

Pollan è Professore di giornalismo a Berkeley (o lo è stato), mi aspetto quindi una buona scrittura e - molto probabilmente - qualche dato ormai obsoleto. Dovrebbe essere un'analisi dell'industria alimentare degli USA, incentrata sul modo di far arrivare il cibo nei nostri piatti senza particolari distinzioni sul tipo di cibo.


message 4: by Pierre (last edited Jul 02, 2015 02:12AM) (new) - rated it 3 stars

Pierre Menard | 2366 comments Bruna, per quanto ne so, le principali polemiche che ha suscitato il libro riguardano le critiche di Pollan alla dieta vegana, la sua difesa della filiera corta (consumare i prodotti della terra dove vengono prodotti o a brevissima distanza) e l'etichettatura di "biologico" per il cibo.

Ma non anticipiamo troppo... ;)

Fra l'altro può essere istruttivo leggere questa recensione e i commenti sottostanti, per capire come a volte sia meglio non realizzare versioni ridotte per ragazzi di saggi destinati ad un pubblico adulto e intellettualmente maturo:

http://ilpiaceredileggere2010.blogspo...


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Leggo l'ebook in inglese e sono al 3%. COminciamo bene
It is very much in the interest of the food industry to exacerbate our anxieties about what to eat, the better to then assauge them with new products.

Mi vengono in mente gli scaffali pieni di prodotti senza glutine presenti ormai in ogni supermercato. Fintanto che il problema era limitato ai celiaci questi poveretti facevano davvero fatica a trovare prodotti che potessero mangiare. Ora che il senza-glutine è una moda tali prodotti si sono moltiplicati e la scritta "gluten-free" compare a sproposito sulle etichette, come per esempio sullo scatolino di purea di mela che ho mangiato a pranzo.
Poi magari capita di sentire gente che si lamenta dell'intolleranza al glutine mentre sorseggia una birra...


message 6: by Lilyth (last edited Jul 06, 2015 08:05AM) (new) - added it

Lilyth | 93 comments Ciao Roberta, io faccio parte di quei poveretti che fino a qualche anno fa non trovavano nulla da mangiare al di fuori di una farmacia, per fortuna oggi le cose sono migliorate ma questa moda oltre che vantaggi ha portato anche svantaggi, anche se sono molti di più i primi. Per tornare al tuo esempio sulla purea se ci sono addensanti o edulcoranti potrebbe esserci glutine, si trova in alimenti e bevande a cui uno non penserebbe mai, potrebbe esserci anche nelle bibite gassate light o zero, perciò anche se a volte l'indicazione è ovvia non credo che rimarcarla faccia male. E in tutto questo sono ben consapevole che i produttori cavalcano la moda e pochi sono diventati più sensibili alle esigenze delle persone, anche perchè il costo di alimenti senza glutine è più alto di quelli con glutine.

Quasi dimenticavo, penso che lo leggerò ad agosto.


Pierre Menard | 2366 comments Iniziato ieri in treno. In effetti sembra molto concentrato sulla questione dell'alimentazione USA, che a quanto dice Pollan è radicalmente agli antipodi rispetto a quella europea (francese e italiana, in particolare). Interessante il quesito posto nelle pagine dell'introduzione: come mai un popolo che mette in atto le più complesse strategie salutiste è in realtà obeso e con un rapporto negativo con il cibo?


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Una battuta americana:

1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
3. The Chinese drink very little red wine and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
4. The Italians drink a lot of red wine and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
5. The Germans drink a lot of beers and eat lots of sausages and fats and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
CONCLUSION
Eat and drink what you like. Speaking English is apparently what kills you


message 9: by Diabolika (new)

Diabolika | 1952 comments Roberta wrote: "Una battuta americana:

1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the ..."


Bellissima!!! ahahaha... :-D


Pierre Menard | 2366 comments Molto gustosa [sic]! :D


message 11: by Auntie (new) - added it

Auntie Pam | 262 comments Roberta wrote: "Una battuta americana:

1. The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British and Americans.
2. The Mexicans eat a lot of fat and suffer fewer heart attacks than the ..."


fantastica|!!! ahahahah


Bruna (brunacd) | 3779 comments come mai un popolo che mette in atto le più complesse strategie salutiste è in realtà obeso e con un rapporto negativo con il cibo?

Beh, a me sembra naturale che un popolo obeso e con un rapporto negativo con il cibo metta in atto le più complesse strategie salutiste sperando di trovare una soluzione.


message 13: by Pierre (last edited Jul 09, 2015 07:19AM) (new) - rated it 3 stars

Pierre Menard | 2366 comments Bruna, non scambiare causa ed effetto: Pollan dice chiaramente che nonostante i miliardi spesi in campagne di sensibilizzazione al cibo sano (vedi alla voce Michelle Obama), gli USA restano in cima alle classifiche dell'incidenza di malattie da cattiva alimentazione. E aggiunge che i paesi dove si mangia sulla base di motivazioni legate al gusto e alla tradizione e non alla scienza dell'alimentazione (*), esistono molti meno problemi di obesità.

(*) ammesso e non concesso che si tratti di scienza.


Bruna (brunacd) | 3779 comments Pierre, l'idea che le campagne di sensibilizzazione a mangiare cibo sano ottengano l'effetto contrario è suggestiva, e mi farebbe piacere credere che sia così, perché io sono tra coloro che mangiano quello che gradiscono e che sono abituati a mangiare e che irridono ai salutisti. Ma non sono molto convinta: secondo me gli americani hanno cominciato prima a mangiare molto male e poi a cercare rimedi che a quanto pare non sono efficaci. Interessante secondo me - e a questo punto mi hai convinta a leggere il libro - è scoprire quando e perché abbiano cominciato a mangiare molto male. Finché mangiavano bistecche e torte di mele non mi sembra avessero particolari problemi.


message 15: by Pierre (last edited Jul 09, 2015 08:07AM) (new) - rated it 3 stars

Pierre Menard | 2366 comments Ho come l'impressione che la risposta alla tua domanda stia nella differenza fra "alimentazione" e "industria alimentare"... ;)

Mi fa piacere averti incuriosità: credo che ci sarà un bel dibattito su questo libro!


message 16: by Auntie (new) - added it

Auntie Pam | 262 comments Devo passare dalla biblioteca, quasi quasi me lo prendo per le vacanze!


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Ho passato un anno in america come studente, dall'estate 1999 e quella del 2000. Ricordo questi supermercati immensi, con un reparto frutta e verdura bellissimo. Ma ricordo anche di aver comprato degli zucchini, averli lasciati in frigo due giorni e averli ritrovati come "squagliati": sembrava che avessero perso acqua, da sodi e tondi erano diventati come vuoti in più punti. Poi c'era la carne, anche quella bellissima a vedersi. Ma come la buttavi in padella si restringeva. Sì, la bistecca rimpiccioliva davanti ai miei occhi appena toccava la padella. Ricordo uno studente di ingegneria egiziano che aveva valutato la svalutazione in un 30%. Non credo che del cibo sano si comporti così. Gli americani confondono il sano con il bello. Non so se e come sia cambiata la normativa, ma specie nella carne c'erano ormoni che da noi sono illegali.
Io non ho mai avuto brufoli, nemmeno nel pieno dell'adolescenza: mi sono venuto lì e sono andati via una volta tornata a casa. Sospetto che anche i problemi ormonali trovati 10 anni dopo possano essere stati aiutati dall'alimentazione americana: era impossibile trovare qualcosa di semplice, anche nella mensa universitaria. E ai tempi per comprare nei pochi negozi organici/biologici/mediamente più sani ci voleva un mutuo.


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Poi davvero, noi forse non abbiamo idea dei prezzi americani. Noi possiamo entrare in una panetteria qualsiasi e prendere un trancio di pizza che, se non sanissimo, non è nemmeno tragico e costa poco.

Qui c'è il menù della colazione di Taco Bell del 2014: 79 centesimi per una tortillia ripiena di formaggio e patate, 89 per quella con uova, bacon e formaggio. L'obesità americana è anche questione di classi sociali: chi è ricco spesso può permettersi cibi migliori, ma chi è povero e deve scegliere tra 5 dollari per un cespo di insalata oppure 5 colazioni come quelle sopra, probabilmente sceglierà il Taco Bell
http://xplorela.files.wordpress.com/2...


Bruna (brunacd) | 3779 comments Roberta wrote: "Poi davvero, noi forse non abbiamo idea dei prezzi americani. Noi possiamo entrare in una panetteria qualsiasi e prendere un trancio di pizza che, se non sanissimo, non è nemmeno tragico e costa po..."

Io di sicuro sarei tra quelli che scelgono il Taco Bell. A tutte le persone che conosco che hanno soggiornato negli USA per un periodo abbastanza lungo sono venuti i brufoli. Persino a persone che avevano superato l'adolescenza da un pezzo! Ma che ci mettono nei cibi? Roberta, però a dire il vero la carne si restringe anche in Italia.


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Bruna wrote: "Roberta wrote: "Poi davvero, noi forse non abbiamo idea dei prezzi americani. Noi possiamo entrare in una panetteria qualsiasi e prendere un trancio di pizza che, se non sanissimo, non è nemmeno tr..."

Non così tanto Bruna, credimi. Era impressionante.


Pierre Menard | 2366 comments Sto leggendo la prima parte dedicata all'industria alimentare del mais. Molto interessante la storia di come questa pianta sia diventata una sorta di asso pigliatutto nella catena alimentare USA al punto di provocare la rovina degli stessi agricoltori che la coltivano...


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Pierre wrote: "Sto leggendo la prima parte dedicata all'industria alimentare del mais. Molto interessante la storia di come questa pianta sia diventata una sorta di asso pigliatutto nella catena alimentare USA al..."

Ho appena iniziato questa parte. A grandi linee conosco già il problema. Anche mio padre ha lavorato in una ditta chimica che, dal mais, faceva un po' di tutto: dai dolcificanti ai sacchetti biodegradabili per la spesa, quando erano appena usciti. Sicuramente è una pianta molto versatile, ma gli americani ne abusano.


Pierre Menard | 2366 comments A quanto dice Pollan le politiche agricole degli anni Settanta (soprattutto durante gli anni di Nixon e del suo segretario all'agricoltura, Earl Butz) furono volte a determinare la fine della rotazione delle culture e l'inizio del predominio assoluto del mais, allo scopo di impoverire i contadini. Mi ricorda un po' le politiche staliniane degli anni Trenta contro i kulaki...


Pierre Menard | 2366 comments Finita la prima parte. Abbastanza inquietante la storia della strategia utilizzata dall'industria alimentare USA per aggirare il problema della limitata capacità di assunzione dei cibi da parte dello stomaco umano... alcune affermazioni sulla scelta tra prendere due volte la stessa porzione e prendere una sola porzione ma di dimensioni maggiori mi ha fatto tornare in mente il film di Morgan Spurlock del 2004: "Super Size Me", che però curiosamente non viene citato da Pollan.

Ho iniziato la seconda parte e sono al capitolo dedicato al cosiddetto "Impero del biologico": fin dalle prime righe risulta molto evidente perché il libro abbia suscitato le ire dei produttori "biologici"... Pollan non è affatto tenere con loro, e le sue critiche sono più incisive di quelle contro i fast food.


Pierre Menard | 2366 comments Sono arrivato al capitolo sull'Arcadia da supermercato. In effetti Pollan è molto critico verso il biologico e ne cita difetti e incoerenza, con maggiore incisività rispetto al cibo preconfezionato da McDonald e all'industria alimentare mainstream.

Devo dire che il libro è molto orientato all'approccio USA al cibo. Molte delle prese di posizione di Pollan non farebbero fatica ad essere rovesciate qui da noi: ad esempio, la preminenza data all'argomento del costo ridotto che favorisce il cibo industriale rispetto al "biologico" e le questioni inerenti al trasporto dei cibi, che ovviamente data la conformazione geografica degli USA risultano molto più rilevanti che non da noi.


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Ho interrotto un attimo perché sono indietro con il gruppo di lettura di luglio e vorrei finire prima quello. Immagino continuerò Pollan in Agosto


Bruna (brunacd) | 3779 comments Ho ritirato oggi la mia copia in biblioteca. Mi spaventano un po' i caratteri piccoli, i miei occhi si stancano facilmente.


message 28: by Pierre (last edited Jul 25, 2015 01:18PM) (new) - rated it 3 stars

Pierre Menard | 2366 comments Terminato ieri. Una lettura certamente interessante e da fare. Fra i pregi del libro c'è sicuramente l'intento quasi sperimentale di Pollan che non esita a provare a cucinare/mangiare un pasto preparato con materiali provenienti dalle quattro differenti filiere alimentari di cui parla nel libro: quella industriale basata essenzialmente sul mais (McDonald), quella del biologico industriale, quella agricola a filiera corta e infine quella del cacciatore-raccoglitore. Lo stile è piuttosto brioso, divertente e serio in parti eguali, anche se con un'eccessiva tendenza alla ripetitività (un po' come accade nel libro di Jared Diamond Armi, acciaio e malattie: Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni).

Pollan cerca di risultare equilibrato nel giudicare la dottrina e le pretese avanzate da ciascuna filiera, ma tuttavia, per quanto si sforzi anche con l'ironia (si veda il capitolo dedicato alla caccia al cinghiale selvatico), non può nascondere la sua preferenza per alcune soluzioni e la sua critica ad altre (in particolare al biologico "industriale", oppure alla scelta vegetariana/vegana). Appare evidente, fra accuse, repliche e controrepliche, che alcuni argomenti risultano all'autore e di conseguenza al lettore più stringenti di altri.

Al di là dell'anedottica piuttosto spiritosa e delle prese di posizione di Pollan, devo dire che mi hanno interessato molto le parti di storia e "filosofia" dell'alimentazione, e mi sono segnato alcuni testi che mi piacerebbe leggere per approfondire meglio il problema.

Forse alcune considerazioni di Pollan possono risultare un po' strane per il lettore italiano (e in generale europeo), che è più facilmente disposto a pagare cifre elevate per acquistare cibo non tanto più raffinato, quanto più genuino e "autentico". Negli USA, spiega Pollan in più occasioni, mangiare è raramente un rito collettivo, più spesso è una necessità da sbrigare rapidamente per tornare al lavoro.


Bruna (brunacd) | 3779 comments Ho cominciato la lettura e ho trovato piuttosto interessante il primo capitolo, quello sul mais, sulle sue peculiari caratteristiche botaniche e sulle politiche agricole USA, tutte cose di cui non sapevo praticamente niente. Oggi leggerò tutte le etichette per sapere quanto mais c'è in quello che mangio e in quello che bevo! Finora il mais per me voleva dire soprattutto polenta, cardine dell'alimentazione dei miei nonni paterni e diventata poi in buona parte del Nord indispensabile componente di riti alimentari collettivi (anche se non in questa stagione). Mi chiedo anzi come mai gli americani, con tutta quella disponibilità di mais, non abbiamo inserito massicciamente nella loro dieta qualcosa di analogo alla polenta.


Pierre Menard | 2366 comments Bella domanda, Bruna! Forse la polenta non è facile da consumare come fast food... e come tu dici, si tratta di una pietanza che favorisce la socialità, mentre invece hamburger e patatine fritte nello strutto favoriscono il solipsismo...


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Guarda che c'è, negli stati sud degli USA (zona Via col Vento, per capirci): si chiama grits. Il termine si riferisce in generale a un cereale macinato e a volte traduce anche il nostro semolino, ma più spesso è farina di mais

https://en.wikipedia.org/wiki/Grits


message 32: by Moloch (new)

Moloch | 8428 comments Mod
Tra parentesi, a me la polenta non piace ma ho provato il (?) grits (ero ad Atlanta, Georgia) ed è buonissimo!


message 33: by Bruna (last edited Jul 26, 2015 05:12AM) (new) - rated it 4 stars

Bruna (brunacd) | 3779 comments Roberta wrote: "Guarda che c'è, negli stati sud degli USA (zona Via col Vento, per capirci): si chiama grits. Il termine si riferisce in generale a un cereale macinato e a volte traduce anche il nostro semolino, m..."

Credevo infatti che il "grits" fosse semolino, non polenta. Mi sembra che da qualche parte lo mangino insieme ai gamberi, e come polenta si spiega più del semolino, in effetti. Questo abbinamento mare/polenta mi fa venire in mente le seppioline alla veneziana, che si accompagnano infatti con la polenta.


Esteb | 900 comments in effetti la somiglianza con la cucina veneta è maggiore di quello che sembra, perchè spesso il grits è fatto col mais bianco, lo stesso che si usa in laguna. Un po' diversa è la consistenza, forse perchè la macinazione è fatta in altro modo, più simile a quella del semolino, o della farina di mais che usiamo per la panificazione. Però una mia amica texana faceva un grits spettacolare perchè lo riempiva di burro!!!


Bruna (brunacd) | 3779 comments Conclusa la parte sulla produzione industriale, mi sto addentrando in quella cosiddetta pastorale, molto vicina ai metodi tradizionali di produzione. Nel frattempo mi sono sentita male per aver mangiato un sugo pronto, probabilmente contiene qualcosa a cui sono intollerante. Dopo aver letto Pollan, questo mi sorprende ancor meno di quanto avrebbe fatto prima. Davvero molto scorrevole come saggio, si legge più o meno alla stessa velocità di un libro di narrativa, grazie anche alle brillanti invenzioni dell'autore. Resta particolarmente impressa l'immagine della famigliola che gustandosi in macchina un pasto del Mac Donald utilizza molto più mais di quello che la macchina potrebbe contenere. Non mi sembra che in Italia sia diffusa l'abitudine di mangiare in macchina, anche chi viaggia molto per lavoro si porta in macchina una bottiglia d'acqua minerale ma anche per mangiare un panino si ferma da qualche parte. E parlo dell'operosa e triste Lombardia, dove ormai pochi riescono a pranzare a casa e non è infrequente essere costretti a nutrirsi sbrigativamente alla scrivania.
E poi non è vero che i panini imitazione fast food preparati in casa siano meno gustosi: io li preferisco, sono meno salati e nutrono di più.


message 36: by Je (new) - added it

Je | 480 comments Finito da un paio di giorni, sicuramente è stato uno dei saggi che ho più apprezzato tra quelli affrontati in questi ultimi mesi, il fatto che Pollan abbia vissuto di persona le cose che racconta secondo me aggiunge valore al tutto. Il quadro generale che ci viene presentato è ancora lontano da quella che è la cultura alimentare italiana ma appare come un'incombente minaccia. Ho imparato tante cose che mi hanno appassionata, non posso certo considerarmi una "salutista" ma penso che se i danni che causiamo a noi stessi con una cattiva alimentazione siano affar nostro invece i danni alla biodiversità, all'ecosistema e all'ambiente non sono in alcun modo scusabili, l'America ha in questo senso (e in molti altri) ancora tanta strada da fare.


Bruna (brunacd) | 3779 comments Finita la seconda parte, con la produzione agricola a filiera corta, mi resta da leggere solo quella sul cibo procurato individualmente. Ho imparato sull'agricoltura e sull'allevamento cose che da "cittadina" ignoravo completamente, e mi riprometto di documentarmi su certi aspetti riguardo alla situazione italiana, che dovrebbe essere abbastanza differenziata e nel complesso diversa da quella americana. Mi è tornato in mente un ricordo della mia (lontana) infanzia. I miei zii avevano una locanda di paese, nel cui cortile allevavano "il" maiale, quello che veniva macellato in autunno per l'autoconsumo, e che viveva in un ampio recinto. Il maiale veniva accudito dal nonno (quello che non avevo in comune con i miei cugini) con ogni cura e nutrito con gli avanzi di cucina. La cosa singolare, è che il recinto non era per niente maleodorante, cosa che avrebbe certamente danneggiato l'attività l'adiacente attività di ristorazione, in quanto tutto - maiale compreso - veniva tenuto scrupolosamente pulito. Non so se il maiale fosse veramente felice, ma era roseo come in un libro per bambini e certamente non sembrava depresso, mentre il vecchio nonno lo lavava con la spazzola e l'acqua saponata.


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Bruna wrote: "Finita la seconda parte, con la produzione agricola a filiera corta, mi resta da leggere solo quella sul cibo procurato individualmente. Ho imparato sull'agricoltura e sull'allevamento cose che da ..."

Da quello che ho letto i maiali sono animali puliti, se lasciati a se stessi. Amano l'acqua per nuotare e si coprono di fango per tenere lontano gli insetti, ma l'idea di porcile come posto poco pulito viene dal modo in cui li alleviamo.
In america hanno i maiali da compagnia, come i cani: George Clooney ne aveva uno e si dice che le fidanzate ne fossero gelose
http://www.theguardian.com/film/2006/...

In Cina c'è almeno un allevamento di maiali dove li fanno tuffare da 3 metri in uno stagno perché l'allenamento ne migliora le carni (dicono). Stando al giornalista il personal trainer li "obbliga" a tre tuffi al giorno, ma ci sono animali che si divertono e ripetono i tuffi più volte di loro iniziativa.
https://www.youtube.com/watch?v=WABKS...

E poi ci sono i maiali semi-domestici delle bahamas, che intrattengono i turisti.
http://www.dailymail.co.uk/news/artic...

Mi piacerebbe averne uno in giro per casa, magari uno di quelli mignon


Bruna (brunacd) | 3779 comments Ho finito il libro oggi. L'ultima parte, quella sul bosco con la caccia al maiale e la ricerca dei funghi, era in realtà piuttosto divertente, anche se non proprio indispensabile nell'economia del saggio. Penso che sia una lettura utile come introduzione all'argomento. Per quanto mi riguarda, ha messo un po' in crisi alcune delle mie (blande) convinzioni, tra cui quella che sarebbe forse il caso di diventare vegetariani per risparmiare risorse naturali, nel senso che la produzione di proteine vegetali consuma meno risorse naturali rispetto alla produzione di proteine animali. Pollan mi ha spinto a considerare di più i costi di produzione non apparenti.


Roberta (driope) | 7330 comments Mod
Ok, ho davvero messo troppa carne al fuoco questo mese, ma continuo pian piano nella lettura.
Apprezzo molto i capitoli brevi, che vanno dritti al punto. Ammetto anche che quasi ognuno di essi mi porta a fare qualche riflessione. Ho finito la prima parte sul mais diversi giorni fa, seduta nel padiglione polacco di Expo, con un occhio a due ussari in costume che duellavano e un altro a spaziare per il decumano sulle insegne dei vari paesi.
I punti che Pollain tratta sono interessantissimi, ma come dice Bruna sta toccando aspetti della produzione del cibo a cui non ho mai veramente pensato. Ormai certe concezioni produttive sono diventate parole di moda, termini di marketing. Quanto può essere bio, per noi italiani, il dolcissimo mango che ho assaggiato a un mercato rionale? Sarà pure coltivato in maniera tradizionale da qualche famiglia africana, ma è arrivato a Milano in aereo.


Esteb | 900 comments saggio davvero interessante, molte cose le conoscevo, altre no. ora guardo con sospetto i miei cereali da Colazione! certo che anche in Italia, pur con molti distinguo, le leggi sulle certificazioni "bio" hanno creato non pochi paradossi. due miei clienti allevavano bovini all'aperto poi hanno pensato di certificarsi bio per spuntare prezzi migliori. uno ha mantenuto i bovini al pascolo e rinunciato. l'altro ha la certificazione, ma i bovini in stalla e un magazzino dove conserva i sacchi del mangime per dimostrare agli ispettori come li nutre...


message 42: by Moloch (new)

Moloch | 8428 comments Mod
Il libro di Pollan è, solo per oggi (domenica 6 dicembre), in offerta speciale in ebook a 1,99 euro.


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