Alessandro De Benedetti
Ecco una domanda che trovo davvero interessante. Per rispondere al meglio sono costretto a citare me stesso, che non è il massimo in termini di modestia ma nel caso specifico aiuta.
"Mi sono sempre chiesto da dove derivi la mia inclinazione per le storie che si sottraggono alla realtà. Alla letteratura che descrive avvenimenti reali prediligo quella di evasione. Al vero preferisco il verosimile. Mi è stato sempre difficile spiegarlo a parole – agli altri e anche a me stesso – io che fondamentalmente possiedo uno spirito analitico. Da dove derivi l’altra mia natura incorporea, quella del fantastico e dell’invenzione, proprio non riesco a capirlo.”
Quello che mi piace di più nell’esercizio dello scrivere è proprio questo: la possibilità di creare mondi che non esisterebbero altrimenti, di dare vita a quelle storie verosimili - ma non vere - che vorrei tanto che qualcuno mi raccontasse la sera, prima di prendere sonno.
E a questo punto chiedo a Diane Setterfield di venirmi in aiuto, concedendomi di ripetere quello che scrive nel suo romanzo “La tredicesima storia”.
“Non ce l’ho con gli amanti della verità, ma con la Verità stessa. Quale sostegno, quale consolazione nella Verità, a paragone di una storia? A che giova la Verità a mezzanotte, al buio, quando il vento ruggisce nel comignolo come un orso? Quando il lampo sprigiona ombre sulla parete della stanza e la pioggia bussa alla finestra con le sue lunghe unghie? No: quando paura e freddo ti immobilizzano a letto come una statua, non aspettarti che la scarna e ossuta Verità accorra in tuo aiuto. Quello che ci vuole è il pingue conforto di una storia: sentirti placare, cullare dalla sicurezza di una bugia.”
Questa è la miglior cosa nell’essere uno scrittore: prendersi gioco della Verità!
"Mi sono sempre chiesto da dove derivi la mia inclinazione per le storie che si sottraggono alla realtà. Alla letteratura che descrive avvenimenti reali prediligo quella di evasione. Al vero preferisco il verosimile. Mi è stato sempre difficile spiegarlo a parole – agli altri e anche a me stesso – io che fondamentalmente possiedo uno spirito analitico. Da dove derivi l’altra mia natura incorporea, quella del fantastico e dell’invenzione, proprio non riesco a capirlo.”
Quello che mi piace di più nell’esercizio dello scrivere è proprio questo: la possibilità di creare mondi che non esisterebbero altrimenti, di dare vita a quelle storie verosimili - ma non vere - che vorrei tanto che qualcuno mi raccontasse la sera, prima di prendere sonno.
E a questo punto chiedo a Diane Setterfield di venirmi in aiuto, concedendomi di ripetere quello che scrive nel suo romanzo “La tredicesima storia”.
“Non ce l’ho con gli amanti della verità, ma con la Verità stessa. Quale sostegno, quale consolazione nella Verità, a paragone di una storia? A che giova la Verità a mezzanotte, al buio, quando il vento ruggisce nel comignolo come un orso? Quando il lampo sprigiona ombre sulla parete della stanza e la pioggia bussa alla finestra con le sue lunghe unghie? No: quando paura e freddo ti immobilizzano a letto come una statua, non aspettarti che la scarna e ossuta Verità accorra in tuo aiuto. Quello che ci vuole è il pingue conforto di una storia: sentirti placare, cullare dalla sicurezza di una bugia.”
Questa è la miglior cosa nell’essere uno scrittore: prendersi gioco della Verità!
About Goodreads Q&A
Ask and answer questions about books!
You can pose questions to the Goodreads community with Reader Q&A, or ask your favorite author a question with Ask the Author.
See Featured Authors Answering Questions
Learn more